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Estratto dal verbale della seduta di Giovedì 9 Maggio 2019 ore 15,00
Paragrafo n. 5

Cannabis ad uso medico in Italia: situazione attuale e prospettive.
Interventi
SICARI Francesco (Presidente)
Oggi siamo qui per il Consiglio Comunale adunanza aperta in sessione straordinaria
tematica, l’oggetto:

“Cannabis ad uso medico in Italia: situazione attuale e prospettive”

SICARI Francesco (Presidente)
Quindi adesso procederei con il far intervenire il Presidente dell’Associazione
“Seminiamo Principi” Simone Stara, prego, ne ha facoltà.

STARA Simone
Buon pomeriggio a tutti. Innanzitutto vi ringrazio per averci invitato e coinvolto su un
tema che abbiamo particolarmente a cuore, cioè la cannabis a scopo terapeutico. “Sono
tetraplegico da quasi 25 anni a causa di un tuffo quando avevo ancora 17 anni. Durante
il ricovero nella fase acuta, fui sottoposto ad un intervento d’urgenza, in quanto ebbi
un’emorragia interna causata dai farmaci che mi avevano (parola incomprensibile)
somministrare. La diagnosi fu ulcera duodenale per stress da farmaci, dopo un primo
periodo veramente difficile, nonostante le sintomatologie importanti sono riuscito a
condurre una vita appagante e come molti, ho lavorato, praticato sport e mi sono
occupato degli altri attraverso attività solidaristica, come il Presidente di
un’associazione di volontariato denominata: “Volere volare”, che si occupava di teatro
amatoriale, purtroppo nel 2012 ho avuto delle complicazioni che mi hanno portato ad
una perdita di peso di 25 chili, causata da un colon irritabile e varie intolleranze
alimentari, scoperte solo un anno e mezzo dopo e che mi costrinsero poi ad affrontare i
due anni successivi, un intervento. Un intervento di chirurgia plastica a causa di una
lesione ischiatica. Durante il ricovero venni trasferito in rianimazione, a causa di una
atelettasia al polmone sinistro, mi dissero che avrei dovuto vivere il resto della mia vita
attaccato ad un ventilatore polmonare, durante la notte, e utilizzare la macchina per la
tosse durante il giorno…”. Posso chiedere se può continuare la mia segretaria, per
favore?

SICARI Francesco (Presidente)
Sì, soltanto un attimo, abbiamo un problema con il video. Prego, può andare avanti.
Prego, andiamo avanti, grazie.

Segretaria dell’APS Seminiamo Principi
“…Intanto nel 2015 veniva firmato il Decreto da parte della Regione Piemonte, relativo
alla possibilità di prescrivere cannabis a scopo terapeutico. Nel 2016 un’altra atelettasia
al polmone sinistro, mi costrinse ad un ulteriore ricovero in rianimazione, le numerose
terapie farmacologiche alle quali sono stato sottoposto nel corso di tutti questi anni,
hanno sviluppato in me farmacoresistenza verso diversi antibiotici ed antidolorifici. In
quel periodo continuavo a chiedere ai vari specialisti se potevano prescrivermi la
cannabis, in quanto avevo sia sperimentato personalmente il suo effetto benefico, che
letto differenti ricerche scientifiche, ovviamente, in inglese che ne dimostravano
l’efficacia per le mie molteplici patologie, compreso il problema polmonare, essendo un
soggetto asmatico. Nonostante ciò, fui anche tacciato di non rispettare la terapia, così
decisi di farmi seguire da un altro specialista, sempre di struttura pubblica, il quale dopo
un check-up completo, mi disse che non necessitavo di un ventilatore polmonare.
