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Estratto dal verbale della seduta di Martedì 10 Aprile 2018 ore 10,00
Paragrafo n. 5
DELIBERAZIONE (Giunta: proposta e urgenza) 2018-00759
NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DOCUMENTO UNICO DI PROGRAMMAZIONE (DUP) - PERIODO 2018-2021 (ARTICOLO 170, COMMA 1, DEL D.LGS. N. 267/2000). APPROVAZIONE.
Interventi
ARTESIO Eleonora
Grazie. Quando è iniziata, nelle Commissioni, la discussione in ordine al bilancio di
previsione 2018, avevo esplicitamente chiesto all'Assessore referente quali fossero i
margini di agibilità politica non solo delle minoranze, ma di tutto il Consiglio Comunale
rispetto ad una previsione finanziaria che aveva scontato una via libera al percorso da
parte della Corte dei Conti e che quindi scontava anche delle rigidità e dei vincoli. Ho
concluso il lavoro nelle Commissioni per arrivare a quest'Aula con la convinzione che il
2018 è un anno in cui non c'è agibilità politica non solo per le minoranze, ma nemmeno
per il Consiglio Comunale. Siamo di fronte quindi ad uno strumento finanziario
sostanzialmente e fortemente ingessato, dal punto di vista politico il giudizio sintetico è
che se il 2017 era l'anno in cui si sarebbero dovute ascrivere le non scelte ai vincoli
imposti dal bilancio della Giunta Fassino, il 2018 è l'anno in cui si devono ascrivere le
non scelte dovute ai vincoli imposti dalla Corte dei Conti, confidiamo nel 2019, ma
l'Assessore ieri ci diceva già che il 2019 sarà l'anno sicuramente più difficile, in modo
particolare per quello che riguarda il ricorso alle politiche di investimenti e la possibilità
di contrarre mutui. Detto questo, di fronte alla difficoltà di entrare nel merito
all'orientamento di alcune voci di spesa nonostante i lodevoli sforzi che con i colleghi
abbiamo scambiato attraverso atti di accompagnamento al bilancio, forse non sarebbe
stato impossibile avviare nel 2018 almeno un profilo politico pubblico di questa
Amministrazione relativamente a tutta la tematica della finanza degli Enti Locali e al
rapporto tra le autonomie locali e il bilancio dello Stato, perché i vincoli nei quali si
trovano ad operare, non il Comune di Torino, ma tutte le amministrazioni comunali a
seguito di precise scelte che discendono da politiche nazionali e da obbedienza a
compatibilità europee, sono diventate ormai per tutte le amministrazione esplicitamente
insostenibili e ci sono amministrazioni che cercano di avviare delle strade intanto di
alfabetizzazione del proprio riferimento territoriale, della propria cittadinanza sui temi
del bilancio affinché la comprensione renda la cittadinanza partecipe di un'operazione
di messa in discussione di quei vincoli fondamentali e di possibili alternative a quei
vincoli; cito per tutti il caso del Comune di Napoli a cui rimanderei soprattutto per la
lettura dei volantini che sono diffusi nell'ambito scolastico e che spiegano come il dover
onorare un debito ingiusto possa produrre soprattutto nei servizi educativi delle
significative riduzioni incolpevoli dal punto di vista dell'Amministrazione Comunale
che le deve praticare, ma che potrebbero essere significativamente parte di un'iniziativa
politica intesa in senso nobile e in senso lato ovvero di partecipazione della popolazione
alla consapevolezza dei proprio strumenti finanziari. Guardate che se oggi sembra un
racconto anacronistico sul quale magari qualcuno che pure arriva dalla mia stessa storia
potrebbe anche sorridere, fu esattamente quello che fece il Sindaco Novelli negli anni
