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Estratto dal verbale della seduta di Mercoledì 9 Maggio 2018 ore 14,00
Paragrafo n. 7

Continuità cure per i malati non autosufficienti e sistema dei servizi socio-sanitari dedicati.
Interventi
VERSACI Fabio (Presidente)
Io adesso inviterei qui a parlare la signora Assunta De Caro della Segreteria di SPI
CGIL Torino. Prego.

DE CARO Assunta (Segreteria SPI CGIL Torino Responsabile Politiche Sanità
Socioassistenziali)
Buongiorno, Presidente. Buongiorno a tutte e tutti, sono Assunta De Caro dello SPI
CGIL Torino, il mio intervento è un intervento unitario con i colleghi della FNP CISL,
sempre pensionati, e della UILP, sempre pensionati. Noi abbiamo accolto in maniera
favorevole questo invito e la possibilità di intervenire in un momento di difficoltà
estremamente enorme. Noi abbiamo, come dire, una fotografia che riflette la tematica
delle famiglie, delle persone non autosufficienti e di come oggi si sta affrontando questo
tema, è un tema delicatissimo perché sta dentro ad una condizione di una società che
invecchia e questo invecchiamento della società non è un problema che riguarda solo ed
esclusivamente le persone anziane o chi li rappresenta, è un problema di tutti perché una
società che invecchia e nel momento in cui non si danno delle risposte chiare
specialmente per chi sta male è un problema anche delle famiglie e le famiglie si sa
benissimo nel momento in cui hanno delle difficoltà anche economiche per rispondere
alle problematiche della non autosufficienza diventa, come dire, un effetto domino
all'interno stesso della società, quindi come dicevo prima c'è un avanzamento della
popolazione anziana, se solo noi andiamo a vedere qualche dato ed io mi auguro che
all'interno di questo Consiglio ci sia e sappiamo bene tutti di che cosa si sta parlando,
tanto per intenderci ci sono quasi più costruzioni di RSA che di scuole e questo è
veramente un dato estremamente di riflessione, noi troviamo così come ci arrivano dalle
informazioni dei territori sempre una più pressante richiesta di aiuto e di bisogni delle
famiglie quando c'è una persona non autosufficiente, siamo quasi al 24,7% di ultra
sessantacinquenni, è un dato che riguarda sia per quanto riguarda la Città Metropolitana,
ma anche la Regione Piemonte, quindi devo dire è un dato che sta su tutte. Sappiamo
che il problema è in aumento, sappiamo che ci sono le malattie croniche in aumento, è
in aumento la non autosufficienza, è in aumento la richiesta della domiciliarità, è in
aumento la richiesta della residenzialità, è in aumento sempre di più le visite che
vengono richieste all'UVG e su questo apro più di una parentesi per dare delle
informazioni. Noi abbiamo veramente registrato un problema, l'UVG è quella
Commissione che definisce le fasce di intervento e di gravità per le persone che hanno
dei gravi problemi, quindi della non autosufficienza, come dire, la vera condizione della
presa in carico, la presa in carico che deve essere fatta sicuramente dalla parte sociale,
ma anche dalla parte sanitaria, bene, qui noi riscontriamo delle anomalie perché la
stessa Commissione dell'UVG coloro i quali devono dare risposte e aiuto a quelle
persone che hanno delle difficoltà enormi viene espresso in un punteggio che non ci si
riconosce perché se una persona il massimo del punteggio è 14 sanitario, che vuol dire
che è, credetelo, quasi fine vita e poi c'è un punteggio sociale che magari non arriva
nemmeno ad 8 o a 9, messi insieme danno un punteggio che diventa difficile la presa in
carico ed è per questo che noi chiediamo un'attenzione estremamente particolare, per
quello che dicevo, sono aumentati tutti i problemi. Su tutta questa condizione generale
c'è un di contro e il di contro è che noi abbiamo assistito in questi anni ad un calo e una
riduzione delle risorse dedicate a queste tematiche, un calo e una riduzione dei servizi
sanitari per quanto riguarda le dimissioni protette, per quanto riguarda la presa in carico,
per quanto riguarda la domiciliarità e per quanto riguarda anche la presa in carico
residenziale sui letti non solo di assistenza e continuità delle cure, ma anche all'interno
dell'RSA. Questa Città, questa Regione, in anni passati aveva una percentuale che
riferita a quella europea era già poca cosa allora, ma è adesso inesistente, in Europa noi
abbiamo il 5% di posti letti dedicati per la continuità assistenziale non autosufficienza,
qualche anno fa la Regione Piemonte definiva il 2%, oggi in questa Città, ma anche nei
distretti e nelle ASL della Città Metropolitana la percentuale dell'1,7% non viene nel
modo più assoluto rispettata perché le risorse non sono più vincolate per quel numero,
ma sono degli obiettivi e noi abbiamo sulla residenzialità un numero che è l'1,2% se ci
va bene e se ci va ancora bene in una Città dove c'è stato l'accorpamento delle due
Sanità ancora oggi vediamo due discriminanti, la ex 1 ha un numero ancora inferiore per
la presa in carico dei posti letti e la ex 2 c'ha qualcosa in più rispetto a questo, quindi
importantissima è la necessità di rivedere questo. Sull'UVG mi sono espressa e quindi
io, noi riteniamo che poiché questa è, come dire, l'espressione di chi sui territori ci vive
e di chi sui territori ha, come dire, il contatto. Mi permetto di dire che in un Paese dove
oggi ha la connessione semplice, la più semplice possibile, ognuno di noi ha uno
smartphone, uno, magari ne abbiamo due o tre dove la connessione è la prima cosa che
abbiamo, noi abbiamo registrato che su queste tematiche c'è una disconnessione tra le
cose che avvengono nelle condizioni reali di alcune famiglie sulla non autosufficienza e
quella che invece, ahimé, rispetto agli enti hanno le percezioni. Quindi che cosa
chiediamo? Intanto il fatto che ci sia una campagna, un qualcosa che sia giusto capire
alle famiglie come dare le informazioni di quello che accade, ma visto che siamo
giustamente un'Organizzazione Sindacale noi da tempo, anzi con
quest'Amministrazione, Presidente e Consiglieri tutti, mi dispiace anche per me che non
ci sia l'Assessore Schellino perché proprio con lei abbiamo fatto una valutazione e un
valore non di poco conto, è stato firmato con quest'Amministrazione dicevo poco più di
un anno fa un protocollo di intesa dove definiva necessariamente e su richiesta delle
Organizzazioni Sindacali sicuramente quelle confederali, ma anche quelle dei pensionati
la possibilità di entrare nel merito anche e non solo con la Città di Torino, ma con gli
attori che insieme devono definire come e dove risolvere il problema della non
autosufficienza, un protocollo che definiva due tavoli in questo caso uno per il welfare e
l'altro per gli anziani all'interno di questo dove c'era la presenza anche delle ASL,
anche dei Direttori Generali, anche dei distretti e della Città stessa che promuoveva e
aveva la necessità di dare delle risposte a queste tematiche. Chiediamo questo,
chiediamo la necessità viste le condizioni contingenti che ci sono, oggi anche qui io non
vedo il Direttore Generale di questa ASL della Città di Torino, sarebbe opportuno capire
come ci si muove, all'interno di quel tavolo noi chiediamo una cosa semplicissima, cosa
che da anni c'è, ma che non viene attuata, io non so se voi avete conoscenza di che cosa
è la Legge 10, la Legge 10 è qualcosa che ha spinto Torino e il modello Torino al di là
dei confini torinesi perché è stata una di quelle leggi dove prendeva decisamente in
carico la persona non autosufficiente e la persona che nella domiciliarità dava i famosi,
purtroppo adesso che stanno andando via del tutto, assegni di cura, questo chiediamo,
Presidente, noi chiediamo che sulla fase di una difficoltà di questo genere e con una
situazione veramente precaria delle famiglie col fatto che stanno diventando sempre più
povere chiediamo che il diritto della cura ci sia anche attraverso la riapertura di un
tavolo istituzionale con le ASL, con la Città di Torino che prenda in seria
considerazione l'applicazione prima del modello Torino che è stato negli anni molto
valutato e molto apprezzato e l'applicazione della Legge 10. Grazie per avermi
ascoltato.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie a lei. Paolina Di Bari, prego, Distretto ASL TO4. Prego.

