Città di Torino

Consiglio Comunale

Città di Torino > Consiglio Comunale > VERBALI > Torna indietro

Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 17 Ottobre 2016 ore 14,00
Paragrafo n. 16

Comunicazioni della Sindaca su: "Mostra di Manet".
Interventi
Comunicazioni della Sindaca:
- "Mostra di Manet".

VERSACI Fabio (Presidente)
Passiamo alla seconda richiesta di comunicazione, avente ad oggetto: "Mostra di
Manet", richiesta dalla Consigliera Foglietta. Risponde l'Assessora Leon.
Si è deciso in Conferenza dei Capigruppo che per queste comunicazioni ci sono 10
minuti a Gruppo.
La parola all'Assessora Leon.

LEON Francesca Paola (Assessora)
Riferisco in relazione alle notizie apparse sulla stampa riguardo all'annunciata
mostra di Manet.
La mostra di Manet, annunciata lo scorso anno, rappresentava la chiusura di un ciclo
di esposizioni dedicate all'arte impressionista, che faceva parte della
programmazione della passata Giunta. Come abbiamo avuto modo di dire e di fare in
questi mesi, la nostra Giunta ha inteso proseguire le attività già programmate e tra
queste la mostra su Manet, poiché, come sapete tutti, la progettazione di un evento
espositivo impone tempi molto lunghi.
Nessun segnale riguardo a problemi per la sua realizzazione è giunto dalla
Fondazione Torino Musei, che fino a prova contraria aveva in carico la sua
realizzazione dalla passata Giunta. L'eventuale mancata realizzazione, a mio avviso,
ha all'origine una debolezza strutturale: non si basava su solide relazioni tra il Museo
d'Orsay e la GAM, ma da un rapporto privilegiato tra il Sindaco, il Direttore del
Museo d'Orsay e un operatore privato, senza, evidentemente, un chiaro trasferimento
di competenze e responsabilità sulla realizzazione dell'evento, altrimenti forse ci
sarebbero state comunicazioni al riguardo.
Le conseguenze di questo modello di produzione culturale sono sotto gli occhi di
tutti: cade un pezzettino e cade la struttura. Se non c'è un'assunzione in carico è
evidente che c'è un problema, o comunque se ci sono mancate comunicazioni non
siamo in grado di gestire i problemi come Amministrazione.
Non è in discussione né l'importanza di organizzare grandi eventi espositivi, né la
collaborazione con il mondo imprenditoriale e privato. È in discussione un modello
che vede le nostre istituzioni museali come contenitori e non produttori di cultura, un
modello che non porta al rafforzamento delle competenze e delle relazioni dei nostri
musei con gli altri musei italiani e stranieri, che non favorisce la ricerca e quindi la
produzione, che sono alla base di un sistema museale forte anche dal lato della
proposta degli eventi espositivi. Nel resto del mondo i direttori dialogano tra loro per
concordare progetti e collaborazioni scientifiche; da noi tendenzialmente no, con le
dovute eccezioni, e faccio solo un esempio, che è quello del Museo Egizio di Torino.
Torino ha costruito il suo rilancio anche a partire dalla riqualificazione del suo
sistema museale, considerato un asse strategico di sviluppo, e ad un lavoro di
costruzione di una relazione forte tra musei e cittadini, fatta attraverso strumenti che
facilitano la visita ai musei abbattendo la barriera del biglietto, l'ampliamento del
bacino d'utenza e la costruzione di servizi educativi a disposizione delle istituzioni
scolastiche della città. Oggi uno dei motivi principali dell'attrattività turistica del
nostro territorio è rappresentato dalle grandi collezioni dei nostri musei e dai nostri
monumenti. Ci sono voluti 20 anni e le Olimpiadi per realizzare tutto ciò.
Attorno a questo asset fondamentale sono cresciuti grandi eventi (solo per citarne
alcuni, il Salone del Libro, il Salone del Gusto, MITO, ma se ne possono aggiungere
altri), ma la vivacità di Torino è fatta anche di tantissime attività diverse che vivono a
fianco dei grandi eventi e innervano il tessuto della città, e rispondono alla domanda
di partecipazione di pubblici diversi, anche quelli tradizionalmente coinvolti dalle
grandi stagioni, ad esempio, del Teatro Regio, del Teatro Stabile, del TPE e delle
grandi orchestre, solo per fare degli esempi.
