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Comunicazioni della Sindaca: - "Riconoscimento del cosiddetto "Diritto al panino" in luogo della mensa scolastica". VERSACI Fabio (Presidente) La parola all'Assessora Patti. PATTI Federica (Assessora) Intanto ringrazio il Consigliere Lo Russo che mi dà l'opportunità di rispondere in questa sede sulla questione che occupa tanto spazio mediatico, la cosiddetta questione "panino" o per meglio dire "pasto da casa". Il discorso va affrontato su due piani: il valore educativo e sociale che riconosciamo alla ristorazione scolastica e le azioni concrete che saranno intraprese per ottemperare alle sentenze. La questione alimentare, come si evince dalle Linee Programmatiche di questa Amministrazione, è uno snodo importante su più livelli, incluso quello educativo. È proprio la scuola, a partire dai nidi, che gioca un ruolo fondamentale per acquisire corretti stili di vita, considerando che la malnutrizione appartiene anche alla nostra realtà e non solo a immaginari lontani. Il cibo sta diventando un elemento intorno al quale si gioca la perdita di democrazia: molto spesso la corretta alimentazione è appannaggio solo di chi ha risorse, consapevolezza e conoscenza. Riteniamo che la mensa scolastica sia stata storicamente - e continui ancora oggi a rappresentare - una conquista importante per le famiglie, per garantire a bambine e bambini, indipendentemente dalla loro condizione sociale, almeno un pasto quotidiano, sano, nutriente e bilanciato. Si tratta di un valore sociale da non minimizzare. Solidarietà sociale e investimento nella crescita dei più piccoli, sono le parole che Chiara Saraceno ha usato nell'incipit del suo articolo pubblicato venerdì scorso su Repubblica che condividiamo pienamente e che ben riassumono il perché questa Amministrazione intende - da un lato - difendere una conquista come quella della mensa scolastica e - dall'altro - lavorare per migliorare il servizio e renderlo più accessibile. Prima di passare agli aspetti pratico-organizzativi relativi all'applicazione delle sentenze pronunciate sulla questione in oggetto, vorrei chiarire che il gruppo di genitori protagonisti della richiesta del pranzo da casa è stato ricevuto nel mese di luglio, a pochi giorni dall'insediamento della Giunta, da me insieme al Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico Regionale, Fabrizio Manca, e all'Assessora Regionale all'Istruzione, Gianna Pentenero, e, successivamente, da me e dalla Sindaca Chiara Appendino. In entrambe le occasioni abbiamo dichiarato che, in attesa di un pronunciamento definitivo della Magistratura, avremmo ottemperato alla sentenza del Tribunale, ma - e qui chiedo la vostra attenzione - bisogna distinguere tra il riconoscimento di un diritto e l'applicabilità pratica del diritto stesso. Faccio un esempio: quando sono state approvate le unioni civili per le coppie omosessuali non è stato comunque possibile unirsi civilmente all'indomani del riconoscimento (e neanche poche settimane dopo). Questa distinzione tra riconoscimento di un diritto e la sua applicabilità effettiva è affermata anche dalla sentenza del Tribunale Ordinario di Torino del 13 agosto 2016 che recita: 'L'urgenza - è opportuno chiarirlo - non deriva tanto dall'esigenza di assicurare, fin dal primo giorno di scuola, la consumazione del pasto domestico, ma dalla necessità che gli istituti scolastici pongano in essere subito, in preparazione del prossimo anno scolastico, quelle attività organizzative necessarie a permettere l'esercizio del diritto qui riconosciuto (censimenti, individuazione degli spazi e del personale di assistenza)". Veniamo agli aspetti concreti, tenendo conto che il Comune, pur non essendo parte soccombente nella sentenza, è coinvolto in quanto gestore del servizio di ristorazione scolastica. Affinché sia reso attuabile il diritto, sarà competenza delle scuole raccogliere i nominativi di chi non fruirà del servizio mensa, nonché individuare appropriate soluzioni organizzative. Pertanto nei prossimi giorni verrà inviata una circolare alle scuole per comunicare che: - il servizio di ristorazione scolastica sarà attivato a partire dal 13 settembre per tutti; - le scuole dovranno, entro il 26 settembre, inviare i suddetti nominativi, che verranno considerati ritirati dalla ristorazione scolastica; - le scuole, entro la stessa