TESTO
UNICO
DELLE
LEGGI SULL’ ORDINAMENTO
DEGLI
ENTI LOCALI
Decreto
Legislativo 18 agosto 2000, n. 267
Decreto
Legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
TESTO
UNICO DELLE LEGGI SULL'ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI
IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti
gli articoli 76 e 87 della Costituzione
Visto
l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto
l'articolo 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265, recante
delega al Governo per l'adozione di un testo unico in
materia di ordinamento degli enti locali;
Vista
la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 20 aprile 2000;
Acquisiti
i pareri delle competenti Commissioni del Senato della
Repubblica e della Camera dei Deputati;
Udito
il parere del Consiglio di Stato, espresso nell'adunanza
generale dell'8 giugno 2000;
Acquisito
il parere della Conferenza Stato-città ed autonomie
locali e della Conferenza unificata, istituita ai sensi
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Vista
la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 4 agosto 2000;
Sulla
proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i
Ministri per gli affari regionali e della giustizia
Emana
Il
seguente decreto legislativo
Articolo
1
1.
E' approvato l'unito testo unico delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali, composto di 275 articoli.
PARTE
I
ORDINAMENTO
ISTITUZIONALE
TITOLO
I – Disposizioni generali
da art. 1 a art. 12
TITOLO
II – Soggetti
CAPO
I Comune da art. 13 a art. 18
CAPO
II Provincia da art. 19 a art.
21
CAPO
III Aree metropolitane da art. 22 a
art. 26
CAPO
IV Comunità Montane da art.
27 a art. 29
CAPO
V Forme Associative da art. 30 a art.
35
TITOLO
III – Organi
CAPO
I Organi di governo del comune e della provincia da
art. 36 a art. 54
CAPO
II Incandidabilità, ineleggibilità, incompatibilità da
art. 55 a art. 70
CAPO
III Sistema elettorale da art. 71 a
art. 76
CAPO
IV Status degli amministratori locali da art.
77 a art. 87
TITOLO
IV – Organizzazione e personale
CAPO
I Uffici e personale da art. 88 a art.
96
CAPO
II Segretari comunali e provinciali da art.
97 a art. 106
CAPO
III Dirigenza ed incarichi da art. 107
a art. 111
TITOLO
V – Servizi e interventi pubblici locali
da art. 112 a art. 123
TITOLO
VI – Controlli
CAPO
I Controllo sugli atti da art. 124
a art. 140
CAPO
II Controllo sugli organi da art. 141
a art. 146
CAPO
III Controlli interni art. 147
CAPO
IV Controlli esterni sulla gestione art. 148
PARTE
II
ORDINAMENTO
FINANZIARIO E CONTABILE
TITOLO
I –Disposizioni generali
da art. 149 a art. 161
TITOLO
II –Programmazione e Bilanci
CAPO
I Programmazione da art. 162 a art.
173
CAPO
II Competenze in materia di bilanci da art.
174 a art. 177
TITOLO
III – Gestione del Bilancio
CAPO
I Entrate da art. 178 a art.
181
CAPO
II Spese da art. 182 a art.
185
CAPO
III Risultato di amministrazione e residui da art.
186 a art. 190
CAPO
IV Principi di gestione e controllo di gestione da
art. 191 a art. 198
TITOLO
IV – Investimenti
CAPO
I Principi generali da art. 199 a art.
201
CAPO
II Fonti di finanziamento mediante da art.
202 a art. 205
indebitamento
CAPO
III Garanzie per mutui e prestiti da art.
206 a art. 207
TITOLO
V – Tesoreria
CAPO
I Disposizioni generali da art. 208
a art. 213
CAPO
II Riscossione delle entrate da art. 214
a art. 215
CAPO
III Pagamento delle spese da art. 216 a
art. 220
CAPO
IV Altre attività da art.
221 a art. 222
CAPO
V Adempimenti e verifiche contabili da art.
223 a art. 226
TITOLO
VI – Rilevazione e dimostrazione dei
da art. 227 a art. 233
risultati
di gestione
TITOLO
VII – Revisione economico–finanziaria
da art. 234 a art. 241
TITOLO
VIII – Enti locali deficitari o dissestati
CAPO
I Enti locali deficitari: disposizioni generali da
art. 242 a art. 243
CAPO
II Enti locali dissestati: disposizioni generali da
art. 244 a art. 251
CAPO
III Attività dell’organo straordinario da
art. 252 a art. 258
di
liquidazione
CAPO
IV Bilancio stabilmente riequilibrato da art.