Le cosiddette "grandi mostre" hanno un ruolo importante in questo contesto, ma
perché un modello produttivo non rischi di andare in crisi per un cambio di Giunta
bisogna porsi la domanda di come dare solidità alla capacità dei nostri musei e delle
professionalità che esprimono, per metterli nelle condizioni di rispondere alle
domande del pubblico e alle esigenze della città.
La politica deve dare le linee di indirizzo alle sue istituzioni museali, e queste,
attraverso la figura dei direttori, programmano attività seguendo obiettivi condivisi
con l'Amministrazione, con il suo sostegno e supporto. In questo modo il processo è
lineare, così come la catena delle responsabilità. Solo così le grandi esposizioni
temporanee possono produrre un effetto positivo di lungo periodo e consolidare il
posizionamento di Torino anche in ambito internazionale.
Un posto importante in questo processo è il dialogo tra l'Amministrazione e i suoi
musei, pur nella necessaria autonomia utile al raggiungimento degli obiettivi. È
altresì importante il dialogo tra le istituzioni museali della Città per mettere a fattor
comune le collezioni, le idee e le capacità progettuali.
Attorno ad un importante evento espositivo bisogna costruire legami e attività che
possano coinvolgere l'ecosistema culturale della città. Gli eventi espositivi degli
ultimi anni, purtroppo, non hanno rafforzato il legame tra musei e pubblico, prova ne
sia che le mostre realizzate a Palazzo Chiablese, ad esempio, non hanno portato
maggior pubblico ai Musei Reali e in GAM la dimensione espositiva ha indebolito
quella museale. Le due dimensioni, espositiva e museale, devono essere parte di
un'unica strategia.
Le linee programmatiche della Giunta indicano questo percorso con due obiettivi
fondamentali: restituire centralità alle istituzioni museali e alle competenze e mettere
al centro la domanda dei diversi pubblici, che siano residenti, turisti o escursionisti.
A questo scopo la Città mette a disposizione due strumenti fondamentali: un sistema
di comunicazione unificato ed efficace, come già avvenuto in passato con il Progetto
Speciale Comunicazione, e la costituzione di un service unico degli eventi a supporto
di tutti gli Assessorati, impegnato anche nella ricerca di ulteriori risorse per la
realizzazione di importanti progetti espositivi.
A seguito delle polemiche giornalistiche credo occorra ragionare su ciò che si è
dimostrato rilevante dal punto di vista turistico nel nostro sistema culturale, per
ragionare sul futuro e ricondurre il ragionamento alla realtà dei fatti.
I grandi attrattori turistici a Torino sono rappresentati dalle collezioni museali più
importanti: in primo luogo il Museo Egizio, il Museo del Cinema, il Palazzo Reale e
la Reggia di Venaria Reale. Se prendiamo a riferimento il dato dell'incidenza degli
ingressi con l'Abbonamento Musei sul totale delle visite, si evince chiaramente come
questa non sia così rilevante (tra il 6% e il 14%) nei musei che ho prima citato,
mentre gli ingressi con le carte turistiche sono decisamente superiori, segno che tra i
motivi principali della scelta di venire a Torino vi sia la presenza di queste
istituzioni: sono i cosiddetti "grandi attrattori", che motivano la visita a Torino.
Viceversa, laddove l'incidenza degli abbonamenti è superiore e raggiunge in alcuni
casi il 50% del pubblico complessivo, i musei rappresentano un punto di riferimento
molto importante per il pubblico cittadino. Le mostre dedicate all'impressionismo
hanno avuto un'incidenza superiore al 30% degli ingressi con abbonamento, mentre
risulta irrisoria la rilevanza degli ingressi con le carte turistiche.
Questo segnala come queste mostre non siano il motivo per il quale un turista sceglie
di venire a Torino, ma un corollario rispetto al programma di visite in città. Questo
tipo di mostre richiamano più un pubblico di escursionisti nell'ambito di un'isocrona
di una o due ore di distanza dalla sede di mostra. Questo non significa che non siano
importanti, ma occorre conoscere i dati per riuscire a valutare bene l'importanza e
collocare le nostre scelte in un quadro motivato da fatti e da numeri.
