Interventi |
VERSACI Fabio (Presidente) Io adesso inviterei qui a parlare la signora Assunta De Caro della Segreteria di SPI CGIL Torino. Prego. DE CARO Assunta (Segreteria SPI CGIL Torino Responsabile Politiche Sanità Socioassistenziali) Buongiorno, Presidente. Buongiorno a tutte e tutti, sono Assunta De Caro dello SPI CGIL Torino, il mio intervento è un intervento unitario con i colleghi della FNP CISL, sempre pensionati, e della UILP, sempre pensionati. Noi abbiamo accolto in maniera favorevole questo invito e la possibilità di intervenire in un momento di difficoltà estremamente enorme. Noi abbiamo, come dire, una fotografia che riflette la tematica delle famiglie, delle persone non autosufficienti e di come oggi si sta affrontando questo tema, è un tema delicatissimo perché sta dentro ad una condizione di una società che invecchia e questo invecchiamento della società non è un problema che riguarda solo ed esclusivamente le persone anziane o chi li rappresenta, è un problema di tutti perché una società che invecchia e nel momento in cui non si danno delle risposte chiare specialmente per chi sta male è un problema anche delle famiglie e le famiglie si sa benissimo nel momento in cui hanno delle difficoltà anche economiche per rispondere alle problematiche della non autosufficienza diventa, come dire, un effetto domino all'interno stesso della società, quindi come dicevo prima c'è un avanzamento della popolazione anziana, se solo noi andiamo a vedere qualche dato ed io mi auguro che all'interno di questo Consiglio ci sia e sappiamo bene tutti di che cosa si sta parlando, tanto per intenderci ci sono quasi più costruzioni di RSA che di scuole e questo è veramente un dato estremamente di riflessione, noi troviamo così come ci arrivano dalle informazioni dei territori sempre una più pressante richiesta di aiuto e di bisogni delle famiglie quando c'è una persona non autosufficiente, siamo quasi al 24,7% di ultra sessantacinquenni, è un dato che riguarda sia per quanto riguarda la Città Metropolitana, ma anche la Regione Piemonte, quindi devo dire è un dato che sta su tutte. Sappiamo che il problema è in aumento, sappiamo che ci sono le malattie croniche in aumento, è in aumento la non autosufficienza, è in aumento la richiesta della domiciliarità, è in aumento la richiesta della residenzialità, è in aumento sempre di più le visite che vengono richieste all'UVG e su questo apro più di una parentesi per dare delle informazioni. Noi abbiamo veramente registrato un problema, l'UVG è quella Commissione che definisce le fasce di intervento e di gravità per le persone che hanno dei gravi problemi, quindi della non autosufficienza, come dire, la vera condizione della presa in carico, la presa in carico che deve essere fatta sicuramente dalla parte sociale, ma anche dalla parte sanitaria, bene, qui noi riscontriamo delle anomalie perché la stessa Commissione dell'UVG coloro i quali devono dare risposte e aiuto a quelle persone che hanno delle difficoltà enormi viene espresso in un punteggio che non ci si riconosce perché se una persona il massimo del punteggio è 14 sanitario, che vuol dire che è, credetelo, quasi fine vita e poi c'è un punteggio sociale che magari non arriva nemmeno ad 8 o a 9, messi insieme danno un punteggio che diventa difficile la presa in carico ed è per questo che noi chiediamo un'attenzione estremamente particolare, per quello che dicevo, sono aumentati tutti i problemi. Su tutta questa condizione generale c'è un di contro e il di contro è che noi abbiamo assistito in questi anni ad un calo e una riduzione delle risorse dedicate a queste tematiche, un calo e una riduzione dei servizi sanitari per quanto riguarda le dimissioni protette, per quanto riguarda la presa in carico, per quanto riguarda la domiciliarità e per quanto riguarda anche la presa in carico residenziale sui letti non solo di assistenza e continuità delle cure, ma anche all'interno dell'RSA. Questa Città, questa Regione, in anni passati aveva una percentuale che riferita a quella europea era già poca cosa allora, ma è adesso inesistente, in Europa noi abbiamo il 5% di posti letti dedicati per la continuità assistenziale non autosufficienza, qualche anno fa la Regione Piemonte definiva il 2%, oggi in questa Città, ma anche nei distretti e nelle ASL della Città Metropolitana la percentuale dell'1,7% non viene nel modo più assoluto rispettata perché le risorse non sono più vincolate per quel numero, ma sono degli obiettivi e noi abbiamo sulla residenzialità un numero che è l'1,2% se ci va bene e se ci va ancora bene in una Città dove c'è stato l'accorpamento delle due Sanità ancora oggi vediamo due discriminanti, la ex 1 ha un numero ancora inferiore per la presa in carico dei posti letti e la ex 2 c'ha qualcosa in più rispetto a questo, quindi importantissima è la necessità di rivedere questo. Sull'UVG mi sono espressa e quindi io, noi riteniamo che poiché questa è, come dire, l'espressione di chi sui territori ci vive e di chi sui territori ha, come dire, il contatto. Mi permetto di dire che in un Paese dove oggi ha la connessione semplice, la più semplice possibile, ognuno di noi ha uno smartphone, uno, magari ne abbiamo due o tre dove la connessione è la prima cosa che abbiamo, noi abbiamo registrato che su queste tematiche c'è una disconnessione tra le cose che avvengono nelle condizioni reali di alcune famiglie sulla non autosufficienza e quella che invece, ahimé, rispetto agli enti hanno le percezioni. Quindi che cosa chiediamo? Intanto il fatto che ci sia una campagna, un qualcosa che sia giusto capire alle famiglie come dare le informazioni di quello che accade, ma visto che siamo giustamente un'Organizzazione Sindacale noi da tempo, anzi con quest'Amministrazione, Presidente e Consiglieri tutti, mi dispiace anche per me che non ci sia l'Assessore Schellino perché proprio con lei abbiamo fatto una valutazione e un valore non di poco conto, è stato firmato con quest'Amministrazione dicevo poco più di un anno fa un protocollo di intesa dove definiva necessariamente e su richiesta delle Organizzazioni Sindacali sicuramente quelle confederali, ma anche quelle dei pensionati la possibilità di entrare nel merito anche e non solo con la Città di Torino, ma con gli attori che insieme devono definire come e dove risolvere il problema della non autosufficienza, un protocollo che definiva due tavoli in questo caso uno per il welfare e l'altro per gli anziani all'interno di questo dove c'era la presenza anche delle ASL, anche dei Direttori Generali, anche dei distretti e della Città stessa che promuoveva e aveva la necessità di dare delle risposte a queste tematiche. Chiediamo questo, chiediamo la necessità viste le condizioni contingenti che ci sono, oggi anche qui io non vedo il Direttore Generale di questa ASL della Città di Torino, sarebbe opportuno capire come ci si muove, all'interno di quel tavolo noi chiediamo una cosa semplicissima, cosa che da anni c'è, ma che non viene attuata, io non so se voi avete conoscenza di che cosa è la Legge 10, la Legge 10 è qualcosa che ha spinto Torino e il modello Torino al di là dei confini torinesi perché è stata una di quelle leggi dove prendeva decisamente in carico la persona non autosufficiente e la persona che nella domiciliarità dava i famosi, purtroppo adesso che stanno andando via del tutto, assegni di cura, questo chiediamo, Presidente, noi chiediamo che sulla fase di una difficoltà di questo genere e con una situazione veramente precaria delle famiglie col fatto che stanno diventando sempre più povere chiediamo che il diritto della cura ci sia anche attraverso la riapertura di un tavolo istituzionale con le ASL, con la Città di Torino che prenda in seria considerazione l'applicazione prima del modello Torino che è stato negli anni molto valutato e molto apprezzato e l'applicazione della Legge 10. Grazie per avermi ascoltato. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie a lei. Paolina Di Bari, prego, Distretto ASL TO4. Prego. DI BARI Paolina (Direttore del Distretto di Ivrea ASL TO4) Buongiorno a tutti. Io sono qui in rappresentanza del mio Direttore Generale, il dottor Ardissone, che era stato invitato dal Presidente, ma oggi aveva un altro impegno. Vi confesso che sono un po' disorientata per il fatto di essere nella Città di Torino al Consiglio Comunale di Torino l'unico rappresentante ASL venendo da un'ASL periferica. Ci sembrava comunque corretto, il mio Direttore riteneva che avendo ricevuto l'invito fosse opportuno essere presenti, per cui io volentieri vi racconto due cose per quello che è della nostra azienda che però naturalmente è una realtà abbastanza diversa da questa realtà metropolitana, noi siamo l'Azienda Torino 4, quindi Chivasso, Ciriè ed Ivrea, siamo un territorio molto, molto vasto che praticamente comincia da Settimo Torinese che ha delle caratteristiche, come voi sapete, abbastanza sovrapponibili a quelle della Città e finisce al confine con la Val D'Aosta e col Parco del Gran Paradiso, quindi potete immaginare quanto sia complicata. Veniamo ormai da parecchi anni dall'accorpamento di tre aziende diverse che abbiamo cercato il più possibile di digerire, ma ci sono ancora..., c'è ancora qualche forse difficoltà e come popolazione abbiamo più di mezzo milione di abitanti e naturalmente di questo mezzo milione di abitanti più del 25% sono anziani, anche lì con situazioni differenziate perché naturalmente nelle zone diciamo più giovani, quindi quelle più vicine alla metropoli, questa percentuale è un pochino più bassa, ma si alza moltissimo nelle zone montane. La nostra organizzazione nei servizi per gli anziani, per non autosufficienze, per le fasce deboli in generale è quella prevista dal Servizio Sanitario Regionale, noi abbiamo cinque distretti che sono Settimo Torinese, Chivasso, San Mauro, Ciriè, Ivrea e Cuorgnè. Ogni distretto ha al suo interno le Unità di Valutazione Multidimensionali, sia quella geriatrica, sia quella per i disabili e minori, abbiamo sul territorio ben sette Consorzi per i servizi sociali, anzi sei sono Consorzio e un'unione che è l'Unione NET che è quella di Settimo Torinese, quindi abbiamo una molteplicità di interlocutori dal punto di vista sociale, i rapporti col sociale sono mediamente buoni, negli anni abbiamo sviluppato un rapporto di collaborazione solido con i colleghi dei Consorzi, poi chiaramente tutti paghiamo la difficoltà di risorse disponibili, la difficoltà a dare delle risposte su situazioni che ha illustrato prima la collega del Sindacato che effettivamente a volte assumono dei risvolti drammatici. Poi è chiaro che noi, io sono un Direttore di Distretto che ho quindi un ruolo prevalentemente tecnico, ma evidentemente non completamente tecnico in quanto mi devo rapportare col territorio, con la politica, coi servizi sociali, coi Sindaci, con le comunità locali, quindi noi come operatori, come addetti ai lavori