DI BARI Paolina (Direttore del Distretto di Ivrea ASL TO4)
Buongiorno a tutti. Io sono qui in rappresentanza del mio Direttore Generale, il dottor
Ardissone, che era stato invitato dal Presidente, ma oggi aveva un altro impegno. Vi
confesso che sono un po' disorientata per il fatto di essere nella Città di Torino al
Consiglio Comunale di Torino l'unico rappresentante ASL venendo da un'ASL
periferica. Ci sembrava comunque corretto, il mio Direttore riteneva che avendo
ricevuto l'invito fosse opportuno essere presenti, per cui io volentieri vi racconto due
cose per quello che è della nostra azienda che però naturalmente è una realtà abbastanza
diversa da questa realtà metropolitana, noi siamo l'Azienda Torino 4, quindi Chivasso,
Ciriè ed Ivrea, siamo un territorio molto, molto vasto che praticamente comincia da
Settimo Torinese che ha delle caratteristiche, come voi sapete, abbastanza
sovrapponibili a quelle della Città e finisce al confine con la Val D'Aosta e col Parco
del Gran Paradiso, quindi potete immaginare quanto sia complicata. Veniamo ormai da
parecchi anni dall'accorpamento di tre aziende diverse che abbiamo cercato il più
possibile di digerire, ma ci sono ancora..., c'è ancora qualche forse difficoltà e come
popolazione abbiamo più di mezzo milione di abitanti e naturalmente di questo mezzo
milione di abitanti più del 25% sono anziani, anche lì con situazioni differenziate perché
naturalmente nelle zone diciamo più giovani, quindi quelle più vicine alla metropoli,
questa percentuale è un pochino più bassa, ma si alza moltissimo nelle zone montane.
La nostra organizzazione nei servizi per gli anziani, per non autosufficienze, per le fasce
deboli in generale è quella prevista dal Servizio Sanitario Regionale, noi abbiamo
cinque distretti che sono Settimo Torinese, Chivasso, San Mauro, Ciriè, Ivrea e
Cuorgnè. Ogni distretto ha al suo interno le Unità di Valutazione Multidimensionali, sia
quella geriatrica, sia quella per i disabili e minori, abbiamo sul territorio ben sette
Consorzi per i servizi sociali, anzi sei sono Consorzio e un'unione che è l'Unione NET
che è quella di Settimo Torinese, quindi abbiamo una molteplicità di interlocutori dal
punto di vista sociale, i rapporti col sociale sono mediamente buoni, negli anni abbiamo
sviluppato un rapporto di collaborazione solido con i colleghi dei Consorzi, poi
chiaramente tutti paghiamo la difficoltà di risorse disponibili, la difficoltà a dare delle
risposte su situazioni che ha illustrato prima la collega del Sindacato che effettivamente
a volte assumono dei risvolti drammatici. Poi è chiaro che noi, io sono un Direttore di
Distretto che ho quindi un ruolo prevalentemente tecnico, ma evidentemente non
completamente tecnico in quanto mi devo rapportare col territorio, con la politica, coi
servizi sociali, coi Sindaci, con le comunità locali, quindi noi come operatori, come
addetti ai lavori abbiamo ben presente quelle che sono le difficoltà che sono
sostanzialmente intanto quella di non avere risorse infinite perché comunque questa è la
situazione in cui ci troviamo, poi è chiaro che io ritengo, i miei collaboratori, i miei
colleghi tutti cerchiamo di lavorare cercando di trarre il meglio da quello che abbiamo e
di fare delle cose che abbiano un senso e soprattutto quello che facciamo è di farlo
sempre nell'interesse degli assistiti e delle persone che hanno necessità. Poi è chiaro che
ci confrontiamo tutti tutti i giorni con le difficoltà, noi siamo un territorio che non ha
certo problemi di disponibilità di strutture, sul nostro territorio della TO 4 abbiamo
tantissime RSA, abbiamo molti posti CAS. Facevamo due chiacchiere con la Dottoressa
Breda finché aspettavamo, il problema semmai è la disomogeneità di distribuzione di
queste risorse che non sono accessibili a tutte le persone, tra l'altro in periferia c'è un
enorme problema legato al sistema dei trasporti e degli spostamenti, noi ci troviamo a
farci carico di nuclei fragili, non solo di persone fragili, per cui dare una risposta ad una
persona che ha bisogno e dargliela molto lontano da casa sua significa mettere in crisi
tutto il sistema familiare della rete. Stiamo affrontando anche, adesso qui parliamo
prevalentemente di anziani, comunque abbiamo anche sul versante della disabilità nella
nostra azienda stiamo facendo degli investimenti sul settore dell'autismo, abbiamo
appena inaugurato un centro per l'autismo a Castellamonte che è un Comune della zona
delle eporediese, che è un centro per l'autismo per gli adulti e su cui stiamo partendo
adesso ed è un'opportunità che speriamo si sviluppi perché chiaramente questo è un
problema che ci sta molto a cuore e in questo siamo in contatto anche le associazioni
locali che lavorano su questa cosa. L'altro problema enorme è certamente quello delle
demenze che nell'ambito degli anziani non autosufficienti certamente in questo
momento il problema più grave è quello che richiede delle risposte più specifiche e
anche più difficoltose. Adesso voi sapete che stiamo nelle aziende cercando di attuare la
delibera sulla costituzione dei centri per i disturbi cognitivi e anche noi stiamo
lavorando su questo, cercheremo di creare un servizio che sia comunque un servizio di
rete, quindi non concentrato in una sola sede, ma articolato su più sedi territoriali
proprio per cercare di portare il più vicino possibile le risposte. Io mi fermerei qui, nel
senso che più che farvi più o meno un quadro di quello che sta succedendo, poi ripeto io
posso dare qualche indicazione su quella che è l'esperienza nostra di una realtà
periferica, so perché faccio questo lavoro da molti anni che chiaramente la realtà
cittadina e le dinamiche a livello cittadino sono un pochino diverse, quindi mi fermerei
qui, poi piuttosto se qualcuno ha bisogno di qualche chiarimento sono disponibile,
grazie.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie. Ora è il turno di Andrea Ciattaglia del CSA, prego.

CIATTAGLIA Andrea (CSA)
Presidente, grazie dell'invito. Consiglieri, Assessori. Sono Andrea Ciattaglia e
rappresento il CSA, Coordinamento Sanità e Assistenza che raggruppa 20 associazioni
che dagli anni 70 difendono i diritti delle persone non autosufficienti. Chiedo scusa se
leggerò l'intervento, ma è sicuramente il modo migliore per trasmettervi più
informazioni e più dati possibili per questo Consiglio. Il Consiglio Comunale di oggi è
stato convocato sul tema problematico, direi drammatico e sarà chiaro a breve perché
delle liste d'attesa per le persone malate non autosufficienti, un problema che ha radici
ben precise di negazione del fondamentale diritto alle cure sanitarie di queste persone.
Lo definiamo meglio come liste di abbandono più che di attesa perché questi malati non
hanno, come capita per le visite o per gli esami a cui magari a molti di noi sarà capitato,
non hanno queste persone un giorno di presa in carico fissato anche se molto in là nel
tempo per la loro prestazione, quindi il loro ricovero in una struttura sanitaria o
sociosanitaria o l'attivazione delle cure domiciliari sono semplicemente rifiutati sine
die, quindi senza un giorno di applicazione e queste persone sono scaricate tutte quando
ci sono sulle famiglie. Questa mancata risposta alle esigenze di cure sanitarie ha
ricadute concrete e fatali e il motivo, questo scaricamento, questa non presa in carico è
il motivo dei tre omicidi-suicidi di coniugi malati delle scorse settimane nel torinese,
fino all'ultimo tremendo caso della donna malata di Alzheimer dimessa dall'RSA
Botticelli dopo un mese di ricovero, una malata che non doveva essere rimandata a casa
senza cure perché aveva diritto esigibile a queste cure e che è stata uccisa dal marito che
si è tolto la vita subito dopo. Mi permetto di fare una breve premessa su chi sono queste
persone malate perché proprio dal travisamento delle loro condizioni derivano molti dei
provvedimenti e delle politiche adottate dalle Amministrazioni, in particolare da quella
regionale, che hanno creato la spaventosa cifra di almeno 30.000 persone malate non
autosufficienti che in questo momento in Piemonte sono in una lista di abbandono e
quindi non sono, pur essendo estremamente bisognosi di prestazioni mediche cliniche
ed infermieristiche e di assistenza tutelare, prese in carico dal Servizio Sanitario
Nazionale. I malati cronici non autosufficienti sono persone talmente malate da aver
perso l'autonomia, le cui malattie non permettono loro di soddisfare da soli le proprie
esigenze fondamentali primarie, non in tutti i casi, ma molto spesso anche hanno perso
la capacità di manifestare la propria volontà e di dare delle indicazioni ai terzi che se ne
prendono cura. Non sanno più dire se hanno caldo, se hanno freddo, se hanno fame, se
hanno sete, se le cure che gli stanno somministrando sortiscono effetto positivo o meno,
non sanno più dire se hanno dolore oppure no, se e dove è localizzato questo dolore,
non sanno più avvisare dell'insorgenza di un sintomo, di un problema. Queste persone
hanno bisogno di interventi 24 ore su 24, prestazioni indifferibili come è stato definito,
cioè mai rinviabili, come è stato definito in due documenti dell'Ordine dei Medici di
Torino e Provincia del 2015 e del 2016. Si capisce quindi che gli aggettivi con i quali
spesso queste persone vengono qualificate anche dalle Amministrazioni fragili,
vulnerabili, sociali non fanno altro che spostare la visuale dalla loro situazione di
malattia e di bisogno sanitario ad un indeterminato bisogno sociale e assistenziale nel
senso delle politiche sociali comunemente intese, che vedremo come operano.
Ovviamente non è così, questi malati non sono casi sociali, ma malati appunto, si tratta
di persone colpite dal morbo di Alzheimer, demenze senili come vi è ricordato prima,
malattie di Parkinson, decadimenti cognitivi in genere, esiti di patologie cardiache e
respiratorie che colpiscono persone anche giovani, persone che si ritrovano in questa
condizione dopo incidenti o dopo ictus, molto spesso soprattutto ultimamente di persone
malate oncologiche che a causa del cancro perdono la loro autosufficienza, rimangono
in vita, ma la loro autosufficienza è molto compromessa. Queste persone sono tutelate
dalle leggi fondamentali del nostro Ordinamento che garantiscono loro le cure, sulle
quali sorvolo, ma le cito perché sono importanti, l'articolo 32 della Costituzione, la
Legge 833 del 1978 che ha fondato il nostro Sistema Sanitario Nazionale e che prevede
cure senza limiti di durata qualsiasi sia la patologia che presentano queste persone e i
livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie i LEA che prevedono per
queste persone uniche tra i malati le cure domiciliari e la presa in carico residenziale
con il 50% della retta a carico dell'ASL e il 50% a carico della persona interessata, sono
gli unici malati che si pagano una quantità così elevata di cure, qualsiasi sia la parte
dell'ASL deve essere garantita, qualsiasi sia il loro patrimonio e la loro disponibilità.
Questa retta complessiva ammonta a 3.000 euro, per cui voi capite che le prestazioni
private, quindi se la persona viene in carico e si rivolge privatamente ad una struttura
deve tirare fuori 3.000 euro al mese, diversamente ne tira 1.500 che comunque non è
poco, però anche quest'ultima cosa viene negata. Fin qui normative di riferimento, ma
se fosse tutto rispettato non saremmo qui, almeno 30.000 persone malate non
autosufficienti sono, come già detto, in Piemonte senza questo tipo di cura pur avendo
ricevuto in modo formale dalle aziende sanitarie il riconoscimento come persone non
autosufficienti e come malati estremamente gravi, estremamente bisognose di
prestazioni. I dati non sono aggiornati perché le ASL non li forniscono non solo agli
organi di stampa, l'ultimo ad averli chiesti è stato il Corriere di Torino, ma anche alle
istituzioni come ben sanno i Consiglieri qui presenti della IV Commissione del Comune
di Torino ai quali poche settimane fa l'ASL di Torino ha risposto ed è a nostro avviso
inaccettabile, ma il Comune dovrebbe prendere una posizione scritta su questo, che i
dati non ci sono e non vengono fornito, punto. Spiace non vedere in questa sede
l'Assessore alla Sanità della Regione Piemonte e aggiungo quello alle politiche sociali
del Comune di Torino, ma l'Assessore alla Sanità della Regione Piemonte che invitato
all'odierna seduta ha risposto così come riportato a mezzo stampa "non è mia
consuetudine aderire alle richieste di presenziare a sedute di Consigli Comunali su temi
di natura sanitaria, sono certo che ben comprenderà, Presidente, la mia impossibilità di
garantire la presenza nei 1.197 Comuni del nostro Piemonte e non voglio quindi
privilegiarne uno a discapito degli altri". Le Aziende Sanitarie e la Regione Piemonte
con una normativa approvata dalla precedente legislatura Giunta Cota e poi fatta propria
e confermata in pieno da questa Giunta Chiamparino ha stabilito che i malati non
autosufficienti, unici tra i malati, sono selezionati all'ingresso dalla Commissione di
Valutazione e dalle Unità di Valutazioni Geriatriche che fissano dei punteggi al di sotto
dei quali queste persone non entrano nel Sistema Sanitario Nazionale, queste
valutazioni mischiando condizione sanitaria e sociale, quella sanitaria è sempre talmente
grave da condurre ad un'autosufficienza, fanno sì che anche le persone i casi con
punteggio sanitario 14, il massimo, siano tenuti fuori dalle cure. Voglio qui citare un
caso emblematico che è stato riportato poche settimane fa in un articolo di un
quotidiano, che è un caso che ha seguito la Fondazione pochi mesi, l'articolo si
intitolava esplicativamente "Il paziente non è urgente, quindi può anche morire", il
paziente signor Luigi, anziano malato non autosufficiente, il 16 gennaio i medici
rilevano scadute condizioni generali deglutisce con difficoltà, non parla più, difficile
valutare il suo orientamento spazio temporale, politraumatizzato, fratture in seguito a
caduta dalle scale della prima, seconda e terza costola, della clavicola e della milza, ha il
morbo di Parkinson, ha avuto la tubercolosi, è affetto da broncopneumopatia cronica
ostruttiva e soffre di patologia neuromuscolare neurovegetativa, ha una piega da
decubito del primo stadio in zona sacrale. Tre giorni dopo, il 19 gennaio, a fronte di un
primo tentativo di dimissioni dell'ospedale torinese presso cui era ricoverato, hanno
detto ai parenti: "portatevelo a casa", respinto con lettera di opposizione alle dimissioni.
I familiari attivano una valutazione dell'Unità Valutativa Geriatrica chiedendo la
prosecuzione delle cure presso un RSA al 50 e 50, come abbiamo visto prima. L'UVG
risponde il 6 febbraio: "il paziente ha necessità di un inserimento in RSA a titolo
definitivo", ma gli viene assegnata la qualifica di non urgente, vale a dire viene rinviata
ogni risposta "ad un'ulteriore valutazione da ripetersi fra un anno". Questo è scritto
nella delibera della Regione, non l'ho inventato. I familiari si oppongono con successo
ad un nuovo tentativo di opposizione alle dimissioni; il 14 febbraio 2018, otto giorni
dopo la valutazione il signor Luigi, non urgente, è morto. Quel che mi preme
sottolineare come concetto è che esiste nella Regione Piemonte una selezione
all'ingresso del sistema sanitario tra le persone che sono degne e quelle che non lo sono
di essere curate; una selezione fatta in spregio delle leggi vigenti oltre che del buon
senso. Questo è il frutto del sistema che da anni chiediamo di vedere e cambiare la parte
della Regione Piemonte. Qui sollecitiamo il Comune di Torino a farsi portavoce di
questa istanza in modo ufficiale con documenti e prese di posizione scritti. Il Comune
ha già preso posizioni con un ricorso, peraltro ancora pendente al Consiglio di Stato,
sulle prestazioni domiciliari, ma chiediamo che: 1) solleciti la Giunta della Regione
Piemonte a provvedere tramite le ASL alle cure dei malati non autosufficienti
rivendendo radicalmente le delibere in vigore; 2) informi i torinesi con documenti,
volantini, tramite canali istituzionali e non sul loro diritti di accesso alle cure. La
risposta della Regione oggi è il Piano della Cronicità che non tiene conto della
situazione di malattia dei pazienti non autosufficienti, che li sposta sempre di più verso
la valutazione come casi sociali e non come malati. Oggi oltre il 90% delle persone che
sono prese in carico dai Servizi sociosanitari, cioè quei pochi che riescono ad entrare in
questo sistema, non usufruiscono di prestazioni di integrazione sociale. Tutti questi
malati, se il Piano della Cronicità entra in funzione, non sarebbero più presi in carico dal
Servizio Sanitario Nazionale perché il loro accesso andrebbe valutato coi criteri delle
politiche sociali. Mi rendo conto che il tempo di entrare nel merito non c'è, ma un dato
chiarisce molto: il bilancio sanitario della Regione Piemonte ammonta ad 8,5 miliardi
all'anno, tra l'altro di cui solo 280 milioni per le rette sanitarie in RSA, quindi è una
parte molto piccola che ovviamente chiediamo di aumentare, quelli delle politiche
sociali, quindi 8,5 miliardi alla sanità, quello delle politiche sociale è 400 milioni, voi da
chi vi sentireste più tutelati? Concludo, Presidente, con un appello al Comune di Torino,
un appello aggiuntivo, che il CSA rivolge a questa Assemblea e che è quello di rivedere
radicalmente la delibera dell'11 giugno 2012 che contiene il Regolamento del Comune
di Torino di compartecipazione alle rette sociosanitarie dei propri concittadini e che è in
contrasto e che è più penalizzante, della normativa nazionale. Stiamo parlando delle
persone che hanno già una prestazione sanitaria, il 50% per esempio in un ricovero
RSA, e che non riescono a pagare il restante 50%, fanno domanda al Comune, gli viene
rifiutata perché ci sono dei criteri molto restrittivi, quanto restrittivi? Vi faccio un
esempio molto veloce: la signora Rosa, il Comune, con lettera firmata dall'Assessore
alle Politiche Sociali del 14 marzo 2018, le è stata negata l'integrazione economica
perché ha una casa del valore di 72.000 euro, un bilocale in via San Giovanni Bosco e
50 euro sul conto corrente, 50 euro. Il Comune propone di disporre del bene mediante
contratto che (incomprensibile), cioè un affitto, oppure a venderlo; il Comune così potrà
anticipare i soldi dell'anziana malata comportandosi di fatto da banca che si obbligherà
a restituirli con l'affitto o con i soldi della vendita, con gli interessi legali. C'è un
particolare non secondario che il Comune sa, che nella casa al momento della
valutazione vive il marito della signora, anch'egli invalido, cosa deve fare? Andare a
vivere sotto i ponti per garantire che la moglie riceva un prestito dal Comune per coprire
la quota di ricovero in RSA? Non è purtroppo un esempio limite, ma un comunissimo
caso, pertanto chiediamo che la delibera venga assolutamente modificata e venga
uniformata, almeno per la parte degli immobili, alla legislazione nazionale. Chiudo,
trenta secondi sulle risorse. Rimando al documento che abbiamo consegnato e che
invieremo a tutti i Consiglieri, che è pubblicato anche sul sito internet della Fondazione
Promozione Sociale Onlus, che si intitola "Come acquisire subito nuove risorse
economiche ed eliminare gli sprechi inutili". Il primo punto è quello dei patrimoni ex
IPAB, istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, il Comune ha incassato almeno
20 milioni di euro negli ultimi 2 anni da patrimoni IPAB recentemente estinti o
nuovamente dati in gestione: 14 milioni dal Carlo Alberto, 4 di liquidità dal Buon
Pastore più tutti gli immobili, procedure legittime ed anzi da replicare per portare
continua liquidità alle casse del Comune, però nemmeno uno di quei 20 milioni è stato
destinato alle politiche socioassistenziali, ai poveri della Città come è previsto dalla
Legge nazionale di riordino delle IPAB e persino dalla criticabilissima Legge regionale
12/2017 in materia. È chiaro che tutti i motivi ostativi tecnici si possono risolvere, ci va,
però, la volontà politica, ed è quella che ci attendiamo che venga rinnovata, dopo che la
Giunta ha rinnovato il documento - in proposito approvato all'unanimità da questo
Consiglio Comunale - per restituire agli indigenti di questa Città i milioni di euro che
sono stati utilizzati per chiudere i bilanci comunali di questi anni e che a loro
appartengono e a loro devono tornare, grazie.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie a lei. Il prossimo ad intervenire è Riccardo Ruà, prego.