259 a art. 263
CAPO
V Prescrizioni e limiti conseguenti al risanamento da
art. 264 a art. 269
PARTE
III
ASSOCIAZIONI
DEGLI ENTI LOCALI da art. 270 a art. 272
PARTE
IV
DISPOSIZIONI
TRANSITORIE ED ABROGAZIONI da art. 273 a art. 275
PARTE
I
ORDINAMENTO
COSTITUZIONALE
TITOLO
I
DISPOSIZIONI
GENERALI
Articolo
1
Oggetto
1.
Il presente testo unico contiene i principi e le disposizioni
in materia di ordinamento degli enti locali.
2.
Le disposizioni del presente testo unico non si applicano
alle regioni a statuto speciale e alle province autonome
di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni
previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione.
3.
La legislazione in materia di ordinamento degli enti locali
e di disciplina dell’esercizio delle funzioni ad essi
conferite enuncia espressamente i principi che costituiscono
limite inderogabile per la loro autonomia normativa. L’entrata
in vigore di nuove leggi che enunciano tali principi abroga
le norme statutarie con essi incompatibili. Gli enti locali
adeguano gli statuti entro 120 giorni dalla data di entrata
in vigore delle leggi suddette.
4.
Ai sensi dell’articolo 128 della Costituzione le leggi
della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente
testo unico se non mediante espressa modificazione delle
sue disposizioni.
Articolo
2
Ambito
di applicazione
1.Ai
fini del presente testo unico si intendono per enti locali
i comuni, le province, le città metropolitane,
le comunità montane, le comunità isolane
e le unioni di comuni.
2.
Le norme sugli enti locali previste dal presente testo
unico si applicano, altresì, salvo diverse disposizioni,
ai consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione
di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza
economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto,
dei consorzi per la gestione dei servizi sociali.
Articolo
3
Autonomia
dei comuni e delle province
1.
Le comunità locali, ordinate in comuni e province,
sono autonome.
2.
Il comune è l'ente locale che rappresenta la propria
comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo
sviluppo.
3.
La provincia, ente locale intermedio tra comune e regione,
rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi,
ne promuove e ne coordina lo sviluppo.
4.
I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa,
organizzativa e amministrativa, nonché autonomia
impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti
e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza
pubblica.
5.
I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie
e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della
regione, secondo il principio di sussidiarietà.
I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche
attraverso le attività che possono essere adeguatamente
esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle
loro formazioni sociali.
Articolo
4
Sistema
regionale delle autonomie locali
1.
Ai sensi dell’articolo 117, primo e secondo comma, e dell’articolo
118, primo comma, della Costituzione, le regioni, ferme
restando le funzioni che attengono ad esigenze di carattere
unitario nei rispettivi territori, organizzano l'esercizio
delle funzioni amministrative a livello locale attraverso
i comuni e le province.
2.
Ai fini di cui al primo comma 1, le leggi regionali si
conformano ai principi stabiliti dal presente testo unico
in ordine alle funzioni del comune e della provincia,
identificando, nelle materie e nei casi previsti dall’articolo
117 della Costituzione, gli interessi comunali e provinciali
in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del
territorio.
3.
La generalità dei compiti e delle funzioni amministrative
è attribuita ai comuni, alle province e alle comunità
montane, in base ai princìpi di cui all’articolo
4, comma 3, della legge del 15 marzo 1997, n. 59, secondo
le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative,
con esclusione delle sole funzioni che richiedono l’unitario
esercizio a livello regionale.
4.
La legge regionale indica i principi della cooperazione
dei comuni e delle province tra loro e con la regione,
al fine di realizzare un efficiente sistema delle autonomie
locali al servizio dello sviluppo economico, sociale e
civile.
5.
Le regioni, nell’ambito della propria autonomia legislativa,
prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione,
anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione
strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione
e l’azione coordinata fra regioni ed enti locali nell’ambito
delle rispettive competenze.
Articolo
5
Programmazione
regionale e locale
1.
La regione indica gli obiettivi generali della programmazione
economico-sociale e territoriale e su questi ripartisce
le risorse destinate al finanziamento del programma di
investimenti degli enti locali.
2.
Comuni e province concorrono alla determinazione degli
obiettivi contenuti nei piani e programmi dello Stato
e delle regioni e provvedono, per quanto di propria competenza,
alla loro specificazione ed attuazione.
3.
La legge regionale stabilisce forme e modi della partecipazione
degli enti locali alla formazione dei piani e programmi
regionali e degli altri provvedimenti della regione.
4.
La legge regionale indica i criteri e fissa le procedure
per gli atti e gli strumenti della programmazione socio-economica
e della pianificazione territoriale dei comuni e delle
province rilevanti ai fini dell'attuazione dei programmi
regionali.