abbiamo ben presente quelle che sono le difficoltà che sono sostanzialmente intanto quella di non avere risorse infinite perché comunque questa è la situazione in cui ci troviamo, poi è chiaro che io ritengo, i miei collaboratori, i miei colleghi tutti cerchiamo di lavorare cercando di trarre il meglio da quello che abbiamo e di fare delle cose che abbiano un senso e soprattutto quello che facciamo è di farlo sempre nell'interesse degli assistiti e delle persone che hanno necessità. Poi è chiaro che ci confrontiamo tutti tutti i giorni con le difficoltà, noi siamo un territorio che non ha certo problemi di disponibilità di strutture, sul nostro territorio della TO 4 abbiamo tantissime RSA, abbiamo molti posti CAS. Facevamo due chiacchiere con la Dottoressa Breda finché aspettavamo, il problema semmai è la disomogeneità di distribuzione di queste risorse che non sono accessibili a tutte le persone, tra l'altro in periferia c'è un enorme problema legato al sistema dei trasporti e degli spostamenti, noi ci troviamo a farci carico di nuclei fragili, non solo di persone fragili, per cui dare una risposta ad una persona che ha bisogno e dargliela molto lontano da casa sua significa mettere in crisi tutto il sistema familiare della rete. Stiamo affrontando anche, adesso qui parliamo prevalentemente di anziani, comunque abbiamo anche sul versante della disabilità nella nostra azienda stiamo facendo degli investimenti sul settore dell'autismo, abbiamo appena inaugurato un centro per l'autismo a Castellamonte che è un Comune della zona delle eporediese, che è un centro per l'autismo per gli adulti e su cui stiamo partendo adesso ed è un'opportunità che speriamo si sviluppi perché chiaramente questo è un problema che ci sta molto a cuore e in questo siamo in contatto anche le associazioni locali che lavorano su questa cosa. L'altro problema enorme è certamente quello delle demenze che nell'ambito degli anziani non autosufficienti certamente in questo momento il problema più grave è quello che richiede delle risposte più specifiche e anche più difficoltose. Adesso voi sapete che stiamo nelle aziende cercando di attuare la delibera sulla costituzione dei centri per i disturbi cognitivi e anche noi stiamo lavorando su questo, cercheremo di creare un servizio che sia comunque un servizio di rete, quindi non concentrato in una sola sede, ma articolato su più sedi territoriali proprio per cercare di portare il più vicino possibile le risposte. Io mi fermerei qui, nel senso che più che farvi più o meno un quadro di quello che sta succedendo, poi ripeto io posso dare qualche indicazione su quella che è l'esperienza nostra di una realtà periferica, so perché faccio questo lavoro da molti anni che chiaramente la realtà cittadina e le dinamiche a livello cittadino sono un pochino diverse, quindi mi fermerei qui, poi piuttosto se qualcuno ha bisogno di qualche chiarimento sono disponibile, grazie. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie. Ora è il turno di Andrea Ciattaglia del CSA, prego. CIATTAGLIA Andrea (CSA) Presidente, grazie dell'invito. Consiglieri, Assessori. Sono Andrea Ciattaglia e rappresento il CSA, Coordinamento Sanità e Assistenza che raggruppa 20 associazioni che dagli anni 70 difendono i diritti delle persone non autosufficienti. Chiedo scusa se leggerò l'intervento, ma è sicuramente il modo migliore per trasmettervi più informazioni e più dati possibili per questo Consiglio. Il Consiglio Comunale di oggi è stato convocato sul tema problematico, direi drammatico e sarà chiaro a breve perché delle liste d'attesa per le persone malate non autosufficienti, un problema che ha radici ben precise di negazione del fondamentale diritto alle cure sanitarie di queste persone. Lo definiamo meglio come liste di abbandono più che di attesa perché questi malati non hanno, come capita per le visite o per gli esami a cui magari a molti di noi sarà capitato, non hanno queste persone un giorno di presa in carico fissato anche se molto in là nel tempo per la loro prestazione, quindi il loro ricovero in una struttura sanitaria o sociosanitaria o l'attivazione delle cure domiciliari sono semplicemente rifiutati sine die, quindi senza un giorno di applicazione e queste persone sono scaricate tutte quando ci sono sulle famiglie. Questa mancata risposta alle esigenze di cure sanitarie ha ricadute concrete e fatali e il motivo, questo scaricamento, questa non presa in carico è il motivo dei tre omicidi-suicidi di coniugi malati delle scorse settimane nel torinese, fino all'ultimo tremendo caso della donna malata di Alzheimer dimessa dall'RSA Botticelli dopo un mese di ricovero, una malata che non doveva essere rimandata a casa senza cure perché aveva diritto esigibile a queste cure e che è stata uccisa dal marito che si è tolto la vita subito dopo. Mi permetto di fare una breve premessa su chi sono queste persone malate perché proprio dal travisamento delle loro condizioni derivano molti dei provvedimenti e delle politiche adottate dalle Amministrazioni, in particolare da quella regionale, che hanno creato la spaventosa cifra di almeno 30.000 persone malate non autosufficienti che in questo momento in Piemonte sono in una lista di abbandono e quindi non sono, pur essendo estremamente bisognosi di prestazioni mediche cliniche ed infermieristiche e di assistenza tutelare, prese in carico dal Servizio Sanitario Nazionale. I malati cronici non autosufficienti sono persone talmente malate da aver perso l'autonomia, le cui malattie non permettono loro di soddisfare da soli le proprie esigenze fondamentali primarie, non in tutti i casi, ma molto spesso anche hanno perso la capacità di manifestare la propria volontà e di dare delle indicazioni ai terzi che se ne prendono cura. Non sanno più dire se hanno caldo, se hanno freddo, se hanno fame, se hanno sete, se le cure che gli stanno somministrando sortiscono effetto positivo o meno, non sanno più dire se hanno dolore oppure no, se e dove è localizzato questo dolore, non sanno più avvisare dell'insorgenza di un sintomo, di un problema. Queste persone hanno bisogno di interventi 24 ore su 24, prestazioni indifferibili come è stato definito, cioè mai rinviabili, come è stato definito in due documenti dell'Ordine dei Medici di Torino e Provincia del 2015 e del 2016. Si capisce quindi che gli aggettivi con i quali spesso queste persone vengono qualificate anche dalle Amministrazioni fragili, vulnerabili, sociali non fanno altro che spostare la visuale dalla loro situazione di malattia e di bisogno sanitario ad un indeterminato bisogno sociale e assistenziale nel senso delle politiche sociali comunemente intese, che vedremo come operano. Ovviamente non è così, questi malati non sono casi sociali, ma malati appunto, si tratta di persone colpite dal morbo di Alzheimer, demenze senili come vi è ricordato prima, malattie di Parkinson, decadimenti cognitivi in genere, esiti di patologie cardiache e respiratorie che colpiscono persone anche giovani, persone che si ritrovano in questa condizione dopo incidenti o dopo ictus, molto spesso soprattutto ultimamente di persone malate oncologiche che a causa del cancro perdono la loro autosufficienza, rimangono in vita, ma la loro autosufficienza è molto compromessa. Queste persone sono tutelate dalle leggi fondamentali del nostro Ordinamento che garantiscono loro le cure, sulle quali sorvolo, ma le cito perché sono importanti, l'articolo 32 della Costituzione, la Legge 833 del 1978 che ha fondato il nostro Sistema Sanitario Nazionale e che prevede cure senza limiti di durata qualsiasi sia la patologia che presentano queste persone e i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie i LEA che prevedono per queste persone uniche tra i malati le cure domiciliari e la presa in carico residenziale con il 50% della retta a carico dell'ASL e il 50% a carico della persona interessata, sono gli unici malati che si pagano una quantità così elevata di cure, qualsiasi sia la parte dell'ASL deve essere garantita, qualsiasi sia il loro patrimonio e la loro disponibilità. Questa retta complessiva ammonta a 3.000 euro, per cui voi capite che le prestazioni private, quindi se la persona viene in carico e si rivolge privatamente ad una struttura deve tirare fuori 3.000 euro al mese, diversamente ne tira 1.500 che comunque non è poco, però anche quest'ultima cosa viene negata. Fin qui normative di riferimento, ma se fosse tutto rispettato non saremmo qui, almeno 30.000 persone malate non autosufficienti sono, come già detto, in Piemonte senza questo tipo di cura pur avendo ricevuto in modo formale dalle aziende sanitarie il riconoscimento come persone non autosufficienti e come malati estremamente gravi, estremamente bisognose di prestazioni. I dati non sono aggiornati perché le ASL non li forniscono non solo agli organi di stampa, l'ultimo ad averli chiesti è stato il Corriere di Torino, ma anche alle istituzioni come ben sanno i Consiglieri qui presenti della IV Commissione del Comune di Torino ai quali poche settimane fa l'ASL di Torino ha risposto ed è a nostro avviso inaccettabile, ma il Comune dovrebbe prendere una posizione scritta su questo, che i dati non ci sono e non vengono fornito, punto. Spiace non vedere in questa sede l'Assessore alla Sanità della Regione Piemonte e aggiungo quello alle politiche sociali del Comune di Torino, ma l'Assessore alla Sanità della Regione Piemonte che invitato all'odierna seduta ha risposto così come riportato a mezzo stampa "non è mia consuetudine aderire alle richieste di presenziare a sedute di Consigli Comunali su temi di natura sanitaria, sono certo che ben comprenderà, Presidente, la mia impossibilità di garantire la presenza nei 1.197 Comuni del nostro Piemonte e non voglio quindi privilegiarne uno a discapito degli altri". Le Aziende Sanitarie e la Regione Piemonte con una normativa approvata dalla precedente legislatura Giunta Cota e poi fatta propria e confermata in pieno da questa Giunta Chiamparino ha stabilito che i malati non autosufficienti, unici tra i malati, sono selezionati all'ingresso dalla Commissione di Valutazione e dalle Unità di Valutazioni Geriatriche che fissano dei punteggi al di sotto dei quali queste persone non entrano nel Sistema Sanitario Nazionale, queste valutazioni mischiando condizione sanitaria e sociale, quella sanitaria è sempre talmente grave da condurre ad un'autosufficienza, fanno sì che anche le persone i casi con punteggio sanitario 14, il massimo, siano tenuti fuori dalle cure. Voglio qui citare un caso emblematico che è stato riportato poche settimane fa in un articolo di un quotidiano, che è un caso che ha seguito la Fondazione pochi mesi, l'articolo si intitolava esplicativamente "Il paziente non è urgente, quindi può anche morire", il paziente signor Luigi, anziano malato non autosufficiente, il 16 gennaio i medici rilevano scadute condizioni generali deglutisce con