L’impossibilità di ricevere la terapia da parte del Sistema Sanitario Regionale, mi ha
spinto a studiare e sperimentare differenti genetiche, riscontrando benefici, soprattutto
da genetiche indica, in quel periodo ho anche coltivato la mia terapia e quando non
potevo, perché stavo male, mi sono dovuto rivolgere, ahimè, al mercato nero con tutti i
dubbi sulla qualità del prodotto. A novembre 2017, su un gruppo di pazienti di
Facebook, riesco a trovare il nominativo di un medico specialista di struttura pubblica
che prescrive anche la cannabis. La posologia non si può neanche considerare una cura,
visto che 0,50 milligrammi al giorno, per un paziente come me, costretto a convivere
quotidianamente con il dolore e tutta la sequela di altri sintomi correlati alla mia
patologia, sono del tutto inefficaci ed è come non fare terapia. Grazie ad un amico
affetto da sclerosi multipla, oggi Presidente onorario della nostra associazione, ho
effettuato una visita specialistica con un terapista del dolore, sempre di struttura
pubblica, che mi ha prescritto la terapia a dosaggi adeguati; sono emersi, a questo punto,
problemi legati alla continuità della cura non ricevendo ogni mese quanto prescrittomi.
Ho dovuto, ancora una volta lottare, scrivere e-mail di sollecito e protesta e per
mancanza di terapia, a dicembre ultimo scorso ho subìto un repentino peggioramento,
rischiando un nuovo ricovero. A febbraio 2018, un gruppo di pazienti piemontesi si
riunisce per la prima volta a Torino e decide di costituire un’associazione di pazienti e
sostenitori; a maggio nasce la: ‘APS Seminiamo Principi’, che sin da subito si è attivata
per chiedere garanzia di cura e continuità della stessa. In un anno di attività abbiamo
organizzato eventi e convegni a Torino e provincia, per sensibilizzare ed informare la
popolazione. Il 20 aprile scorso, abbiamo inaugurato la sede del dispensario
Compassionevoli di principi, qui a Torino. Io non sono e non voglio essere uno
spacciatore, né un fruitore del mercato nero, desidero solo curarmi in maniera seria ed
efficace, come recita l’articolo 32 della Costituzione Italiana ed è per questo che la
nostra associazione ha realizzato uno striscione che cita il suddetto articolo ed esposto
da alcuni nostri associati qui sotto. La nostra associazione, ha come fine ultimo, di
sostenere le persone che necessitano di curarsi con la cannabis e di lottare affinché la
cannabis, con i suoi numerosi principi attivi, venga finalmente trattata come qualsiasi
altro medicinale, che se prescritto anche dal medico di medicina generale, viene
facilmente reperito in commercio o negli eventuali dispensari, come avviene in
California, paese all’avanguardia per quanto riguarda la cannabis terapeutica e
ricreativa, che è pur sempre terapeutica. Chiudo il mio intervento chiedendo a lei, signor
Presidente, se alla luce di quanto esposto, vi sono altre necessità prioritarie che la salute
dei cittadini, perché rispetto a questo incontro ho letto alcune dichiarazioni e c’è ancora
chi sostiene che questo problema non sia una priorità. Grazie”.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie per l’intervento. Proseguiamo adesso con l’intervento del professore di chimica
organica dell’Università degli Studi di Torino, Alessandro Barge. Prego.