Se ragioniamo sui dati raccolti in questi anni tra i grandi eventi in grado di motivare
la permanenza in città, vi è il Salone del Libro. I dati a nostra disposizione indicano
un forte impatto economico sulla Città, con un cosiddetto "return on investment"
molto rilevante: a fronte di quattro milioni spesi, un impatto di 14 milioni. Questi
sono dati relativi al 2013, in un quadro però che in quell'anno già appariva in crisi,
con una riduzione di spettatori provenienti da fuori Piemonte rispetto al 2009,
compensato dalla maggiore partecipazione del pubblico locale.
È evidente come questo campanello d'allarme, così come altri, non sia stato colto
dalla precedente Amministrazione. Tra gli eventi citati dall'ex Sindaco Fassino,
come rilevanti dal punto di vista turistico, è stato citato il Jazz Festival. Ebbene,
questo non risponde ai dati di fatto.
Secondo un'indagine realizzata dall'Osservatorio Culturale del Piemonte, che è nelle
mani dell'Amministrazione, si mette in luce la rilevanza locale dell'evento, ma una
scarsa capacità di attrarre pubblico da fuori. La partecipazione tra il 75 e l'85% è
rappresentata dal pubblico locale e solo il 18% dei partecipanti ha scelto di visitare
Torino appositamente per il Festival. In questo caso il return on investment
corrisponde più o meno alle spese per realizzarlo. Quindi, non vuol dire che non sia
un intervento importante e apprezzato, ma va inquadrato nella giusta dimensione.
Dunque la programmazione culturale e i grandi eventi non hanno tutti
necessariamente un impatto sui flussi turistici. Sono importanti nel complesso della
città e costituiscono un sistema, ma bisogna partire dai risultati e dalle analisi, in
modo tale da non costruire le nostre azioni sulla propaganda, ma su una
programmazione culturale che tenga conto di tutti questi elementi.

VERSACI Fabio (Presidente)
La parola al Consigliere Carretta.

CARRETTA Domenico
Ringrazio l'Assessore. Prima di intervenire avevo dei dubbi e adesso i dubbi si sono
moltiplicati. Veniamo nell'ordine. A nostro avviso la questione interessa innanzitutto
due aspetti: uno più generale che riguarda la cultura o quella che è l'idea che ha una
singola Amministrazione di portare avanti certe problematiche; l'altro aspetto entra
più nel merito e riguarda la mostra di Manet, anzi il corollario, come è stato indicato
adesso dall'Assessore, di tutta un'attività culturale che a quanto pare si riconosce.
Nel precedente mandato amministrativo Torino si è imposta come un modello, è
diventata un qualcosa da esportare, è diventata una città che ha una forte attrattività
turistica.
L'offerta artistica, mischiata all'offerta museale e ai grandi eventi, ha fatto sì che
Torino potesse uscire fuori da quel deserto culturale che forse la caratterizzava. Parlo
in termini di numeri, perché se da un milione di visitatori si passa ai sei milioni del
2016, qualche motivo ci sarà. Il deserto che riguardava anche tutto l'indotto che
interessa l'attività culturale, penso ai ristoranti, ai bar, a tutti quelli che hanno
beneficiato di questa rinascita culturale, di questa rinascita economica.
Noi abbiamo sempre guardato alle code che iniziavano a crescere davanti ai Musei
come un qualcosa di cui farsi vanto, sicuramente da non mettere in nessun modo in
relazione a primati ben più negativi della nostra città. Semmai il nostro problema è
stato quello di ridurre le code davanti ai Musei facendo ricorso a espedienti
tecnologici.
Noi abbiamo creduto in questo modello. Visto che l'Assessore ha citato
l'Osservatorio Culturale, oggi c'è un interessante articolo su "La Repubblica" dove
effettivamente questi eventi (tra virgolette) di "cassetta" vengono valutati intorno a
un giro economico di 15 milioni di Euro. (INTERVENTO FUORI MICROFONO).
No, 15 milioni sono riferiti ai grandi eventi, per i Musei si parla di 200 milioni;
quindi, effettivamente, due questioni distinte.
Chi ha una visione culturale della città significa che impara o comunque accetta
l'idea di diversificarli, che significa OGR, significa immaginare un Centro
Congressuale che risulti catalizzatore di quel turismo congressuale che da anni sta
abbandonando Torino, significa festival, significa singoli eventi. Penso agli eventi
che dovrebbero essere organizzati in prossimità delle festività natalizie, le festività
pasquali o in prossimità dei ponti, ma soprattutto i grandi eventi.