difficoltà, non parla più, difficile valutare il suo orientamento spazio temporale, politraumatizzato, fratture in seguito a caduta dalle scale della prima, seconda e terza costola, della clavicola e della milza, ha il morbo di Parkinson, ha avuto la tubercolosi, è affetto da broncopneumopatia cronica ostruttiva e soffre di patologia neuromuscolare neurovegetativa, ha una piega da decubito del primo stadio in zona sacrale. Tre giorni dopo, il 19 gennaio, a fronte di un primo tentativo di dimissioni dell'ospedale torinese presso cui era ricoverato, hanno detto ai parenti: "portatevelo a casa", respinto con lettera di opposizione alle dimissioni. I familiari attivano una valutazione dell'Unità Valutativa Geriatrica chiedendo la prosecuzione delle cure presso un RSA al 50 e 50, come abbiamo visto prima. L'UVG risponde il 6 febbraio: "il paziente ha necessità di un inserimento in RSA a titolo definitivo", ma gli viene assegnata la qualifica di non urgente, vale a dire viene rinviata ogni risposta "ad un'ulteriore valutazione da ripetersi fra un anno". Questo è scritto nella delibera della Regione, non l'ho inventato. I familiari si oppongono con successo ad un nuovo tentativo di opposizione alle dimissioni; il 14 febbraio 2018, otto giorni dopo la valutazione il signor Luigi, non urgente, è morto. Quel che mi preme sottolineare come concetto è che esiste nella Regione Piemonte una selezione all'ingresso del sistema sanitario tra le persone che sono degne e quelle che non lo sono di essere curate; una selezione fatta in spregio delle leggi vigenti oltre che del buon senso. Questo è il frutto del sistema che da anni chiediamo di vedere e cambiare la parte della Regione Piemonte. Qui sollecitiamo il Comune di Torino a farsi portavoce di questa istanza in modo ufficiale con documenti e prese di posizione scritti. Il Comune ha già preso posizioni con un ricorso, peraltro ancora pendente al Consiglio di Stato, sulle prestazioni domiciliari, ma chiediamo che: 1) solleciti la Giunta della Regione Piemonte a provvedere tramite le ASL alle cure dei malati non autosufficienti rivendendo radicalmente le delibere in vigore; 2) informi i torinesi con documenti, volantini, tramite canali istituzionali e non sul loro diritti di accesso alle cure. La risposta della Regione oggi è il Piano della Cronicità che non tiene conto della situazione di malattia dei pazienti non autosufficienti, che li sposta sempre di più verso la valutazione come casi sociali e non come malati. Oggi oltre il 90% delle persone che sono prese in carico dai Servizi sociosanitari, cioè quei pochi che riescono ad entrare in questo sistema, non usufruiscono di prestazioni di integrazione sociale. Tutti questi malati, se il Piano della Cronicità entra in funzione, non sarebbero più presi in carico dal Servizio Sanitario Nazionale perché il loro accesso andrebbe valutato coi criteri delle politiche sociali. Mi rendo conto che il tempo di entrare nel merito non c'è, ma un dato chiarisce molto: il bilancio sanitario della Regione Piemonte ammonta ad 8,5 miliardi all'anno, tra l'altro di cui solo 280 milioni per le rette sanitarie in RSA, quindi è una parte molto piccola che ovviamente chiediamo di aumentare, quelli delle politiche sociali, quindi 8,5 miliardi alla sanità, quello delle politiche sociale è 400 milioni, voi da chi vi sentireste più tutelati? Concludo, Presidente, con un appello al Comune di Torino, un appello aggiuntivo, che il CSA rivolge a questa Assemblea e che è quello di rivedere radicalmente la delibera dell'11 giugno 2012 che contiene il Regolamento del Comune di Torino di compartecipazione alle rette sociosanitarie dei propri concittadini e che è in contrasto e che è più penalizzante, della normativa nazionale. Stiamo parlando delle persone che hanno già una prestazione sanitaria, il 50% per esempio in un ricovero RSA, e che non riescono a pagare il restante 50%, fanno domanda al Comune, gli viene rifiutata perché ci sono dei criteri molto restrittivi, quanto restrittivi? Vi faccio un esempio molto veloce: la signora Rosa, il Comune, con lettera firmata dall'Assessore alle Politiche Sociali del 14 marzo 2018, le è stata negata l'integrazione economica perché ha una casa del valore di 72.000 euro, un bilocale in via San Giovanni Bosco e 50 euro sul conto corrente, 50 euro. Il Comune propone di disporre del bene mediante contratto che (incomprensibile), cioè un affitto, oppure a venderlo; il Comune così potrà anticipare i soldi dell'anziana malata comportandosi di fatto da banca che si obbligherà a restituirli con l'affitto o con i soldi della vendita, con gli interessi legali. C'è un particolare non secondario che il Comune sa, che nella casa al momento della valutazione vive il marito della signora, anch'egli invalido, cosa deve fare? Andare a vivere sotto i ponti per garantire che la moglie riceva un prestito dal Comune per coprire la quota di ricovero in RSA? Non è purtroppo un esempio limite, ma un comunissimo caso, pertanto chiediamo che la delibera venga assolutamente modificata e venga uniformata, almeno per la parte degli immobili, alla legislazione nazionale. Chiudo, trenta secondi sulle risorse. Rimando al documento che abbiamo consegnato e che invieremo a tutti i Consiglieri, che è pubblicato anche sul sito internet della Fondazione Promozione Sociale Onlus, che si intitola "Come acquisire subito nuove risorse economiche ed eliminare gli sprechi inutili". Il primo punto è quello dei patrimoni ex IPAB, istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, il Comune ha incassato almeno 20 milioni di euro negli ultimi 2 anni da patrimoni IPAB recentemente estinti o nuovamente dati in gestione: 14 milioni dal Carlo Alberto, 4 di liquidità dal Buon Pastore più tutti gli immobili, procedure legittime ed anzi da replicare per portare continua liquidità alle casse del Comune, però nemmeno uno di quei 20 milioni è stato destinato alle politiche socioassistenziali, ai poveri della Città come è previsto dalla Legge nazionale di riordino delle IPAB e persino dalla criticabilissima Legge regionale 12/2017 in materia. È chiaro che tutti i motivi ostativi tecnici si possono risolvere, ci va, però, la volontà politica, ed è quella che ci attendiamo che venga rinnovata, dopo che la Giunta ha rinnovato il documento - in proposito approvato all'unanimità da questo Consiglio Comunale - per restituire agli indigenti di questa Città i milioni di euro che sono stati utilizzati per chiudere i bilanci comunali di questi anni e che a loro appartengono e a loro devono tornare, grazie. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie a lei. Il prossimo ad intervenire è Riccardo Ruà, prego. RUÀ Riccardo (Presidente Associazione Graziani Adelina contro la malasanità) Buongiorno, Presidente. Grazie da parte dell'Associazione Nazionale Graziani Adelina contro la malasanità. Sono Riccardo Ruà, sono Presidente dell'Associazione e sono qui con la Vice Presidente, la dottoressa Rachele Sacco; Associazione che ha come finalità quella di segnalare alle Autorità competenti eventi e fatti di malasanità. Noi siamo consapevoli, ovviamente, che quest'Amministrazione non ha una responsabilità diretta sui DEA, affronteremo questo discorso dei Pronto Soccorso, ma denunciamo da subito il disagio su Torino dei Pronto Soccorso. Chiediamo di intervenire e sollecitare provvedimenti urgenti che consentano di correggere la criticità del sovraffollamento di tutti i DEA cittadini e prevenire questi gravi disagi. Il Pronto Soccorso, sappiamo tutti, dovrebbe occuparsi dei casi più gravi che giungono dal territorio in triage: codici gialli, codici rossi, dopo le visite mediche, terapie di urgenza, accertamenti, valutare se dimettere o ricoverare, ma non funziona così purtroppo. In Pronto Soccorso arrivano pazienti cronici, anziani, non autosufficienti, che per motivi ovvi e comprensibili - e di come ovvi e comprensibili ci vorrei tornare sopra un attimo - cercano assistenza, codici bianchi, codici verdi, che trasformano spesso un Pronto Soccorso in un reparto di degenza: sovraffollamento, disagio dei pazienti e degli operatori, così pure nei Reparti di Medicina. Quando dico ovvie e comprensibili è chiaro che la situazione familiare con in casa un malato diventi in certi momenti difficile, per cui ricorrere in un Pronto Soccorso, in un minimo di assistenza è compatibile e comprensibile. E chiaramente le liste di attesa, i tempi del posto letto, la mancanza delle strutture assistenziali RSA, case di riposo, assistenza domiciliare, dimissioni integrate, eccetera, sono tra le prime cause di questo disservizio. Una politica regionale sbagliata nei recuperi efficienziali, negli investimenti, è una altrettanto delle prime cause di questo problema; una politica regionale incapace di progettare, controllare e creare attività. Io porto l'esempio di questi cittadini non autosufficienti, anziani e non, legati ai polsi, alle caviglie, ai letti degli ospedali o su una barella in attesa di un posto in strutture assistenziali. Sappiamo benissimo che un anziano allettato in un Pronto, in una Medicina, dopo alcuni giorni rischia la polmonite e spesso muore, oltre a compromettere la qualità di diagnosi e di servizio degli operatori di quel reparto. Un contesto dove politiche regionali hanno tagliato i posti letto, organici, ospedalizzazioni domiciliari, una politica regionale che non ha investito sulla formazione, sull'informazione, sui progetti di umanizzazione orientati a migliorare le condizioni dei malati, manager di dubbia professionalità - per fortuna non tutti - incapaci di gestire, controllare, recuperare gli sprechi ed investire creando attività. Stiamo svendendo la Sanità Pubblica, signori; pensate che l'85% delle risorse che arrivano nelle casse delle strutture sanitarie private arrivano dalle casse dei cittadini, sono rimborsi ASL. Il privato investirà sicuramente sulla diagnostica, sugli interventi chirurgici, sulle protesi, interventi dell'anca, del ginocchio, eccetera, ma non di certo sui malati non autosufficienti, sugli anziani e sulle nascite e non voglio uscire fuori tema, ma non voglio neanche trascurare altri disagi portati in questi vari servizi; si sono trascurati - lo ribadisco, lo ripeto - i malati non autosufficienti, gli anziani, i bambini, aggiungo senza andar fuori tema, le donne in gravidanza. Questa lentezza, questa incapacità gestionale di questa Sanità regionale ha comportato sicuramente malasanità, malcostume e permettetemi, corruzione. Questa Sanità non ha saputo progettare la dovuta assistenza e prevenzione al cittadino. Manca sul territorio - e non voglio andare fuori tema - però un Servizio, un organico sufficiente al controllo sull'alimentazione, sui mercati, sui negozi che vuol dire anche ammalarsi, in futuro, e magari ricorrere ad un intervento di Pronto Soccorso. Non ha saputo progettare a costo zero e porto un esempio di positività però in alcuni ospedali, come