5.
La legge regionale disciplina, altresì, con norme
di carattere generale, modi e procedimenti per la verifica
della compatibilità fra gli strumenti di cui al
comma 4 e i programmi regionali, ove esistenti.
Articolo
6
Statuti
comunali e provinciali
1.
I comuni e le province adottano il proprio statuto.
2.
Lo statuto, nell'ambito dei princìpi fissati dal
presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali
dell'organizzazione dell'ente e, in particolare, specifica
le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e
di partecipazione delle minoranze, i modi di esercizio
della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio.
Lo statuto stabilisce, altresì, i criteri generali
in materia di organizzazione dell’ente, le forme di collaborazione
fra comuni e province, della partecipazione popolare,
del decentramento, dell'accesso dei cittadini alle informazioni
e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone
e quanto ulteriormente previsto dal presente testo unico.
3.
Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme
per assicurare condizioni di pari opportunità tra
uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125,
e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle
giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia,
nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi
dipendenti.
4.
Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con
il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati.
Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione
è ripetuta in successive sedute da tenersi entro
trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene
per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta
dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente
comma si applicano anche alle modifiche statutarie.
5.
Dopo l'espletamento del controllo da parte del competente
organo regionale, lo statuto è pubblicato nel bollettino
ufficiale della regione, affisso all'albo pretorio dell'ente
per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero
dell'interno per essere inserito nella raccolta ufficiale
degli statuti. Lo statuto entra in vigore decorsi trenta
giorni dalla sua affissione all'albo pretorio dell'ente.
6.
L’ufficio del Ministero dell’interno, istituito per la
raccolta e la conservazione degli statuti comunali e provinciali,
cura anche adeguate forme di pubblicità degli statuti
stessi.
Articolo
7
Regolamenti
1.
Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello
statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti
nelle materie di propria competenza ed in particolare
per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni
e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento
degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni.
Articolo
7-bis (*)
Sanzioni
amministrative
1. Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni
delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali
si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25
euro a 500 euro.
1bis.
La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica
anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco
e dal presidente della provincia sulla base di disposizioni
di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari.(**)
2.
L'organo competente a irrogare la sanzione amministrativa
è individuato ai sensi dell'articolo 17 legge 24 novembre
1981, n. 689
(*) articolo inserito dall'Art. 16 della
Legge 16 gennaio 2003, n. 3
(**) comma inserito dal'art. 1 -quater, comma 5, Decreto
Legge 31 marzo 2003, n. 50, cosi' come modificato alla
Legge di conversione 20 maggio 2003, n. 116
Articolo
8
Partecipazione
popolare
1.
I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano
le libere forme associative e promuovono organismi di
partecipazione popolare all'amministrazione locale. I
rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo
statuto.
2.
Nel procedimento relativo all'adozione di atti che incidono
su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste
forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità
stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei princìpi
stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
3.
Nello statuto devono essere previste forme di consultazione
della popolazione nonché procedure per l'ammissione
di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli
o associati dirette a promuovere interventi per la migliore
tutela di interessi collettivi e devono essere, altresì,
determinate le garanzie per il loro tempestivo esame.
Possono essere, altresì, previsti referendum anche
su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
4.
Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo
devono riguardare materie di esclusiva competenza locale
e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni
elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali.
5.
Lo statuto, ispirandosi ai principi di cui alla legge
8 marzo 1994, n. 203 e al decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita
pubblica locale dei cittadini dell’Unione europea e degli
stranieri regolarmente soggiornanti.
Articolo
9
Azione
popolare e delle associazioni di protezione ambientale
1.
Ciascun elettore può far valere in giudizio le
azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia.
2.
Il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei
confronti del comune ovvero della provincia. In caso di
soccombenza, le spese sono a carico di chi ha promosso
l'azione o il ricorso, salvo che l’ente costituendosi
abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore.
3.
Le associazioni di protezione ambientale di cui all’articolo
13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre
le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario
che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a
danno ambientale. L’eventuale risarcimento è liquidato
in favore dell’ente sostituito e le spese processuali
sono liquidate in favore o a carico dell’associazione.
Articolo
10
Diritto
di accesso e di informazione
1.
Tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale
sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa
indicazione di legge o per effetto di una temporanea e
motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della
provincia che ne vieti l'esibizione, conformemente a quanto
previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione
possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle
persone, dei gruppi o delle imprese.
2.
Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati,
il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina
il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli
costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici
e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta
le norme necessarie per assicurare ai cittadini l'informazione
sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine
di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque
li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere,
in generale, alle informazioni di cui è in possesso
l'amministrazione.
3.
Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini
all'attività dell'amministrazione, gli enti locali
assicurano l'accesso alle strutture ed ai servizi agli
enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni.
Articolo
11
Difensore
civico
1.
Lo statuto comunale e quello provinciale possono prevedere
l'istituzione del difensore civico, con compiti di garanzia
dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica
amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche
di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze
ed i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini.
2.
Lo statuto disciplina l'elezione, le prerogative ed i
mezzi del difensore civico nonché i suoi rapporti
con il consiglio comunale o provinciale.
3.
Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono
altresì la funzione di controllo nell’ipotesi prevista
all’articolo 127.
Articolo
12
Sistemi
informativi e statistici
1.
Gli enti locali esercitano i compiti conoscitivi e informativi
concernenti le loro funzioni in modo da assicurare, anche
tramite sistemi informativo-statistici automatizzati,
la circolazione delle conoscenze e delle informazioni
fra le amministrazioni, per consentirne, quando prevista,
la fruizione su tutto il territorio nazionale.
2.
Gli enti locali, nello svolgimento delle attività
di rispettiva competenza e nella conseguente verifica
dei risultati, utilizzano sistemi informativo-statistici
che operano in collegamento con gli uffici di statistica
in applicazione del decreto legislativo 6 settembre 1989,
n. 322. E’ in ogni caso assicurata l’integrazione dei
sistemi informativo-statistici settoriali con il sistema
statistico nazionale.
3.
Le misure necessarie sono adottate con le procedure e
gli strumenti di cui agli articoli 6 e 9 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281.
TITOLO
II
SOGGETTI
CAPO
I
Comune
Articolo
13
Funzioni
1.
Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che
riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente
nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità,
dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo
economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito
ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo
le rispettive competenze.
2.
Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali
adeguati, attua forme sia di decentramento sia di cooperazione
con altri comuni e con la provincia.
Articolo
14
Compiti
del comune per servizi di competenza statale
1.
Il comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile,
di anagrafe, di leva militare e di statistica.
2.
Le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale
ufficiale del Governo, ai sensi dell’articolo 54.
3.
Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza
statale possono essere affidate ai comuni dalla legge
che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando
le risorse necessarie.
Articolo
15
Modifiche
territoriali, fusione ed istituzione di comuni
1.
A norma degli articoli 117 e 133 della Costituzione, le
regioni possono modificare le circoscrizioni territoriali
dei comuni sentite le popolazioni interessate, nelle forme
previste dalla legge regionale. Salvo i casi di fusione
tra più comuni, non possono essere istituiti nuovi
comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o
la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri
comuni scendano sotto tale limite.
2.
La legge regionale che istituisce nuovi comuni, mediante
fusione di due o più comuni contigui, prevede che
alle comunità di origine o ad alcune di esse siano
assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento
dei servizi.
3.
Al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi
della regione, lo Stato eroga, per i dieci anni successivi
alla fusione stessa, appositi contributi straordinari
commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai
singoli comuni che si fondono.
4.
La denominazione delle borgate e frazioni è attribuita
ai comuni ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione.
Articolo
16
Municipi
1.
Nei comuni istituiti mediante fusione di due o più
comuni contigui lo statuto comunale può prevedere
l'istituzione di municipi nei territori delle comunità
di origine o di alcune di esse.
2.
Lo statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione
e le funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi
eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli
amministratori dei municipi le norme previste per gli
amministratori dei comuni con pari popolazione.
Articolo
17
Circoscrizioni
di decentramento comunale
1.
I comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti
articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni
di decentramento, quali organismi di partecipazione, di
consultazione e di gestione di servizi di base, nonché
di esercizio delle funzioni delegate dal comune.
2.
L'organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono
disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento.
3.
I comuni con popolazione tra i 30.000 ed i 100.000 abitanti
possono articolare il territorio comunale per istituire
le circoscrizioni di decentramento secondo quanto previsto
dal comma 2.
4.
Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze
della popolazione delle circoscrizioni nell'ambito dell'unità
del comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto
e dal regolamento.
5.
Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti,
lo statuto può prevedere particolari e più
accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia
organizzativa e funzionale, determinando, altresì,
anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni
aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di
decentramento, lo status dei componenti e le relative
modalità di elezione, nomina o designazione. Il
consiglio comunale può deliberare, a maggioranza
assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della
delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti
e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia
ai sensi della normativa statutaria.