BARGE Alessandro
Buongiorno a tutti. Sono Alessandro Barge, lavoro presso l’Università di Torino e
faccio parte di un gruppo di studio sulla cannabis, che è nato lo scorso anno mediante
nomina elettorale, proprio perché si è presa coscienza del fatto che è necessario
approfondire queste tematiche, legate all’utilizzo della cannabis ad uso medico. Il
gruppo è formato da diversi Dipartimenti che sono in grado di mettere a disposizione
competenze agrarie, chimiche, farmacologiche e farmaceutiche, mediche e anche
giuridiche, oltre a coinvolgere le farmacie ospedaliere della Città della Salute e del San
Luigi Gonzaga e uno spin-off universitario che si occupa essenzialmente di analisi
chimico-cliniche il CoQua Lab. Inoltre è presente un accordo quadro, tra l’Università di
Torino e la Divisione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, che consente una
fattiva collaborazione anche su queste tematiche. L’obiettivo del gruppo di ricerca e di
lavoro interdipartimentale è quello di approfondire le attuali conoscenze su questo tema,
che sono incomplete e lacunose; il gruppo si occupa dello studio, a partire dalla
coltivazione della pianta, passando attraverso la sua trasformazione, alla formulazione,
per arrivare fino agli studi preclinici e agli studi clinici. Si prendono in considerazione
tutti questi aspetti e anche gli aspetti normativi e regolatori che interessano tutti questi
aspetti, a partire dalla coltivazione fino alla sperimentazione clinica. Abbiamo sentito
una testimonianza, ma in realtà ce ne sono tantissime, testimonianze come questa, che
testimoniano, appunto, l’efficacia di prodotti a base di cannabis, su determinate
patologie. Tuttavia ad oggi, non c’è un numero sufficiente di studi, condotti secondo
criteri scientifici appropriati, in grado di dimostrare in modo conclusivo l’attività della
cannabis e dei suoi derivati e da consentire un uso, un utilizzo appropriato di questo
strumento. Un corretto approccio a questo tipo di studio, deve partire necessariamente
dalla valutazione delle varie cultivar che si possono utilizzare; ce ne sono di diversi tipi,
con diverse caratteristiche, soprattutto con diversi rapporti tra i due principi attivi
principali, THC e CBD, bisogna tener conto delle condizioni per la sua coltivazione, per
riuscire ad ottenere un prodotto standardizzato e quindi ottenere una minor variabilità
della pianta da una produzione all’altra. La pianta deve essere, quindi, coltivata in modo
controllato e cercando di controllare anche il suo metabolismo, riducendone la
variabilità. L’uso della pianta… l’uso di quella pianta preposta rende, inoltre, necessario
che il trattamento sia dalla coltivazione e sia nella parte successiva, segua le norme che
sono normalmente utilizzate per le piante officinali, in modo da preservare il
consumatore da possibili problemi legati all’assunzione di contaminanti di vario tipo.
La cannabis è, infatti, una pianta che viene utilizzata spesso per decontaminare i terreni
in quanto è in grado di assorbire diversi inquinanti, appunto, dai terreni in cui è
coltivata. Quindi è necessario coltivare la pianta secondo determinati criteri, ma anche
tutte le procedure che seguono la coltivazione della pianta, e quindi tutte le fasi
successive: l’essicazione, la lavorazione meccanica, l’estrazione, l’eventuale
purificazione dei principi attivi e del fitocomplesso, che contiene più di una sola specie,
sono fondamentali per poter ottenere un prodotto semilavorato che sia standardizzato e
che sia possibile utilizzare poi in formulazioni farmaceutiche che siano facilmente
dosabili e somministrabili, cosa che attualmente non avviene; non è ottimale, perlomeno
per le formulazioni farmaceutiche ammesse dal Ministero della Salute. La possibilità di
avere, inoltre, diverse formulazioni farmaceutiche consentirebbe di sfruttare diverse vie
di somministrazione e renderebbe in questo modo più efficace la soluzione dei principi
attivi e quindi si potrebbe adattare la terapia ai diversi tipi di patologie. Solo una volta
che sono stati ottimizzati tutti questi passaggi, quindi: coltivazione, essiccazione,
lavorazione, estrazione, concentrazione, separazione eventualmente, formulazione, si
può procedere quindi ad una sperimentazione preclinica e poi ad una sperimentazione
clinica per valutare l’efficacia di questi prodotti anche in funzione dei dosaggi, del
rapporto tra i principi attivi e delle diverse patologie a cui possono essere indirizzati.
