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PAOLI Maura L'emergenza umanitaria in Siria, di cui leggiamo sui giornali, spesso non capendone davvero il significato, spesso in modo disinformato, distaccato, ci coinvolge e ci tocca tutti. Ed è così perché parla di una guerra globale, la lotta contro un grande nemico, l'ISIS, o meglio DAESH, l'acronimo arabo che esprime disprezzo e ostilità verso quell'organizzazione. Per essere però uniti e provare disprezzo contro DAESH non possiamo non ammettere la responsabilità dell'occidente, non possiamo non tenere conto che il dominio coloniale capitalista nel tempo ha posto le basi per l'ignoranza che incendia le guerre di religione. Non possiamo non tener conto delle contraddizioni, contraddizioni che provocano un senso di grande ingiustizia e rabbia nelle popolazioni coinvolte dalla guerra. Contraddizioni come quelle sul ruolo ambiguo dell'Europa, e quindi dell'Italia, che da una parte combatte l'ISIS, insieme alla coalizione internazionale contro lo Stato islamico, al fianco delle forze siriane democratiche, in cui sono presenti le unità di protezione popolare dello YPG e YPJ, e dall'altro finanzia lo Stato turco, che sostiene invece Al Qaeda, intrattiene relazioni con l'ISIS e bombarda con armi chimiche civili, ospedali e chi lotta con grande difficoltà contro DAESH. E non possiamo neanche non tener conto che la guerra non è tra tutti, non è tra etnie o tra religioni, ma è tra alcune persone, alcune persone che credono che Dio è il più grande, Allah Akbar, che disprezzano il nostro stile di vita e vogliono imporre il loro, con un'unica e sola interpretazione del Corano, massacrando chiunque sul loro cammino. L'ultima autobomba è di questa mattina, 5 morti. Altre persone invece si difendono, resistono, come il popolo curdo, che in Siria del nord, al confine con la Turchia, in Rojava, sta creando una società pluralista ed egualitaria, basata sulla pace, la libertà religiosa, la centralità delle donne, l'autogoverno ed i suoi diritti per tutti. L'idea è quella di una confederazione dei popoli, dalle sedi del Medio Oriente, il confederalismo democratico di Ocalan, e proprio per questo quelle persone vengono uccise anche dal partito islamista turco di Erdogan. E poi ci sono uomini e donne da tutto il mondo che senza prendere soldi, senza interessi, senza obblighi, ma solo per l'altruismo e solidarietà verso popoli lontani, che però sentono essere il prossimo, ma anche per solidarietà verso popoli più vicini, come quelli che hanno subito massacri in tante città europee, partono per raggiungere la Siria, a rischio della propria vita, per combattere l'ISIS, nelle unità di difesa popolare dello YPG e YPJ, e per partecipare alla rivoluzione confederale. C'è chi parte per la Siria per contrastare la disinformazione, spesso essendo le uniche voci internazionali per raccontare ciò che sta accadendo. C'è chi si rende disponibile a disinnescare le mine e portare aiuto sanitario dove ce n'è bisogno. C'è chi ha visto amici, curdi, europei, americani, morire. E stanco di chiedersi: "Cosa posso fare" ha abbracciato un mitra, perché in alcuni casi alla violenza si risponde anche con la violenza. Ci sono anche degli Italiani che hanno deciso di partire per la Siria, 5 di loro sono nostri concittadini, Iacopo Bindi, Fabrizio Maniero, Paolo Andolina, Maria Edgarda Marcucci e Davide Grasso. Di quest'ultimo ho avuto l'opportunità di leggere uno dei suoi libri che spiega perché sia andato a combattere l'ISIS in Siria, più volte ho dovuto fermarmi e pensare che ciò che stavo leggendo era reale, non era un romanzo, un'invenzione. Anche se le cose che ho letto pensavo fossero possibili solo nei film. Avrei voluto leggervi degli stralci, alcune pagine per condividere con voi le emozioni che ho provato leggendo, ma il tempo è poco e ve ne leggerò solo un pezzetto che descrive il momento in cui Davide, sopravvissuto a 5 mesi di guerra, impossibili da immaginare, da raccontare, arriva ad Amsterdam, ed all'aeroporto viene fermato dalla Polizia e portato in uno stanzino. "Signore, c'è un aspetto da chiarire. Da dove viene? Abbiamo trovato su internet un video girato in Siria in cui lei mascherato brandisce un mitra. Dissi che avevo partecipato alla guerra per 5 mesi a scopi umanitari, nelle file dello YPG. Che genere di forza è quella in cui ha combattuto? Può essere più preciso? Vedendo tutti i crimini che l'ISIS ha commesso in Europa, Iraq e Siria ho deciso di unirmi a quell'organizzazione. Ci fu un momento di imbarazzo, un qui pro quo. Abbia pazienza, quale organizzazione? Lo YPG dissi, le forze siriane democratiche che combattono l'ISIS, discussero con un loro superiore, tornarono per congedarmi. Complimenti per il suo impegno, mi dissero. Anche noi vorremmo poter fare la stessa cosa, ma sa, purtroppo siamo impegnati qui". A Torino invece avviene che la Procura della Repubblica ha chiesto per Davide e gli altri 4 nostri concittadini che hanno una storia analoga alla sua, la sorveglianza speciale, che non prevede l'ipotesi di nessun reato. Eppure c'è il rischio, tra le altre cose, che perdano la libertà di vivere nella nostra Città, come se fossero un pericolo per la società. Contraddizioni. |