RUÀ Riccardo (Presidente Associazione Graziani Adelina contro la malasanità)
Buongiorno, Presidente. Grazie da parte dell'Associazione Nazionale Graziani Adelina
contro la malasanità. Sono Riccardo Ruà, sono Presidente dell'Associazione e sono qui
con la Vice Presidente, la dottoressa Rachele Sacco; Associazione che ha come finalità
quella di segnalare alle Autorità competenti eventi e fatti di malasanità. Noi siamo
consapevoli, ovviamente, che quest'Amministrazione non ha una responsabilità diretta
sui DEA, affronteremo questo discorso dei Pronto Soccorso, ma denunciamo da subito
il disagio su Torino dei Pronto Soccorso. Chiediamo di intervenire e sollecitare
provvedimenti urgenti che consentano di correggere la criticità del sovraffollamento di
tutti i DEA cittadini e prevenire questi gravi disagi. Il Pronto Soccorso, sappiamo tutti,
dovrebbe occuparsi dei casi più gravi che giungono dal territorio in triage: codici gialli,
codici rossi, dopo le visite mediche, terapie di urgenza, accertamenti, valutare se
dimettere o ricoverare, ma non funziona così purtroppo. In Pronto Soccorso arrivano
pazienti cronici, anziani, non autosufficienti, che per motivi ovvi e comprensibili - e di
come ovvi e comprensibili ci vorrei tornare sopra un attimo - cercano assistenza, codici
bianchi, codici verdi, che trasformano spesso un Pronto Soccorso in un reparto di
degenza: sovraffollamento, disagio dei pazienti e degli operatori, così pure nei Reparti
di Medicina. Quando dico ovvie e comprensibili è chiaro che la situazione familiare con
in casa un malato diventi in certi momenti difficile, per cui ricorrere in un Pronto
Soccorso, in un minimo di assistenza è compatibile e comprensibile. E chiaramente le
liste di attesa, i tempi del posto letto, la mancanza delle strutture assistenziali RSA, case
di riposo, assistenza domiciliare, dimissioni integrate, eccetera, sono tra le prime cause
di questo disservizio. Una politica regionale sbagliata nei recuperi efficienziali, negli
investimenti, è una altrettanto delle prime cause di questo problema; una politica
regionale incapace di progettare, controllare e creare attività. Io porto l'esempio di
questi cittadini non autosufficienti, anziani e non, legati ai polsi, alle caviglie, ai letti
degli ospedali o su una barella in attesa di un posto in strutture assistenziali. Sappiamo
benissimo che un anziano allettato in un Pronto, in una Medicina, dopo alcuni giorni
rischia la polmonite e spesso muore, oltre a compromettere la qualità di diagnosi e di
servizio degli operatori di quel reparto. Un contesto dove politiche regionali hanno
tagliato i posti letto, organici, ospedalizzazioni domiciliari, una politica regionale che
non ha investito sulla formazione, sull'informazione, sui progetti di umanizzazione
orientati a migliorare le condizioni dei malati, manager di dubbia professionalità - per
fortuna non tutti - incapaci di gestire, controllare, recuperare gli sprechi ed investire
creando attività. Stiamo svendendo la Sanità Pubblica, signori; pensate che l'85% delle
risorse che arrivano nelle casse delle strutture sanitarie private arrivano dalle casse dei
cittadini, sono rimborsi ASL. Il privato investirà sicuramente sulla diagnostica, sugli
interventi chirurgici, sulle protesi, interventi dell'anca, del ginocchio, eccetera, ma non
di certo sui malati non autosufficienti, sugli anziani e sulle nascite e non voglio uscire
fuori tema, ma non voglio neanche trascurare altri disagi portati in questi vari servizi; si
sono trascurati - lo ribadisco, lo ripeto - i malati non autosufficienti, gli anziani, i
bambini, aggiungo senza andar fuori tema, le donne in gravidanza. Questa lentezza,
questa incapacità gestionale di questa Sanità regionale ha comportato sicuramente
malasanità, malcostume e permettetemi, corruzione. Questa Sanità non ha saputo
progettare la dovuta assistenza e prevenzione al cittadino. Manca sul territorio - e non
voglio andare fuori tema - però un Servizio, un organico sufficiente al controllo
sull'alimentazione, sui mercati, sui negozi che vuol dire anche ammalarsi, in futuro, e
magari ricorrere ad un intervento di Pronto Soccorso. Non ha saputo progettare a costo
zero e porto un esempio di positività però in alcuni ospedali, come ad esempio al
Mauriziano, dove è stato progettato e utilizzato con un'Associazione di volontariato le
dimissione integrate. Dimissioni integrate che è sicuramente un mezzo che può aiutare
le famiglie, l'integrazione tra il medico di base e il malato è una procedura importante il
fatto di ricevere una telefonata da parte dell'ospedale, del medico, dell'infermiera che
ha curato dove è stato ricoverato è sicuramente un supporto aggiuntivo evita un rientro
spesso di nuovo in ospedale e/o in un Pronto Soccorso. Una volontà, comunque, di
umanizzazione e di progetti che dovevano nascere dalla Regione, doveva partire dalla
Regione come ad esempio l'unificazione dei protocolli, la cura, i collegamenti
diagnostici, telematici; io voglio solo ricordare l'importanza nel passato del progetto
Patatrac , dell'amico professor Faccani, quanto è stato utile. Noi oggi ci siamo trovati,
abbiamo dei casi di segnalazione di malati non autosufficienti portati, il caso specifico:
questa signora era disperata col marito chiaramente non autosufficiente; indicazione del
medico, è andato a fare un elettrocardiogramma, degli esami del sangue, gli è stata
prevista una visita cardiologica programmata per il 2018, gennaio 2018, quando
sappiamo benissimo che a livello informatico sarebbe sufficiente utilizzare il cellulare,
con Whatsapp si manda il tracciato di questo elettrocardiogramma ad un centro
diagnostico, chiaramente in due minuti si potrebbe avere la risposta. Situazione di
disagio e di abbandono, e qui vengo, credo che il Comune di Torino ne sia a conoscenza
di questa carenza, grossa carenza di censimenti sugli anziani soli. Conoscete voi,
sicuramente, quanti casi di apertura porte, quanti cittadini sono stati trovati in situazioni
gravissime di disagio, di abbandono, a volte morti, e questo chiaramente è una sconfitta
per tutti. Noi, concludo, non siamo contro a, chiaramente, iniziative di ospedali nuovi,
nuove iniziative, noi però - ribadiamo il concetto - siamo contrari a certi investimenti
che vengono fatti che non condividiamo, ecco, su questo sicuramente, però chiaramente
se ci sarà l'opportunità di ospedali nuovi ben vengano. Noi attualmente chiediamo però
la salute della Città, ribadiamo il concetto: la salute della Città e poi chissà la Città della
Salute. Grazie.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie a lei. Adesso ho iscritto il signor Assandri.

