Interventi |
POLLICINO Marina Grazie, Presidente. "Si è fatto un bel parlare in questi ultimi tempi dell'importanza di introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado un'ora autonoma di educazione civica - per inciso materia o comunque già nei programmi delle scuole - con lo scopo di formare cittadini italiani consapevoli tra i vari temi indicati soprattutto dei principi fondamentali della Costituzione Italiana e delle principali regole delle istituzioni italiane ed europee. Ci sono tre articoli della nostra Costituzione che interessano in modo particolare i nostri giovani e i docenti e sono gli art. 3, 33 e 34 della Costituzione, sono articoli che garantiscono il principio di uguaglianza, di libero accesso all'istruzione senza alcuna discriminazione e la libertà di insegnamento, ma sappiamo che attraverso modalità decettive per il rilievo che è stato dato dagli organi di informazione a livello nazionale, tre regioni italiane hanno chiesto al Governo forme e condizioni specifiche di autonomia in materia di istruzione e formazione sulla base degli art. 116 e 117 del Titolo V della Costituzione, come da riforma del 2001. Tutto avveniva in seguito a un referendum consultivo tenutosi il 22 ottobre 2017 in Veneto e Lombardia, referendum dal parere giuridicamente non vincolante che poneva un quesito dal testo estremamente generico: 'Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?', un po' più articolato, ma altrettanto vago il testo del referendum lombardo. Essendo stato raggiunto il quorum, si avviava l'iter che ha portato il 13 febbraio 2019 alla sottoscrizione di un'intesa tra Regione Veneto e Ministero dell'Economia e delle Finanze per il riconoscimento dell'autonomia differenziata. Faccio altresì presente che è stato il Governo Gentiloni sullo scorcio della legislatura precedente a siglare i tre preaccordi. Aggiungo, per inciso, che anche il Piemonte ha presentato una sua richiesta di autonomia differenziata, richiesta approvata dal Consiglio Regionale malgrado il Movimento 5 Stelle lamentasse la mancanza di coinvolgimento dei cittadini e delle realtà sociali ed evidenziasse lo svolgimento di un dibattito rimasto chiuso nelle stanze della Giunta. In sintesi, al momento attuale, se il Consiglio dei Ministri dovesse approvare le intese con le regioni, il ruolo del Parlamento a quel punto sarebbe soltanto di esprimersi in blocco sull'autonomia con un sì o con un no, senza alcuna possibilità di discussione riguardo la presentazione di emendamenti, in ciò limitando fortemente il potere delle Camere di formulare le proprie valutazioni in merito ai testi, questo significherebbe che ancora una volta il mondo della scuola si troverebbe a subire una riforma che non avrei alcuna remora a definire di portata colossale in modo assolutamente imposto e calato dall'alto. Un incredibile déjà vu, dalla buona scuola di renziana memoria alla regionalizzazione, la dimostrazione plastica che la politica, che dovrebbe avere imparato che le riforme calate dall'alto sulla testa di migliaia di famiglie di lavoratrici e lavoratori in un settore specifico come l'istruzione non funzionano, continua a prendere provvedimenti e decisioni in completa autonomia, perpetuando logiche autoreferenziali che negano il coinvolgimento di quegli attori della società che costituiscono il tessuto vivo di esperienze e competenze acquisite da anni di professionalità sul campo. Purtroppo le logiche che si intuiscono alla base dei percorsi intrapresi in questi anni sono ormai sempre le medesime, l'assoggettamento di ogni diritto fondamentale é un sistema economico sempre più invasivo e penetrante, la scuola che rimane da baluardo ai principi fondanti della nostra Repubblica ne è consapevole e a queste logiche si oppone. Dall'unità ad oggi è stata il vero collante delle diverse realtà sociali del Paese, malgrado le criticità ben note a causa di risparmi e tagli continui, essa è e resta un luogo di uguaglianza sostanziale, di pluralismo culturale, di promozione di pari opportunità, di formazione civica. La riforma su cui un Parlamento impossibilitato a dibattere sarà chiamato a pronunciarsi, prevede una vera destrutturazione del modello configurato dalla Costituzione repubblicana, l'autonomia differenziata mira a bloccare la mobilità professionale senza spiegare da che punto di vista pedagogico, in che modo la regionalizzazione possa arrecare reali vantaggi, laddove lo scambio culturale è sempre stato una risorsa per lo sviluppo dell'intero Paese, il decentramento di poteri a vantaggio delle regioni accentuerà, anziché ridurli, gli squilibri oggi riscontrabili tra aree territoriali, tra nord/sud, tra regioni ricche e regioni povere, metterà in discussione un contratto collettivo nazionale di lavoro con differenziazioni inaccettabili tra stipendi ed orari dei lavoratori della scuola, tra percorsi di formazione e di reclutamento, tra sistemi di valutazione nei rapporti con le paritarie. Non da ultimo, si passerebbe a subordinare l'organizzazione scolastica alle scelte politiche ed economiche di ogni Consiglio Regionale in grado di condizionare localmente gli organi collegiali a spese dell'autonomia scolastica in netto contrasto con il dettato costituzionale. In conclusione, il diritto all'istruzione che è un diritto costituzionale indisponibile con 20 sistemi diversi di istruzione regionali non sarà più un diritto universale, ecco perché il dispositivo di questo ordine del giorno, chiede che il Consiglio Comunale di Torino esprima la propria contrarietà alla regionalizzazione della scuola, ma soprattutto si adoperi presso le sedi istituzionali competenti a promuovere sulla materia di rilevanza costituzionale un serio dibattito in Parlamento e un confronto nel Paese, un confronto reale, franco, anche animato se necessario, che coinvolga tutti i soggetti istituzionali e della società civile". Grazie. |