Città di Torino

Consiglio Comunale

Città di Torino > Consiglio Comunale > VERBALI > Torna indietro

Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 30 Ottobre 2017 ore 14,00
Paragrafo n. 33
DELIBERAZIONE (Giunta: proposta e urgenza) 2017-03908
PIANO DI INTERVENTI RICHIESTO DALLA CORTE DEI CONTI - SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE. APPROVAZIONE.
Interventi
ARTESIO Eleonora
(inc) Adotterò sull'insieme degli atti deliberativi che si muovono nella logica del piano
di rientro un atteggiamento comune, vale a dire un'analisi critica non tanto sui singoli e
specifici punti, se non poi per la cessione delle quote (inc), quanto piuttosto una critica
generale per la scelta che è stata compiuta. Credo che l'occasione con la quale la Giunta
sottopone al Consiglio l'approvazione di questo piano che costa delle riduzioni di spesa
dell'alienazione di patrimonio, il congelamento per un anno degli organici, quindi
nuovamente una morsa di sacrifici alla Città, come alcuni atti irreversibili quali appunto
quelli delle alienazioni o delle vendite, sia una scelta politica che forse è stata valutata
come preferibile rispetto alla dichiarazione di predissesto, ma certamente è una scelta
politica che non sfida il tema vero con il quale non la Città di Torino e chi l'amministra,
ma l'insieme degli enti locali si trovano a misurarsi che è la questione del debito
pubblico. Io vorrei ricordare che da un'analisi condotta dal Consiglio nazionale dei
dottori commercialisti e dagli esperti contabili e conclusa a giugno del 2017, ci sono ad
oggi 67 comuni che non rispettano almeno 5 dei parametri di deficit strutturale. 151
quelli che hanno dichiarato il predissesto, con capoluoghi significativi e 107 i comuni in
stato di dissesto. Ora coloro che non sono particolarmente appassionati ai temi del neo
municipalismo o non sono particolarmente indotti ad apprezzare le qualità e le
competenze degli amministratori pubblici potrebbero dire che si tratta di incapacità
locali, circoscritte e legate all'eccessiva volontà di intervento delle amministrazioni che
vanno oltre l'erogazione dei servizi essenziali e si pongono vocazioni politiche di
troppo largo raggio. In realtà questa condizione è venuta a verificarsi negli ultimi 15
anni a seguito delle conseguenze successive manovre di restrizione della spesa pubblica
e di riduzione dei trasferimenti. Devo dire, caso non frequente per quello che mi
riguarda, che oggi ho particolarmente apprezzato l'intervento del Consigliere Fassino
che, nello sviluppare il tema del sotto finanziamento del trasporto pubblico locale,
arredava e lasciare intravedere alcune soluzioni come quelle di possibili ingressi di
capitali privati nel sistema dei trasporti che non mi convincono, ma che dall'altro lato
apriva una scenario, credibile anche ai suoi occhi, di necessità di ulteriore alimentazione
economica dei trasferimenti dello stato sui servizi fondamentali. In realtà negli ultimi 15
anni è avvenuto il contrario, in nome del debito pubblico i comuni che concorrevano a
una parte del debito per il 2,1% del totale sono stati chiamati attraverso tagli ai
trasferimenti e ossequio ai patti di stabilità interni, al massimo del sacrificio. Tant'è che
il loro contributo alla riduzione della spesa pubblica è passato da 1,6 miliardi del 2009
ai 16,6 del 2015. Allora c'è da chiedersi se non si sia colmata la misura, se non siamo a
una condizione che non potrà che vedere il Sindaco e la maggioranza di turno
arrovellarsi in soluzioni sempre più faticose, nel cercare di far quadrare i conti,
sottraendo sempre più soddisfazione alle esigenze dei propri amministrati, mortificando
sempre di più le potenzialità del proprio territorio in nome di un equilibrio che sembra
solo i comuni stiano percorrendo. Ma forse non è casuale che si chieda proprio ai
governi di prossimità, come le autonomie locali, di recedere dal ruolo della loro politica.
Di dismettere la loro funzione di governo e di convertirla in una funzione di controllo
contabile, forse perché proprio là dove si tocca con mano la modifica sociale e
ambientale, proprio là, dove si possono stringere alleanze fatte con gli interlocutori
perché gli si vede in faccia e gli si incontra di persona, proprio là dove la politica
potrebbe più fare si vuole che faccia di meno. E allora io confido sempre che possa
esserci una stagione di riscatto degli enti locali, ma per riscattare gli enti locali bisogna
compiere degli atti di orgoglio e non degli atti di soggezione. E quindi l'unico atto di
orgoglio che io ravviso è quello di una chiamata all'appello della propria comunità
politica, non dicendo alla propria comunità sopporta e china la testa, ma dicendo alla
propria comunità dobbiamo insieme rappresentare, nei livelli istituzionali, adeguati
quali sono le nostre esigenze e quali coperture sarebbero necessarie per soddisfarle,
nell'interesse non di un perimetro locale corporativo, ma nell'interesse di una
collettività nazionale, che non può che trarre vantaggio dalla migliore qualità della vita
del proprio territorio e dei proprio territori diffusi. Per fare questo accanto alla chiamata
l'orgoglio, io ricordo tempi non sovversivi di chiamate all'orgoglio, quando a fronte di
famiglie che richiedevano l'estensione del tempo scuola e di comuni che non erano
autorizzati alle assunzioni si organizzavano incontri nazionali con i torpedoni pieni dei
genitori delle scuole e delle insegnanti delle scuole primarie. Ma se questo vi può
sembrare oggi, nella crisi della politica, nell'indebolimento delle passioni civiche,
eccessivo, almeno un aspetto bisognerebbe fare: provare a narrare un'altra storia,
rispetto a quella che ci viene raccontata sul debito pubblico e sulla necessità che i
comini concorrano ancora e ancora di più a diminuire il debito pubblico: E' quello che
proponevo di fare quando proponeva l'audit pubblico, l'audit pubblico che non è di
nuovo una verifica interna dei propri uffici, e nemmeno l'affidamento ad una società di
advisor specializzata. E' di nuovo le débat public, il momento pubblico di confronto in
cui si racconta perché si è speso, come si è speso, per ridare, io credo, anche credibilità
alla politica perché in tutti questi mesi, non ultimo la seduta di oggi in cui si è discusso
quanto si fosse sbagliato, dove si fosse sbagliato, come si avesse sbagliato e chi avesse
sbagliato, io penso che gli amministratori che si sono succeduti abbiamo cercato di
operare quella che si chiama la resilienza, cioè riuscire con gli strumenti che avevano a
disposizione e io credo anche gli strumenti corretti nella correttezza, di reggere l'urto di
una domanda sociale che non riuscivano più ad accompagnare con le risorse a loro
disposizione, e oggi la resilienza non basta più, oggi però la resilienza si chiama
ennesimo rientro. Salvo poi trovarsi da qui ad un ampio di anni a scoprire che forse le
conseguenze negative che si sono prodotte sono superiori ai vantaggi che abbiamo
registrato. Quindi, è proprio per una diversità di approccio che non posso misurarmi con
i contenuti di questi atti deliberativi né li posso condividere.

Copyright © Comune di Torino - accesso Intracom Comunale (riservato ai dipendenti)