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ARTESIO Eleonora Grazie. Quando è iniziata, nelle Commissioni, la discussione in ordine al bilancio di previsione 2018, avevo esplicitamente chiesto all'Assessore referente quali fossero i margini di agibilità politica non solo delle minoranze, ma di tutto il Consiglio Comunale rispetto ad una previsione finanziaria che aveva scontato una via libera al percorso da parte della Corte dei Conti e che quindi scontava anche delle rigidità e dei vincoli. Ho concluso il lavoro nelle Commissioni per arrivare a quest'Aula con la convinzione che il 2018 è un anno in cui non c'è agibilità politica non solo per le minoranze, ma nemmeno per il Consiglio Comunale. Siamo di fronte quindi ad uno strumento finanziario sostanzialmente e fortemente ingessato, dal punto di vista politico il giudizio sintetico è che se il 2017 era l'anno in cui si sarebbero dovute ascrivere le non scelte ai vincoli imposti dal bilancio della Giunta Fassino, il 2018 è l'anno in cui si devono ascrivere le non scelte dovute ai vincoli imposti dalla Corte dei Conti, confidiamo nel 2019, ma l'Assessore ieri ci diceva già che il 2019 sarà l'anno sicuramente più difficile, in modo particolare per quello che riguarda il ricorso alle politiche di investimenti e la possibilità di contrarre mutui. Detto questo, di fronte alla difficoltà di entrare nel merito all'orientamento di alcune voci di spesa nonostante i lodevoli sforzi che con i colleghi abbiamo scambiato attraverso atti di accompagnamento al bilancio, forse non sarebbe stato impossibile avviare nel 2018 almeno un profilo politico pubblico di questa Amministrazione relativamente a tutta la tematica della finanza degli Enti Locali e al rapporto tra le autonomie locali e il bilancio dello Stato, perché i vincoli nei quali si trovano ad operare, non il Comune di Torino, ma tutte le amministrazioni comunali a seguito di precise scelte che discendono da politiche nazionali e da obbedienza a compatibilità europee, sono diventate ormai per tutte le amministrazione esplicitamente insostenibili e ci sono amministrazioni che cercano di avviare delle strade intanto di alfabetizzazione del proprio riferimento territoriale, della propria cittadinanza sui temi del bilancio affinché la comprensione renda la cittadinanza partecipe di un'operazione di messa in discussione di quei vincoli fondamentali e di possibili alternative a quei vincoli; cito per tutti il caso del Comune di Napoli a cui rimanderei soprattutto per la lettura dei volantini che sono diffusi nell'ambito scolastico e che spiegano come il dover onorare un debito ingiusto possa produrre soprattutto nei servizi educativi delle significative riduzioni incolpevoli dal punto di vista dell'Amministrazione Comunale che le deve praticare, ma che potrebbero essere significativamente parte di un'iniziativa politica intesa in senso nobile e in senso lato ovvero di partecipazione della popolazione alla consapevolezza dei proprio strumenti finanziari. Guardate che se oggi sembra un racconto anacronistico sul quale magari qualcuno che pure arriva dalla mia stessa storia potrebbe anche sorridere, fu esattamente quello che fece il Sindaco Novelli negli anni 80 quando ricostruendo il tema dell'autonomia finanziaria del Comune di Torino, che peraltro aveva ritrovato in situazioni difficili tanto quanto le amministrazioni che si erano succedute, costruì proprio, attraverso il lavoro dei bilanci nelle Circoscrizioni, una consapevolezza pubblica sul tema dei vincoli della finanza e una capacità di contrattazione con livelli nazionali superiori alle amministrazioni precedenti. Quindi non stiamo inventando nulla di eversivo e non stiamo neanche proponendo nulla che non sia già stato fatto, che non sia in pratica in altri livelli amministrativi. Devo dire che c'è una mozione presentata dalla maggioranza che accompagna il documento finanziario che sembra avviare questo tipo di percorso sia pure in una forma devo dire molto da doppio petto, di rapporti istituzionali per i quali si chiede all'ANCI di intervenire affinché vengano fatti passi verso il governo, credo che l'orientamento sarà di sottoscrivere per quel che mi riguarda quella mozione di accompagnamento, però vorrei richiamare qui gli elementi di gravità che rendono una mozione ancora insufficiente. Intanto cominciamo da un fatto incontrovertibile, a Torino negli ultimi 10 anni sono atterrati il 49,2% di meno di contributi statali e questo è un dato di fatto e la diminuzione dei trasferimenti da parte dello Stato non può essere contemperata dalla capacità impositiva di un'Amministrazione Comunale soprattutto in un ambito territoriale che tutti riconoscono essere connotato da una situazione di crisi economica significativa, di una questione settentrionale significativa che espone particolari fasce di popolazione a rischi di vulnerabilità, di fronte ai quali un'Amministrazione responsabile cerca di contenere la caduta in disagio attraverso riduzioni di politiche tariffarie o di gravame