Interventi |
ARTESIO Eleonora Grazie. ho sentito parlare di sconfitta della Città. Per quello che mi riguarda, una Città viene sconfitta quando perde la propria memoria e quindi diventa completamente disorientata nel proprio presente. Et memoria è quella che nei luoghi tipici del Balon, così riconosciuti nel ricordo della città e nella tradizione della città, a prescindere dall'intestazione di un titolo, in quei luoghi le persone, per la vendita degli oggetti derivanti dalle raccolte, derivanti dal recupero di quelli che per alcuni sono rifiuti, si era collocata a prescindere da qualunque indirizzo delle Amministrazioni e da qualunque modello organizzativo proposto dalle Amministrazioni. Si era collocata lì perché lì trovava modo di vendere quegli oggetti e di trovare un'entrata. Ed è stato proprio il tentativo di costruire delle regole condivise, di aprire un rapporto di fiducia, di sistemare in modo ordinato la collocazione degli espositori e la qualità delle merci, è stato un lavoro lungo e faticoso, a cui negli anni si sono applicati non solo quelli che si occupano di vendita, ma anche cittadini residenti e oggi quel lavoro lungo e faticoso viene ricordato nel modo con il quale è stato ricordato in quest'Aula. "Non abbiamo bisogno di loro", diceva un Consigliere. Loro avevano avuto bisogno di noi, istituzione e avendo avuto bisogno di noi, avevano trovato un modello di organizzazione che cercava di coordinarli, orientarli, costruire regole condivise. Solo che quando queste regole vengono unilateralmente, unilateralmente disattese dalla Città, che comincia a costruire un clima intorno alla loro esperienza di costante delegittimazione, poi può accadere che di fronte a una proposta irricevibile, quelle persone dicano di no. "Ma guarda, quelle persone senza dignità che osano ragionare con la propria testa. Ma guarda, quei poveri che noi vogliamo portare in un circuito di emancipazione si ostinano a vivere di commercio e non accettare i programmi per la povertà. Ma guarda, osano, osano dire di no anche alla loro organizzazione, osano esercitare il loro libero arbitrio e disobbedire". Questo è quello che è successo e succede nel modo con il quale questi comportamenti possono essere praticati se non esiste un modello organizzativo nel quale riconoscersi. E allora, come una volta, si va a prendere i posti, perché non c'è più la distribuzione organizzata dei luoghi di esposizione. Allora, come una volta, si arriva nella notte, si accendono i falò, come una volta. E io comincio a pensare che, al di là delle preoccupazioni specifiche sulle regole di un contratto, sulle modalità di controllo, sul rispetto delle regole, qui ci sia un disegno di qualcuno che vuole tornare a: "com'era una volta", perché "com'era una volta" creava disordine, creava reazione sociale e provare a verificare e sperimentare un modello che invece cercava di, con tutta la difficoltà e tutta la complessità, di fornire una risposta organizzata, non piace, meglio il disordine. Ma questa è una politica che abbiamo conosciuto già, che conosciamo, ahimè. E talmente serve il racconto di una situazione che è incontrollabile e che quindi va spostata, o meglio, come dice qualche altro collega, addirittura superata, eliminata, soppressa, parlo della condizione, porta a dire che chiunque obietti, critichi, manifesti delle riserve è un centro sociale, è un cittadino fantomatico, è un comitato che non esiste, mentre tutti gli altri sono soggetti produttivi, onesti, regolarizzati. Io penso e credo nell'onestà di tutti, però, penso anche nella serena e sincera convinzione anche di chi esprime un'altra opinione. Ma la Città no, la Città non li mette insieme i diversi soggetti, no, la Città parla soltanto con alcuni interlocutori e si dimentica persino di ottemperare a quegli obblighi, perché qua, tutti oggi avete detto: "Bisogna che vadano in via Carcano, soluzione irrevocabile" e contemporaneamente: "Però bisogna cambiare la direzione del bus", perché forse salire con i carretti in un bus, il primo dei quali parte alle 7.00 del mattino, non ti porta ad arrivare nei tempi organizzativi in via Carcano. "Ma bisogna mettere i bagni, ma bisogna mettere un punto di ristoro". Allora, Città, hai fatto il trasferimento in via Carcano senza garantire le infrastrutture minime? E chiedi l'obbedienza quando vieni meno ai tuoi obblighi iniziali? Francamente, con tutta l'esperienza che qualche volta mi viene riconosciuta e di cui qualche volta sono rimproverata, io non ho mai visto intorno ad una situazione come quella del Barattolo, quello che non esito a definire un accanimento, come quello che ho sentito recitare in quest'Aula in più occasioni. 10 interpellanze, almeno 6 comunicazioni, 4 riunioni di Capigruppo, più di tutti i temi che sono stati discussi in quest'Aula, più che il trasporto disabili, più che le prospettive di sviluppo che qualcuno in quest'Aula vuole proporre e vuole discutere. Quindi, io concludo questo intervento dicendo che la Città, se riconosce la propria storia e la propria responsabilità, tenta di costruire un percorso di composizione. Per parte mia, però, credo che si debba anche cominciare un racconto diverso di questa vicenda ed è per questo che ho posto l'interpellanza che sarà discussa la prossima settimana. |