Attualmente la produzione di cannabis per uso medico FM2, quella italiana, è affidata
allo Stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze, che è l’unico ente autorizzato in
Italia a produrlo, ed è destinata per legge solamente all’uso medico; non è previsto alcun
uso per la ricerca o la sperimentazione clinica, o meglio, solo alcuni lotti non conformi
possono essere utilizzati per finalità di ricerca; ovviamente, essendo non conformi non
possono essere utilizzati in alcun modo per la sperimentazione clinica. È importante,
quindi, incrementare la produzione di cannabis ad uso medico sia per garantire ai
pazienti che attualmente ne fanno uso una continuità terapeutica, sia d’altra parte per
poter consentire un’adeguata ricerca scientifica e una sperimentazione clinica che sia in
grado di chiarire gli effetti e quando, come si possa utilizzare questa cannabis
terapeutica. Ora naturalmente l’incrementazione dei siti di produzione, la produzione di
cannabis terapeutica sembra un discorso facile da fare: la cannabis è una pianta come
tutte le altre, si coltiva facilmente. In realtà la cannabis per uso medico non è una pianta
come tutte le altre; è una pianta che deve essere coltivata secondo determinati criteri
perché deve essere una produzione che rispetta i criteri di qualità farmaceutica, quindi è
necessario coltivare la cannabis secondo determinate caratteristiche. La cannabis deve
essere coltivata in particolare infrastrutture, tipicamente delle serre, che però siano
dotate di tutti i sistemi necessari a controllare le condizioni ambientali, quindi: luce,
temperatura, assenza di contaminazione, la somministrazione controllata dei nutrienti, e
devono essere ovviamente predisposte queste infrastrutture per un’adeguata protezione,
ovviamente, dagli intrusi, essendo questa una pianta a carattere stupefacente. Tra i siti
individuati nella mozione, quello che risulta più adatto a questo scopo, sembra essere
quello del Bonafous di Chieri. Oltre, però, alle infrastrutture tecniche necessarie alla
coltivazione della cannabis è necessario prevedere, nel sito in cui si coltiva o nelle
immediate vicinanze, anche tutto ciò che concerne la sua lavorazione. È necessario,
infatti, prevedere delle infrastrutture che prevedano, appunto, le operazioni di
essiccazione, sminuzzamento e setacciatura, delle infrastrutture per lo stoccaggio e il
confezionamento, oltre ovviamente ai laboratori di analisi. Tutte le operazioni che
vengono condotte, dalla semina alla spedizione del prodotto finito, devono essere
assistite da un adeguato sistema di controllo di qualità e di assicurazione di qualità e
quindi deve essere corredato di determinate strutture, laboratori analitici essenzialmente,
ma anche sovrastrutture di tipo normativo e regolatorio che consentano un’assicurazione
di qualità del prodotto finito. In questo senso tutte le materie prime - come dettato dalle
norme di lavorazione IGP, e comunque dalle assicurazioni di qualità per le sostanze di
grado farmaceutico - tutte le materie prime, tutti i prodotti semilavorati, tutti gli
intermedi e tutti i prodotti finali devono essere analizzati e devono essere conformi agli
standard analitici e qualitativi dettati, appunto, dall’ente regolatorio, che in questo caso
è l’AIFA e il Ministero. Sia sito di produzione, di coltivazione, che di produzione vera e
propria deve essere quindi certificato e avallato dall’AIFA e dal Ministero. Nella
valutazione dei costi della coltivazione è quindi anche opportuno tenere in
considerazione tutte queste altre infrastrutture che sono necessarie al fine di produrre la
cannabis per uso medico. Ovviamente accanto alla parte tecnica c’è anche la parte
burocratica che non è assolutamente più semplice: l’iter burocratico, per ottenere le
autorizzazioni e le certificazioni necessarie, non è né semplice, né breve, quindi mettere
in piedi una produzione di questo tipo non è assolutamente un qualcosa che si può fare
dall’oggi al domani; va studiato nel dettaglio e comunque richiede tempi sia per la
realizzazione pratica che per le autorizzazioni a procedere. L’ultimo punto, che mi