ASSANDRI Michele (Presidente Regionale ANASTE Piemonte)
Buongiorno, sono in rappresentanza dell'Associazione Nazionale Terza Età - Sezione
del Piemonte. Recentemente con l'Assessore Saitta e l'Assessore Ferrari abbiamo
iniziato un tavolo tecnico di trattativa per la riforma della DGR 45 e nello specifico, per
il tema trattato oggi, quello della continuità assistenziale. Vi leggo testualmente quello
che tutte le Associazioni di categoria hanno sottoscritto: "Lo stanziamento regionale per
il settore sociosanitario ammonta dall'anno 2013 a 280 milioni di euro annui. Questa
somma non viene mai raggiunta e anzi decine di milioni, circa 50 milioni all'anno non
vengono utilizzato nel comparto sociosanitario, nonostante i cittadini piemontesi restino
in attesa di un posto letto in RSA convenzionato per più di 3 anni, e nonostante le
strutture dispongano di moltissimi posti letto vuoti che, con fatica, occupano in forma
privata spesso con gli stessi cittadini che sono in lista d'attesa. Abbiamo proposto ai due
Assessori di non inventarsi nulla, ma di vedere quello che si fa nelle Regioni limitrofe:
la Toscana, la Lombardia, la Liguria, dove i cittadini che affrontano un percorso di
continuità assistenziale invece di scaricare tutto l'onere della quota sanitaria giornaliera
a carico del Servizio Sanitario regionale, si può vedere una minima quota di
compartecipazione, anche da parte del cittadino, in modo tale che con lo stesso budget o
si può allungare il periodo della continuità assistenziale o si può aumentare il numero
delle persone assistite, quindi non c'è nessuna variazione del bilancio regionale. Noi
pensiamo che i 280 milioni di euro annui, se fossero effettivamente impiegati per il
settore sociosanitario residenziale, si sarebbe in grado di dare assistenza continuativa a
circa 19.000 cittadini piemontesi rispetto ai 12.000 attuali; quindi ci sono 6.000 cittadini
che hanno diritto ad una prestazione sociosanitaria esigibile, ma ahimè la devono pagare
integralmente. Quindi hanno già versato l'IRPEF nel corso della loro vita e adesso che
hanno bisogno di un'assistenza residenziale devono pagarsi integralmente il costo della
retta giornaliera. Vi ringrazio, buon lavoro.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie a lei. Allora, se ci sono degli interventi da parte dei Colleghi, è iscritta a parlare
la Consigliera Grippo, ne ha facoltà per dieci minuti.

GRIPPO Maria Grazia
Sì, grazie, Presidente. Voglio ringraziare le Associazioni, le Organizzazioni Sindacali e
quanti hanno voluto portare il loro contributo alla seduta del Consiglio Comunale di
oggi. A molti di loro mi sento legata da anni di confronti e di battaglie che ho vissuto
prima sul piano professionale, fin da quando facevo la cronista, poi sul piano politico e
poi, più di recente, da cittadina, figlia di una famiglia che come migliaia di altre ha
provato sulla propria pelle che cosa significa supplire con risorse proprie, sia umane che
economiche, all' assenza di risposte adeguate da parte del sistema pubblico. Ci legano
anni di sforzi che hanno conosciuto alterne fortune, sforzi diretti a dimostrare,
innanzitutto, il diritto soggettivo del malato, a ricevere dalla Sanità assistenza e cure
anche in assenza di una prospettiva di guarigione, e lo voglio dire di nuovo, Presidente,
ricevere dalla Sanità assistenza e cure anche in assenza di una prospettiva di guarigione,
perché secondo me è tutto qui il senso della continuità delle cure per i malati cronici non
autosufficienti; è tutto nell'accettazione di un principio di civiltà dal quale poi far
discendere l'organizzazione dei servizi e in base al quale distribuire le responsabilità tra
i vari attori del sistema. Come abbiamo sentito dagli interventi dei nostri ospiti questo
che io considero il principio guida è tutt'altro che messo al sicuro, complici alcuni
fattori che hanno condizionato le politiche a tutti i livelli negli ultimi anni. L'unicità del
modello a cui faceva riferimento la dottoressa De Caro, il modello Torino, che è stata
l'espressione migliore della Legge 10/2010, a mio modesto avviso, nonostante ancora
carente dei Regolamenti attuativi ha finito, sul piano nazionale, per isolarci un po' e per
rendere Torino e il Piemonte una minoranza rispetto ad altre Regioni che hanno creduto,
io immagino in buona fede, di offrire determinati servizi con un mix che scaricasse di
molto la responsabilità del sistema sanitario, che però non va nella direzione che è
quella indicata invece dalla Legge 10/2010 e che ha finito per rendere la modifica dei
LEA differente da quella che anche questo Consiglio Comunale con degli atti di
indirizzo, sia della Minoranza e del Gruppo al quale appartengo, sia della Maggioranza
avevano indicato. La modifica dei LEA, e più generalmente la revisione dei servizi che
riguardano le persone malate croniche non autosufficienti, hanno senza dubbio
condizionato il Piano della Cronicità al quale faceva riferimento il dottor Ciattaglia
prima; il Piano di rientro della Regione Piemonte ha certamente condizionato le scelte
che sono state fatte a livello centrale, ma questo non deve farci perdere la direzione,
diventa più difficile, questo è vero, ma: a) non deve farci perdere la direzione se noi
crediamo che sia quella giusta, e ciascuno di noi sa quanto sia stato difficile in alcuni
momenti non perdere la direzione, e poi non deve farci perdere la sensazione che tutti i
livelli istituzionali, ciascuno per il proprio ruolo, possano giocare una partita decisiva.
Non è un caso che, veniva ricordato in uno degli interventi, che proprio il Comune di
Torino, nonostante l'idem sentire politico che per lungo tempo ha caratterizzato diversi
livelli di Governo, è arrivato al punto di accompagnare le Associazioni nel ricorso al
TAR prima, e al Consiglio di Stato dopo, affinché questo principio che io ricordavo in
premessa fosse salvaguardato. Ora io quello che posso fare, Presidente, e che voglio fare
è condividere un appello con le altre forze politiche affinché impegni che noi possiamo
prenderci come Amministrazione Comunale ce li possiamo prendere insieme per andare
insieme in una direzione che è quella di mettere nelle condizioni questi malati e le loro
famiglie di avere l'assistenza e le cure adeguate, anche per un'altra ragione, Presidente,
e qui concludo, perché molto si è parlato di come la crisi economica abbia messo in
difficoltà intere fasce di popolazione nella nostra Città, ebbene, lo diceva prima uno dei
rappresentanti dell'Associazione, il ruolo di supplenza che le famiglie hanno svolto nei
confronti della Sanità è diventato nel tempo una delle principali cause di impoverimento
delle famiglie stesse. Certamente, la possibilità per loro di far valere i diritti soggettivi
del congiunto e quindi di non andare a ripagare un servizio che di fatto è già pagato con
la fiscalità generale sarebbe un buon modo per sollevarle dall'onere che hanno dovuto
sopportare sin qui.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie. Ho iscritta a parlare la Capogruppo Artesio, ha facoltà per dieci minuti.

