Interventi |
ARTESIO Eleonora Grazie, ho presentato questa proposta alla fine dell'anno 2016 e sicuramente, il contesto nel quale arriviamo a discuterla, è stato segnato, caratterizzato da situazioni di cronaca, di segno opposto e anche da successive prese di posizione da parte del nostro Consiglio Comunale. Continua a mantenere tutta la sua validità, anzi, credo che ne esca rafforzata. La proposta di mozione chiede di aderire alla Carta di Palermo ma, soprattutto, di costruire un processo culturale nella nostra città con tutti i soggetti interessati, perché i contenuti della Carta di Palermo diventino elemento di coscienza e un elemento di informazione nella nostra comunità. Che cosa si propone la Carta di Palermo? Innanzitutto, vorrei sottolineare dove è stata sottoscritta, non è stata sottoscritta in un'accademia di intellettuali in Alto Adige, ma è stata sottoscritta esattamente in un territorio che, quotidianamente, vive nella fisicità della sofferenza e nella grandezza del problema, il fenomeno migratorio, quindi, non si tratta di un'astrazione di anime belle, che non siano immerse nella concretezza del quotidiano, ma si tratta, esattamente, della presa di conoscenza di coloro che quel quotidiano lo governano, ed è una Carta che si propone di sancire il diritto alla mobilità, come diritto umano. Una Carta, quindi, che si propone, non soltanto di confermare un principio di civiltà, per quello che riguarda la vita delle persone, ma anche di misurare il dibattito che oggi è in corso sull'immigrazione, con dati di realismo e di opportunità, perché credo che anche coloro che non vengono minimamente toccati dagli aspetti più legati ai principi di solidarietà, debbano oggi misurarsi con un dato incontrovertibile. Il dato incontrovertibile è quello per cui non c'è preparazione al dolore, alla sofferenza, al rischio di morte che sia superiore al desiderio e alla speranza. Si è perfettamente consapevoli degli ostacoli, non solo giuridici, ma anche fisici che si frappongono al compimento di un percorso migratorio, eppure, nonostante tutto, lo si intraprende e si continuerà ad intraprenderlo quanto più le condizioni di vita nei paesi di provenienza, per ragioni ambientali o per ragioni economiche, peggioreranno, come stanno peggiorando. Quindi, di fronte a questo fatto, il diritto alla mobilità si pone non soltanto come una questione di principio giuridico e civile, ma anche come una questione di realismo e, in modo particolare, credo che tocchi a noi affrontare questo dibattito, non in maniera episodica, come stiamo facendo, raccogliendo i nostri sentimenti e manifestandoli, anche a livello istituzionale, di caso in caso, ma costruendo, piuttosto, una posizione politica precisa, come quella della Carta di Palermo. Per dire cosa intendo, userò parole non mie. Nella settimana scorsa noi abbiamo discusso dei fatti di Bardonecchia, pochi giorni dopo, sulle pagine dei quotidiani veniva riportato un articolo del Dottor Paolo Narcisi, che è il Presidente di Rainbow for Africa, e che era stato un protagonista di quella discussione, oltre che un attore della gestione dei servizi e della solidarietà, il quale scriveva: "Sapere che una mamma muore dopo il parto, ma che soprattutto, è stata ignorata da chi, oltre a controllare i suoi documenti, avrebbe dovuto soccorrerla e proteggerla, fa arrabbiare. Sapere che un minore è stato respinto senza un perché, senza un foglio e lasciato al freddo, fa arrabbiare. Sapere che un pakistano è stato respinto perché non aveva 300 euro in tasca, fa arrabbiare. Tutta questa rabbia fa gridare contro i muri, le frontiere e contro i controlli, i visto e tutti i blocchi che impediscono la libera circolazioni degli esseri umani. Beninteso, non di tutti gli esseri umani; di quelli poveri, di quelli senza argomento, di quelli senza protezione e tutela. Ma questa è un battaglia nostra, per cui arrabbiarsi e legarsi ai posti di frontiera, con grandi catene, per cui fare scioperi della fame e della sete, marce e occupazioni, lettere di fuoco ai politici, obiezioni di coscienza e disobbedienza civile, è una battaglia nostra", e, quindi, richiama alla necessità che siamo noi a prendere parole e posizioni, e credo che l'adesione alla Carta sia un gesto simbolico, da un parte, perché rappresenta il coordinamento di una rete nazionale e internazionale, che ormai si sta costruendo intorno a questi principi, ma, soprattutto, sia un impregno per il futuro, perché io chiedo nella mozione che la Carta di Palermo diventi, come dicevo nell'incipit, oggetto di dibattito. Perché? Perché soltanto la cultura può modificare i comportamenti, le paure e i timori che oggi vediamo riflessi nelle scelte delle politiche nazionali. Concludo con questo passaggio: È tratto da un'intervista di una scrittrice, Valeria Parrella, che, chiamata a pronunciarsi su questi aspetti, diceva e ricordava: "La chiave è la cultura, a partire dalla scuola, Nausicaa dice alle compagne che scappano, "Perché vi spaventate di un uomo nudo che viene dal mare?". L'uomo nudo era Odisseo. Se un allievo prende otto a un'interrogazione, su una storia così, la paura dell'immigrazione e tutte le costruzioni politiche che su questo si fondano, svaniranno come un palloncino bucato. Ci vuole lavoro, ci vuole cultura ed è quello che, anche come istituzione, siamo chiamati a fare. |