data, dovranno informare il Comune delle modalità organizzative che intendono adottare; - dal 3 ottobre potrà partire il sistema di refezione misto solo nelle scuole che avranno individuato soluzioni organizzative appropriate. I tempi indicati non sono lunghi, tenendo conto che il Comune gestisce attualmente 52.000 pasti al giorno, di cui 36.000 solo nella scuola dell'obbligo. Inoltre occorre considerare che le scuole dovranno consultare anche i nuovi iscritti in un contesto in cui all'avvio dell'anno scolastico affronteranno le note difficoltà in termini di carenza di personale docente, dirigente e amministrativo. Le situazioni che immaginiamo si potranno delineare nelle scuole in merito all'attuazione del sistema misto di refezione sono fondamentalmente tre: a) la scuola dispone di due locali distinti da destinare rispettivamente alla ristorazione collettiva e a quella domestica; b) tanto i pasti collettivi che quelli domestici vengono consumati in classe; questa soluzione è praticabile in quanto non coinvolge il refettorio, che è gestito dalla ditta ristoratrice (ricordiamo che in alcune scuole già oggi il pasto collettivo viene consumato in aula). Nei casi a) e b) la ristorazione mista potrà quindi partire dal 3 ottobre - comunque non prima - perché dovremo raccogliere i dati. c) Viene avanzata, da parte della scuola, la richiesta di utilizzare il refettorio anche per il pasto domestico ed è questo l'unico caso che investe la competenza del Comune. Infatti, in quest'ultimo caso - che vede coinvolte anche le ditte ristoratrici - occorrerà valutare situazione per situazione, così come previsto dalla sentenza della Corte d'Appello di Torino del 21 giugno 2015, che recita: 'L'attuazione del loro diritto non può, infatti, risolversi nel consentire indiscriminatamente agli alunni di consumare il pasto domestico presso la mensa scolastica, ma implica l'adozione di una serie di misure organizzative anche in funzione degli aspetti igienico-sanitari e in relazione alla specifica situazione logistica dei singoli istituti'. Vorrei concludere con alcune riflessioni su diversi aspetti. Innanzitutto occorre distinguere casi in cui l'orario del pasto rientra nell'orario curricolare (scuola primaria con tempo da 40 ore e i soli rientri obbligatori per tempi brevi o modulo) e i casi in cui non è così e quindi alunne e alunni possono uscire a pranzo senza essere considerati assenti. Il tempo da 40 ore nella scuola primaria presuppone infatti la mensa e corre l'obbligo di interrogarsi su quali ricadute potrebbe avere una forte riduzione del servizio - non solo in termini economici per chi continua a usufruire della mensa - ma sul mantenimento di un 'tempo scuola', che è quello scelto dalla maggior parte delle famiglie della nostra città. Inoltre il nome Caromensa (che non è MensaDaCasa) sottende un preciso significato: la mensa è troppo cara. E su questo punto siamo d'accordo. Le tariffe a Torino sono tra le più care d'Italia. Ma abbiamo sempre ritenuto che la strada giusta fosse cercare soluzioni che tutelino tutti e non la strada dell''ognuno per sé'. Rispetto alle tariffe elevate rivendicare il diritto di scelta va in un'altra direzione e usare il diritto di scelta - e qui cito testualmente - 'per far saltare il banco e ottenere un servizio migliore ad un costo inferiore' oltre ad essere inefficace, se non controproducente, è quantomeno deontologicamente dubbio. In ultimo l'aspetto che trovo più grave. Più volte è stato invocato da chi non accetta che sia necessario un tempo per l'applicazione della sentenza e ricito testualmente 'un atto di forza' che consiste nel 'mandare i figli a scuola con il loro pranzetto, forzando la mano e attendendo le reazioni delle dirigenze scolastiche' e far seguire 'immediata e decisa reazione della famiglia, anche eventualmente sotto il profilo penale'. Vi invito a domandarvi: sulla pelle di chi passerebbe tale atto di forza? È indubbiamente giusto preoccuparsi di insegnanti e dirigenti messi in difficoltà e minacciati di denunce (la cui legittimità è comunque da verificare) ma che dire dei soggetti più deboli e che più dovremmo tutelare? In questo atto di forza i bambini, che arriveranno a scuola con il baracchino, si troveranno ad essere inevitabilmente al centro del conflitto tra famiglia e istituzione scolastica. Riflettiamo sul disagio che ne può scaturire: siamo