sembra non meno importante di tutto quello che concerne la ricerca e la distribuzione ai
pazienti della cannabis ed è presente nella mozione che è stata presentata, è il punto
sulla comunicazione. Una corretta e completa informazione sia del personale sanitario,
sia della popolazione è fondamentale; è fondamentale per poter evitare comportamenti
scorretti o pericolosi perché l’utilizzo della cannabis può anche essere pericoloso e per
consentire un corretto accesso, a tutte le persone che ne hanno bisogno, a questi
prodotti. È importante, a mio avviso, che l’informazione provenga da un ente
autorevole, ma da un Ente Pubblico che non sia coinvolto in alcun modo nel
commercio, nell’utilizzo di prodotti derivati dalla cannabis, cosa che normalmente
invece non avviene perché tutta l’informazione viene fatta, ad oggi, da produttori di
cannabis o comunque da distributori di cannabis. È importante sottolineare come
l’assenza di informazione, o peggio, di una cattiva informazione, una non corretta
informazione abbia fatto sì che oggi - vista la scarsa disponibilità di cannabis per uso
medico, perché lo Stabilimento Farmaceutico Militare non è in grado di sopperire a tutte
le richieste - abbia indirizzato alcuni pazienti a rivolgersi verso i vari negozietti di
cannabis light o cannabis legale, come la si voglia chiamare, per procurarsi la materia
prima necessaria per le loro terapie assumendo, scambiandola erroneamente per
cannabis terapeutica o considerandola un qualcosa di analogo alla cannabis per uso
medico. Ora, in realtà questo è assolutamente scorretto ed è anche pericoloso. Ora, a
parte l’unico parere ufficiale che è quello del Consiglio Superiore di Sanità del 10 aprile
del ‘18, nel quale si manifesta preoccupazione per l’assunzione di cannabis light o
legale, come la si vuole chiamare, per la presenza di THC che può essere pericoloso
soprattutto in determinati soggetti; a parte questo aspetto, che comunque è legato al
contenuto di THC, un altro aspetto che va considerato è appunto il fatto, come già detto
prima, che la cannabis è una pianta in grado di assorbire dal terreno tutta una serie di
inquinanti e le infiorescenze vendute in questi negozietti non sono assolutamente
controllate per quanto concerne la presenza di metalli pesanti, pesticidi, micotossine,
contaminazioni batteriche o da muffe che possono essere decisamente pericolose, più
pericolose del THC. Quindi, il paziente che si vede preclusa la possibilità di reperire la
cannabis per uso medico in farmacia, quella certificata, quindi di grado farmaceutico, e
si rivolge a questi negozietti, rischia di assumere delle quantità significative di prodotti
pericolosi. È quindi importante che ci sia una corretta informazione da un lato, ma
dall’altro è importante che ci sia un incremento della produzione di cannabis per uso
medico e che questa produzione sia destinata anche, non vorrei dire soprattutto perché
in realtà l’ordine logico delle cose è: prima la ricerca e poi l’utilizzo in terapia, ma qui
siamo partiti un po’ a rovescio; quindi la terapia è giusto continuarla. Chi ha dei
benefici è giusto che continui ad avere dei benefici, ma parallelamente bisogna anche
andare avanti sulla ricerca, anche abbastanza in fretta, per poter capire come utilizzare
la cannabis, in quali condizioni, con quali dosaggi e attraverso quali formulazioni,
perché ricordo che quelle attualmente ammesse non sono probabilmente le più efficaci.
In tutto questo, ovviamente, l’Università di Torino sta cercando di interagire con tutti gli
Enti coinvolti: col Ministero della Salute, con la Regione, con tutti gli Enti coinvolti a
livello nazionale e regionale locale su questo tema trovando, come tutti, un sacco di
problemi perché è difficilissimo interagire con qualunque ente abbia a che fare con
questo argomento; quindi sarebbe una buona cosa poter snellire le interazioni, poter
cominciare a dialogare in modo più costruttivo e poter in qualche modo cercare di
portare avanti una ricerca sensata in questo ambito. Vi ringrazio.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Lascio adesso la parola alla dottoressa Luisella Viora.