ARTESIO Eleonora
Grazie. Mi associo al ringraziamento per le persone che singolarmente e a nome delle
organizzazioni di appartenenza hanno raccolto il nostro invito e ci hanno fornito dei
contributi significativi. Devo dire, però, che questo Consiglio Comunale aveva
sicuramente lo scopo di socializzare le informazioni in ordine alla condizione delle
persone malate croniche non autosufficienti, ma almeno nell'intento dei sottoscrittori e
credo dei Consiglieri presenti, anche quello di non esaurire in una socializzazione delle
informazioni il nostro compito, ma di determinare l'assunzione di alcune decisioni che
possono riguardarci e di alcune sollecitazioni che possiamo promuovere verso terzi ed è
essenzialmente su questo aspetto che concentrerò la mia comunicazione. Innanzitutto
noi abbiamo di fronte due scenari di inquadramento legislativo: uno regionale e uno
nazionale sul quale, come già ricordava la Collega Grippo, occorrerebbe che il
Consiglio Comunale assumesse una propria determinazione. Il primo riguarda il Piano
Regionale per le Cronicità. Per essere molto esplicita e non parlare un linguaggio
specialistico, io sono molto contenta, da persona malata cronica, se si arriverà a definire
dei protocolli diagnostico-terapeutici che ad esempio prevedano un'automatica
iscrizione delle procedure di controllo, per quello che mi riguarda, senza che io debba
recarmi ai Servizi Sanitari distrettuali o prenotare online - ma sono ancora in grado di
farlo - sono autosufficiente, so anche autodeterminare il protocollo terapeutico. Quindi,
il Piano Regionale per la Cronicità non può assolutamente essere scambiato con il Piano
Regionale per la Non Autosufficienza e non possiamo parlare in maniera indifferenziata
di situazioni profondamente diverse. Quindi, questo Consiglio Comunale o la Giunta
dovrebbero pretendere che si discuta in maniera specifica della non autosufficienza,
perché, come è stato ben ricordato, la persona non autosufficiente non può aderire ai
benefici né informatici, né organizzativi di alcuni protocolli che sulla cronicità si stanno
adottando. Seconda questione, l'inquadramento LEA. L'inquadramento LEA contempla
le cure domiciliari, ma le contempla esclusivamente come responsabilità sanitaria per
gli interventi specialistici; ribadisco, una persona non autosufficiente può ricevere la
visita programmata del medico di famiglia, può ricevere una corretta prescrizione dei
farmaci, può ricevere un competente servizio infermieristico domiciliare, dopodiché non
sa se, come, perché dover assumere i farmaci, non sa la ragione delle medicazioni, non
sa quando deve cambiarle, non sa aderire al protocollo terapeutico, se accanto
all'assistenza sanitaria specialistica non c'è un'assistenza tutelare e se questa assistenza
tutelare non viene riconosciuta come parte integrante dell'assistenza sociosanitaria e
quindi quota a parte per il 50% a carico del Servizio Sanitario. Queste sono due
questioni di inquadramento del tema che io chiederei al Comune di Torino, nella forma
dell'esecutivo e nella forma del nostro Consiglio, di inquadrare correttamente se
vogliamo, davvero, accompagnare le condizioni delle persone malate non
autosufficienti; poi la consapevolezza dei tanti anni di battaglie su questo tema mi porta
a dire che bisognerebbe avere verso il tema un interesse non rapsodico, cioè non quello
dei media sui casi che diventano purtroppo drammatici casi di cronaca e nemmeno
quelli della nostra politica legata più o meno alla omogeneità delle maggioranze che si
succedono su questi livelli di responsabilità. Sono arrivata a ritenere che occorrano dei
gesti forti e simbolici e ne cito tre, che o insieme o separatamente, per quello che mi
riguarda - io su questo intendo impegnarmi - potremmo percorrere. Il primo, ci è stato
raccontato correttamente quali sono gli inquadramenti dei tempi di attesa dopo l'Unità
di Valutazione Geriatrica delle persone malate croniche non autosufficienti. In
quest'Unità di Valutazione Geriatrica concorrono figure professionali cliniche (i
medici), figure professionali sociali (i nostri servizi); ora pare a voi ragionevole -
ragionevole non è, ma anche professionalmente e deontologicamente sostenibile - che
un medico e un assistente sociale che hanno visitato una persona, l'hanno ritenuta
incapace di assolvere autonomamente le funzioni quotidiane della vita 24 ore su 24
possano poi prendere atto del fatto che rivedranno quella persona dopo sei mesi o dopo
un anno senza che siano intervenuti alcun ausilio rispetto alla gestione o residenziale o
domiciliare del suo caso, senza con ciò interrogarsi rispetto all'esercizio della propria
professione? Io credo che la nostra Assessora debba prendere in considerazione il fatto
se i nostri Servizi Sociali debbano continuare a far parte dell'Unità di Valutazione
Geriatrica e lo dico per una doppia ragione: una per le ragioni che già venivano
ricordate in un intervento, la valutazione sociale è importantissima. È drammatico non
essere autosufficienti, lo è di più se si vive in una casa con barriere, lo è ancora di più se
si è poveri e se si è soli, però comunque si è non autosufficienti e quindi la nostra
competenza sociale non può condizionare la responsabilità primaria dell'attività
sanitaria, ma poiché ne facciamo parte come possiamo pretendere che i nostri operatori
replichino, anno dopo anno, alle persone che si recano per l'Unità di Valutazione
Geriatrica: "la sua condizione è salita dal duecentesimo posto al centesimo, ma non c'è
il posto in convenzione in RSA o non viene erogata la cura domiciliare"? Credo che lo
valga ugualmente per i medici di famiglia, ma credo che o c'è una manifestazione
esplicita di tutte le professioni che intervengono su queste situazioni e che alla fine poi
sono chiamate in termini di responsabilità, perché in termini di responsabilità non è
chiamato l'Assessore regionale o l'Assessore comunale, ma quel medico,
quell'assistente sociale, quell'infermiere, quel familiare, perché qualche volta viene
chiamato in causa per una mancata assistenza; quindi questo va preso in considerazione,
per smuovere le acque ci vuole anche ogni tanto un intervento forte. Secondo, è già
stato detto, si fa di necessità virtù e le famiglie quando non hanno alternativa si
oppongono alle dimissioni e non riportano, o in una struttura o a casa, il proprio
congiunto malato perché non saprebbero dove e non saprebbero come assisterlo e si
oppongo alle dimissioni, è una autotutela. L'opposizione alle dimissioni produce però
quello che ci siamo detti, cioè una condizione di sovraffollamento delle situazioni di
emergenza/urgenza o viceversa un mantenimento di un ricovero in un posto che non è
adeguato perché anche il posto di..., post-acuzie, di riabilitazione, può non essere
adeguato ad una persona che ha bisogno di interventi continuativi di lunga degenza o di
residenzialità. Allora, io voterò convintamente. L'ho sottoscritto il documento della
Collega Grippo, che chiede di informare tutte le famiglie, tutte le persone della
possibilità di opporsi alle dimissioni sapendo che però questo è un metodo che dovrebbe
servire a rendere visibile il punto di rottura di questo sistema, perché questo sistema
arriverà ad un punto di rottura: l'emergenza/urgenza non riuscirà a gestire, per questo
tipo di condizioni, la sovraoccupazione dei posti letti per situazioni non di acuzie, creerà
quelle contraddizioni nel sistema ospedaliero e quindi questo dato va valorizzato per
questo, per far prendere coscienza della necessità sociale, morale, persino economica, di
occuparsi in altro modo della non autosufficienza. Terza ed ultima questione, quella che
dimostra e racconta qui, a tutti voi che l'ascoltate, anche una parziale sensazione di
sfiducia che mi permea ed è questa: quando vengono negati i diritti fondamentali, le
persone, quelle più robuste sul piano della capacità di organizzare una propria reazione,
sanno anche difendersi in altre sedi che sono le sedi legali, sanno chiedere ciò che
sarebbe necessario, sanno opporsi alle dimissioni, ma alcuni di loro, quelli non fiaccati
dalla malattia, quelli non fiaccati dalla stanchezza, sanno anche opporsi in sede legale e
quindi produrre, intentare delle vere e proprie cause nei confronti di un sistema che non
garantisce la fruizione dei diritti fondamentali e della loro esigibilità. Sono state, in
passato, intentate cause civili nei confronti delle Direzioni Sanitarie delle Aziende
Sanitarie e queste cause hanno avuto, singolarmente, anche esiti positivi, poi
ovviamente quando si comprende che il fenomeno si può allargare la struttura fa muro e
facendo muro si riesce a resistere. Allora, io non amo l'americanizzazione del sistema
sanitario, non mi piace un rapporto della persona nei confronti di un Servizio Sanitario
al quale ci si dovrebbe affidare perché se ne è stati sostenitori, e lo si è anche come
contribuenti; non amo che si trasformi in un rapporto conflittuale nelle aule di un
Tribunale, ma io credo che se parlassimo di altre categorie di persone malate, non di
quelle così sconfitte dalla malattia, quale quelle di cui ci stiamo occupando, saremmo
già di fronte anche in Italia ad una class action e forse la via giudiziaria può fare di più
della moral suasion di tanta politica che chiede ascolto per queste condizioni. Io ho
proposto cinque situazioni concrete, cinque atti con i quali sollevare, in maniera non
soltanto dal punto di vista dei contenuti e dell'applicazione del diritto che sono
sacrosanti, ma anche con atti concreti, una sensibilità che sembra non esserci o non
essere così estesa e che mi spiace dire, anche per le assenze di questa giornata, in questa
giornata, continuo a ritenere un'insensibilità grave.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie. Ho iscritto a parlare la Consigliera Buccolo, prego.