sicuri che il prezzo di una rivendicazione, seppur lecita, possa essere pagato da minori messi intenzionalmente in una situazione di difficoltà?" VERSACI Fabio (Presidente) La parola al Consigliere Lo Russo. LO RUSSO Stefano Ho ascoltato con grande attenzione le parole dell'Assessora, la ringrazio anche di questa dotta dissertazione sul valore educativo che le hanno preparato e che lei ha letto, però non ho capito sinceramente qual è l'intenzione dell'Amministrazione. La richiesta di comunicazioni era oggettivamente meno complessa di quanto lei ha fatto. Ha detto tutte cose che ovviamente sono la base, il cardine della nostra impostazione, che ci sentiamo assolutamente di condividere, però - ma credo che sia un problema mio, chiedo scusa, Assessora - non ho proprio capito che cosa farà l'Amministrazione Comunale per rispondere a tutto questo elenco di problematiche, per evitare che i bambini vengano strumentalizzati, per ridurre il costo della mensa, cosa di cui sappiamo peraltro lei essere personalmente anche abbastanza esperta, sulla base di quanto leggiamo sui giornali (faccio riferimento, ovviamente, alla vicenda che purtroppo la riguarda in un altro ruolo). Ovviamente in questi termini eravamo curiosi di comprendere un po' meglio - confesso -, ma evidentemente non è questa la formula che lei ha utilizzato, quali sono poi concretamente le azioni che intende mettere in campo il Comune. Al di là delle questioni teoriche, abbiamo una serie di problematiche organizzative, ma soprattutto abbiamo un gestore in appalto del servizio mensa che ovviamente dovrà poi in qualche modo adempiere a direttive degli uffici comunali, perché è del tutto evidente che l'organizzazione del servizio, il fatto che entrino o meno cibi dentro le scuole in corrispondenza di cibi portati dall'appaltatore e tutta questa serie di elementi sono cose di cui non ho sentito traccia nel suo dotto intervento, ma che forse sono proprio l'oggetto della questione per cui lei fa l'Assessora, cioè esattamente rispondere alla richiesta dei Consiglieri Comunali che le chiedono, acclarato tutto ciò, cosa fate rispetto al gestore del servizio mensa: avete intenzione di rinegoziare l'appalto? In quale direzione vi state muovendo? Era decisamente più circostanziato e anche un pelino più semplice rispondere. Chiedo scusa, ma continuo a non capire che cosa farà l'Amministrazione, però credo che forse sia solo un problema del Capogruppo Lo Russo, non ho proprio capito concretamente come il Comune intenderà muoversi. VERSACI Fabio (Presidente) La parola alla Consigliera Artesio. ARTESIO Eleonora Credo che il ruolo del Consiglio Comunale, anche su questa materia, nel momento in cui viene discussa, sia anche quello di assumere una valutazione politica e di proporre delle ipotesi di rivisitazione dello stato delle cose. Brevemente, più per competenza professionale di insegnante - spero di non avere colpa, anche se la esercito dal 1975 -, ho conosciuto l'organizzazione dei servizi mensa in modo particolare all'interno della scuola primaria a tempo pieno, quindi non posso che riconoscermi nelle motivazioni e nelle modalità organizzative con le quali il servizio della mensa scolastica era stato pensato come momento formativo e al quale gli insegnanti vi si dedicavano. Ora il tema per il quale ci troviamo in questa situazione nasce dalla determinazione di collocare il servizio della ristorazione scolastica all'interno dei servizi pubblici a domanda individuale, ovvero all'interno di quei servizi per i quali è prevista una contribuzione da parte dell'utente. Già su questo sarebbe interessante capire se non sia di nuovo oggi una stagione politica che possa permettere una rinegoziazione dalle Amministrazioni Comunali verso la definizione della legge nazionale, sul fatto se il tempo formativo della mensa debba essere definito un servizio pubblico a domanda individuale. Anche nel momento in cui la norma così lo colloca e quindi impone alle Amministrazioni Comunali l'obbligo di determinare la quota di partecipazione al costo da parte dell'utente, tuttavia la discrezionalità dell'Amministrazione Comunale in questa determinazione è ampia ed è connessa alla facoltà o meno di raggiungere il pareggio di bilancio, valutando una tipologia differenziata di partecipazione ai costi dei servizi a domanda individuale. Ovvero, l'Amministrazione Comunale è