Io e l'Assessore potremmo discutere per ore su quello che è il ritorno che ha avuto un
evento come il Torino Jazz Festival o come mostre come quelle di Degas, Monet,
Renoir, mostre che secondo l'Assessore avrebbero una debolezza strutturale perché
erano state organizzate per rapporti personali del Sindaco.
Quindi nessuna interlocuzione con le istituzioni museali, nessun tipo di
coinvolgimento della Fondazione, della Regione. Ne prendo atto. Quindi era solo un
rapporto personale del Sindaco. E allora, venendo meno questo rapporto personale
del Sindaco, immagino venga meno anche la possibilità di mettere mano a
un'importante mostra come quella di Manet.
Mi rivolgo anche alla Sindaca. Io ho sempre apprezzato, lei lo sa, la sua capacità di
portare avanti un'idea; l'ha fatto da battagliera Consigliera di opposizione e adesso lo
farà da Sindaca. Ho imparato a conoscere l'impostazione, la sua idea di cultura e,
quindi, a non stupirmi nemmeno di quello che stiamo vedendo in questi giorni.
Io, in realtà, non sono stupito dell'epilogo a cui stiamo arrivando, e spero che non si
arrivi, che è quello di abbandonare l'idea di avere Manet a Torino. Poi l'unica cosa
che ci rimarrà, come mi suggerivano, dell'impressionismo sarà l'impressionante
teatrino mediatico che stiamo offrendo in questi giorni.
Quindi non mi stupisco dell'idea di dire basta ai grandi eventi, mi stupirei del
contrario, visto che sull'inutilità e il superfluo di organizzare un grande evento ci
avete informato durante la campagna elettorale, durante la stesura delle Linee
Programmatiche. Non è quello che porta adesso a stupirci. Noi ci stupiamo semmai
della vostra reazione.
Sindaca, io mi sarei aspettato un'altra reazione, mi sarei aspettato che diceste che
secondo voi Manet non interessa a Torino, Manet non è quello che effettivamente
avete avuto in mente (Manet, come poteva essere Renoir), perché l'idea dei grandi
eventi è un'idea che avete deciso di non portare avanti.
Sembra quasi di rivivere in salsa moderna la fiaba dell'imperatore senza vestiti di
Andersen. La Sindaca adesso va in giro, è convinta di avere un bel vestito, perché i
cortigiani dicono che è vestita meglio degli altri, però basta il disincanto di un
bambino per svelare a tutti che il re è nudo. Forse con Manet abbiamo la
consapevolezza, la certezza che il re è nudo, abbiamo la consapevolezza e la certezza
che stiamo perseguendo un modello che non solo innesca una nuova marcia, ma
segna una retromarcia, segna un qualcosa di dannoso per la città di Torino.
Il nuovo corso per adesso non si è visto. Abbiamo comunque la fortuna di riempire le
nostre Commissioni elogiando il vecchio corso, le vecchie manifestazioni che in un
certo senso riescono a mascherare 100 giorni di inerzia, almeno per quanto riguarda
la materia culturale. È una concezione della cultura che secondo noi (io condivido le
concezioni diverse) rallenta la proposta culturale, ma soprattutto potrebbe creare un
effetto disastroso per quanto riguarda il nostro rapporto con i player principali.
Organizzare grandi mostre non significa solo immagine, Assessora, significa anche
mettere giù dei rapporti con le Istituzioni, che visto che li avevano solo l'ex Sindaco
Fassino, invito lei adesso a prendere in mano i rapporti con il Museo d'Orsay, con
l'Ermitage, che potrebbero portare plusvalore alla città di Torino.
Torino - l'abbiamo sempre detto - non è Firenze, non è Roma. Torino ha bisogno di
stare sul mercato, di offrirsi e di mostrarsi, perché a livello strutturale non abbiamo le
capacità di concorrere con i mostri sacri della cultura.
Quindi, lo ripeto, noi non abbiamo nessuna sorpresa, nessuno stupore. Lo stupore
semmai è per quella reazione inusuale che c'è stata. Sto a quello che abbiamo letto
sui giornali: c'è il Sindaco stizzito per non aver ricevuto informazioni e c'è una
commovente lettera dell'Assessore, o un comunicato stampa, che dice "non sono
stata avvisata".