Articolo
18
Titolo
di città
1.
Il titolo di città può essere concesso con
decreto del Presidente della Repubblica su proposta del
Ministro dell’interno ai comuni insigni per ricordi, monumenti
storici e per l’attuale importanza.
CAPO
II
Provincia
Articolo
19
Funzioni
1.
Spettano alla provincia le funzioni amministrative di
interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali
o l'intero territorio provinciale nei seguenti settori:
a)
difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente
e prevenzione delle calamità;
b)
tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
c)
valorizzazione dei beni culturali;
d)
viabilità e trasporti;
e)
protezione della flora e della fauna parchi e riserve
naturali;
f)
caccia e pesca nelle acque interne;
g)
organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello
provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli
scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche
e sonore;
h)
servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti
dalla legislazione statale e regionale;
i)
compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo
grado ed artistica ed alla formazione professionale,
compresa l'edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione
statale e regionale;
l)
raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa
agli enti locali.
2.
La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base
di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività
nonché realizza opere di rilevante interesse provinciale
sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico,
sia in quello sociale, culturale e sportivo.
3.
La gestione di tali attività ed opere avviene attraverso
le forme previste dal presente testo unico per la gestione
dei servizi pubblici locali.
Articolo
20
Compiti
di programmazione
1.
La provincia:
a)
raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni,
ai fini della programmazione economica, territoriale
ed ambientale della regione;
b)
concorre alla determinazione del programma regionale
di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali
secondo norme dettate dalla legge regionale;
c)
formula e adotta, con riferimento alle previsioni
e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo,
propri programmi pluriennali sia di carattere generale
che settoriale e promuove il coordinamento dell'attività
programmatoria dei comuni.
2.
La provincia, inoltre, ferme restando le competenze dei
comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi
regionali, predispone ed adotta il piano territoriale
di coordinamento che determina gli indirizzi generali
di assetto del territorio e, in particolare, indica:
a)
le diverse destinazioni del territorio in relazione alla
prevalente vocazione delle sue parti;
b)
la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture
e delle principali linee di comunicazione;
c)
le linee di intervento per la sistemazione idrica,
idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere
per il consolidamento del suolo e la regimazione delle
acque;
d)
le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve
naturali.
3.
I programmi pluriennali e il piano territoriale di coordinamento
sono trasmessi alla regione ai fini di accertarne la conformità
agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica
e territoriale.
4.
La legge regionale detta le procedure di approvazione
nonché norme che assicurino il concorso dei comuni
alla formazione dei programmi pluriennali e dei piani
territoriali di coordinamento.
5.
Ai fini del coordinamento e dell'approvazione degli strumenti
di pianificazione territoriale predisposti dai comuni,
la provincia esercita le funzioni ad essa attribuite dalla
regione ed ha, in ogni caso, il compito di accertare la
compatibilità di detti strumenti con le previsioni
del piano territoriale di coordinamento.
6.
Gli enti e le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio
delle rispettive competenze, si conformano ai piani territoriali
di coordinamento delle province e tengono conto dei loro
programmi pluriennali.
Articolo
21
Circondari
e revisione delle circoscrizioni provinciali
1.
La provincia, in relazione all'ampiezza e peculiarità
del territorio, alle esigenze della popolazione ed alla
funzionalità dei servizi, può disciplinare
nello statuto la suddivisione del proprio territorio in
circondari e sulla base di essi organizzare gli uffici,
i servizi e la partecipazione dei cittadini.
2.
Nel rispetto della disciplina regionale, in materia di
circondario, lo statuto della provincia può demandare
ad un apposito regolamento l'istituzione dell'assemblea
dei sindaci del circondario, con funzioni consultive,
propositive e di coordinamento, e la previsione della
nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza
assoluta dall'assemblea dei sindaci e componente del consiglio
comunale di uno dei comuni appartenenti al circondario.
Il presidente ha funzioni di rappresentanza, promozione
e coordinamento. Al presidente del circondario si applicano
le disposizioni relative allo status del presidente del
consiglio di comune con popolazione pari a quella ricompresa
nel circondario.
3.