comunque libera, pure in persistenza di questa legge, di determinare quella parte dei costi a carico della fiscalità generale e quella parte dei costi a carico dell'utenza che utilizza la ristorazione. Il mio punto di vista su questa intera vicenda è che si stanno contrapponendo due egoismi: l'egoismo dell'Amministrazione Comunale, sulla platea vasta che consentiva un risultato rapido e sostanzioso dal punto di vista delle entrate, di determinare una partecipazione al costo della ristorazione particolarmente elevato, con ciò consentendosi un'entrata tributaria significativa; l'egoismo, viceversa, di coloro che interpretano letteralmente il loro essere fruitori di un servizio a domanda individuale, quindi consumatori, e ritengono individualmente di autotutelarsi rispetto al costo e all'aumento dei costi. Sostanzialmente quei principi che l'Assessore ricordava, e nei quali mi sono riconosciuta come insegnante e tuttora mi riconosco, vengono violati da un'altra interpretazione del servizio di mensa: essendo un consumatore, come tale ti relazioni a questo servizio, alla faccia della dimensione collettiva e della dimensione formativa. Allora se vengono rimessi in discussione, ma si tratta purtroppo è un clima culturale che attraversa tutte le tematiche dei servizi pubblici, quanti anche tra i nostri cittadini e cittadine pensano perché mai si debba con la fiscalità generale sostenere il costo dei servizi collettivi, nidi se non abbiamo figli, o quanti altri ritengono di non dover sostenere il prelievo fiscale per finanziare la sanità pubblica se non si è ammalati e, casomai, tutelarsi in modo privatistico quando lo si diventa; è l'impianto dei servizi pubblici che culturalmente sta subendo uno stress nei comportamenti delle persone e nei comportamenti delle Amministrazioni. Di fronte all'esercizio di due egoismi contrapposti, non intervengo sulle soluzioni organizzative. Le soluzioni organizzative, limitatamente alle persone che si trovano oggi, in virtù di un pronunciamento e di una sentenza, o si troveranno per aderirvi nelle condizioni di scegliere il pasto portato da casa, hanno aspetti tecnico- organizzativi che l'Assessore ha descritto; pongo invece una questione generale. La questione generale è: questa lezione ci induce e ci consente politicamente e amministrativamente di riaprire il dibattito rispetto al fatto che il servizio della mensa scolastica, se individualmente richiede una partecipazione al costo, è in realtà un servizio collettivo sul quale socialmente vogliamo investire? Siamo nelle condizioni di rinegoziare la dimensione generale delle tariffe di questo servizio sia perché ci crediamo culturalmente, ma anche per prevenire il rischio che la disaffezione produca anche costi economici all'Amministrazione rispetto agli appalti in essere? Auspico che questa possa essere la volontà comune. VERSACI Fabio (Presidente) La parola alla Consigliera Azzarà. AZZARÀ Barbara Ringrazio l'Assessora Patti per il suo intervento. Vorrei solo che venisse messo in evidenza il motivo per cui, oggi, ci troviamo qui a discutere come ottemperare ad una sentenza, mentre dovremmo parlare del motivo per cui si è arrivati a questo punto. Ad oggi, è esiguo il numero dei genitori che si è rivolto al Tribunale rispetto alle famiglie che desiderano continuare ad utilizzare il servizio della mensa scolastica per i loro figli, ma che, negli anni, si sono rivolte alle commissioni mensa degli istituti di appartenenza per chiedere spiegazioni del motivo per cui il servizio offerto non fosse adeguato sia nei costi che nella qualità. Certo è che la proroga per un anno del bando compiuta dalla scorsa Amministrazione proprio al termine del suo mandato è stato un chiaro messaggio del fatto che nulla sarebbe mutato. Anche i quotidiani (che, finalmente, hanno cominciato a scrivere in questi giorni sull'argomento) solo pochi mesi fa raccontavano di come il servizio fosse all'avanguardia e tutto fosse perfetto, minimizzando le problematiche e non dando voce alle centinaia di famiglie che desideravano essere ascoltate. Infatti, come è stato rilevato, oltre alle questioni quota fissa e costo totale a carico delle famiglie e che, sì, è proporzionale al reddito ma è sbilanciato verso le fasce medio-alte, si deve anche aggiungere il problema dell'effettiva qualità degli alimenti e della scelta dei piatti, che dovrebbero essere