Interventi |
POLLICINO Marina Grazie. Partiamo da una considerazione soggettiva e “particulare”, come direbbe Guicciardini. Io c’ero, ero presente e ho visto con i miei occhi e sono gli occhi che trasmettono le immagini che vengono elaborate dal cervello, difficile convincere poi la mente a negare, o modificare l’elaborazione della realtà che essa ha effettuato. Elaborazioni soggettive, certo, prive di una visione complessiva e generale, che riportino all’unità la molteplicità degli stimoli e delle percezioni della realtà, ma che comunque mi consentono di fare qualche considerazione puntuale. Innanzitutto non voglio avventurarmi nella diatriba, su chi abbia cominciato per primo, sarebbe una discussione sterile e che ci porterebbe ad andare avanti all’infinito, dibattendo sulle ragioni degli uni e degli altri e si lascerebbero gli attori in campo, sempre più che mai convinti delle proprie ragioni rispetto alla controparte. Però posso affermare che c’è qualcosa di oscuro, se mentre sfilo pacificamente durante una manifestazione, all’improvviso dalle vie laterali della strada, come le chele di una tenaglia che si chiudono, i caschi azzurri sbarrano la via, caricano in modo indistinto e da quello che mi consta, immotivato, e impediscono ai manifestanti il libero esercizio democratico dell’espressione della propria visione di sviluppo del lavoro legato al territorio, proprio nel giorno della Festa dei Lavoratori. C’è qualcosa di fortemente critico in tutto ciò, che trascende il comportamento delle Forze dell’Ordine o dei manifestanti, ma attiene alla concezione che abbiamo sui livelli di partecipazione a una festa, che dovrebbe essere di tutti i lavoratori, così come avviene in tutto il mondo. È evidente che la gestione della festa non preveda una partecipazione massiva ma, al contrario, una testimonianza selettiva e irreggimentata e che il corteo venga, di volta in volta, aggregato o segmentato, con lo scopo di far arrivare in piazza, solo a manifestazione conclusa, una parte ideologicamente connotata e in quanto tale, penalizzata, dei manifestanti. Ecco, è su questo che io ritengo sia giunto il momento di fare un ragionamento, che trascende l’episodio contingente dell’ordine pubblico, in virtù di una riflessione generale su quale sia il significato che la cittadinanza vuole continuare a dare alla Festa del Primo maggio, se cioè debba essere gestita o organizzata in modo tale, che continui ad essere una bella vetrina in cui sfilino ed abbiano voce alcune rappresentanze della società, ad esclusione di altre o non piuttosto un evento in cui sia garantito in modo plurale a tutti il diritto costituzionale di partecipazione e di libera espressione delle proprie idee. Una società che, ormai da anni, è caratterizzata da mutamenti profondi nelle compagini socioeconomiche, in cui l’ascensore sociale rallenta in modo preoccupante e i territori non riescono a far sentire le proprie ragioni, la gestione di una manifestazione che rappresenta il momento per eccellenza del mondo del lavoro e della società civile, deve trovare nuovi schemi di partecipazione, inclusione e rappresentanza. Se non siamo in grado di dare una risposta seria al tema dell’accesso paritetico a tutti, rischiamo di ritrovarci qui, il prossimo anno, o il prossimo ancora e discutere animatamente dello stesso argomento, magari in condizioni e termini, Dio non voglia, più drammatici, per cortei che si frammenteranno anche in sedi diverse, com’è già avvenuto nel Paese in occasione del recente 25 aprile. Per questo la suggestione e l’appello che io rivolgo alla Sindaca, che come lei spesso…, lei stessa ha sostenuto, è la Sindaca della Città, è quello di farsi parte attiva presso le istituzioni competenti con l’obiettivo di giungere ad una sintesi politica e a un confronto dialogante e meno muscolare, con tutti i protagonisti della società civile nell’autentico spirito della festa. Grazie. |