BUCCOLO Giovanna
Grazie, Presidente. Ringrazio anche tutti gli ospiti qui presenti oggi. Vorrei partire da
un'analisi di un quadro generale iniziale e del contesto in cui ci ritroviamo. Credo sia
importante tenere in considerazione, anche, alcuni aspetti che hanno cambiato gli
assetti, attuali, sociali, come è stato detto, anche, negli interventi: dall'invecchiamento
della popolazione che determina un cambiamento nella struttura demografica anche
della popolazione, dal passaggio, anche, di un'economia in crescita e pertanto in grado
di sostenere un welfare ad, invece, un'economia lenta, un'economia che ha imposto
anche molti tagli agli Enti Locali e a una scarsità, quindi, di risorse anche agli Enti
Locali. Crescono i bisogni cronici che richiedono un aiuto in modo continuativo, ed
emerge, anche, la necessità di risposte sempre più personalizzate. Emergono nuovi
bisogni per i quali viene richiesta, anche, un protezione sociale maggiore e aumentano,
anche, le aspettative di protezione verso i bisogni più tradizionali. Emergono anche
nuovi modi di fare famiglia, è cambiato anche l'aspetto se posso dire anche sociale,
sociologico, quindi anche ad esempio delle famiglie monogenitoriali e di conseguenza
anche la difficoltà a riuscire a dare supporto anche nel concetto della rete di aiuto
informale delle famiglie, cresce la volontà anche dei beneficiari di essere parte attiva e
non solo più passivi negli interventi. La multiproblematicità, che è emergente e che
pone spesso anche gli operatori sociosanitari di fronte alle difficoltà di offrire interventi
realmente esaustivi ed efficaci va ampliato pertanto secondo me anche il raggio di
azione col Terzo Settore sempre più importante andando a migliorare ed implementare
anche tutti quei servizi che il welfare state oggi non riesce a garantire in modo
soddisfacente nell'ottica anche di un miglioramento del lavoro di rete nell'intervento
sociale. È in questo contesto che si è acceso anche il dibattito sulla ricalibratura del
welfare italiano, cioè su riforme che non si limitano a tagliare i costi delle prestazioni
offerte, ma siano in grado di affrontare le principali criticità, l'attitudine a risarcire
eventuali danni piuttosto che a prevenirli, la scarsa attenzione a promuovere
l'autonomia delle persone, la tendenza ad erogare prestazioni monetarie anziché di
servizi, la forte ritrosia a misure l'efficacia delle prestazioni al contrario la tendenza a
giudicarne la bontà esclusivamente sulla base della quantità delle risorse dedicate sicché
le politiche più costose sono casi automaticamente ritenute quelle migliori di altri.
Crescono dunque anche il bisogno e l'interesse verso i servizi, gli interventi precoci e
leggeri in grado di prevenire quelle situazioni di disagio individuale e collettivo, di
lavorare per trasformare i beneficiari in attori della propria personale rinascita, di
mobilitare le risorse che le comunità possono mettere in campo per affrontare e
risolvere i costi delle prestazioni rispetto agli interventi tradizionali. In ultimo adesso
entrando nello specifico, nel merito anche delle risorse comunali e degli interventi, in
questo caso anche sugli assegni di cura, esiste da sempre una tendenza e questo l'ho
sempre detto anche in tutti gli interventi che sono stati fatti, una tendenza marginante
che vuole negare la condizione del malato e quindi il diritto alle cure sanitarie e alle
persone non autosufficienti, operare uno slittamento verso le prestazioni assistenziali,
discrezionali e legate soltanto alla verifica dell'ISEE, del parametro ISEE. In questo
senso credo che sia importante, come è emerso anche oggi, continuare a sollecitare
anche la Regione per parte di sua competenza all'indifferibile presa in carico sanitaria e
sociosanitaria di queste persone tramite le ASL, perché poi sappiamo che sono quelle
che erogano gli interventi, intervenendo per funzioni di sua competenza ovvero per le
integrazioni di tipo economico rispetto ai contributi richiesti dall'utente, favorire le cure
prioritariamente a domicilio, questo avevo fatto anche un ordine del giorno di cui ero
prima firmataria inerente proprio alle cure domiciliari, votato poi all'unanimità da tutto
il Consiglio, appunto sul continuare a favorire le cure prioritariamente a domicilio
perché adesso al momento ci sono, se non sbaglio, circa 5.400 assegni di cura
domiciliare a Torino, solo il 5% rimarrebbe se venisse abolita la quota sanitaria. Vorrei
ricordare che nel 2012 il fondo per le non autosufficienze non era stato finanziato, nel
2013 la Regione Piemonte aveva messo in discussione questi interventi, quindi le ASL
che poi sono quelle che autorizzano gli interventi, hanno smesso di farlo, quindi
sicuramente c'è stato, come dire, una sorta di..., un problema rispetto a queste
problematiche. Quindi a gennaio è stata approvata una delibera da parte del Comune,
però dico che non basta. È stata una delibera approvata, una proroga ulteriore sui
rapporti che si ha anche con la Regione, i 10.500.000 euro per le cure domiciliari.
Quello che posso dire a tutto il Consiglio, al mio Gruppo, ma anche ai Gruppi di
Minoranza e l'opposizione di continuare sicuramente come Comune a batterci su questo
fronte insieme, credo sia abbastanza condivisa all'unanimità, di impegnarci a verificare,
a chiedere alla Regione Piemonte anche di rispettare la propria parte di copertura di
competenza, quindi di ricordarsi anche la Legge 10/2010 che è stata adesso anche più
volte citate negli interventi perché ricordiamoci che è stata fatta dalla Regione e
attualmente non è mai stata attuata perché c'erano gli interventi di cure a livello
professionale e non professionale, però comunque era una legge approvata da loro e non
è stata mai in realtà attuata e questa è la prova del fatto che poi sono stati fatti anche
ricorsi, come è stato detto, anche al TAR e al Consiglio di Stato. Quindi sicuramente è
un impegno da parte del nostro Gruppo di Maggioranza e della CEE e continueremo a
batterci su questo fronte e sicuramente raccogliamo anche le posizioni delle Minoranze
e l'opposizione che su questo tema ci vedono concordi, tutto è condiviso, sollecitando
appunto anche la Regione Piemonte ad impegnarsi su questo fronte perché ricordo che è
anche uscita dal Piano di rientro, quindi secondo me adesso potremmo anche un attimo
rivedere alcune delibere e parametri per favorire questi interventi. Grazie.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie a lei. Ho iscritta a parlare la Capogruppo Montalbano, prego.

MONTALBANO Deborah
Sì, grazie, Presidente. Ma, anche io mi associo ai ringraziamenti che i colleghi
precedenti che sono intervenuti prima hanno già posto, quindi ringrazio tutti i presenti e
anche i vari interventi. Quando sono stata eletta, circa due anni fa, nelle istituzioni il
mio primo comunicato, che proprio era il primo comunicato, cioè non ne avevo mai
scritto uno, quindi è stato anche abbastanza complicato, me lo ricordo, riguardava
proprio questo tema perché si erano svolte alcune Commissioni; io all'epoca ero
Presidente della IV Commissione, e quindi oggi sono andata a riprendermelo perché ho
detto, va beh, dopo quasi due anni andiamo a vedere e così facciamo anche un budget in
due anni di quello che è cambiato o peggiorato o migliorato insomma. Allora vi leggo il
comunicato. Allora, il comunicato diceva questo, era il 30 settembre 2016: "Il Comune
di Torino sta affrontando la criticità tramite lavori della IV Commissione Consiliare con
un ordine del giorno e una mozione approvati dal Consiglio Comunale - che, ci tengo a
precisare, riguardava diverse forze politiche - per riuscire ad ottenere dalle ASL e dalla
Regione garanzia di continuità alle prestazioni domiciliari per persone non
autosufficienti e sociosanitarie residenziali e semi residenziali per disabili minori.
Procedere per continue proroghe non è rassicurante come dichiara la Regione che
peraltro ha messo in discussione i diritti dei cittadini malati cronici, delle loro famiglie e
dei lavoratori. La Conferenza Stato Regioni ha licenziato il testo della delibera relativa
ai nuovi LEA al momento all'attenzione delle Commissioni Parlamentari. In caso di sua
approvazione si correrebbe il rischio che le prestazioni di cura non vengano più coperte
finanziariamente con fondi sanitari e quindi la loro erogazione subordinata
integralmente e non solo relativamente al 50% della spesa come oggi, alla valutazione
della condizione economica del nucleo familiare effettuata sulla base dell'ISEE.
Attualmente le liste di attesa dell'ASL e della sola Città di Torino superano i 10.000
malati che hanno necessità di una presa in carico e di interventi per poter essere assistiti
al proprio domicilio. L'interesse di quest'Amministrazione cittadina, in piena solidarietà
con le realtà sociali e le azioni da loro promosse, è di preservare i diritti delle fasce
deboli ed impegnarsi a contrastare con l'attività istituzionale il proseguimento dell'iter
negativo che la Regione Piemonte porta avanti mettendo a rischio tutti i servizi
territoriali". Passati i due anni, se faccio un quadro di ciò che è cambiato non è cambiato
nulla. Si procede con successive continue proroghe, fra l'altro sempre poi all'ultimo,
quindi quando siamo alla scadenza dei termini e quindi tutti che ci si preoccupa, le parti
sociali, la parte politica, si arriva lì, si fa un'altra piccola proroga e tanto il problema lo
si rimette nel cassetto, perché poi dobbiamo anche dirci un po' le cose come stanno, se
no facciamo i Consigli aperti, ci prepariamo questi bei discorsi e però poi tanto finito
andiamo a casa e non è cambiato nulla, quindi io preferisco essere un po' più rude, però
scusate. Non è partito il Tavolo della Regione che a me risulti con il Governo rispetto
alla delibera sui nuovi LEA, quindi è tutto fermo anche lì e i diritti delle fasce deboli dei
cittadini sono sempre in un cassetto. E certo è che come IV Commissione abbiamo
chiesto ripetutamente, parliamo anche un po' degli assenti, scusate, non si dovrebbe
parlare di chi non c'è, però ad un certo punto... Abbiamo chiesto ripetutamente al dottor
Alberti e alla Regione di poter visionare, credo che sia nel diritto di tutti, le liste di
attesa aggiornate perché io i dati che vi ho esposto che scrivevo due anni fa sono
comunque dei dati che fanno riferimento al 2014. Quante sono le famiglie oggi in lista
d'attesa, qualcuno di voi lo sa? E non siamo riusciti neanche ad avere queste liste
aggiornate e mi spiace, mi spiace, io ricordo le ripetute sollecitazioni in IV
Commissione davanti al dottor Alberti che addirittura si era preso l'impegno di inviarci
poi tramite mail a tutti i Consiglieri queste liste d'attesa, ricordo le sollecitazioni scritte
dalla Consigliera Artesio, ma anche parte del PD sotto questo fronte, insomma c'è stato
anche un lavoro che ha accomunato tutte le forze politiche perché sono dei dati; se
vogliamo ragionare ad oggi su quella che è la situazione attuale dobbiamo avere i dati
aggiornati perché molto probabilmente queste liste d'attesa non vengono messe a
disposizione delle forze politiche a tutti i livelli perché forse, forse c'è qualcosa da
nascondere, forse, forse i 10.000 di due anni li abbiamo superati da un pezzo e visto che
oggi la Sanità, adesso mi scuseranno i colleghi, però io ogni qualvolta sento parlare
della Regione e di Sanità parliamo di eccellenze, eccellenze che insomma sembra un po'
che ormai vanno a filo diretto con l'Urbanistica, penso al Parco della Salute, noi
parliamo di eccellenze che sono delle eccellenze poi, per carità, magari anche utili, però
quando manca la base non si riesce a rispondere a queste di esigenze e poi sento parlare
di eccellenze sanitarie perché dobbiamo fare una maxi, megastruttura, che tra l'altro
prevederà anche un cambio dei posti letto, allora insomma c'è qualcosa che non va e se
questa è l'eccellenza nazionale sanitaria io mi preoccupo e mi preoccupo gravemente e
devo però, perché ci tengo, ci tengo, devo comunque sottolineare che da parte
dell'Assessore di riferimento della IV Commissione ancora ad oggi, poi magari è
sfuggito a me, ma io una posizione forte, dura anche solo nella richiesta delle liste
d'attesa non l'ho mai vista. Io credo che la Città di Torino e gli Assessori preposti che
fanno riferimento a questi temi devono sollecitare la Regione, la Città deve avere un
ruolo che vada a spronare il livello regionale, invece purtroppo, lo dico, purtroppo vedo
molto silenzio, vedo molto accomodarsi, vedo molto evitiamo di, non creiamo troppi
problemi, cioè vedo molto un atteggiamento che è debole, è debole. Oggi è la ricorrenza
della morte di un uomo che io ritengo essere un grandissimo uomo, Aldo Moro,
probabilmente quando lui è stato assassinato io non ero neanche nata e probabilmente se
io avessi vissuto quegli anni credo che insomma la mia parte politica non sarebbe stata
quella di Aldo Moro, ma io sarei stata più verso Togliatti, Gramsci, eccetera, però
stamattina andando insomma a riguardarmi alcuni interventi di Aldo Moro, alcune
documentazioni e pensando a questo Consiglio ho estrapolato delle dichiarazioni di
Aldo Moro, perché poi su questo dissento invece dalla Consigliera Artesio, io invece
credo che la politica possa davvero fare tanto se la politica fa la politica, il problema è
che io, per prima, io credo che la politica abbia perso la sua forza di propulsione perché
la politica non ha più una visione, perché oggi la politica non è la vera politica e allora
ho detto, portiamo un po' di vera politica a questo Consiglio Comunale. Aldo Moro
diceva nel 1976 durante le elezioni politiche la visione, quanti anni sono? 50 anni fa
credo circa. Diceva: "Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si
rivelerà effimera se non sorgerà un nuovo senso del dovere". Tutta un po', diciamo così,
la forza politica, la visione politica di questo grande uomo si muoveva intorno ad una
frase e la frase era questa: "La persona prima di tutto" e attenzione Aldo Moro quando
diceva "la persona prima di tutto" voleva dire che la politica doveva rispondere alle
persone ancora prima che ai cittadini, faceva un distinguo fra la persona e il cittadino. E
poi concludeva così, diceva: "Quando e se lo Stato non riuscirà più a riconoscere e
garantire i diritti della persona, allora quello sarà il giorno della fine dello Stato
democratico", 50 anni fa, 40 anni fa. Direi che è attualissimo, attualissimo. Adesso il
mio intervento sarebbe dovuto passare a quelle che erano le richieste da fare, però
l'Assessore Saitta non è presente, il dottor Alberti non è presente, l'Assessora Schellino
non è presente, io non sono abituata a fare richieste alle sedie vuote e quindi concludo
qui il mio intervento.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie. Ho ancora iscritto a parlare il Consigliere Iaria, prego.