adeguate alla tipologia di somministrazione (infatti, sappiamo che dalla scuola dell'obbligo il servizio cambia, perché i cibi non sono più cucinati in loco, ma sono veicolati). Se leggete il capitolato, gli alimenti inseriti sembrano tutti di primissima qualità, ma, allora, come mai, tanto per fare un esempio, spesso i bambini si trovano nel piatto la sottiletta invece della Toma DOP? Il capitolato è infarcito di note nelle quali si spiega che è permessa la sostituzione degli alimenti se l'addetto è impossibilitato a reperirli; questo può accadere un giorno, oppure tutti i giorni, senza alcun preavviso, tanto meno senza che vi sia un limite. Sono anni che le commissioni mensa spiegano e dettagliano le problematiche anche attraverso fax ed interventi nelle sedi opportune, ma non sono mai state prese in considerazione. Questo, a mio parere, è il motivo per cui, oggi, siamo arrivati a dover fare queste scelte, che mettono in difficoltà le scuole e ancor più gli insegnanti, che poi dovranno materialmente risolvere anche le problematiche di tutti i giorni, sempre tenendo in considerazione il bene dei bambini ed il rispetto dei principi di equità sociale e relazionale dei minori coinvolti; quindi, il nuovo bando dovrà fare molta attenzione a queste problematiche. VERSACI Fabio (Presidente) Non essendoci altre richieste di intervento, la parola, per la replica, all'Assessora Patti. PATTI Federica (Assessora) Per rispondere al Consigliere Lo Russo, se vuole gliele posso scrivere anche io alcune comunicazioni e può vedere le mie pubblicazioni, in quanto, di fatto, di solito scrivo tutto da sola; giusto per fare una precisazione. Detto ciò, non so come evitare la strumentalizzazione dei bambini, non siamo noi che abbiamo alzato il livello di scontro, anzi li abbiamo accolti, ascoltati e ne abbiamo anche compreso legittimamente le rivendicazioni. È difficile poi andare a fermare qualcuno sulla soglia della porta che vuol mandare il proprio figlio a scuola con il baracchino, per cui non posso fare altro che dirlo. Ho scelto questa sede per farlo perché mi sembrava quella più appropriata e mi scuso se vi ho annoiato con un dotto intervento, ma, vista anche la sorprendente campagna mediatica sui quotidiani (che - lo ammetto - mi ha stupito), credevo fosse corretto rispondere a tutta una serie di aspetti sulla questione. Per quel che riguarda Camst, li abbiamo incontrati ed abbiamo discusso su quelli che sono i termini dell'appalto, per cui mi sembra che, in questo momento, non ci sia alcun problema con loro. Anzi, di concerto con l'Ufficio Scolastico Regionale (e, quindi, con il dottor Manca) e con l'Assessora Pentenero (che è anche sua compagna di partito), in realtà ci siamo trovati spesso a condividere il concetto che metteva anche in luce la Consigliera Artesio, cioè che il tempo pieno, di fatto, ha un vuoto dal punto di vista burocratico-amministrativo, perché, da un lato, viene detto che è un tempo scuola e, dall'altro lato, viene detto che è un servizio a domanda individuale ed è qui che si innesta il grimaldello attraverso il quale uno può fomentare una protesta, che, come dicevo, è per i prezzi alti, non è per la rivendicazione di un diritto di scelta; questo è quello che, alla fine, mi sembra di capire dai media. È qui che, forse, dovremmo fare una riflessione: capire come fare massa critica e confrontarci anche tra più Amministrazioni su come rilanciare il progetto del tempo pieno, come diceva anche la Consigliera Artesio, proprio andando incontro a quello che è davvero la scuola nei termini più alti del termine, anche nelle ore della mensa. Per quanto riguarda la partecipazione della Città al costo, non posso che condividere il pensiero che è stato qui esposto. È evidente che ci sono città che contribuiscono con una partecipazione più alta e Torino, più o meno, è intorno al 21%; quindi, anche questo, in un certo senso, fa sì che l'utenza vada a pagare un pasto per una quota maggiore rispetto ad altre città, per cui vediamo che i pasti hanno un costo più basso. Detto questo, credo che sia una battaglia che interessa e dovrebbe interessare tutti e sulla quale non credo che debba esistere lo scontro, ma solo la collaborazione, perché il nostro fine comune sono i bambini, le bambine, la loro educazione e la loro crescita. VERSACI Fabio (Presidente) Le comunicazioni sono state effettuate. |