Per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione
di nuove province i comuni esercitano l'iniziativa di
cui all’articolo 133 della Costituzione, tenendo conto
dei seguenti criteri ed indirizzi:
a)
ciascun territorio provinciale deve corrispondere
alla zona entro la quale si svolge la maggior parte
dei rapporti sociali, economici e culturali della
popolazione residente;
b)
ciascun territorio provinciale deve avere dimensione
tale, per ampiezza, entità demografica, nonché
per le attività produttive esistenti o possibili,
da consentire una programmazione dello sviluppo che
possa favorire il riequilibrio economico, sociale
e culturale del territorio provinciale e regionale;
c)
l'intero territorio di ogni comune deve far parte
di una sola provincia;
d)
l'iniziativa dei comuni, di cui all’articolo 133 della
Costituzione, deve conseguire l'adesione della maggioranza
dei comuni dell'area interessata, che rappresentino,
comunque, la maggioranza della popolazione complessiva
dell'area stessa, con delibera assunta a maggioranza
assoluta dei consiglieri assegnati;
e)
di norma, la popolazione delle province risultanti
dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore
a 200.000 abitanti;
f)
l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente
l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni
dello Stato e degli altri enti pubblici;
g)
le province preesistenti debbono garantire alle nuove,
in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti,
personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie
adeguati.
4.
Ai sensi del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione
le regioni emanano norme intese a promuovere e coordinare
l'iniziativa dei comuni di cui alla lettera d) del comma
3.
CAPO
III
Aree
metropolitane
Articolo
22
Aree
metropolitane
1.
Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti
i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna,
Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti
abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale
e in ordine alle attività economiche, ai servizi
essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni
culturali e alle caratteristiche territoriali.
2.
Su conforme proposta degli enti locali interessati la
regione procede entro centottanta giorni dalla proposta
stessa alla delimitazione territoriale dell’area metropolitana.
Qualora la regione non provveda entro il termine indicato,
il Governo, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, invita
la regione a provvedere entro un ulteriore termine, scaduto
il quale procede alla delimitazione dell’area metropolitana.
3.
Restano ferme le città metropolitane e le aree
metropolitane definite dalle regioni a statuto speciale.
Articolo
23
Città
metropolitane
1.
Nelle aree metropolitane di cui all’articolo 22, il comune
capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità
territoriale e da rapporti di stretta integrazione in
ordine all’attività economica, ai servizi essenziali,
ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali
possono costituirsi in città metropolitane ad ordinamento
differenziato.
2.
A tale fine, su iniziativa degli enti locali interessati,
il sindaco del comune capoluogo e il presidente della
provincia convocano l’assemblea dei rappresentanti degli
enti locali interessati. L’assemblea, su conforme deliberazione
dei consigli comunali, adotta una proposta di statuto
della città metropolitana, che ne indichi il territorio,
l’organizzazione, l’articolazione interna e le funzioni.
3.
La proposta di istituzione della città metropolitana
è sottoposta a referendum a cura di ciascun comune
partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione.
Se la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza
degli aventi diritto al voto espressa nella metà
più uno dei comuni partecipanti, essa è
presentata dalla regione entro i successivi novanta giorni
ad una delle due Camere per l’approvazione con legge.
4.
All’elezione degli organi della città metropolitana
si procede nel primo turno utile ai sensi delle leggi
vigenti in materia di elezioni degli enti locali.
5.
La città metropolitana, comunque denominata, acquisisce
le funzioni della provincia; attua il decentramento previsto
dallo statuto, salvaguardando l’identità delle
originarie collettività locali.
6.
Quando la città metropolitana non coincide con
il territorio di una provincia, si procede alla nuova
delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all’istituzione
di nuove province, anche in deroga alle previsioni di
cui all’articolo 21, considerando l’area della città
come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto
speciale possono adeguare il proprio ordinamento ai principi
contenuti nel presente comma.
7.
Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche
in materia di riordino, ad opera dello Stato, delle circoscrizioni
provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali
siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione
regionale.
Articolo
24
Esercizio
coordinato di funzioni
1.
La regione, previa intesa con gli enti locali interessati,
può definire ambiti sovracomunali per l’esercizio
coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso
forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie:
a)
pianificazione territoriale;
b)
reti infrastrutturali e servizi a rete;
c)
piani di traffico intercomunali;
d)
tutela e valorizzazione dell’ambiente e rilevamento dell’inquinamento
atmosferico;
e)
interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
f)
raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;
g)
smaltimento dei rifiuti;
h)
grande distribuzione commerciale;
i)
attività culturali;
l)
funzioni dei sindaci ai sensi dell’articolo 50, comma
7.
2.
Le disposizioni regionali emanate ai sensi del primo comma
1 si applicano fino all’istituzione della città
metropolitana.
Articolo
25
Revisione
delle circoscrizioni comunali
1.
Istituita la città metropolitana, la regione, previa
intesa con gli enti locali interessati, può procedere
alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni
compresi nell’area metropolitana.
Articolo
26
Norma
transitoria
1.