VIORA Luisella
Buongiorno. Io sono un medico e da 40 anni mi occupo di terapia del dolore con una
formazione specialistica che parte dall’anestesiologia-rianimazione e fra l’altro affianco
anche l’attività di medico legale. Voglio fare una premessa, che credo sia una buona
sintesi di tutte queste cose di estrema importanza, di estrema accuratezza che sono state
dette da chi mi ha preceduto. Il riferimento normativo per il quale ci troviamo qui è un
riferimento a un Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015, quindi già di 4 anni orsono,
che a sua volta prendeva le mosse e le basi e i suoi presupposti di diritto e di
scientificità da tutte le ricerche che nella comunità scientifica - quindi non solo in
Torino, non solo in Italia, ma è ormai una comunità che non ha confini - avevano
portato ad apprezzare, in un primo tempo, e poi ad ammettere, in un secondo tempo,
fino a riconoscerlo in sede legislativa, l’utilizzo delle sostanze derivate dalla canapa
come un presidio che poteva essere di aiuto terapeutico alternativo al fallimento di altre
sostanze; quindi c’è tutta una fase, un percorso scientifico che sicuramente nessuno di
noi ha diritto di disconoscere. Come sempre il percorso scientifico procede, si attiva, si
migliora, si affina, però su determinati presupposti, che poi sono di tipo farmacologico
da una parte e di tipo neurofisiologico dall’altra, perché in sostanza uno dei riferimenti
più importanti sul piano clinico è l’attività dei principi derivati dalla canapa sulla
contrattilità e sul sistema muscolare; tenuto conto che - e non voglio..., preferisco,
scelgo di non usare termini altisonanti, ma termini che possano essere non
necessariamente per addetti ai lavori - il nostro sistema di funzionamento dell’energia
con la quale viviamo passa attraverso un apparato muscolare, estremamente complesso,
che ha, ovviamente, i suoi presupposti di funzionamento nell’organizzazione generale
del sistema nervoso, per cui se noi guardiamo lo scheletro così come lo si vede sulle
magliette di Halloween è una cosa, muovere quella massa di muscoli vuol dire
l’interazione di sistemi muscolari a diversi livelli volontari e non volontari, viscerali e
motori sui quali comunque le azioni vengono poi valutate - sono fortunatamente
valutabili - con parametri neurofisiologici, strumentalmente accreditati, che si traducono
in grafici con determinate unità di misura e quindi che sono traducibili in una
valutazione appropriata sotto tutti i requisiti scientifici della scienza moderna. In
particolare, su determinate malattie neurologiche degenerative, e ne cito una perché
forse è quella di cui si può sentir parlare, al di là delle malattie rare o di altri aspetti
intermedi, la sclerosi multipla ha degli aspetti clinici caratterizzati da un dolore costante,
continuo, con picchi che interferiscono con le attività quotidiane, con la vita di
relazione, con il sonno che talora non rispondono a tutta la gamma della farmacopea
tradizionale e, invece, hanno dimostrato di rispondere in termini di un miglioramento
delle performance muscolari, cioè una diminuzione di questa contrattura e di queste
contratture multiple che portano ad una situazione per cui il malato non gestisce più se
stesso, all’integrità motoria, ma di questo apparato motorio non può più fare uso: sono
trentenni che non riescono a portarsi la mano alla bocca, perché questa mano è bloccata
in una contrattura mostruosa, che in sé ha qualcosa di contronatura, e che è veramente
un qualcosa che li invalida, con una mortificazione tra l’altro anche psicologica che tutti
possiamo immaginare insomma; credo di essere stata abbastanza efficace nel rendere
idea. Questo per dire che ci sono dei vantaggi: sono vantaggi importanti che i malati
sentono. Dall’altra parte c’è la necessità di fare chiarezza, come giustamente ha detto
chi mi ha preceduto, e ci sono ottiche diverse; però effettivamente: la chiarezza, la
trasparenza, il fatto che il medico possa usare questa sostanza con la sicurezza con cui
prescrive o somministra qualunque altra sostanza sia essa di natura chimica, sia essa di
