Interventi |
TRESSO Francesco Grazie, Presidente. La mozione che oggi votiamo è frutto di un approfondimento che abbiamo condotto nell’ambito della Commissione Legalità e Contrasto ai Fenomeni Mafiosi, che ha riguardato un tema che reputo sia stato di interesse anche dei Commissari e che sostanzialmente ci ha visti ragionare sulle diverse declinazioni che il carcere pone tra il tipo di custodia, che si distingue sostanzialmente tra una vocazione tipo custodialistica, o una vocazione tipo più trattamentale. La seconda, ovviamente, è tesa a un’azione educativa che, pur garantendo l’aspetto anche della custodia, però cerca di favorire l’aspetto proprio del diritto del detenuto ad essere inserito nell’ottica di proprio un reinserimento nella società. Abbiamo fatto anche degli approfondimenti che hanno riguardato la situazione del carcere cittadino, cioè della Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno”, che tutto sommato penso si possa dire da sempre si contraddistingue per la sua vocazione a questo tipo di custodia più trattamentalistica e abbiamo approfondito una serie di realtà che riguardano la possibilità che le società partecipate del Comune di Torino possono offrire un inserimento lavorativo nell’ambito della pena per chi è detenuto e in regime dell’articolo 21 ha la possibilità di scontare parte della pena all’esterno, eseguendo dei lavori. Ora, abbiamo avuto anche delle audizioni di cooperative sociali che svolgono lavori presso il carcere “Lorusso e Cutugno” e ci hanno dato dei dati interessanti, di cui adesso riassumo brevemente alcuni aspetti, che possono essere utili ad accompagnare l’atto che oggi è i votazione. Intanto il fatto che in Italia abbiamo un numero di detenuti che è ben superiore alle capienze regolari che le strutture carcerarie possano contenere, tant’è che siamo anche stati oggetto di sanzioni da parte della Comunità Europea. La stessa Casa Circondariale di Torino, la “Lorusso e Cutugno”, a fronte di una capienza regolare di 1100 posti, ospita attualmente detenuti che sono almeno di 200 unità superiori. In più si può dire che un dato, ahimè, a livello nazionale, che solo una parte molto limitata dei detenuti che hanno una condanna definitiva e che quindi in quanto tale avrebbero diritto ad esercitare un’attività lavorativa, può effettivamente fruire di questa possibilità, sostanzialmente meno del 30% a livello nazionale. In più si ricorda ancora che, a causa anche della turnazione, si tratta spesso di lavori poco qualificati e che rispondono, appunto, ad esigenze di piccola manutenzione, pulizie, mentre solamente poche, una percentuale ben più bassa può fare dei lavori all’esterno presso delle cooperative. Tutto ciò premesso e ricordando come, appunto, la Torino che si sia già distinta, perché ha attualmente in essere una convenzione tra Città e le sue partecipate, in particolare tra partecipata AMIAT, abbiamo anche audito in Commissione alcune delle persone che attualmente detenute presso la Casa Circondariale, lavorano presso la struttura di AMIAT e che ci hanno raccontato, credo anche con una testimonianza molto toccante, come per loro sia stata effettivamente un’occasione di recupero e di riaffacciarsi a una possibilità di una vita sociale, avendo anche del tempo scandito da quello che è l’attività lavorativa e potendo riconfigurare una serie di relazioni che gli hanno dato, diciamo, un aspetto anche di positività nell’ottica poi di riprendere una vita normale, una volta usciti dal carcere. Questo è un tema che in assoluto richiama la necessità anche di fare degli investimenti in questo senso, anche in un’ottica di dovere poi reinvestire dopo, se si tiene conto che, ahimè, valutato sul livello nazionale a 5 anni dall’uscita dal carcere i detenuti che rientrano in un sistema di recidiva, cioè che tornano a delinquere, si aggirano, sono sempre numeri complicati da dare, perché bisogna tener conto di una serie di parametri, che non sono così facili da mettere insieme, ma, ecco, il tasso della recidiva, valutata a 5 anni, si aggira intorno al 70%. Ci sono consolidate esperienze, non sono italiane, ma all’estero, in letteratura, numerose testimonianze che riportano il fatto che questo tasso di recidiva si abbatte drasticamente qualora ci sia la possibilità di un recupero che vede proprio il lavoro come possibilità di reinserimento. Ricordo, infine, che l’articolo 27 della Costituzione recita testualmente: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Poi sappiamo come tutta la nostra Costituzione sia imperniata sul significato di dignità del lavoro e quindi anche le persone che limitate nella libertà e detenute, in quanto, comunque, cittadini e in quanto persone, sono soggette allo stesso tipo di, ovviamente, di diritti. Ora, la parte di “impegna” che viene proposta nell’atto, riguarda proprio due aspetti, il primo è quello di prevedere azioni di sensibilizzazione nei confronti di imprese, aziende e associazione di categoria a promuovere l’inserimento lavorativo dei detenuti, come previsto dall’articolo 21 della Legge 354 del ‘75, che ha emanato un Regolamento recante sgravi fiscali e contributi a favore delle imprese. Ovviamente questo riguarda in primis per la Città di Torino le sue partecipate. A questo è stato aggiunto anche un ulteriore punto di “impegna” che vede la possibilità di modificare la convenzione attualmente in essere, a cui prima accennavo, che riguarda l’inserimento dei lavoratori nella situazione in cui loro sono…, dei detenuti, pardon, nella situazione in cui loro sono, appunto, in regime cautelare e si completa proprio al periodo della fine pena. Essendo questo il periodo, invece, particolarmente delicato, proprio perché si tratta di costituire un sistema di relazioni anche al di fuori del carcere per poter riprendere la vita, sociale, si chiede di modificare questa convenzione, questa convenzione che attualmente è in essere con l’AMIAT, ma in futuro speriamo con altre partecipate, proprio per poter prolungare le misure di inserimento lavorativo al periodo del dopo pena. Faccio un’ultima considerazione, che è questa, ho presentato l’emendamento che drasticamente modifica integralmente tutto il testo della mozione per un unico motivo, per un errore assolutamente di presentazione degli atti, anche a testimonianza del lavoro svolto di concerto con la Commissione, il testo della mozione era stato concordato anche con due Consiglieri della Maggioranza, in particolare la Presidente della Commissione Carlotta Tevere e con la Consigliera Imbesi. Vorrei ribadire questa volontà di avere un testo che fosse comunque condiviso, ho riproposto completamente la mozione, che sostanzialmente non varia nei suoi contenuti e, anzi, è solo avvalorata da alcuni riferimenti più puntuali, ma che di fatto è esattamente uguale, come dico, nella parte di impegna e nella volontà di ribadire questo concetto. La mozione è stata, d’altronde, sede di un’articolata discussione in sede di Commissione e credo che i contenuti siano stati condivisi ampiamente dai Commissari. |