tributario. Questo dato, è un dato particolarmente significativo per tutti i Comuni, ma io lo voglio citare in modo particolare per Torino per fare due operazioni: uno, spiegare la specificità torinese; due, rendere anche un po' di giustizia che onestà intellettuale pretende a questo continuo rimpallarsi di responsabilità tra amministrazioni successive e amministrazioni precedenti perché bisogna dire che se la Città di Torino è stata, in quello che viene chiamato indice di indipendenza nei confronti dello Stato in linea con le altre città più o meno fino al 2008, parlo di città comparabili con popolazione superiore a 500.000 abitanti, abbiamo avuto dei picchi particolarmente favorevoli nel rapporto con lo Stato, dal 2008 al 2011, che hanno portato l'indice di dipendenza della Città di Torino al 32% per poi crollare negli anni successivi e in modo particolare negli anni dell'Amministrazione Fassino. Lo dico con un dato sintetico: l'Amministrazione di Chiamparino beneficiava di trasferimenti da parte dello Stato equivalenti a 319 euro per ogni cittadino per ogni anno; l'Amministrazione Fassino si è fermata sotto i 100 euro l'anno per ogni cittadino. Questo non giustifica l'aspetto politico delle scelte dell'Amministrazione precedente, evidentemente detto da una persona che si è rappresentata politicamente in maniera alternativa, ma certo non può essere dimenticato nel momento in cui si ricostruisce storicamente l'andamento di un bilancio e si definiscono anche i giudizi sulle operazioni che sono state compiute nel passato, Operazioni che ci rappresentano il tentativo di stare a galla in un quadro in cui l'andamento del debito del Comune di Torino è significativamente preoccupante, non solo quello che l'Assessore Rolando nella sua relazione di ieri ha citato, cioè la restituzione dei mutui contratti che andando per spese di investimento sono anche caratteristici di attività svolte per qualificare la Città, secondo le ipotesi di sviluppo che chi governava proponeva, ma non soltanto per sanare le relazioni tra l'Amministrazione e le proprie partecipate, in particolare Infra.To e GTT, ma anche per altri due elementi che io voglio introdurre nella mia relazione, uno è l'onere dei derivati rispetto alle relazioni con i mutui, quindi i mutui vanno considerati nella loro dimensione di mutui esenti da derivati o mutui con derivati sottostanti e gli interessi che vengono restituiti per le anticipazioni di liquidità e per le anticipazioni di cassa. Se noi aggiungiamo questi due elementi alla condizione della quota annua di restituzione dei mutui che l'Assessore Rolando ci richiamava, la condizione del debito del Comune di Torino è molto significativa, quasi 4 miliardi di euro, ma oltre ad essere significativa in termini assoluti, cioè come onere economico, se noi volessimo liquidare magicamente oggi i derivati questo sarebbe un importo che grava sulla condizione di restituzione e considerando le quote e i tassi di interesse con i quali restituiamo le anticipazioni di liquidità e di cassa, l'insieme di questo gravame comporta un vincolo sulla spesa corrente del 25% della spesa corrente, cioè qualunque Amministratore di questa Città al primo gennaio di ogni anno finanziario sa che dovendo scegliere le opzioni politiche per servizi e prestazioni deve accantonare un quarto delle risorse del Comune di Torino esclusivamente ad onorare il debito, quindi la facoltà politica di qualunque Amministrazione si esercita su tre quarti del bilancio. Ma chi sono i creditori della Città di Torino? Io li cito velocemente: San Paolo; Cassa Depositi e Prestiti; Unicredit; Banca Dexia; Deutsche Bank; Monte dei Paschi; ABN Amro; JP Morgan; Banca Etica per una piccola quota. Allora, l'insieme di questi interlocutori ha relazioni differenti con l'Amministrazione Comunale: alcuni hanno relazioni regolate esclusivamente da mutui, altri hanno relazioni regolate da mutui e da anticipazioni per liquidità o per cassa, altri hanno relazioni regolate da BOC e mutui sottostanti. Ma questa relazione con soggetti così diversi, che è avvenuta tra il 1998 ed oggi, perché questo è l'andamento del debito, ed è un andamento che ci accompagnerà fino al 2030 e in qualche caso fino al 2036, vede i rapporti nel pagamento degli interessi con un andamento che è del 4,8% di tasso di interessi sui mutui a tasso fisso e del 4,7% sui mutui a tasso strutturato. Ciascuno dei presenti che abbia avuto o abbia in corso delle contrattazioni con istituti bancari per stipulare un'anticipazione ai fini dell'acquisto di una casa o di altre spese familiari e stia contrattando il tasso di interessi, sa bene che 4,8 e 4,7 sono dei tassi di interesse significativamente più elevati dell'andamento medio. Domanda: non è proprio possibile contrattare questo tasso di interessi? La loro diminuzione comporterebbe un'entrata sulle tasse del Comune che di gran parte solleverebbe l'opzione politica di scelta tra una risorsa libera del sistema finanziario. Pare non sia possibile. Noi abbiamo calcolato che se si