Allora, delle due l'una, Assessore e Sindaco: o fate finta di essere arrabbiati, e io
ricollegandomi al discorso di prima sono convinto di quello che sto dicendo, o siete
davvero arrabbiati. Ma c'è qualcosa che non va, perché davvero io mi immagino la
scena dell'Assessore che per 100 giorni aspetta una telefonata dal Museo d'Orsay,
aspetta la telefonata di qualcuno che alla fine dice: "Assessore, non ci siamo sentiti
per 100 giorni, però non si preoccupi, la mostra si farà".
Ma davvero pensiamo di gestire eventi come questo in questo modo? Ma davvero
aspettiamo la telefonata e ci arrabbiamo perché non abbiamo avuto una
interlocuzione? Io non entro nel merito della vicenda dell'interlocuzione con la
Presidente, non entro nemmeno nel merito delle richieste delle dimissioni, del
coinvolgimento della Regione, della Fondazione, perché ci sarebbe spazio per altri 2
o 3 Consigli.
Dico solo che se si voleva gestire la vicenda Manet facendo leva sulla teoria dei piani
inclinati, per cui la pallina una volta che parte sappiamo dove va a finire, abbiamo
sbagliato di grosso. Questi eventi vanno seguiti; la pallina, Assessore, va seguita da
quando parte fino alla fine, perché bisogna creare delle sinergie.
Io mi auguro per il bene della città che ci sia stato solo un disguido, che Manet possa
diventare corollario importante dell'offerta culturale cittadina. Dopo Renoir, dopo
Degas, dopo Monet, ci vorrebbe Manet, ci vorrebbe ancora l'impressionismo per il
bene della città, Sindaca.
Io la invito a continuare sulla strada che abbiamo tracciato, perché a questo punto
l'unica cosa che mi viene in mente adesso è l'incipit del film "L'Odio" di Kassovitz,
quando una voce fuori campo racconta di un tizio che si lancia dal 50° piano e a ogni
piano si ripete "fin qui tutto bene", perché il problema non è la caduta, ma è
l'atterraggio.

VERSACI Fabio (Presidente)
La parola al Consigliere Ricca.

RICCA Fabrizio
Sindaca, io credo che lei abbia pagato fortemente, in tutta questa situazione, due
cose: di una non gliene faccio colpa, perché l'inesperienza è inesperienza; sedeva nei
banchi dove sono seduto io adesso fino a sei mesi fa e chiaramente una campagna
elettorale non porta quel bagaglio di conoscenza amministrativa che permette di
poter fare determinate scelte. Non le perdono di essere mal consigliato dal Sindaco,
quello vero, probabilmente, quello che le dà le indicazioni che l'hanno portata oggi a
questa situazione.
Io c'ero quando lei in questi banchi discuteva tutte le sue interpellanze sul MAO, sul
Museo di Lugano, quando contestava fortemente Asproni e chiedeva la sua testa.
Non la chiedevo io, la chiedeva lei. Poi succede che viene eletta Sindaca e la prima
testa che chiede è quella di Profumo, quella del Presidente della Compagnia di San
Paolo, che forse qualcosa per quella Fondazione ha fatto.
Allora mi chiedo per quale motivo le dimissioni formalmente le ha chieste ieri, a
mezzo stampa, e non le ha chieste il primo giorno in cui si è insediata, perché credo
che sarebbe stato più coerente mettersi nella condizione di farlo subito. Quando una
persona non è gradita la si invita ad allontanarsi il prima possibile, anche perché
avendo tenuto lei la delega per i grandi eventi culturali, evidentemente, poteva essere
data un'indicazione maggiore, anche andando a nominare la posizione vacante
all'interno del Consiglio di Amministrazione, cosa che non è stata fatta. Sicuramente
sarebbe stato un segnale forte all'interno di quella Fondazione per dire ci siamo, e
magari impegnarci, e magari vogliamo anche rimuovere la Presidente che tanto non
ci piace.
Io penso che lei sia caduta, mani e piedi, all'interno di un trappolone politico creato
dalla Giunta precedente, dove lei non è riuscita a gestire i rapporti tra lei, il suo
Assessore alla Cultura e la Presidente della Fondazione, che giustamente non
ricevendo nessuna telefonata ha detto "cosa faccio, chiamo io, dato che questa qua
mi vuole così bene?"