natura fitoterapica, questo è un presupposto fondamentale che riporta, effettivamente
quello che io dico, all’alleanza terapeutica, laddove tutti noi siamo chiamati ciascuno
per le sue responsabilità, le sue competenze, i suoi doveri a rispettare il diritto che è un
diritto alle cure che va ben oltre a questa sostanza e che è comunque il presupposto di
tutto l’impianto dell’assistenza sanitaria in termini di terapia e di tutto quanto soggiace
il sistema della terapia e della sua distribuzione nella produzione del controllo delle
sostanze. Quindi, cercherei veramente di far presente quanto l’attenzione per questo
tema, che è un tema estremamente complesso e difficile, proprio perché è un tema di
border, perché purtroppo non possiamo parlarne senza riconoscere che c’è invece tutto
un altro mondo che afferisce ad un diverso utilizzo di questa sostanza e che ne va
distinto in modo corretto dando al malato un percorso certo, ed evitando quello che
giustamente veniva adombrato, da chi mi ha preceduto nella relazione, che comunque è
un grande pericolo. Da una parte a volte porta, presumibilmente, a un esborso di denaro
enorme, quindi sfruttamento di queste situazioni di disagio e di malattia di fronte alle
quali le famiglie sono disposte a tutto; c’è di tutto, ma non ci deve essere di tutto, perché
ci sono delle norme che hanno disciplinato in modo molto chiaro le patologie, i sintomi,
i mondi di malattia e di sofferenza a cui questo tipo di farmaco è dedicato e solo a
questi. Quindi è molto importante il momento culturale e questo, forse, pur con le sue
complessità, con le sue conflittualità è un momento storico nel quale, senza eccedere
nell’enfasi, però si può fare del bene ad una categoria di pazienti che è grande: sono
pazienti giovani, sono pazienti comunque in età lavorativa, tutto il mondo delle malattie
degenerative non è un mondo che fa parte del panorama geriatrico; è un mondo che fa
parte del panorama di una fascia di età che va dai 30 ai 50. Sono i momenti in cui chi ce
l’ha messa tutta per studiare, per formarsi, per imparare un mestiere nel momento in cui
dovrebbe o potrebbe mettere a frutto i suoi sacrifici ne è invece distolto ed è ingabbiato
in questa specie di ossatura invisibile che, però, non gli permette di essere se stesso,
quindi si può fare molto. Si può fare sicuramente molto con dei distinguo: questo è un
ambito terapeutico, è un ambito medico, è un ambito di una sostanza che va trattata,
capita, studiata, approfondita anche soprattutto nei suoi aspetti genetici, perché è ovvio
che selezionare dei ceppi che siano particolarmente efficaci è come dire facciamo la
scelta tra un antibiotico rispetto al quale abbiamo una nota resistenza e un antibiotico di
cui sappiamo che possiamo contare sull’efficacia attuale. Quindi sono ambiti
estremamente ben definiti nei quali la sfumatura è pericolosa; pericolosa sotto tutti i
punti di vista e pericolosa per i pazienti, perché poi le aree grigie sono molto estese, le
molle che muovono queste dinamiche non sono sempre oneste, non sempre trasparenti e
comunque penalizzano in genere il malato e la famiglia, per cui penso che in ogni modo
creare un percorso chiaro tanto meglio se con un vantaggio anche economico regionale,
infrastrutture comunali recuperate, di professionalità che sicuramente ci sono che
possono essere sicuramente gratificate dall’impegnarsi in un filone che è un filone di
aiuto, un filone di assistenza rispetto invece ad un persistere di confusioni che sono
estremamente dannose e sicuramente sono anche economicamente non virtuose e un
peso in più per una fascia di età di persone che già hanno difficoltà a trovare lavoro,
quando lo trovano magari si ammalano e quindi non si fa altro che avvitare il percorso
su una situazione di grande disagio che il medico in certe situazione può, se aiutato da
una farmacopea adeguata, se non altro alleviare in quello che è il suo diritto-dovere nei
termini della prescrizione, nei termini di ciò che è normato.

SICARI Francesco (Presidente)
La ringrazio e colgo l’occasione per ringraziare tutti gli ospiti intervenuti oggi.
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