Interventi |
TRESSO Francesco Sì, grazie, Presidente. Dunque, la proposta di mozione che oggi discutiamo è in risposta all’ordine del giorno votata dalla Maggioranza il 29 ottobre scorso. Ricordiamo che, com’è già stato detto, si chiedeva di sospendere qualunque operazione indirizzata all’avanzamento dell’opera. Come già interventi che mi hanno preceduto hanno sottolineato, in realtà non è stato sospeso proprio nulla, perché i bandi non sono stati rinviati. Di fatto in tutti i casi di grandi opere quasi sempre si procede con una procedura ristretta che comincia, appunto, con una fase non vincolante, di raccolta delle candidature delle imprese, poi successivamente la stazione appaltante raccoglie, esamina le candidature e si riserva quindi di selezionare le imprese da invitare alla fase di presentazione delle offerte. Quindi, nulla di nuovo, TELT ha fatto esattamente quello che era nel programma di cose da fare e da mettere in essere. Fermo restando questo, tornando invece a quello che è l’ordine del giorno, che anche io ho sottoscritto e chiede, la mozione sottolinea tre aspetti: “Rispettare gli accordi internazionali sottoscritti, rivedere la composizione della struttura tecnica di missione e mantenere l’osservatorio tecnico”. A me sembrano istanze ragionevoli per tutta una serie di motivazioni che provo almeno a sintetizzare in pochi punti: intanto c’è l’interscambio economico tra Italia e Ovest Europeo, che quindi, tutti i paesi che sono raggiungibili attraverso l’arco alpino occidentale, che è consistente ed in crescita, e questo, guardate, è arrivato a superare i valori dell’interscambio verso la Svizzera, e i nostri vicini elvetici non hanno solo scavato dei buchi per spendere miliardi di franchi per fare qualche piacere alle lobby del cemento, hanno anche intelligentemente aggredito il problema di attraversamenti selvaggi diciamo degli autotrasportatori, istituendo una tassa sul traffico pesante che è commisurata alle prestazioni, cioè al peso e alla lunghezza dei convogli e alla lunghezza, diciamo, delle tratte percorse. Ora, i proventi di queste tasse servono ovviamente, secondo un meccanismo virtuoso, anche a finanziare e sussidiare le politiche di trasferimento da gomma a ferro, non per niente sono arrivati ad avere il 70% di traffico di merci su rotaia. E’ chiaro che tutto questo potremmo replicarlo anche noi, ma non semplicemente limitandoci a tassare gli autotrasportatori, ma questo sistema virtuoso è messo in crisi se mancano, appunto, le strutture adeguate, ed è per questo che io credo che il tunnel di base del Moncenisio sia la conditio sine qua non per un trasporto merci più efficiente, anche ambientalmente sostenibile, perché le motivazioni di tipo ambientale sono quelle che vengono richiamate proprio dall’Unione Europea che nel suo piano di trasporti arriva a dire che il 30% di trasposto ferroviario nel 2030, e il 50% nel 2050, dovrà essere trasferito, appunto, da gomma a rotaia. C’è poi un tema che non è ancora stato sollevato oggi, che è quello di valutare il costo dell’operazione per bloccare l’opera. Se consideriamo il ripristino dei luoghi è perché qui non abbiamo un buco che basta stuccare e chiudere qui tal quale com’è. Allora, se valutiamo i costi per l’adeguamento della linea storica, che sappiamo essere obsoleta a non rispondente ai criteri di sicurezza, per ripristinare i luoghi com’erano prima dei cantieri, a parte i tempi che non sono immediati, è facile presupporre che la stima dell’ordine di grandezza dei costi sia almeno simile ai 2 miliardi e 8 previsti per ultimare l’opera. C’è poi una questione legata anche ai posti di lavoro, non per niente, com’è stato fatto notare, si sono riusciti a mettere d’accordo non solo le organizzazioni datoriali, ma anche le cifre sindacali, ricordo che anche la CGIL si è espressa favorevolmente alla realizzazione dell’opera e i quasi 10.000 lavoratori tra diretti e indotto che sono previsti a pieno regime dei cantieri. Ma la questione fondamentale che io ritengo, è quella di chiedersi se esista un punto di non ritorno nel processo di realizzazione di un’opera in cui non è più lecito disattendere gli impegni presi. Esiste un trattato internazionale con l’Unione Europea e con la Francia, che risponde ad una strategia assunta a livello comunitario, quindi non è che impegna solo l’Italia, ma impegna tutti gli attori che hanno concorso a quel disegno e che insieme si sono assunti questi impegni ratificati, ricordiamolo, da 4 trattati internazionali e da 2 accordi intergovernativi. Io credo che quel punto di non ritorno sia stato abbondantemente superato, né mi convince l’analisi costi-benefici che tutto possa essere messo in discussione. Analisi costi-benefici che ricordiamolo, anche proprio nella sua strutturazione, tra l’altro non avendo seguito quelle che erano indicazioni guida del Ministero, neanche quelle dell’Unione Europea, ha alla base, valga per tutti un’osservazione, inserire i mancati introiti derivanti dalle accise sulla vendita di carburanti e dei pedaggi autostradali, non come benefici per la collettività, ma come costi economici. E’ proprio un po’ come dire, io faccio un’analisi costi-benefici per valutare l’effetto del tabagismo, poi sulla base di quello decido che non è il caso di fare una campagna limitando l’uso del tabacco, perché se no verrei ad avere meno introiti come Monopolio di Stato e questo indifferentemente del fatto che i prodotti che io vado a commercializzare sono cancerogeni esattamente quanto le emissioni di milioni di mezzi di trasporto. Allora, io credo, come detto, che per tutti questi motivi non possiamo più tornare indietro, anche per questioni che peraltro non sono state mai valutate, che sono anche la perdita anche, sotto il profilo economico di quello che necessariamente sarebbero poi i risarcimenti che vengono richiesti. Noi non facciamo molto bene a trattare male i nostri amici francesi, guardate. Siamo un Paese che vive di export, siamo il quinto Paese al mondo come export e la Francia, il traffico verso la Francia è il nostro secondo cliente, quindi forse anziché sbeffeggiare i nostri cugini d’oltralpe, varrebbe la pena di provare a rispettare quelli che sono degli accordi cha abbiamo preso. Come detto, quanto oggi discutiamo, risponde anche a quelle che sono le istanze del territorio, perché le organizzazioni datoriali, così come i sindacati, le associazioni di professionisti, sono quelle che hanno richiesto. Ritengo che, non il Governo, ma un contratto di Governo, e ancora una volta questo definisce come di fatto sia impossibile pensare di governare un paese sulla base di un contratto, e quindi una parte del Governo sia contraria a questo. D’altronde la Capogruppo Sganga dice: “E’ una comunità che non è più disposta a delegare le loro volontà”, ma allora non capisco perché, in virtù di questa non disponibilità a delegare la volontà, si rifiuta anche la possibilità di un referendum e che rimetterebbe nelle mani dei cittadini, di tutta la comunità, la scelta di una decisione così importante. |