80 quando ricostruendo il tema dell'autonomia finanziaria del Comune di Torino, che
peraltro aveva ritrovato in situazioni difficili tanto quanto le amministrazioni che si
erano succedute, costruì proprio, attraverso il lavoro dei bilanci nelle Circoscrizioni, una
consapevolezza pubblica sul tema dei vincoli della finanza e una capacità di
contrattazione con livelli nazionali superiori alle amministrazioni precedenti. Quindi
non stiamo inventando nulla di eversivo e non stiamo neanche proponendo nulla che
non sia già stato fatto, che non sia in pratica in altri livelli amministrativi. Devo dire che
c'è una mozione presentata dalla maggioranza che accompagna il documento
finanziario che sembra avviare questo tipo di percorso sia pure in una forma devo dire
molto da doppio petto, di rapporti istituzionali per i quali si chiede all'ANCI di
intervenire affinché vengano fatti passi verso il governo, credo che l'orientamento sarà
di sottoscrivere per quel che mi riguarda quella mozione di accompagnamento, però
vorrei richiamare qui gli elementi di gravità che rendono una mozione ancora
insufficiente. Intanto cominciamo da un fatto incontrovertibile, a Torino negli ultimi 10
anni sono atterrati il 49,2% di meno di contributi statali e questo è un dato di fatto e la
diminuzione dei trasferimenti da parte dello Stato non può essere contemperata dalla
capacità impositiva di un'Amministrazione Comunale soprattutto in un ambito
territoriale che tutti riconoscono essere connotato da una situazione di crisi economica
significativa, di una questione settentrionale significativa che espone particolari fasce di
popolazione a rischi di vulnerabilità, di fronte ai quali un'Amministrazione responsabile
cerca di contenere la caduta in disagio attraverso riduzioni di politiche tariffarie o di
gravame tributario. Questo dato, è un dato particolarmente significativo per tutti i
Comuni, ma io lo voglio citare in modo particolare per Torino per fare due operazioni:
uno, spiegare la specificità torinese; due, rendere anche un po' di giustizia che onestà
intellettuale pretende a questo continuo rimpallarsi di responsabilità tra amministrazioni
successive e amministrazioni precedenti perché bisogna dire che se la Città di Torino è
stata, in quello che viene chiamato indice di indipendenza nei confronti dello Stato in
linea con le altre città più o meno fino al 2008, parlo di città comparabili con
popolazione superiore a 500.000 abitanti, abbiamo avuto dei picchi particolarmente
favorevoli nel rapporto con lo Stato, dal 2008 al 2011, che hanno portato l'indice di
dipendenza della Città di Torino al 32% per poi crollare negli anni successivi e in modo
particolare negli anni dell'Amministrazione Fassino. Lo dico con un dato sintetico:
l'Amministrazione di Chiamparino beneficiava di trasferimenti da parte dello Stato
equivalenti a 319 euro per ogni cittadino per ogni anno; l'Amministrazione Fassino si è
fermata sotto i 100 euro l'anno per ogni cittadino. Questo non giustifica l'aspetto
politico delle scelte dell'Amministrazione precedente, evidentemente detto da una
persona che si è rappresentata politicamente in maniera alternativa, ma certo non può
essere dimenticato nel momento in cui si ricostruisce storicamente l'andamento di un
bilancio e si definiscono anche i giudizi sulle operazioni che sono state compiute nel
passato, Operazioni che ci rappresentano il tentativo di stare a galla in un quadro in cui
