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Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 11 Marzo 2019 ore 14,00
Paragrafo n. 31
ORDINE DEL GIORNO 2018-05290
"SOSTEGNO ALLA NUOVA LINEA FERROVIARIA TORINO-LIONE" PRESENTATA IN DATA 12 NOVEMBRE 2018 - PRIMO FIRMATARIO LO RUSSO.
Interventi
TRESSO Francesco
Sì, grazie, Presidente. Dunque, la proposta di mozione che oggi discutiamo è in risposta
all’ordine del giorno votata dalla Maggioranza il 29 ottobre scorso. Ricordiamo che,
com’è già stato detto, si chiedeva di sospendere qualunque operazione indirizzata
all’avanzamento dell’opera. Come già interventi che mi hanno preceduto hanno
sottolineato, in realtà non è stato sospeso proprio nulla, perché i bandi non sono stati
rinviati. Di fatto in tutti i casi di grandi opere quasi sempre si procede con una
procedura ristretta che comincia, appunto, con una fase non vincolante, di raccolta delle
candidature delle imprese, poi successivamente la stazione appaltante raccoglie,
esamina le candidature e si riserva quindi di selezionare le imprese da invitare alla fase
di presentazione delle offerte. Quindi, nulla di nuovo, TELT ha fatto esattamente quello
che era nel programma di cose da fare e da mettere in essere. Fermo restando questo,
tornando invece a quello che è l’ordine del giorno, che anche io ho sottoscritto e chiede,
la mozione sottolinea tre aspetti: “Rispettare gli accordi internazionali sottoscritti,
rivedere la composizione della struttura tecnica di missione e mantenere l’osservatorio
tecnico”. A me sembrano istanze ragionevoli per tutta una serie di motivazioni che
provo almeno a sintetizzare in pochi punti: intanto c’è l’interscambio economico tra
Italia e Ovest Europeo, che quindi, tutti i paesi che sono raggiungibili attraverso l’arco
alpino occidentale, che è consistente ed in crescita, e questo, guardate, è arrivato a
superare i valori dell’interscambio verso la Svizzera, e i nostri vicini elvetici non hanno
solo scavato dei buchi per spendere miliardi di franchi per fare qualche piacere alle
lobby del cemento, hanno anche intelligentemente aggredito il problema di
attraversamenti selvaggi diciamo degli autotrasportatori, istituendo una tassa sul traffico
pesante che è commisurata alle prestazioni, cioè al peso e alla lunghezza dei convogli e
alla lunghezza, diciamo, delle tratte percorse. Ora, i proventi di queste tasse servono
ovviamente, secondo un meccanismo virtuoso, anche a finanziare e sussidiare le
politiche di trasferimento da gomma a ferro, non per niente sono arrivati ad avere il 70%
di traffico di merci su rotaia. E’ chiaro che tutto questo potremmo replicarlo anche noi,
ma non semplicemente limitandoci a tassare gli autotrasportatori, ma questo sistema
virtuoso è messo in crisi se mancano, appunto, le strutture adeguate, ed è per questo che
io credo che il tunnel di base del Moncenisio sia la conditio sine qua non per un
trasporto merci più efficiente, anche ambientalmente sostenibile, perché le motivazioni
di tipo ambientale sono quelle che vengono richiamate proprio dall’Unione Europea che
nel suo piano di trasporti arriva a dire che il 30% di trasposto ferroviario nel 2030, e il
50% nel 2050, dovrà essere trasferito, appunto, da gomma a rotaia. C’è poi un tema che
non è ancora stato sollevato oggi, che è quello di valutare il costo dell’operazione per
bloccare l’opera. Se consideriamo il ripristino dei luoghi è perché qui non abbiamo un
buco che basta stuccare e chiudere qui tal quale com’è. Allora, se valutiamo i costi per
l’adeguamento della linea storica, che sappiamo essere obsoleta a non rispondente ai
criteri di sicurezza, per ripristinare i luoghi com’erano prima dei cantieri, a parte i tempi
che non sono immediati, è facile presupporre che la stima dell’ordine di grandezza dei
costi sia almeno simile ai 2 miliardi e 8 previsti per ultimare l’opera. C’è poi una
questione legata anche ai posti di lavoro, non per niente, com’è stato fatto notare, si
sono riusciti a mettere d’accordo non solo le organizzazioni datoriali, ma anche le cifre
sindacali, ricordo che anche la CGIL si è espressa favorevolmente alla realizzazione
dell’opera e i quasi 10.000 lavoratori tra diretti e indotto che sono previsti a pieno
regime dei cantieri. Ma la questione fondamentale che io ritengo, è quella di chiedersi se
esista un punto di non ritorno nel processo di realizzazione di un’opera in cui non è più
lecito disattendere gli impegni presi. Esiste un trattato internazionale con l’Unione
Europea e con la Francia, che risponde ad una strategia assunta a livello comunitario,
quindi non è che impegna solo l’Italia, ma impegna tutti gli attori che hanno concorso a
quel disegno e che insieme si sono assunti questi impegni ratificati, ricordiamolo, da 4
trattati internazionali e da 2 accordi intergovernativi. Io credo che quel punto di non
ritorno sia stato abbondantemente superato, né mi convince l’analisi costi-benefici che
tutto possa essere messo in discussione. Analisi costi-benefici che ricordiamolo, anche
proprio nella sua strutturazione, tra l’altro non avendo seguito quelle che erano
indicazioni guida del Ministero, neanche quelle dell’Unione Europea, ha alla base, valga
per tutti un’osservazione, inserire i mancati introiti derivanti dalle accise sulla vendita di
carburanti e dei pedaggi autostradali, non come benefici per la collettività, ma come
costi economici. E’ proprio un po’ come dire, io faccio un’analisi costi-benefici per
valutare l’effetto del tabagismo, poi sulla base di quello decido che non è il caso di fare
una campagna limitando l’uso del tabacco, perché se no verrei ad avere meno introiti
come Monopolio di Stato e questo indifferentemente del fatto che i prodotti che io vado
a commercializzare sono cancerogeni esattamente quanto le emissioni di milioni di
mezzi di trasporto. Allora, io credo, come detto, che per tutti questi motivi non
possiamo più tornare indietro, anche per questioni che peraltro non sono state mai
valutate, che sono anche la perdita anche, sotto il profilo economico di quello che
necessariamente sarebbero poi i risarcimenti che vengono richiesti. Noi non facciamo
molto bene a trattare male i nostri amici francesi, guardate. Siamo un Paese che vive di
export, siamo il quinto Paese al mondo come export e la Francia, il traffico verso la
Francia è il nostro secondo cliente, quindi forse anziché sbeffeggiare i nostri cugini
d’oltralpe, varrebbe la pena di provare a rispettare quelli che sono degli accordi cha
abbiamo preso. Come detto, quanto oggi discutiamo, risponde anche a quelle che sono
le istanze del territorio, perché le organizzazioni datoriali, così come i sindacati, le
associazioni di professionisti, sono quelle che hanno richiesto. Ritengo che, non il
Governo, ma un contratto di Governo, e ancora una volta questo definisce come di fatto
sia impossibile pensare di governare un paese sulla base di un contratto, e quindi una
parte del Governo sia contraria a questo. D’altronde la Capogruppo Sganga dice: “E’
una comunità che non è più disposta a delegare le loro volontà”, ma allora non capisco
perché, in virtù di questa non disponibilità a delegare la volontà, si rifiuta anche la
possibilità di un referendum e che rimetterebbe nelle mani dei cittadini, di tutta la
comunità, la scelta di una decisione così importante.

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