dimezzasse questo tasso di interesse dal 4,7 al 2 e rotti per cento avremmo un'entrata, cioè un'agibilità, non un'entrata, una maggiore agibilità di 30 milioni. Dicono, non è possibile, perché il Comune si presenta in una relazione asimmetrica con gli Istituti Finanziari perché il rating comunale non è particolarmente apprezzabile, ma il rating è anche esso una valutazione di natura finanziaria, cioè coloro che ci valutano sono coloro che contraggono i prestiti, sono coloro che applicano gli interessi. Forse questa operazione potrebbe essere agevole a partire dal rapporto con la Cassa Depositi e Prestiti vista la natura originariamente pubblica della Cassa Depositi e Prestiti e forse potremmo cominciare, oltre che fare mozioni di accompagnamento al bilancio a mettere in pratica l'Ordine del Giorno con il quale si chiedeva che il Comune di Torino diventasse capofila nel percorso di ripubblicizzazione di Cassa Depositi e Prestiti o forse potremmo trovare degli alleati in questo tentativo di rinegoziare i mutui. Chi potrebbero essere gli alleati della Città di Torino? Ma i nostri accompagnatori, sostenitori, coprogettatori di tutte le politiche educative, sociali, attive del lavoro: le Fondazioni Bancarie. Noi siamo qua ogni anno, quando analizziamo i bilanci di questi comportiamo a vanificare la generosità delle Fondazioni Bancarie che sostengono i progetti della Città che diversamente non potrebbero essere più realizzati. Con tutto il rispetto e con tutta la riconoscenza, sottolineo anche in Sala Rossa, dopo averlo detto in altri contesti, che le Fondazioni Bancarie agiscono sulla base di missioni sociali, perché questa è la loro natura, altrimenti non esisterebbero, le Fondazioni Bancarie nascono per la loro natura di missioni sociali nel momento in cui con la Legge Amato sono stati scissi gli istituti finanziari, trasformati in S.p.A. dalle Fondazioni Bancarie che hanno questa vocazione di sviluppo territoriale, sono quindi del tutto compatibili col loro mandato, però non sono i salti sociali del terzo millennio e quindi non essendo i salti sociali del terzo millennio vorrei ricordare a tutti che partecipano degli Istituti Bancari di riferimento: Fondazione Compagnia San Paolo all'8,7% del capitale di Intesa San Paolo e Fondazione CRT ha una partecipazione del 2,5% del capitale di Unicredit. Allora, queste fondazioni, che restituiscono gli utili delle loro banche, non certo tutti, alla Città di Torino, perché ricordo che le Fondazioni Bancarie trasferiscono alla Città di Torino rispettivamente, Compagnia San Paolo nell'ambito di una convenzione triennale, 16 milioni circa e CRT 2,5 milioni euro anno circa, forse potrebbero essere utili alleati nel provare a rinegoziare con le banche di riferimento da cui le Fondazioni nascono, i tassi di interesse. Tutto questo è possibile, e vado a concludere, se si volesse, così come mi auguro si vorrà fare per negoziare il tasso di interesse più favorevole nella prossima gara del tesoriere, tutto ciò se si fosse consapevole del fatto che oggi la politica vede una stagione di soggezione alla finanza e che il fatto non è casuale. Il fatto non è causale, anzi è molto probabile che, come molte analisi di economisti, per carità, politicamente marcati sottolineano, che i creditori del debito pubblico sappiano benissimo che i debitori, cioè i Comuni, le Province e le Regioni non saranno mai in grado di concludere e onorare il loro debito, perché sono unicamente interessati al protrarsi del debito e al protrarsi del versamento degli interessi, così come sono interessati all'alienazione del patrimonio pubblico. Io vorrei ricordare un rapporto di Deutsche Bank, fatto in sede di Commissione Europea, in cui si diceva, cito: "i Comuni offrono il maggior potenziale di privatizzazione"; in una relazione presentata alla fine del settembre 2011 al Ministero delle Finanze il patrimonio dei Comuni ha un valore complessivo di 80 miliardi di euro, pari a circa il 5,2% del PIL, quindi un piano di concessione potrebbe generare circa 70 miliardi di entrare. Deutsche Bank, non il piano di alienazioni del Comune di Torino. Quindi forse in un anno in cui non si riescono a fare scelte di bilancio si potrebbero fare scelte politiche, ma per fare scelte politiche, cioè la rimessa in discussione del debito a partire da questa analisi della conduzione iugulatoria del debito del Comune di Torino e della condizione di dipendenza finanziaria delle autonomie locali, bisogna avere una visione politica. Cito anche io la drammatica parola che in quest'Aula crea l'orticaria, della visione; altri vi chiedono una visione strategica della Città, io vi dico forse occorre una visione politica; dalla mia cultura politica vi dico questa è la critica al finance capitalismo di cui Luciano Gallino ha scritto delle parole sagge, ma voi la visione politica non potete averla perché non siete né di destra, né di sinistra e quindi abbiamo un bilancio che galleggia, galleggiava nel 2017, galleggiava nel 2018, aspettiamo fiduciosamente il 2019. |