l'andamento del debito del Comune di Torino è significativamente preoccupante, non
solo quello che l'Assessore Rolando nella sua relazione di ieri ha citato, cioè la
restituzione dei mutui contratti che andando per spese di investimento sono anche
caratteristici di attività svolte per qualificare la Città, secondo le ipotesi di sviluppo che
chi governava proponeva, ma non soltanto per sanare le relazioni tra l'Amministrazione
e le proprie partecipate, in particolare Infra.To e GTT, ma anche per altri due elementi
che io voglio introdurre nella mia relazione, uno è l'onere dei derivati rispetto alle
relazioni con i mutui, quindi i mutui vanno considerati nella loro dimensione di mutui
esenti da derivati o mutui con derivati sottostanti e gli interessi che vengono restituiti
per le anticipazioni di liquidità e per le anticipazioni di cassa. Se noi aggiungiamo questi
due elementi alla condizione della quota annua di restituzione dei mutui che l'Assessore
Rolando ci richiamava, la condizione del debito del Comune di Torino è molto
significativa, quasi 4 miliardi di euro, ma oltre ad essere significativa in termini assoluti,
cioè come onere economico, se noi volessimo liquidare magicamente oggi i derivati
questo sarebbe un importo che grava sulla condizione di restituzione e considerando le
quote e i tassi di interesse con i quali restituiamo le anticipazioni di liquidità e di cassa,
l'insieme di questo gravame comporta un vincolo sulla spesa corrente del 25% della
spesa corrente, cioè qualunque Amministratore di questa Città al primo gennaio di ogni
anno finanziario sa che dovendo scegliere le opzioni politiche per servizi e prestazioni
deve accantonare un quarto delle risorse del Comune di Torino esclusivamente ad
onorare il debito, quindi la facoltà politica di qualunque Amministrazione si esercita su
tre quarti del bilancio. Ma chi sono i creditori della Città di Torino? Io li cito
velocemente: San Paolo; Cassa Depositi e Prestiti; Unicredit; Banca Dexia; Deutsche
Bank; Monte dei Paschi; ABN Amro; JP Morgan; Banca Etica per una piccola quota.
Allora, l'insieme di questi interlocutori ha relazioni differenti con l'Amministrazione
Comunale: alcuni hanno relazioni regolate esclusivamente da mutui, altri hanno
relazioni regolate da mutui e da anticipazioni per liquidità o per cassa, altri hanno
relazioni regolate da BOC e mutui sottostanti. Ma questa relazione con soggetti così
diversi, che è avvenuta tra il 1998 ed oggi, perché questo è l'andamento del debito, ed è
un andamento che ci accompagnerà fino al 2030 e in qualche caso fino al 2036, vede i
rapporti nel pagamento degli interessi con un andamento che è del 4,8% di tasso di
interessi sui mutui a tasso fisso e del 4,7% sui mutui a tasso strutturato. Ciascuno dei
presenti che abbia avuto o abbia in corso delle contrattazioni con istituti bancari per
stipulare un'anticipazione ai fini dell'acquisto di una casa o di altre spese familiari e stia
contrattando il tasso di interessi, sa bene che 4,8 e 4,7 sono dei tassi di interesse
significativamente più elevati dell'andamento medio. Domanda: non è proprio possibile
contrattare questo tasso di interessi? La loro diminuzione comporterebbe un'entrata
sulle tasse del Comune che di gran parte solleverebbe l'opzione politica di scelta tra una
risorsa libera del sistema finanziario. Pare non sia possibile. Noi abbiamo calcolato che
se si dimezzasse questo tasso di interesse dal 4,7 al 2 e rotti per cento avremmo
un'entrata, cioè un'agibilità, non un'entrata, una maggiore agibilità di 30 milioni.