IARIA Antonino
Grazie. Anche io mi associo al ringraziamento per tutti gli interventi. Io, scusate se
tengo una linea un po' più pratica, pragmatica e mi riferisco alle cose che ho sentito
negli interventi molto interessanti, molte anche che chiaramente provano anche a dare
delle soluzioni che, come è stato anche già detto da altri miei colleghi hanno una
difficile soluzione proprio perché abbiamo un problema come Enti Pubblici a tutti i
livelli che deve confrontarsi con una carenza di risorse; quindi non stiamo a raccontare
tutto questo tipo di problematica perché la conosciamo, abbiamo però, come posso dire,
se posso dire anche sentendo l'ultimo intervento, un bisogno di smetterla di mettere, di
confondere le visioni con le illusioni e se vogliamo risolvere i problemi forse
confondere queste due parole non aiuta, quindi quando si parla di visione è un concetto
molto interessante, ma quando si parla di illusioni si crea un problema verso i nostri
referenti, che sono i cittadini, illudendoli che le soluzioni siano semplici. Oggi ho
sentito dire anche da alcuni intervenuti, si sono anche proposte soluzioni tipo anche
guardando altre Regioni, l'ipotesi del dottor Assandri riguardante anche la possibilità,
come dire, di usare il fondo della Regione, usandolo sempre con la stessa cifra, ma
facendo compartecipare i cittadini, è interessante, però c'è un piccolo particolare, nella
descrizione di questa proposta che le altre Regioni fanno si è dimenticato un piccolo
passaggio, noi stiamo chiedendo a delle persone che hanno questi diritti, stiamo
chiedendo di dare un contributo e questo è sbagliato, se uno ha un diritto ha un diritto,
quindi bisogna trovare altre soluzioni. Devo dire che come il Comune di Torino, anche
se non è presente l'Assessora Schellino che è a Roma ad una conferenza ANCI sui temi
legati alla sua delega e non sono presenti nemmeno gli altri interlocutori, e non so il
motivo, io ho detto il motivo per cui non è presente l'Assessora Schellino, non so il
motivo per cui non sono presenti gli altri, è difficile anche fare questo tipo di discorso
perché come hanno già detto anche altri miei colleghi è importante avere
un'interlocuzione con le persone di riferimento e non capisco nemmeno perché si sono
sottratti ad un confronto, perché non si viene qui a giudicare perché tutti gli Enti, come
abbiamo detto prima, gli Enti Locali hanno problemi a gestire le loro complessità con
poche risorse, però il confronto minimo si poteva garantire. Devo dire come Comune di
Torino, l'ha già detto..., non lo dico io come Consigliere Comunale, non lo dico qui con
poca esperienza, cioè poco tempo come Presidente della IV Commissione, però a detta
anche di altri intervenuti l'Assessora Schellino è stata sempre presente, ha sempre
ascoltato e ha portato avanti anche delle tematiche insieme anche alle associazioni qui
presenti. Quindi non so, la nostra parte la stiamo facendo, adesso abbiamo ancora delle
mozioni, poi diremo appunto chiaramente saremo favorevoli, ma lo diremo dopo, però
la nostra parte politica la stiamo facendo, ogni Ente Locale chiaramente ha le sue
responsabilità, noi stiamo cercando di lavorare in un'ottica condivisa da tutto il
Consiglio Comunale nel poter andare a tenere, come dire, un'attenzione molto
focalizzata su questi problemi e anche facendo pesare il fatto che Torino è sempre stata
un po' una promotrice di livelli alti sia di assistenza, sia anche su questi temi sempre
anche come proposte innovative e quindi sono contento che il Comune di Torino si fa
ancora portatore di questa voce negli altri Enti che hanno chiaramente le loro
competenze e responsabilità. Grazie.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie. Giusto per precisare, io ovviamente ho invitato tutte le persone, tutti quelli che
sono stati..., le persone che hanno deciso la Conferenza dei Capigruppo, alcune persone
hanno deciso di non partecipare legittimamente, era solo per chiarire che io ho invitato
tutti, poi qualcuno ha preferito non partecipare al Consiglio. Prego, Consigliera Canalis.

CANALIS Monica
Sì, grazie, Presidente, grazie anche a tutti coloro che oggi sono intervenuti in questa
sede su questo tema. Io ad integrazione degli interventi che mi hanno preceduta vorrei
fare una precisazione su quello che noi oggi concretamente come Consiglio Comunale,
come Comune di Torino possiamo fare perché oggi qui non siamo in Regione, ma
siamo in Comune e quindi dobbiamo capire qual è il nostro perimetro di azione. Dopo
voteremo anche alcuni atti che specificano alcune proposte, in particolare chiederemo
che vengano forniti dei dati precisi su queste liste d'attesa, però credo che il perimetro
di azione dell'Amministrazione non possa assolutamente esaurirsi a questa richiesta, il
dialogo con gli altri enti, con la realtà amministrativa e sovrastanti è fondamentale, ma
nei termini dell'assunzione di responsabilità prima di tutto dobbiamo capire quello che
noi Consiglieri Comunali, Assessori Comunali, Sindaco possiamo fare. Io provo a dirlo
in tre punti per non rubare ulteriore tempo che oggi è convenuto qua. Il primo punto,
quello che il Comune può allocare sul welfare, questo è in capo esclusivamente al
Comune, non è una responsabilità della Regione e cito i dati: consuntivo del 2016, la
spesa del Comune, quindi esclusi i trasferimenti dallo Stato e dalla Regione, è stata di
41.252.650 euro per il welfare; previsionale 2018, 38.915.451 euro, quindi noi abbiamo
una riduzione di 2.337.000 euro di spesa comunale, quindi esclusi i trasferimenti dallo
Stato e dalla Regione, per il welfare. C'è stato detto che questa riduzione della spesa è
dovuta a una variazione, quindi una riduzione del bisogno su due voci, la prima voce è
quella del minori e l'altra è quella delle prestazioni sociosanitarie sulla domiciliarità,
l'RSA e l'assistenza diurna. Allora, capiamoci bene, è evidente che non c'è una
riduzione del bisogno sulla domiciliarità, l'RSA e l'assistenza diurna perché stiamo
parlando di migliaia, decine di migliaia di persone che nel nostro territorio oggi hanno
questo bisogno insoddisfatto. Perché è stato possibile darci questa risposta? Perché sul
sociosanitario la quota comunale viene messa nel momento in cui viene attivata la quota
sanitaria. Allora, se le ASL non attivano la quota sanitaria il Comune ha buon gioco a
non mettere la propria parte e quindi a giustificare la riduzione della spesa sul welfare
dicendo che c'è un minor bisogno, però questa non è un'assunzione di responsabilità.
Allora, anche alla luce delle molteplici battaglie che noi abbiamo fatto in questi due
anni e che esulano dall'oggetto odierno sulle risorse IPAB noi chiediamo che
quantomeno venga ripristino il livello di spesa comunale per il welfare del 2015
quantomeno e che non ci si nasconda dietro alla minore attivazione da parte delle ASL,
cioè noi come Comune perlomeno facciamo la nostra parte soprattutto in una
congiuntura che io definisco favorevole perché dallo scorso anno a quest'anno c'è stato
un notevole incremento di trasferimenti soprattutto dallo Stato per il welfare, quindi in
un momento in cui per una congiuntura favorevole riceviamo più soldi dallo Stato non
cediamo su quello che compete a noi. Secondo punto, in questo momento c'è un
aumento di costruzione o di messa a disposizione di strutture RSA sul territorio del
Comune di Torino. Questo momento è avvenuto prevalentemente su spinta e Governo
del Comune di Torino, quindi dietro una regia pubblica. C'è però il rischio che si esca
da una virtuosa e positiva programmazione comunale e che si passi ad una sorta di vero
e proprio business sulle RSA che noi reputiamo essere un rischio visto che la materia è
così delicata e così importante, si passi quindi ad un rischio di business sulle strutture
per gli anziani e per le persone non autosufficienti. Laddove in altre parti del Piemonte è
stato messo a disposizione un maggior numero di posti si è creata una concorrenza sul
prezzo e quindi anche una concorrenza al ribasso sulla qualità del servizio offerto.
Allora, noi facciamo un richiamo perché si continui a governare fortemente da parte del
pubblico questa situazione, che non sia solo il mercato a definire l'offerta, ma che ci sia
una forza del Comune nel gestire questo aumento di posti, un aumento di posti che
viene incontro ai bisogni, ma che può sfuggire di mano. Quindi, in questo momento è
soltanto un monito, ma a breve potrebbe essere un richiamo, quindi qualcosa di molto
più grave di un monito. Il terzo punto riguarda la specificità del Comune di Torino che
sappiamo essere da molti anni un'eccellenza nazionale, forse una delle poche città in
Italia che ha ancora un modello di presa in carico delle persone non autosufficienti.
Sappiamo che il tema degli assegni di cura è ancora in proroga, quindi chiediamo a chi
rappresenta il Comune di Torino nei Tavoli in cui questi assegni di cura vengono
prorogati di rappresentare il Comune con forza e anche con delle scadenze che diano
modo di effettuare una programmazione più certa e più rassicurante per tutte le persone
che beneficiano di questi assegni, anche tenendo conto del fatto che se si fa solo una
proroga di fatto il numero degli assegni andrà a diminuire nel tempo perché non ci sarà
un aggiornamento rispetto al bisogno. Quindi, il pericolo è che un modello come quello
torinese che è all'avanguardia in Italia vada spegnendosi se cala la nostra attenzione.
Quindi ricapitolo i tre punti: spesa comunale per il welfare; attenzione sull'offerta di
RSA nel territorio del Comune e attenzione sugli assegni di cura torinesi.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie. Ho iscritto a parlare il Capogruppo Tresso, prego.