Sindaca, arrivo al dunque, perché dato che lei avrebbe modo di poter rimuovere
Asproni da quel ruolo, ma evidentemente si limita a chiederne solo le dimissioni,
oramai sono tutti abituati a sentire lei che chiede le dimissioni: l'ha fatto con
Peveraro, poi l'incontra, l'ha fatto con Profumo, poi Profumo non se ne è andato, e
oggi le chiede di Asproni.
Io capisco che Asproni quando legge i giornali dica "ma che me ne vado a fare, tanto
qua le teste le chiedono, ma non se le vengono mai a prendere?". Bene, questa
mattina abbiamo depositato una mozione di sfiducia contro Asproni, che
presenteremo in Consiglio Comunale; se il Capogruppo Unia vorrà, nella prossima
Capigruppo, ne discuteremo già lunedì prossimo.
In questa mozione di sfiducia ci sono tutti i passaggi con i quali lei può permettersi,
con il voto del Consiglio Comunale, di chiedere la sua testa, esattamente come
voleva fare sei mesi fa quando era Consigliere di opposizione.
Oggi avete la possibilità di dimostrare se il Sistema Torino lo combattete davvero o
fate finta di combatterlo e poi ci andate a cena al grattacielo, perché poi quello che
inizia a chiedersi la città è se davvero c'è una volontà di combattere questo sistema,
oppure finora tutto è rimasto esattamente come quando avete iniziato.
Io mi auguro fortemente che la mostra venga fatta, che la Presidente venga sostituita,
magari con una persona più vicina alla città, che non viva a Firenze e che non sia
amica di Renzi e anche un po' di chi l'ha nominata prima, ovvero Piero Fassino,
perché è una Presidente che ha dimostrato di non avere le capacità per gestire la
Fondazione; che ha dimostrato, soprattutto, in determinate situazioni, quanto sia in
malafede e di quanto Torino non abbia bisogno di lei per fare grandi eventi culturali.
Io ho la convinzione, poi magari verrò smentito, che con un altro Presidente avremo
la struttura e le risorse per poter fare lo stesso.
Poi faremo anche un ragionamento su un'altra testa che chiese quando era seduta
sempre su questi banchi, che è quella della dottoressa La Rotella, perché si è parlato
e si è parlato, però anche lei è ancora lì. Io vorrei sapere da lei, Sindaco, cosa vuole
fare, se davvero andremo a spaccare quello che avete sbandierato come Sistema
Torino e la rivoluzione che volevate fare a quel sistema o se rimarranno soltanto
parole.
La dottoressa La Rotella, nonostante le battaglie della Sindaca in Consiglio
Comunale per rimuoverla, l'ho vista qualche settimana fa in Commissione. Poi,
legittimamente, voi governate e potete decidere di fare tutto quello che volete, nei
limiti, chiaramente; però, la dottoressa è ancora lì ed evidentemente fa comodo che
per adesso rimanga lì.
Auspico che la mostra si possa fare con un altro Presidente, magari con le stesse
condizioni. Io ricordo che la Sindaca combatteva anche un po' con le
sponsorizzazioni private, perché diceva che un sistema come quello culturale deve
reggersi soprattutto sul contributo pubblico. Io non sono pienamente d'accordo,
perché se un privato vuole metterci dei soldi, per me può anche sponsorizzare
l'evento completamente; anzi, forse quei soldi possiamo destinarli per cose un po'
più importanti a livello sociale, soprattutto se viene garantito che tutto il budget viene
coperto.
Detto questo, ripeto, noi siamo a disposizione, lo faremo la prossima settimana
chiedendo la rimozione della Presidente Asproni. Siamo a disposizione a dare il
nostro contributo affinché la mostra di Manet possa essere a Torino nel 2017. Se ci
sarà bisogno per altri eventi culturali, noi siamo a disposizione. Ripeto, questa è una
battaglia che si fa per la città e non per posizioni politiche; però, l'importante è che la
coerenza che tanto sbandierate si concretizzi e che le parole si trasformino in fatti.
Copyright © Comune di Torino - accesso Intracom Comunale (riservato ai dipendenti)