ad esempio al Mauriziano, dove è stato progettato e utilizzato con un'Associazione di volontariato le dimissione integrate. Dimissioni integrate che è sicuramente un mezzo che può aiutare le famiglie, l'integrazione tra il medico di base e il malato è una procedura importante il fatto di ricevere una telefonata da parte dell'ospedale, del medico, dell'infermiera che ha curato dove è stato ricoverato è sicuramente un supporto aggiuntivo evita un rientro spesso di nuovo in ospedale e/o in un Pronto Soccorso. Una volontà, comunque, di umanizzazione e di progetti che dovevano nascere dalla Regione, doveva partire dalla Regione come ad esempio l'unificazione dei protocolli, la cura, i collegamenti diagnostici, telematici; io voglio solo ricordare l'importanza nel passato del progetto Patatrac , dell'amico professor Faccani, quanto è stato utile. Noi oggi ci siamo trovati, abbiamo dei casi di segnalazione di malati non autosufficienti portati, il caso specifico: questa signora era disperata col marito chiaramente non autosufficiente; indicazione del medico, è andato a fare un elettrocardiogramma, degli esami del sangue, gli è stata prevista una visita cardiologica programmata per il 2018, gennaio 2018, quando sappiamo benissimo che a livello informatico sarebbe sufficiente utilizzare il cellulare, con Whatsapp si manda il tracciato di questo elettrocardiogramma ad un centro diagnostico, chiaramente in due minuti si potrebbe avere la risposta. Situazione di disagio e di abbandono, e qui vengo, credo che il Comune di Torino ne sia a conoscenza di questa carenza, grossa carenza di censimenti sugli anziani soli. Conoscete voi, sicuramente, quanti casi di apertura porte, quanti cittadini sono stati trovati in situazioni gravissime di disagio, di abbandono, a volte morti, e questo chiaramente è una sconfitta per tutti. Noi, concludo, non siamo contro a, chiaramente, iniziative di ospedali nuovi, nuove iniziative, noi però - ribadiamo il concetto - siamo contrari a certi investimenti che vengono fatti che non condividiamo, ecco, su questo sicuramente, però chiaramente se ci sarà l'opportunità di ospedali nuovi ben vengano. Noi attualmente chiediamo però la salute della Città, ribadiamo il concetto: la salute della Città e poi chissà la Città della Salute. Grazie. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie a lei. Adesso ho iscritto il signor Assandri. ASSANDRI Michele (Presidente Regionale ANASTE Piemonte) Buongiorno, sono in rappresentanza dell'Associazione Nazionale Terza Età - Sezione del Piemonte. Recentemente con l'Assessore Saitta e l'Assessore Ferrari abbiamo iniziato un tavolo tecnico di trattativa per la riforma della DGR 45 e nello specifico, per il tema trattato oggi, quello della continuità assistenziale. Vi leggo testualmente quello che tutte le Associazioni di categoria hanno sottoscritto: "Lo stanziamento regionale per il settore sociosanitario ammonta dall'anno 2013 a 280 milioni di euro annui. Questa somma non viene mai raggiunta e anzi decine di milioni, circa 50 milioni all'anno non vengono utilizzato nel comparto sociosanitario, nonostante i cittadini piemontesi restino in attesa di un posto letto in RSA convenzionato per più di 3 anni, e nonostante le strutture dispongano di moltissimi posti letto vuoti che, con fatica, occupano in forma privata spesso con gli stessi cittadini che sono in lista d'attesa. Abbiamo proposto ai due Assessori di non inventarsi nulla, ma di vedere quello che si fa nelle Regioni limitrofe: la Toscana, la Lombardia, la Liguria, dove i cittadini che affrontano un percorso di continuità assistenziale invece di scaricare tutto l'onere della quota sanitaria giornaliera a carico del Servizio Sanitario regionale, si può vedere una minima quota di compartecipazione, anche da parte del cittadino, in modo tale che con lo stesso budget o si può allungare il periodo della continuità assistenziale o si può aumentare il numero delle persone assistite, quindi non c'è nessuna variazione del bilancio regionale. Noi pensiamo che i 280 milioni di euro annui, se fossero effettivamente impiegati per il settore sociosanitario residenziale, si sarebbe in grado di dare assistenza continuativa a circa 19.000 cittadini piemontesi rispetto ai 12.000 attuali; quindi ci sono 6.000 cittadini che hanno diritto ad una prestazione sociosanitaria esigibile, ma ahimè la devono pagare integralmente. Quindi hanno già versato l'IRPEF nel corso della loro vita e adesso che hanno bisogno di un'assistenza residenziale devono pagarsi integralmente il costo della retta giornaliera. Vi ringrazio, buon lavoro. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie a lei. Allora, se ci sono degli interventi da parte dei Colleghi, è iscritta a parlare la Consigliera Grippo, ne ha facoltà per dieci minuti. GRIPPO Maria Grazia Sì, grazie, Presidente. Voglio ringraziare le Associazioni, le Organizzazioni Sindacali e quanti hanno voluto portare il loro contributo alla seduta del Consiglio Comunale di oggi. A molti di loro mi sento legata da anni di confronti e di battaglie che ho vissuto prima sul piano professionale, fin da quando facevo la cronista, poi sul piano politico e poi, più di recente, da cittadina, figlia di una famiglia che come migliaia di altre ha provato sulla propria pelle che cosa significa supplire con risorse proprie, sia umane che economiche, all' assenza di risposte adeguate da parte del sistema pubblico. Ci legano anni di sforzi che hanno conosciuto alterne fortune, sforzi diretti a dimostrare, innanzitutto, il diritto soggettivo del malato, a ricevere dalla Sanità assistenza e cure anche in assenza di una prospettiva di guarigione, e lo voglio dire di nuovo, Presidente, ricevere dalla Sanità assistenza e cure anche in assenza di una prospettiva di guarigione, perché secondo me è tutto qui il senso della continuità delle cure per i malati cronici non autosufficienti; è tutto nell'accettazione di un principio di civiltà dal quale poi far discendere l'organizzazione dei servizi e in base al quale distribuire le responsabilità tra i vari attori del sistema. Come abbiamo sentito dagli interventi dei nostri ospiti questo che io considero il principio guida è tutt'altro che messo al sicuro, complici alcuni fattori che hanno condizionato le politiche a tutti i livelli negli ultimi anni. L'unicità del modello a cui faceva riferimento la dottoressa De Caro, il modello Torino, che è stata l'espressione migliore della Legge 10/2010, a mio modesto avviso, nonostante ancora carente dei Regolamenti attuativi ha finito, sul piano nazionale, per isolarci un po' e per rendere Torino e il Piemonte una minoranza rispetto ad altre Regioni che hanno creduto, io immagino in buona fede, di offrire determinati servizi con un mix che scaricasse di molto la responsabilità del sistema sanitario, che però non va nella direzione che è quella indicata invece dalla Legge 10/2010 e che ha finito per rendere la modifica dei LEA differente da quella che anche questo Consiglio Comunale con degli atti di indirizzo, sia della Minoranza e del Gruppo al quale appartengo, sia della Maggioranza avevano indicato. La modifica dei LEA, e più generalmente la revisione dei servizi che riguardano le persone malate croniche non autosufficienti, hanno senza dubbio condizionato il Piano della Cronicità al quale faceva riferimento il dottor Ciattaglia prima; il Piano di rientro della Regione Piemonte ha certamente condizionato le scelte che sono state fatte a livello centrale, ma questo non deve farci perdere la direzione, diventa più difficile, questo è vero, ma: a) non deve farci perdere la direzione se noi crediamo che sia quella giusta, e ciascuno di noi sa quanto sia stato difficile in alcuni momenti non perdere la direzione, e poi non deve farci perdere la sensazione che tutti i livelli istituzionali, ciascuno per il proprio ruolo, possano giocare una partita decisiva. Non è un caso che, veniva ricordato in uno degli interventi, che proprio il Comune di Torino, nonostante l'idem sentire politico che per lungo tempo ha caratterizzato diversi livelli di Governo, è arrivato al punto di accompagnare le Associazioni nel ricorso al TAR prima, e al Consiglio di Stato dopo, affinché questo principio che io ricordavo in premessa fosse salvaguardato. Ora io quello che posso fare, Presidente, e che voglio fare è condividere un appello con le altre forze politiche affinché impegni che noi possiamo prenderci come Amministrazione Comunale ce li possiamo prendere insieme per andare insieme in una direzione che è quella di mettere nelle condizioni questi malati e le loro famiglie di avere l'assistenza e le cure adeguate, anche per un'altra ragione, Presidente, e qui concludo, perché molto si è parlato di come la crisi economica abbia messo in difficoltà intere fasce di popolazione nella nostra Città, ebbene, lo diceva prima uno dei rappresentanti dell'Associazione, il ruolo di supplenza che le famiglie hanno svolto nei confronti della Sanità è diventato nel tempo una delle principali cause di impoverimento delle famiglie stesse. Certamente, la possibilità per loro di far valere i diritti soggettivi del congiunto e quindi di non andare a ripagare un servizio che di fatto è già pagato con la fiscalità generale sarebbe un buon modo per sollevarle dall'onere che hanno dovuto sopportare sin qui. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie. Ho iscritta a parlare la Capogruppo Artesio, ha facoltà per dieci minuti. ARTESIO Eleonora Grazie. Mi associo al ringraziamento per le persone che singolarmente e a nome delle organizzazioni di appartenenza hanno raccolto il nostro invito e ci hanno fornito dei contributi significativi. Devo dire, però, che questo Consiglio Comunale aveva sicuramente lo scopo di socializzare le informazioni in ordine alla condizione delle persone malate croniche non autosufficienti, ma almeno nell'intento dei sottoscrittori e credo dei Consiglieri presenti, anche quello di non esaurire in una socializzazione delle informazioni il nostro compito, ma di determinare l'assunzione di alcune decisioni che possono riguardarci e di alcune sollecitazioni che possiamo promuovere verso terzi ed è essenzialmente su questo aspetto che concentrerò la mia comunicazione. Innanzitutto noi abbiamo di fronte due scenari di inquadramento legislativo: uno regionale e uno nazionale sul quale, come già ricordava la Collega Grippo, occorrerebbe che il Consiglio Comunale assumesse una propria determinazione. Il primo riguarda il Piano Regionale per le Cronicità. Per essere molto esplicita e non parlare un linguaggio specialistico, io sono molto contenta, da persona malata cronica, se si arriverà a definire dei protocolli diagnostico-terapeutici che ad esempio prevedano un'automatica iscrizione delle procedure di controllo, per quello che mi riguarda, senza che io debba recarmi ai Servizi Sanitari distrettuali o prenotare online - ma sono ancora in grado di farlo - sono autosufficiente, so anche autodeterminare il protocollo terapeutico. Quindi, il Piano Regionale per la Cronicità non può assolutamente essere scambiato con il Piano Regionale per la Non Autosufficienza e non possiamo parlare in maniera indifferenziata di situazioni profondamente diverse. Quindi, questo Consiglio Comunale o la Giunta dovrebbero pretendere che si discuta in maniera specifica della non autosufficienza, perché, come è stato ben ricordato, la persona non autosufficiente non può aderire ai benefici né informatici, né organizzativi di alcuni protocolli che sulla cronicità si stanno adottando. Seconda questione, l'inquadramento LEA. L'inquadramento LEA contempla le cure domiciliari, ma le contempla esclusivamente come responsabilità sanitaria per gli interventi specialistici; ribadisco, una persona non autosufficiente può ricevere la visita programmata del medico di famiglia, può ricevere una corretta prescrizione dei farmaci, può ricevere un competente servizio infermieristico domiciliare, dopodiché non sa se, come, perché dover assumere i farmaci, non sa la ragione delle medicazioni, non sa quando deve cambiarle, non sa aderire al protocollo terapeutico, se accanto all'assistenza sanitaria specialistica non c'è un'assistenza tutelare e se questa assistenza tutelare non viene riconosciuta come parte integrante dell'assistenza sociosanitaria e quindi quota a parte per il 50% a carico del Servizio Sanitario. Queste sono due questioni di inquadramento del tema che io chiederei al Comune di Torino, nella forma dell'esecutivo e nella forma del nostro Consiglio, di inquadrare correttamente se vogliamo, davvero, accompagnare le condizioni delle persone malate non autosufficienti; poi la consapevolezza dei tanti anni di battaglie su questo tema mi porta a dire che bisognerebbe avere verso il tema un interesse non rapsodico, cioè non quello dei media sui casi che diventano purtroppo drammatici casi di cronaca e nemmeno quelli della nostra politica legata più o meno alla omogeneità delle maggioranze che si succedono su questi livelli di responsabilità. Sono arrivata a ritenere che occorrano dei gesti forti e simbolici e ne cito tre, che o insieme o separatamente, per quello che mi riguarda - io su questo intendo impegnarmi - potremmo percorrere. Il primo, ci è stato raccontato correttamente quali sono gli inquadramenti dei tempi di attesa dopo l'Unità di Valutazione Geriatrica delle persone malate croniche non autosufficienti. In quest'Unità di Valutazione Geriatrica concorrono figure professionali cliniche (i medici), figure professionali sociali (i nostri servizi); ora pare a voi ragionevole - ragionevole non è, ma anche professionalmente e deontologicamente sostenibile - che un medico e un assistente sociale che hanno visitato una persona, l'hanno ritenuta incapace di assolvere autonomamente le funzioni quotidiane della vita 24 ore su 24 possano poi prendere atto del fatto che rivedranno quella persona dopo sei mesi o dopo un anno senza che siano intervenuti alcun ausilio rispetto alla gestione o residenziale o domiciliare del suo caso, senza con ciò interrogarsi rispetto all'esercizio della propria professione? Io credo che la nostra Assessora debba prendere in considerazione il fatto se i nostri Servizi Sociali debbano continuare a far parte dell'Unità di Valutazione Geriatrica e lo dico per una doppia ragione: una per le ragioni che già venivano ricordate in un intervento, la valutazione sociale è importantissima. È drammatico non essere autosufficienti, lo è di più se si vive in una casa con barriere, lo è ancora di più se si è poveri e se si è soli, però comunque si è non autosufficienti e quindi la nostra competenza sociale non può condizionare la responsabilità primaria dell'attività sanitaria, ma poiché ne facciamo parte come possiamo pretendere che i nostri operatori replichino, anno dopo anno, alle persone che si recano per l'Unità di Valutazione Geriatrica: "la sua condizione è salita dal duecentesimo posto al centesimo, ma non c'è il posto in convenzione in RSA o non viene erogata la cura domiciliare"? Credo che lo valga ugualmente per i medici di famiglia, ma credo che o c'è una manifestazione esplicita di tutte le professioni che intervengono su queste situazioni e che alla fine poi sono chiamate in termini di responsabilità, perché in termini di responsabilità non è chiamato l'Assessore regionale o l'Assessore comunale, ma quel medico, quell'assistente sociale, quell'infermiere, quel familiare, perché qualche volta viene chiamato in causa per una mancata assistenza; quindi questo va preso in considerazione, per smuovere le acque ci vuole anche ogni tanto un intervento forte. Secondo, è già stato detto, si fa di necessità virtù e le famiglie quando non hanno alternativa si oppongono alle dimissioni e non riportano, o in una struttura o a casa, il proprio congiunto malato perché non saprebbero dove e non saprebbero come assisterlo e si oppongo alle dimissioni, è una autotutela. L'opposizione alle dimissioni produce però quello che ci siamo detti, cioè una condizione di sovraffollamento delle situazioni di emergenza/urgenza o viceversa un mantenimento di un ricovero in un posto che non è adeguato perché anche il posto di..., post-acuzie, di riabilitazione, può non essere adeguato ad una persona che ha bisogno di interventi continuativi di lunga degenza o di residenzialità. Allora, io voterò convintamente. L'ho sottoscritto il documento della Collega Grippo, che chiede di informare tutte le famiglie, tutte le persone della possibilità di opporsi alle dimissioni sapendo che però questo è un metodo che dovrebbe servire a rendere visibile il punto di rottura di questo sistema, perché questo sistema arriverà ad un punto di rottura: l'emergenza/urgenza non riuscirà a gestire, per questo tipo di condizioni, la sovraoccupazione dei posti letti per situazioni non di acuzie, creerà quelle contraddizioni nel sistema ospedaliero e quindi questo dato va valorizzato per questo, per far prendere coscienza della necessità sociale, morale, persino economica, di occuparsi in altro modo della non autosufficienza. Terza ed ultima questione, quella che dimostra e racconta qui, a tutti voi che l'ascoltate, anche una parziale sensazione di sfiducia che mi permea ed è questa: quando vengono negati i diritti fondamentali, le persone, quelle più robuste sul piano della capacità di organizzare una propria reazione, sanno anche difendersi in altre sedi che sono le sedi legali, sanno chiedere ciò che sarebbe necessario, sanno opporsi alle dimissioni, ma alcuni di loro, quelli non fiaccati dalla malattia, quelli non fiaccati dalla stanchezza, sanno anche opporsi in sede legale e quindi produrre, intentare delle vere e proprie cause nei confronti di un sistema che non garantisce la fruizione dei diritti fondamentali e della loro esigibilità. Sono state, in passato, intentate cause civili nei confronti delle Direzioni Sanitarie delle Aziende Sanitarie e queste cause hanno avuto, singolarmente, anche esiti positivi, poi ovviamente quando si comprende che il fenomeno si può allargare la struttura fa muro e facendo muro si riesce a resistere. Allora, io non amo l'americanizzazione del sistema sanitario, non mi piace un rapporto della persona nei confronti di un Servizio Sanitario al quale ci si dovrebbe affidare perché se ne è stati sostenitori, e lo si è anche come contribuenti; non amo che si trasformi in un rapporto conflittuale nelle aule di un Tribunale, ma io credo che se parlassimo di altre categorie di persone malate, non di quelle così sconfitte dalla malattia, quale quelle di cui ci stiamo occupando, saremmo già di fronte anche in Italia ad una class action e forse la via giudiziaria può fare di più della moral suasion di tanta politica che chiede ascolto per queste condizioni. Io ho proposto cinque situazioni concrete, cinque atti con i quali sollevare, in maniera non soltanto dal punto di vista dei contenuti e dell'applicazione del diritto che sono sacrosanti, ma anche con atti concreti, una sensibilità che sembra non esserci o non essere così estesa e che mi spiace dire, anche per le assenze di questa giornata, in questa giornata, continuo a ritenere un'insensibilità grave. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie. Ho iscritto a parlare la Consigliera Buccolo, prego. BUCCOLO Giovanna Grazie, Presidente. Ringrazio anche tutti gli ospiti qui presenti oggi. Vorrei partire da un'analisi di un quadro generale iniziale e del contesto in cui ci ritroviamo. Credo sia importante tenere in considerazione, anche, alcuni aspetti che hanno cambiato gli assetti, attuali, sociali, come è stato detto, anche, negli interventi: dall'invecchiamento della popolazione che determina un cambiamento nella struttura demografica anche della popolazione, dal passaggio, anche, di un'economia in crescita e pertanto in grado di sostenere un welfare ad, invece, un'economia lenta, un'economia che ha imposto anche molti tagli agli Enti Locali e a una scarsità, quindi, di risorse anche agli Enti Locali. Crescono i bisogni cronici che richiedono un aiuto in modo continuativo, ed emerge, anche, la necessità di risposte sempre più personalizzate. Emergono nuovi bisogni per i quali viene richiesta, anche, un protezione sociale maggiore e aumentano, anche, le aspettative di protezione verso i bisogni più tradizionali. Emergono anche nuovi modi di fare famiglia, è cambiato anche l'aspetto se posso dire anche sociale, sociologico, quindi anche ad esempio delle famiglie monogenitoriali e di conseguenza anche la difficoltà a riuscire a dare supporto anche nel concetto della rete di aiuto informale delle famiglie, cresce la volontà anche dei beneficiari di essere parte attiva e non solo più passivi negli interventi. La multiproblematicità, che è emergente e che pone spesso anche gli operatori sociosanitari di fronte alle difficoltà di offrire interventi realmente esaustivi ed efficaci va ampliato pertanto secondo me anche il raggio di azione col Terzo Settore sempre più importante andando a migliorare ed implementare anche tutti quei servizi che il welfare state oggi non riesce a garantire in modo soddisfacente nell'ottica anche di un miglioramento del lavoro di rete nell'intervento sociale. È in questo contesto che si è acceso anche il dibattito sulla ricalibratura del welfare italiano, cioè su riforme che non si limitano a tagliare i costi delle prestazioni offerte, ma siano in grado di affrontare le principali criticità, l'attitudine a risarcire eventuali danni piuttosto che a prevenirli, la scarsa attenzione a promuovere l'autonomia delle persone, la tendenza ad erogare prestazioni monetarie anziché di servizi, la forte ritrosia a misure l'efficacia delle prestazioni al contrario la tendenza a giudicarne la bontà esclusivamente sulla base della quantità delle risorse dedicate sicché le politiche più costose sono