TRESSO Francesco
Grazie, Presidente. Ma, io intervengo brevemente quasi più per unirmi ai ringraziamenti
di chi ha promosso questo Consiglio e di tutte le parti che sono intervenute che hanno
apportato al dibattito un contributo che reputo interessante, anche se il quadro che viene
delineato è assai triste. In questo senso mi sembra di dire che emerge, che ci sia una
concezione proprio da contrastare, che forse è una concezione che sta permeando anche
a livello delle politiche non solo locali, ma anche nazionali, che è quello di dare alla
sanità una idea che si debba occupare solo della fase patologica acuta, mentre invece poi
tutto quello che riguarda la cronicizzazione delle patologie e i problemi oggi emersi
molto, molto chiaro della tragicità della non autosufficienza e viene poi risolto
diversamente e in questo diversamente si apre poi tutto un perimetro molto ampio in cui
i criteri sperequativi sono, ahimè, variegati e portano poi tutta una serie di situazioni
drammatiche sotto il profilo della solitudine, delle incapacità di potersi far carico di
queste situazioni. Ancora oggi è stato richiamato in maniera molto netta e forte come
comunque un modello che questo territorio aveva saputo costruire che rappresentava
davvero un'eccellenza che come è stato detto era stato anche replicato e ricostituito oggi
venga meno e quello che viene meno purtroppo è proprio il diritto alla cura, ma direi più
in generale un diritto alla dignità. La mia riflessione, che è molto, molto banale, è solo
questa e viene fatta da un rappresentante di una forza politica minore, da una lista civica
che qui rappresenta l'Opposizione, ma in un frammento di quello che è il panorama
politico, ci apprestiamo comunque ad avere delle scadenze elettorali importanti, in
particolare il prossimo anno a livello regionale, ecco perché questi temi non si
dimenticano, è il mio appello, ma vengano riproposti con forza in occasione delle
campagne politiche che ciascuno di noi e apprezzando anche lo spirito di diciamo
unitarietà che ha caratterizzato oggi questo Consiglio e di condivisione dell'approccio a
queste tematiche, anche nel marcare le responsabilità della mancanza di risposta, delle
assenze che oggi tutti lamentiamo, bene, ricordiamocene tra un anno e tutti quanti,
ognuno per la sua parte politica ponga questi temi con forza nei programmi elettorali e
negli obbiettivi che tutti noi vogliamo raggiungere. Grazie.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie a lei. C'era l'Assessore Unia che voleva intervenire, prego.

UNIA Alberto (Assessore)
Grazie, Presidente. Ringrazio tutti, vi ringrazio per essere venuti qui ad esporci il tema.
Solo per rispondere, io rappresento la Giunta, quindi non è che non ci sia la Giunta, la
Giunta è presente rappresentata da me; oggi, come diceva prima il Consigliere Iaria,
l'Assessora Schellino è a Roma per un incontro in ANCI a parlare proprio di reddito di
inclusione, di povertà, quindi non poteva fare diversamente. Riporto una piccola nota
che la Giunta comunque e l'Assessora Schellino anche nel suo ruolo di Presidente della
Conferenza sociosanitaria ha sistematicamente ribadito la richiesta di tutela della salute
dei cittadini non autosufficienti in capo alla Sanità, anche richiedendo un aumento delle
attuali prese in carico rispetto ai bisogni. La Città ha altresì richiesto separatamente alla
Regione l'apertura di specifici di Tavoli di confronto condividendo tale richiesta anche
con l'ANCI. Ad oggi non è stata ancora data nessuna risposta da parte della Regione.
Come Comune io sono certo, anzi sicuro che stiamo veramente facendo quanto
possibile, però ci impegneremo ancora anche alla luce di quanto discusso oggi qui e la
discussione è stata proprio anche per..., mi farò carico personalmente di riportare quanto
detto qui in quest'Aula all'Assessora Schellino e alla Sindaca, quindi soltanto per dirvi
che la Giunta è presente, molto presente, e che siamo qui proprio per ascoltarvi e per
andare avanti con un discorso insieme e siamo molti sensibili al tema. Ho notato che
questo tema è molto caro non solo alla Giunta, ma anche ad alcuni Consiglieri presenti.
Mi verrebbe da dire, sfido chiunque a dire "non mi tocca una cosa di questo tipo". Non
sto qui a raccontarvi le mie questioni personali perché non è il luogo, magari in privata
sede potrei raccontarvele, però vi posso assicurare che so di cosa state parlando, ecco.
Quindi vi ringrazio ancora e vi auguro che tutti insieme riusciamo a portare avanti
questa battaglia. Grazie.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie. Capogruppo Magliano, prego.

MAGLIANO Silvio
Sì, grazie, Presidente. Il mio intervento in coda è soltanto per provare a tirare un po' le
fila di quello che è accaduto oggi. Io mi rendo conto che quando si parla di questo in
teoria siamo tutti d'accordo, poi ci devono essere degli atti concludenti, degli atti
concludenti da parte della Regione come da parte della Città e mi pare che comunque, e
devo ringraziare la Consigliera Artesio, un atto già è accaduto, erano anni che si diceva
che avremmo dovuto fare un Consiglio aperto ascoltando le associazioni, ascoltando le
associazioni familiari che spesso venivano ascoltate o dall'Assessore di riferimento o
l'Assessore di turno regionale o comunale, ma sempre dentro una trattativa rispetto alle
risorse, poi io so benissimo che l'Assessora Schellino da questo punto di vista è
assolutamente attenta, chiaro è che plasticamente il fatto che ci fosse anche l'Assessore
al bilancio da una parte è un segnale positivo, dall'altra parte però non possiamo
ricondurre questo problema solo ad una questione di costi, perché questo è uno dei temi
che ci siamo sentiti dire spesso come mondo del volontariato, di cui nel restante della
mia vita ne faccio parte, che era una questione di risorse. Invece a mio giudizio su
questo dovremmo fare una riflessione e ripartire da oggi insieme, c'è il tema dei 200
milioni delle IPAB, c'è il tema delle liste d'attesa, liste d'attesa che sono tanto gravi sul
tema di cui discutiamo oggi, ma come anche quello dei trasporti, penso ai buoni taxi,
cioè noi non possiamo pensare che a suon di attendere i problemi si risolvano, ma che
da oggi invece possa cambiare l'atteggiamento perché io penso, questo lo dico
veramente in modo molto, molto onesto politicamente, io penso che l'attuale
maggioranza di governo in questa Città abbia la sensibilità per capire come muoversi
anche insieme alla Regione da questo punto di vista, perché io sono anche un po' stufo
che tutte le volte che passano gli anni io continuo a vedere i nostri servizi ai quali la
Regione scarica sempre qualcosa un po' addosso e scarica sempre un po' addosso.
Questo ci poteva stare quando non c'era un Piano di rientro; benissimo, siamo
commissariati, o è così o salta tutto, però adesso quel Piano di rientro non c'è più e già
il fatto che un Assessore Regionale piuttosto che un Direttore Generale decida che in
Comune a Torino non può venire perché se no dovrebbe andare in tutti i comunelli,
allora dovremmo raccontare a questo Assessore il turismo sociosanitario di cui Torino si
fa carico, se proprio dobbiamo dirla veramente, perché poi alla fine quando hai un
bisogno dove vai? Cerchi di andare nel posto in cui tendenzialmente una risposta ti
viene data ed è inaccettabile che su una cosa di questo tipo uno decida di rimanere nella
sua turris eburnea e non scendere in mezzo alla vita di tutti i giorni che è quella che i
nostri uffici, servizi sociali, che chiunque di noi è costretto e anzi, noi per scelta
dobbiamo affrontare. Per cui io penso, Presidente, vado alla conclusione, che quello di
oggi mi auguro che inauguri una stagione in cui alla fine ci sia un'alleanza dove a
guidare questa alleanza non è più solo ed esclusivamente una visione politica, una
visione ragionieristica, ma l'esperienza di chi ha parlato prima. Io, per una questione
personale ho dovuto assentarmi, ma molti degli interventi che ho sentito e che abbiamo
condiviso in questi anni però dicono che forse se iniziassimo ad impastarci un po' di
più, cioè iniziassimo a dire ai nostri dirigenti: "Di che cosa avete bisogno?" e pensare
che sulla pelle delle persone non autosufficienti non c'è Regione che è governata in un
modo e Comune governato in un altro, forse rimettendo al centro la persona qualcosa
cambia perché il vero problema e concludo veramente è qual è l'idea di persona che
abbiamo, perché se la persona appena diventa paziente, di colpo diventa paziente e
quindi i soldi, non ne usciamo più anche perché i dati demografici, amici miei, dicono
che questo problema aumenterà e basta, perché il paese demograficamente non regge
più, l'anfora sta diventando la piramide rovesciata, se una volta eravamo pochi anziani e
tanti giovani che potevano sostenere il welfare lavorando, oggi siamo nella fase
dell'anfora perché abbiamo ancora il periodo di baby boom tendenzialmente i prossimi
30 anni, lo sta dicendo l'ISTAT, quindi o iniziamo a ripensare il sistema e ripensare il
sistema non vuol dire cerchiamo di andare solo ed esclusivamente sul mercato perché
col mercato facciamo delle economie di scala più efficienti, perché alcune economie di
scala le abbiamo viste nelle nuove RSA che hanno aperto, cioè voglio dire l'economia
di mercato che ad un certo punto tu dici il paziente lo lavo due volte al giorno, una volta
al giorno perché devo stare in una gara di appalto. Per cui io non so come, però la cosa
che invece io penso che si possa fare da oggi in poi onde scongiurare per quanto poi io
penso che il tema della class action ad un certo punto fin quando vuoi usare degli
strumenti civili usi quelli, poi c'è il resto e tante volte mi raccontano di storie di madri
che non ne possono più, per cui vanno ben oltre quella che potrebbe essere una class
action, però io penso che da oggi e ho concluso veramente, Presidente, si possa pensare
un momento permanente in cui tutte le forze politiche invece che mettere al centro il
colore o l'appartenenza, mettano al centro la persona più che l'utente e il paziente,
affermando l'unico principio, si citava Moro prima, su cui invece abbiamo costruito un
grande paese di cui Moro è stato statista che stava su un solo principio, che diceva che
era più forte quello che ci univa rispetto a quello che ci divideva. Io mi auguro che ci
unisca molto di più questo tema rispetto ai tanti motivi per cui abbiamo voglia e
necessità e dovere di dividerci. Su questo no. Grazie.

VERSACI Fabio (Presidente)
Grazie. Io prima di ringraziare..., ringrazio tutti gli ospiti; adesso sospenderò il
Consiglio tre minuti per dare la possibilità agli ospiti di uscire dall'Aula e noi possiamo
precedere con l'Ordine del Giorno; li ringrazio per la partecipazione, ringrazio anche i
colleghi e sicuramente ci saranno altre occasioni per confrontarci, ne sono sicuro.
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