Dicono, non è possibile, perché il Comune si presenta in una relazione asimmetrica con
gli Istituti Finanziari perché il rating comunale non è particolarmente apprezzabile, ma
il rating è anche esso una valutazione di natura finanziaria, cioè coloro che ci valutano
sono coloro che contraggono i prestiti, sono coloro che applicano gli interessi. Forse
questa operazione potrebbe essere agevole a partire dal rapporto con la Cassa Depositi e
Prestiti vista la natura originariamente pubblica della Cassa Depositi e Prestiti e forse
potremmo cominciare, oltre che fare mozioni di accompagnamento al bilancio a mettere
in pratica l'Ordine del Giorno con il quale si chiedeva che il Comune di Torino
diventasse capofila nel percorso di ripubblicizzazione di Cassa Depositi e Prestiti o
forse potremmo trovare degli alleati in questo tentativo di rinegoziare i mutui. Chi
potrebbero essere gli alleati della Città di Torino? Ma i nostri accompagnatori,
sostenitori, coprogettatori di tutte le politiche educative, sociali, attive del lavoro: le
Fondazioni Bancarie. Noi siamo qua ogni anno, quando analizziamo i bilanci di questi
comportiamo a vanificare la generosità delle Fondazioni Bancarie che sostengono i
progetti della Città che diversamente non potrebbero essere più realizzati. Con tutto il
rispetto e con tutta la riconoscenza, sottolineo anche in Sala Rossa, dopo averlo detto in
altri contesti, che le Fondazioni Bancarie agiscono sulla base di missioni sociali, perché
questa è la loro natura, altrimenti non esisterebbero, le Fondazioni Bancarie nascono per
la loro natura di missioni sociali nel momento in cui con la Legge Amato sono stati
scissi gli istituti finanziari, trasformati in S.p.A. dalle Fondazioni Bancarie che hanno
questa vocazione di sviluppo territoriale, sono quindi del tutto compatibili col loro
mandato, però non sono i salti sociali del terzo millennio e quindi non essendo i salti
sociali del terzo millennio vorrei ricordare a tutti che partecipano degli Istituti Bancari
di riferimento: Fondazione Compagnia San Paolo all'8,7% del capitale di Intesa San
Paolo e Fondazione CRT ha una partecipazione del 2,5% del capitale di Unicredit.
Allora, queste fondazioni, che restituiscono gli utili delle loro banche, non certo tutti,
alla Città di Torino, perché ricordo che le Fondazioni Bancarie trasferiscono alla Città di
Torino rispettivamente, Compagnia San Paolo nell'ambito di una convenzione triennale,
16 milioni circa e CRT 2,5 milioni euro anno circa, forse potrebbero essere utili alleati
nel provare a rinegoziare con le banche di riferimento da cui le Fondazioni nascono, i
tassi di interesse. Tutto questo è possibile, e vado a concludere, se si volesse, così come
mi auguro si vorrà fare per negoziare il tasso di interesse più favorevole nella prossima
gara del tesoriere, tutto ciò se si fosse consapevole del fatto che oggi la politica vede
una stagione di soggezione alla finanza e che il fatto non è casuale. Il fatto non è
causale, anzi è molto probabile che, come molte analisi di economisti, per carità,
politicamente marcati sottolineano, che i creditori del debito pubblico sappiano
benissimo che i debitori, cioè i Comuni, le Province e le Regioni non saranno mai in
grado di concludere e onorare il loro debito, perché sono unicamente interessati al
protrarsi del debito e al protrarsi del versamento degli interessi, così come sono
interessati all'alienazione del patrimonio pubblico. Io vorrei ricordare un rapporto di
Deutsche Bank, fatto in sede di Commissione Europea, in cui si diceva, cito: "i Comuni
offrono il maggior potenziale di privatizzazione"; in una relazione presentata alla fine
del settembre 2011 al Ministero delle Finanze il patrimonio dei Comuni ha un valore
complessivo di 80 miliardi di euro, pari a circa il 5,2% del PIL, quindi un piano di
concessione potrebbe generare circa 70 miliardi di entrare. Deutsche Bank, non il piano
di alienazioni del Comune di Torino. Quindi forse in un anno in cui non si riescono a
fare scelte di bilancio si potrebbero fare scelte politiche, ma per fare scelte politiche,
cioè la rimessa in discussione del debito a partire da questa analisi della conduzione
iugulatoria del debito del Comune di Torino e della condizione di dipendenza
finanziaria delle autonomie locali, bisogna avere una visione politica. Cito anche io la
drammatica parola che in quest'Aula crea l'orticaria, della visione; altri vi chiedono una
visione strategica della Città, io vi dico forse occorre una visione politica; dalla mia
cultura politica vi dico questa è la critica al finance capitalismo di cui Luciano Gallino
ha scritto delle parole sagge, ma voi la visione politica non potete averla perché non
siete né di destra, né di sinistra e quindi abbiamo un bilancio che galleggia, galleggiava
nel 2017, galleggiava nel 2018, aspettiamo fiduciosamente il 2019.

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