casi automaticamente ritenute quelle migliori di altri. Crescono dunque anche il bisogno e l'interesse verso i servizi, gli interventi precoci e leggeri in grado di prevenire quelle situazioni di disagio individuale e collettivo, di lavorare per trasformare i beneficiari in attori della propria personale rinascita, di mobilitare le risorse che le comunità possono mettere in campo per affrontare e risolvere i costi delle prestazioni rispetto agli interventi tradizionali. In ultimo adesso entrando nello specifico, nel merito anche delle risorse comunali e degli interventi, in questo caso anche sugli assegni di cura, esiste da sempre una tendenza e questo l'ho sempre detto anche in tutti gli interventi che sono stati fatti, una tendenza marginante che vuole negare la condizione del malato e quindi il diritto alle cure sanitarie e alle persone non autosufficienti, operare uno slittamento verso le prestazioni assistenziali, discrezionali e legate soltanto alla verifica dell'ISEE, del parametro ISEE. In questo senso credo che sia importante, come è emerso anche oggi, continuare a sollecitare anche la Regione per parte di sua competenza all'indifferibile presa in carico sanitaria e sociosanitaria di queste persone tramite le ASL, perché poi sappiamo che sono quelle che erogano gli interventi, intervenendo per funzioni di sua competenza ovvero per le integrazioni di tipo economico rispetto ai contributi richiesti dall'utente, favorire le cure prioritariamente a domicilio, questo avevo fatto anche un ordine del giorno di cui ero prima firmataria inerente proprio alle cure domiciliari, votato poi all'unanimità da tutto il Consiglio, appunto sul continuare a favorire le cure prioritariamente a domicilio perché adesso al momento ci sono, se non sbaglio, circa 5.400 assegni di cura domiciliare a Torino, solo il 5% rimarrebbe se venisse abolita la quota sanitaria. Vorrei ricordare che nel 2012 il fondo per le non autosufficienze non era stato finanziato, nel 2013 la Regione Piemonte aveva messo in discussione questi interventi, quindi le ASL che poi sono quelle che autorizzano gli interventi, hanno smesso di farlo, quindi sicuramente c'è stato, come dire, una sorta di..., un problema rispetto a queste problematiche. Quindi a gennaio è stata approvata una delibera da parte del Comune, però dico che non basta. È stata una delibera approvata, una proroga ulteriore sui rapporti che si ha anche con la Regione, i 10.500.000 euro per le cure domiciliari. Quello che posso dire a tutto il Consiglio, al mio Gruppo, ma anche ai Gruppi di Minoranza e l'opposizione di continuare sicuramente come Comune a batterci su questo fronte insieme, credo sia abbastanza condivisa all'unanimità, di impegnarci a verificare, a chiedere alla Regione Piemonte anche di rispettare la propria parte di copertura di competenza, quindi di ricordarsi anche la Legge 10/2010 che è stata adesso anche più volte citate negli interventi perché ricordiamoci che è stata fatta dalla Regione e attualmente non è mai stata attuata perché c'erano gli interventi di cure a livello professionale e non professionale, però comunque era una legge approvata da loro e non è stata mai in realtà attuata e questa è la prova del fatto che poi sono stati fatti anche ricorsi, come è stato detto, anche al TAR e al Consiglio di Stato. Quindi sicuramente è un impegno da parte del nostro Gruppo di Maggioranza e della CEE e continueremo a batterci su questo fronte e sicuramente raccogliamo anche le posizioni delle Minoranze e l'opposizione che su questo tema ci vedono concordi, tutto è condiviso, sollecitando appunto anche la Regione Piemonte ad impegnarsi su questo fronte perché ricordo che è anche uscita dal Piano di rientro, quindi secondo me adesso potremmo anche un attimo rivedere alcune delibere e parametri per favorire questi interventi. Grazie. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie a lei. Ho iscritta a parlare la Capogruppo Montalbano, prego. MONTALBANO Deborah Sì, grazie, Presidente. Ma, anche io mi associo ai ringraziamenti che i colleghi precedenti che sono intervenuti prima hanno già posto, quindi ringrazio tutti i presenti e anche i vari interventi. Quando sono stata eletta, circa due anni fa, nelle istituzioni il mio primo comunicato, che proprio era il primo comunicato, cioè non ne avevo mai scritto uno, quindi è stato anche abbastanza complicato, me lo ricordo, riguardava proprio questo tema perché si erano svolte alcune Commissioni; io all'epoca ero Presidente della IV Commissione, e quindi oggi sono andata a riprendermelo perché ho detto, va beh, dopo quasi due anni andiamo a vedere e così facciamo anche un budget in due anni di quello che è cambiato o peggiorato o migliorato insomma. Allora vi leggo il comunicato. Allora, il comunicato diceva questo, era il 30 settembre 2016: "Il Comune di Torino sta affrontando la criticità tramite lavori della IV Commissione Consiliare con un ordine del giorno e una mozione approvati dal Consiglio Comunale - che, ci tengo a precisare, riguardava diverse forze politiche - per riuscire ad ottenere dalle ASL e dalla Regione garanzia di continuità alle prestazioni domiciliari per persone non autosufficienti e sociosanitarie residenziali e semi residenziali per disabili minori. Procedere per continue proroghe non è rassicurante come dichiara la Regione che peraltro ha messo in discussione i diritti dei cittadini malati cronici, delle loro famiglie e dei lavoratori. La Conferenza Stato Regioni ha licenziato il testo della delibera relativa ai nuovi LEA al momento all'attenzione delle Commissioni Parlamentari. In caso di sua approvazione si correrebbe il rischio che le prestazioni di cura non vengano più coperte finanziariamente con fondi sanitari e quindi la loro erogazione subordinata integralmente e non solo relativamente al 50% della spesa come oggi, alla valutazione della condizione economica del nucleo familiare effettuata sulla base dell'ISEE. Attualmente le liste di attesa dell'ASL e della sola Città di Torino superano i 10.000 malati che hanno necessità di una presa in carico e di interventi per poter essere assistiti al proprio domicilio. L'interesse di quest'Amministrazione cittadina, in piena solidarietà con le realtà sociali e le azioni da loro promosse, è di preservare i diritti delle fasce deboli ed impegnarsi a contrastare con l'attività istituzionale il proseguimento dell'iter negativo che la Regione Piemonte porta avanti mettendo a rischio tutti i servizi territoriali". Passati i due anni, se faccio un quadro di ciò che è cambiato non è cambiato nulla. Si procede con successive continue proroghe, fra l'altro sempre poi all'ultimo, quindi quando siamo alla scadenza dei termini e quindi tutti che ci si preoccupa, le parti sociali, la parte politica, si arriva lì, si fa un'altra piccola proroga e tanto il problema lo si rimette nel cassetto, perché poi dobbiamo anche dirci un po' le cose come stanno, se no facciamo i Consigli aperti, ci prepariamo questi bei discorsi e però poi tanto finito andiamo a casa e non è cambiato nulla, quindi io preferisco essere un po' più rude, però scusate. Non è partito il Tavolo della Regione che a me risulti con il Governo rispetto alla delibera sui nuovi LEA, quindi è tutto fermo anche lì e i diritti delle fasce deboli dei cittadini sono sempre in un cassetto. E certo è che come IV Commissione abbiamo chiesto ripetutamente, parliamo anche un po' degli assenti, scusate, non si dovrebbe parlare di chi non c'è, però ad un certo punto... Abbiamo chiesto ripetutamente al dottor Alberti e alla Regione di poter visionare, credo che sia nel diritto di tutti, le liste di attesa aggiornate perché io i dati che vi ho esposto che scrivevo due anni fa sono comunque dei dati che fanno riferimento al 2014. Quante sono le famiglie oggi in lista d'attesa, qualcuno di voi lo sa? E non siamo riusciti neanche ad avere queste liste aggiornate e mi spiace, mi spiace, io ricordo le ripetute sollecitazioni in IV Commissione davanti al dottor Alberti che addirittura si era preso l'impegno di inviarci poi tramite mail a tutti i Consiglieri queste liste d'attesa, ricordo le sollecitazioni scritte dalla Consigliera Artesio, ma anche parte del PD sotto questo fronte, insomma c'è stato anche un lavoro che ha accomunato tutte le forze politiche perché sono dei dati; se vogliamo ragionare ad oggi su quella che è la situazione attuale dobbiamo avere i dati aggiornati perché molto probabilmente queste liste d'attesa non vengono messe a disposizione delle forze politiche a tutti i livelli perché forse, forse c'è qualcosa da nascondere, forse, forse i 10.000 di due anni li abbiamo superati da un pezzo e visto che oggi la Sanità, adesso mi scuseranno i colleghi, però io ogni qualvolta sento parlare della Regione e di Sanità parliamo di eccellenze, eccellenze che insomma sembra un po' che ormai vanno a filo diretto con l'Urbanistica, penso al Parco della Salute, noi parliamo di eccellenze che sono delle eccellenze poi, per carità, magari anche utili, però quando manca la base non si riesce a rispondere a queste di esigenze e poi sento parlare di eccellenze sanitarie perché dobbiamo fare una maxi, megastruttura, che tra l'altro prevederà anche un cambio dei posti letto, allora insomma c'è qualcosa che non va e se questa è l'eccellenza nazionale sanitaria io mi preoccupo e mi preoccupo gravemente e devo però, perché ci tengo, ci tengo, devo comunque sottolineare che da parte dell'Assessore di riferimento della IV Commissione ancora ad oggi, poi magari è sfuggito a me, ma io una posizione forte, dura anche solo nella richiesta delle liste d'attesa non l'ho mai vista. Io credo che la Città di Torino e gli Assessori preposti che fanno riferimento a questi temi devono sollecitare la Regione, la Città deve avere un ruolo che vada a spronare il livello regionale, invece purtroppo, lo dico, purtroppo vedo molto silenzio, vedo molto accomodarsi, vedo molto evitiamo di, non creiamo troppi problemi, cioè vedo molto un atteggiamento che è debole, è debole. Oggi è la ricorrenza della morte di un uomo che io ritengo essere un grandissimo uomo, Aldo Moro, probabilmente quando lui è stato assassinato io non ero neanche nata e probabilmente se io avessi vissuto quegli anni credo che insomma la mia parte politica non sarebbe stata quella di Aldo Moro, ma io sarei stata più verso Togliatti, Gramsci, eccetera, però stamattina andando insomma a riguardarmi alcuni interventi di Aldo Moro, alcune documentazioni e pensando a questo Consiglio ho estrapolato delle dichiarazioni di Aldo Moro, perché poi su questo dissento invece dalla Consigliera Artesio, io invece credo che la politica possa davvero fare tanto se la politica fa la politica, il problema è che io, per prima, io credo che la politica abbia perso la sua forza di propulsione perché la politica non ha più una visione, perché oggi la politica non è la vera politica e allora ho detto, portiamo un po' di vera politica a questo Consiglio Comunale. Aldo Moro diceva nel 1976 durante le elezioni politiche la visione, quanti anni sono? 50 anni fa credo circa. Diceva: "Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera se non sorgerà un nuovo senso del dovere". Tutta un po', diciamo così, la forza politica, la visione politica di questo grande uomo si muoveva intorno ad una frase e la frase era questa: "La persona prima di tutto" e attenzione Aldo Moro quando diceva "la persona prima di tutto" voleva dire che la politica doveva rispondere alle persone ancora prima che ai cittadini, faceva un distinguo fra la persona e il cittadino. E poi concludeva così, diceva: "Quando e se lo Stato non riuscirà più a riconoscere e garantire i diritti della persona, allora quello sarà il giorno della fine dello Stato democratico", 50 anni fa, 40 anni fa. Direi che è attualissimo, attualissimo. Adesso il mio intervento sarebbe dovuto passare a quelle che erano le richieste da fare, però l'Assessore Saitta non è presente, il dottor Alberti non è presente, l'Assessora Schellino non è presente, io non sono abituata a fare richieste alle sedie vuote e quindi concludo qui il mio intervento. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie. Ho ancora iscritto a parlare il Consigliere Iaria, prego. IARIA Antonino Grazie. Anche io mi associo al ringraziamento per tutti gli interventi. Io, scusate se tengo una linea un po' più pratica, pragmatica e mi riferisco alle cose che ho sentito negli interventi molto interessanti, molte anche che chiaramente provano anche a dare delle soluzioni che, come è stato anche già detto da altri miei colleghi hanno una difficile soluzione proprio perché abbiamo un problema come Enti Pubblici a tutti i livelli che deve confrontarsi con una carenza di risorse; quindi non stiamo a raccontare tutto questo tipo di problematica perché la conosciamo, abbiamo però, come posso dire, se posso dire anche sentendo l'ultimo intervento, un bisogno di smetterla di mettere, di confondere le visioni con le illusioni e se vogliamo risolvere i problemi forse confondere queste due parole non aiuta, quindi quando si parla di visione è un concetto molto interessante, ma quando si parla di illusioni si crea un problema verso i nostri referenti, che sono i cittadini, illudendoli che le soluzioni siano semplici. Oggi ho sentito dire anche da alcuni intervenuti, si sono anche proposte soluzioni tipo anche guardando altre Regioni, l'ipotesi del dottor Assandri riguardante anche la possibilità, come dire, di usare il fondo della Regione, usandolo sempre con la stessa cifra, ma facendo compartecipare i cittadini, è interessante, però c'è un piccolo particolare, nella descrizione di questa proposta che le altre Regioni fanno si è dimenticato un piccolo passaggio, noi stiamo chiedendo a delle persone che hanno questi diritti, stiamo chiedendo di dare un contributo e questo è sbagliato, se uno ha un diritto ha un diritto, quindi bisogna trovare altre soluzioni. Devo dire che come il Comune di Torino, anche se non è presente l'Assessora Schellino che è a Roma ad una conferenza ANCI sui temi legati alla sua delega e non sono presenti nemmeno gli altri interlocutori, e non so il motivo, io ho detto il motivo per cui non è presente l'Assessora Schellino, non so il motivo per cui non sono presenti gli altri, è difficile anche fare questo tipo di discorso perché come hanno già detto anche altri miei colleghi è importante avere un'interlocuzione con le persone di riferimento e non capisco nemmeno perché si sono sottratti ad un confronto, perché non si viene qui a giudicare perché tutti gli Enti, come abbiamo detto prima, gli Enti Locali hanno problemi a gestire le loro complessità con poche risorse, però il confronto minimo si poteva garantire. Devo dire come Comune di Torino, l'ha già detto..., non lo dico io come Consigliere Comunale, non lo dico qui con poca esperienza, cioè poco tempo come Presidente della IV Commissione, però a detta anche di altri intervenuti l'Assessora Schellino è stata sempre presente, ha sempre ascoltato e ha portato avanti anche delle tematiche insieme anche alle associazioni qui presenti. Quindi non so, la nostra parte la stiamo facendo, adesso abbiamo ancora delle mozioni, poi diremo appunto chiaramente saremo favorevoli, ma lo diremo dopo, però la nostra parte politica la stiamo facendo, ogni Ente Locale chiaramente ha le sue responsabilità, noi stiamo cercando di lavorare in un'ottica condivisa da tutto il Consiglio Comunale nel poter andare a tenere, come dire, un'attenzione molto focalizzata su questi problemi e anche facendo pesare il fatto che Torino è sempre stata un po' una promotrice di livelli alti sia di assistenza, sia anche su questi temi sempre anche come proposte innovative e quindi sono contento che il Comune di Torino si fa ancora portatore di questa voce negli altri Enti che hanno chiaramente le loro competenze e responsabilità. Grazie. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie. Giusto per precisare, io ovviamente ho invitato tutte le persone, tutti quelli che sono stati..., le persone che hanno deciso la Conferenza dei Capigruppo, alcune persone hanno deciso di non partecipare legittimamente, era solo per chiarire che io ho invitato tutti, poi qualcuno ha preferito non partecipare al Consiglio. Prego, Consigliera Canalis. CANALIS Monica Sì, grazie, Presidente, grazie anche a tutti coloro che oggi sono intervenuti in questa sede su questo tema. Io ad integrazione degli interventi che mi hanno preceduta vorrei fare una precisazione su quello che noi oggi concretamente come Consiglio Comunale, come Comune di Torino possiamo fare perché oggi qui non siamo in Regione, ma siamo in Comune e quindi dobbiamo capire qual è il nostro perimetro di azione. Dopo voteremo anche alcuni atti che specificano alcune proposte, in particolare chiederemo che vengano forniti dei dati precisi su queste liste d'attesa, però credo che il perimetro di azione dell'Amministrazione non possa assolutamente esaurirsi a questa richiesta, il dialogo con gli altri enti, con la realtà amministrativa e sovrastanti è fondamentale, ma nei termini dell'assunzione di responsabilità prima di tutto dobbiamo capire quello che noi Consiglieri Comunali, Assessori Comunali, Sindaco possiamo fare. Io provo a dirlo in tre punti per non rubare ulteriore tempo che oggi è convenuto qua. Il primo punto, quello che il Comune può allocare sul welfare, questo è in capo esclusivamente al Comune, non è una responsabilità della Regione e cito i dati: consuntivo del 2016, la spesa del Comune, quindi esclusi i trasferimenti dallo Stato e dalla Regione, è stata di 41.252.650 euro per il welfare; previsionale 2018, 38.915.451 euro, quindi noi abbiamo una riduzione di 2.337.000 euro di spesa comunale, quindi esclusi i trasferimenti dallo Stato e dalla Regione, per il welfare. C'è stato detto che questa riduzione della spesa è dovuta a una variazione, quindi una riduzione del bisogno su due voci, la prima voce è quella del minori e l'altra è quella delle prestazioni sociosanitarie sulla domiciliarità, l'RSA e l'assistenza diurna. Allora, capiamoci bene, è evidente che non c'è una riduzione del bisogno sulla domiciliarità, l'RSA e l'assistenza diurna perché stiamo parlando di migliaia, decine di migliaia di persone che nel nostro territorio oggi hanno questo bisogno insoddisfatto. Perché è stato possibile darci questa risposta? Perché sul sociosanitario la quota comunale viene messa nel momento in cui viene attivata la quota sanitaria. Allora, se le ASL non attivano la quota sanitaria il Comune ha buon gioco a non mettere la propria parte e quindi a giustificare la riduzione della spesa sul welfare dicendo che c'è un minor bisogno, però questa non è un'assunzione di responsabilità. Allora, anche alla luce delle molteplici battaglie che noi abbiamo fatto in questi due anni e che esulano dall'oggetto odierno sulle risorse IPAB noi chiediamo che quantomeno venga ripristino il livello di spesa comunale per il welfare del 2015 quantomeno e che non ci si nasconda dietro alla minore attivazione da parte delle ASL, cioè noi come Comune perlomeno facciamo la nostra parte soprattutto in una congiuntura che io definisco favorevole perché dallo scorso anno a quest'anno c'è stato un notevole incremento di trasferimenti soprattutto dallo Stato per il welfare, quindi in un momento in cui per una congiuntura favorevole riceviamo più soldi dallo Stato non cediamo su quello che compete a noi. Secondo punto, in questo momento c'è un aumento di costruzione o di messa a disposizione di strutture RSA sul territorio del Comune di Torino. Questo momento è avvenuto prevalentemente su spinta e Governo del Comune di Torino, quindi dietro una regia pubblica. C'è però il rischio che si esca da una virtuosa e positiva programmazione comunale e che si passi ad una sorta di vero e proprio business sulle RSA che noi reputiamo essere un rischio visto che la materia è così delicata e così importante, si passi quindi ad un rischio di business sulle strutture per gli anziani e per le persone non autosufficienti. Laddove in altre parti del Piemonte è stato messo a disposizione un maggior numero di posti si è creata una concorrenza sul prezzo e quindi anche una concorrenza al ribasso sulla qualità del servizio offerto. Allora, noi facciamo un richiamo perché si continui a governare fortemente da parte del pubblico questa situazione, che non sia solo il mercato a definire l'offerta, ma che ci sia una forza del Comune nel gestire questo aumento di posti, un aumento di posti che viene incontro ai bisogni, ma che può sfuggire di mano. Quindi, in questo momento è soltanto un monito, ma a breve potrebbe essere un richiamo, quindi qualcosa di molto più grave di un monito. Il terzo punto riguarda la specificità del Comune di Torino che sappiamo essere da molti anni un'eccellenza nazionale, forse una delle poche città in Italia che ha ancora un modello di presa in carico delle persone non autosufficienti. Sappiamo che il tema degli assegni di cura è ancora in proroga, quindi chiediamo a chi rappresenta il Comune di Torino nei Tavoli in cui questi assegni di cura vengono prorogati di rappresentare il Comune con forza e anche con delle scadenze che diano modo di effettuare una programmazione più certa e più rassicurante per tutte le persone che beneficiano di questi assegni, anche tenendo conto del fatto che se si fa solo una proroga di fatto il numero degli assegni andrà a diminuire nel tempo perché non ci sarà un aggiornamento rispetto al bisogno. Quindi, il pericolo è che un modello come quello torinese che è all'avanguardia in Italia vada spegnendosi se cala la nostra attenzione. Quindi ricapitolo i tre punti: spesa comunale per il welfare; attenzione sull'offerta di RSA nel territorio del Comune e attenzione sugli assegni di cura torinesi. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie. Ho iscritto a parlare il Capogruppo Tresso, prego. TRESSO Francesco Grazie, Presidente. Ma, io intervengo brevemente quasi più per unirmi ai ringraziamenti di chi ha promosso questo Consiglio e di tutte le parti che sono intervenute che hanno apportato al dibattito un contributo che reputo interessante, anche se il quadro che viene delineato è assai triste. In questo senso mi sembra di dire che emerge, che ci sia una concezione proprio da contrastare, che forse è una concezione che sta permeando anche a livello delle politiche non solo locali, ma anche nazionali, che è quello di dare alla sanità una idea che si debba occupare solo della fase patologica acuta, mentre invece poi tutto quello che riguarda la cronicizzazione delle patologie e i problemi oggi emersi molto, molto chiaro della tragicità della non autosufficienza e viene poi risolto diversamente e in questo diversamente si apre poi tutto un perimetro molto ampio in cui i criteri sperequativi sono, ahimè, variegati e portano poi tutta una serie di situazioni drammatiche sotto il profilo della solitudine, delle incapacità di potersi far carico di queste situazioni. Ancora oggi è stato richiamato in maniera molto netta e forte come comunque un modello che questo territorio aveva saputo costruire che rappresentava davvero un'eccellenza che come è stato detto era stato anche replicato e ricostituito oggi venga meno e quello che viene meno purtroppo è proprio il diritto alla cura, ma direi più in generale un diritto alla dignità. La mia riflessione, che è molto, molto banale, è solo questa e viene fatta da un rappresentante di una forza politica minore, da una lista civica che qui rappresenta l'Opposizione, ma in un frammento di quello che è il panorama politico, ci apprestiamo comunque ad avere delle scadenze elettorali importanti, in particolare il prossimo anno a livello regionale, ecco perché questi temi non si dimenticano, è il mio appello, ma vengano riproposti con forza in occasione delle campagne politiche che ciascuno di noi e apprezzando anche lo spirito di diciamo unitarietà che ha caratterizzato oggi questo Consiglio e di condivisione dell'approccio a queste tematiche, anche nel marcare le responsabilità della mancanza di risposta, delle assenze che oggi tutti lamentiamo, bene, ricordiamocene tra un anno e tutti quanti, ognuno per la sua parte politica ponga questi temi con forza nei programmi elettorali e negli obbiettivi che tutti noi vogliamo raggiungere. Grazie. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie a lei. C'era l'Assessore Unia che voleva intervenire, prego. UNIA Alberto (Assessore) Grazie, Presidente. Ringrazio tutti, vi ringrazio per essere venuti qui ad esporci il tema. Solo per rispondere, io rappresento la Giunta, quindi non è che non ci sia la Giunta, la Giunta è presente rappresentata da me; oggi, come diceva prima il Consigliere Iaria, l'Assessora Schellino è a Roma per un incontro in ANCI a parlare proprio di reddito di inclusione, di povertà, quindi non poteva fare diversamente. Riporto una piccola nota che la Giunta comunque e l'Assessora Schellino anche nel suo ruolo di Presidente della Conferenza sociosanitaria ha sistematicamente ribadito la richiesta di tutela della salute dei cittadini non autosufficienti in capo alla Sanità, anche richiedendo un aumento delle attuali prese in carico rispetto ai bisogni. La Città ha altresì richiesto separatamente alla Regione l'apertura di specifici di Tavoli di confronto condividendo tale richiesta anche con l'ANCI. Ad oggi non è stata ancora data nessuna risposta da parte della Regione. Come Comune io sono certo, anzi sicuro che stiamo veramente facendo quanto possibile, però ci impegneremo ancora anche alla luce di quanto discusso oggi qui e la discussione è stata proprio anche per..., mi farò carico personalmente di riportare quanto detto qui in quest'Aula all'Assessora Schellino e alla Sindaca, quindi soltanto per dirvi che la Giunta è presente, molto presente, e che siamo qui proprio per ascoltarvi e per andare avanti con un discorso insieme e siamo molti sensibili al tema. Ho notato che questo tema è molto caro non solo alla Giunta, ma anche ad alcuni Consiglieri presenti. Mi verrebbe da dire, sfido chiunque a dire "non mi tocca una cosa di questo tipo". Non sto qui a raccontarvi le mie questioni personali perché non è il luogo, magari in privata sede potrei raccontarvele, però vi posso assicurare che so di cosa state parlando, ecco. Quindi vi ringrazio ancora e vi auguro che tutti insieme riusciamo a portare avanti questa battaglia. Grazie. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie. Capogruppo Magliano, prego. MAGLIANO Silvio Sì, grazie, Presidente. Il mio intervento in coda è soltanto per provare a tirare un po' le fila di quello che è accaduto oggi. Io mi rendo conto che quando si parla di questo in teoria siamo tutti d'accordo, poi ci devono essere degli atti concludenti, degli atti concludenti da parte della Regione come da parte della Città e mi pare che comunque, e devo ringraziare la Consigliera Artesio, un atto già è accaduto, erano anni che si diceva che avremmo dovuto fare un Consiglio aperto ascoltando le associazioni, ascoltando le associazioni familiari che spesso venivano ascoltate o dall'Assessore di riferimento o l'Assessore di turno regionale o comunale, ma sempre dentro una trattativa rispetto alle risorse, poi io so benissimo che l'Assessora Schellino da questo punto di vista è assolutamente attenta, chiaro è che plasticamente il fatto che ci fosse anche l'Assessore al bilancio da una parte è un segnale positivo, dall'altra parte però non possiamo ricondurre questo problema solo ad una questione di costi, perché questo è uno dei temi che ci siamo sentiti dire spesso come mondo del volontariato, di cui nel restante della mia vita ne faccio parte, che era una questione di risorse. Invece a mio giudizio su questo dovremmo fare una riflessione e ripartire da oggi insieme, c'è il tema dei 200 milioni delle IPAB, c'è il tema delle liste d'attesa, liste d'attesa che sono tanto gravi sul tema di cui discutiamo oggi, ma come anche quello dei trasporti, penso ai buoni taxi, cioè noi non possiamo pensare che a suon di attendere i problemi si risolvano, ma che da oggi invece possa cambiare l'atteggiamento perché io penso, questo lo dico veramente in modo molto, molto onesto politicamente, io penso che l'attuale maggioranza di governo in questa Città abbia la sensibilità per capire come muoversi anche insieme alla Regione da questo punto di vista, perché io sono anche un po' stufo che tutte le volte che passano gli anni io continuo a vedere i nostri servizi ai quali la Regione scarica sempre qualcosa un po' addosso e scarica sempre un po' addosso. Questo ci poteva stare quando non c'era un Piano di rientro; benissimo, siamo commissariati, o è così o salta tutto, però adesso quel Piano di rientro non c'è più e già il fatto che un Assessore Regionale piuttosto che un Direttore Generale decida che in Comune a Torino non può venire perché se no dovrebbe andare in tutti i comunelli, allora dovremmo raccontare a questo Assessore il turismo sociosanitario di cui Torino si fa carico, se proprio dobbiamo dirla veramente, perché poi alla fine quando hai un bisogno dove vai? Cerchi di andare nel posto in cui tendenzialmente una risposta ti viene data ed è inaccettabile che su una cosa di questo tipo uno decida di rimanere nella sua turris eburnea e non scendere in mezzo alla vita di tutti i giorni che è quella che i nostri uffici, servizi sociali, che chiunque di noi è costretto e anzi, noi per scelta dobbiamo affrontare. Per cui io penso, Presidente, vado alla conclusione, che quello di oggi mi auguro che inauguri una stagione in cui alla fine ci sia un'alleanza dove a guidare questa alleanza non è più solo ed esclusivamente una visione politica, una visione ragionieristica, ma l'esperienza di chi ha parlato prima. Io, per una questione personale ho dovuto assentarmi, ma molti degli interventi che ho sentito e che abbiamo condiviso in questi anni però dicono che forse se iniziassimo ad impastarci un po' di più, cioè iniziassimo a dire ai nostri dirigenti: "Di che cosa avete bisogno?" e pensare che sulla pelle delle persone non autosufficienti non c'è Regione che è governata in un modo e Comune governato in un altro, forse rimettendo al centro la persona qualcosa cambia perché il vero problema e concludo veramente è qual è l'idea di persona che abbiamo, perché se la persona appena diventa paziente, di colpo diventa paziente e quindi i soldi, non ne usciamo più anche perché i dati demografici, amici miei, dicono che questo problema aumenterà e basta, perché il paese demograficamente non regge più, l'anfora sta diventando la piramide rovesciata, se una volta eravamo pochi anziani e tanti giovani che potevano sostenere il welfare lavorando, oggi siamo nella fase dell'anfora perché abbiamo ancora il periodo di baby boom tendenzialmente i prossimi 30 anni, lo sta dicendo l'ISTAT, quindi o iniziamo a ripensare il sistema e ripensare il sistema non vuol dire cerchiamo di andare solo ed esclusivamente sul mercato perché col mercato facciamo delle economie di scala più efficienti, perché alcune economie di scala le abbiamo viste nelle nuove RSA che hanno aperto, cioè voglio dire l'economia di mercato che ad un certo punto tu dici il paziente lo lavo due volte al giorno, una volta al giorno perché devo stare in una gara di appalto. Per cui io non so come, però la cosa che invece io penso che si possa fare da oggi in poi onde scongiurare per quanto poi io penso che il tema della class action ad un certo punto fin quando vuoi usare degli strumenti civili usi quelli, poi c'è il resto e tante volte mi raccontano di storie di madri che non ne possono più, per cui vanno ben oltre quella che potrebbe essere una class action, però io penso che da oggi e ho concluso veramente, Presidente, si possa pensare un momento permanente in cui tutte le forze politiche invece che mettere al centro il colore o l'appartenenza, mettano al centro la persona più che l'utente e il paziente, affermando l'unico principio, si citava Moro prima, su cui invece abbiamo costruito un grande paese di cui Moro è stato statista che stava su un solo principio, che diceva che era più forte quello che ci univa rispetto a quello che ci divideva. Io mi auguro che ci unisca molto di più questo tema rispetto ai tanti motivi per cui abbiamo voglia e necessità e dovere di dividerci. Su questo no. Grazie. VERSACI Fabio (Presidente) Grazie. Io prima di ringraziare..., ringrazio tutti gli ospiti; adesso sospenderò il Consiglio tre minuti per dare la possibilità agli ospiti di uscire dall'Aula e noi possiamo precedere con l'Ordine del Giorno; li ringrazio per la partecipazione, ringrazio anche i colleghi e sicuramente ci saranno altre occasioni per confrontarci, ne sono sicuro. |