Sono fatte salve le leggi regionali vigenti in materia
di aree metropolitane.
2.
La legge istitutiva della città metropolitana stabilisce
i termini per il conferimento, da parte della regione,
dei compiti e delle funzioni amministrative in base ai
principi dell’articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo
1997, n. 59, e le modalità per l’esercizio dell’intervento
sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto
previsto dall’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n.112.
CAPO
IV
Comunità
montane
Articolo
27
Natura
e ruolo
1.
Le comunità montane sono unioni di comuni, enti
locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani,
anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione
delle zone montane per l'esercizio di funzioni proprie,
di funzioni conferite e per l'esercizio associato delle
funzioni comunali.
2.
La comunità montana ha un organo rappresentativo
e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o
consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può
cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni
della comunità. I rappresentanti dei comuni della
comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni
partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo
la rappresentanza delle minoranze.
3.
La regione individua, concordandoli nelle sedi concertative
di cui all’articolo 4, gli ambiti o le zone omogenee per
la costituzione delle comunità montane, in modo
da consentire gli interventi per la valorizzazione della
montagna e l'esercizio associato delle funzioni comunali.
La costituzione della comunità montana avviene
con provvedimento del presidente della giunta regionale.
4.
La legge regionale disciplina le comunità montane
stabilendo in particolare:
a)
le modalità di approvazione dello statuto;
b)
le procedure di concertazione;
c)
la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;
d)
i criteri di ripartizione tra le comunità montane
dei finanziamenti regionali e di quelli dell'Unione
europea;
e)
i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
5.
La legge regionale può escludere dalla comunità
montana i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione
residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per
cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi
i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva
superiore a 40.000 abitanti. L'esclusione non priva i
rispettivi territori montani dei benefici e degli interventi
speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea
e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale
può prevedere, altresì, per un più
efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti
in forma associata, l'inclusione dei comuni confinanti,
con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano
parte integrante del sistema geografico e socioeconomico
della comunità.
6.
Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui
territorio coincide con quello di una comunità
montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite
alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali.
Tale disciplina si applica anche nel caso in cui il comune
sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con
la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede
allo scioglimento della comunità montana.
7.
Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi
di competenza delle regioni e delle comunità montane,
le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare
nell'ambito territoriale delle singole comunità
montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto
dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione,
delle difficoltà nell'utilizzazione agricola del
suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali
e della realtà socio-economica.
8.
Ove in luogo di una preesistente comunità montana
vengano costituite più comunità montane,
ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali
attribuiti all'ente originario, ripartiti in attuazione
dei criteri stabiliti dall’articolo 36 del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni.
Articolo
28
Funzioni
1.
L'esercizio associato di funzioni proprie dei comuni o
a questi conferite dalla regione spetta alle comunità
montane. Spetta, altresì, alle comunità
montane l'esercizio di ogni altra funzione ad esse conferita
dai comuni, dalla provincia e dalla regione.
2
. Spettano alle comunità montane le funzioni attribuite
dalla legge e gli interventi speciali per la montagna
stabiliti dalla Unione europea o dalle leggi statali e
regionali.
3.
Le comunità montane adottano piani pluriennali
di opere ed interventi e individuano gli strumenti idonei
a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socioeconomico,
ivi compresi quelli previsti dalla Unione europea, dallo
Stato e dalla regione, che possono concorrere alla realizzazione
dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano.
4.
Le comunità montane, attraverso le indicazioni
urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono
alla formazione del piano territoriale di coordinamento.
5.
Il piano pluriennale di sviluppo socioeconomico ed i suoi
aggiornamenti sono adottati dalle comunità montane
ed approvati dalla provincia secondo le procedure previste
dalla legge regionale.
6.
Gli interventi finanziari disposti dalle comunità
montane e da altri soggetti pubblici a favore della montagna
sono destinati esclusivamente ai territori classificati
montani.
7.
Alle comunità montane si applicano le disposizioni
dell’articolo 32, comma 5.
Articolo
29
Comunità
isolane o di arcipelago
1.
In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione
della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più
comuni, può essere istituita, dai comuni interessati,
la comunità isolana o dell'arcipelago, cui si estendono
le norme sulle comunità montane.
CAPO
V
Forme
associative
Articolo
30
Convenzioni
1.
Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi
determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro
apposite convenzioni.
2.
Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le
forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti
finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
3.
Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio
o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la regione,
nelle materie di propria competenza, possono prevedere
forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa
statuizione di un disciplinare-tipo.
4.
Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere
anche la costituzione di uffici comuni, che operano con
personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali
affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo
degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega
di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo
a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto
degli enti deleganti.
Articolo
31
Consorzi
1.
Gli enti locali per la gestione associata di uno o più
servizi, e l'esercizio associato di funzioni possono costituire
un consorzio secondo le norme previste per le aziende
speciali di cui all’articolo 114, in quanto compatibili.
Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici,
quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi
alle quali sono soggetti.
2.
A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza
assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell’articolo
30, unitamente allo statuto del consorzio.
3.
In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine
e le competenze degli organi consortili coerentemente
a quanto disposto dai commi 8, 9 e 10 dell’articolo 50
e dell’articolo 42, comma 2 lettera m), e prevedere la
trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali
del consorzio; lo statuto, in conformità alla convenzione,
deve disciplinare l'organizzazione, la nomina e le funzioni
degli organi consortili.
4.
Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto
per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi
rappresentanti legali anche enti diversi dagli enti locali,
l'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti
degli enti associati nella persona del sindaco, del presidente
o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità
pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione
e dallo statuto.
5.
L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne
approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.
6.
Tra gli stessi enti locali non può essere costituito
più di un consorzio.
7.
In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello
Stato può prevedere la costituzione di consorzi
obbligatori per l'esercizio di determinate funzioni e
servizi. La stessa legge ne demanda l'attuazione alle
leggi regionali.
8.
Ai consorzi che gestiscono attività di cui all'articolo
113-bis, si applicano le norme previste per le aziende
speciali.*
*comma
modificato dall'art. 35, comma 12 lettera a) della legge
28.12.2001 n. 448
Articolo
32
Unioni
di comuni
1.
Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due
o più comuni di norma contermini, allo scopo di
esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni
di loro competenza.
2.
L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati
dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure
e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie.
Lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalità
per la loro costituzione e individua altresì le
funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.
3.
Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione
scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere
che altri organi siano formati da componenti delle giunte
e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza
delle minoranze.
4.
L'unione ha potestà regolamentare per la disciplina
della propria organizzazione, per lo svolgimento delle
funzioni ad essa affidate e per i rapporti anche finanziari
con i comuni.
5.
Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili,
i princìpi previsti per l'ordinamento dei comuni.
Si applicano, in particolare, le norme in materia di composizione
degli organi dei comuni; il numero dei componenti degli
organi non può comunque eccedere i limiti previsti
per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva
dell’ente. Alle unioni competono gli introiti derivanti
dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi
ad esse affidati.
Articolo
33
Esercizio
associato di funzioni e servizi da parte dei comuni
1.
Le regioni, nell’emanazione delle leggi di conferimento
delle funzioni ai comuni, attuano il trasferimento delle
funzioni nei confronti della generalità dei comuni.
2.
Al fine di favorire l’esercizio associato delle funzioni
dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni
individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse,
concordandoli nelle sedi concertative di cui all’articolo
4. Nell’ambito della previsione regionale, i comuni esercitano
le funzioni in forma associata, individuando autonomamente
i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine
temporale indicato dalla legislazione regionale. Decorso
inutilmente il termine di cui sopra, la regione esercita
il potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla legge
stessa.
3.
Le regioni predispongono, concordandolo con i comuni nelle
apposite sedi concertative, un programma di individuazione
degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di
funzioni e servizi, realizzato anche attraverso le unioni,
che può prevedere altresì la modifica di
circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione
di contributi e incentivi alla progressiva unificazione.
Il programma è aggiornato ogni tre anni, tenendo
anche conto delle unioni di comuni regolarmente costituite.
4.
Al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale
dei servizi, delle funzioni e delle strutture, le regioni
provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell’ambito
del programma territoriale di cui al comma 3, le forme
di incentivazione dell’esercizio associato delle funzioni
da parte dei comuni, con l’eventuale previsione nel proprio
bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a quanto
stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le regioni
si attengono ai seguenti principi fondamentali
a)
nella disciplina delle incentivazioni:
1)
favoriscono il massimo grado di integrazione tra i
comuni, graduando la corresponsione dei benefici in
relazione al livello di unificazione, rilevato mediante
specifici indicatori con riferimento alla tipologia
ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi
associati o trasferiti in modo tale da erogare il
massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione;
2)
prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi
nelle ipotesi di fusione e di unione, rispetto alle
altre forme di gestione sovracomunale;
b)
promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo
alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori
benefici da corrispondere alle unioni che autonomamente
deliberino, su conforme proposta dei consigli comunali
interessati, di procedere alla fusione.
Articolo
34
Accordi
di programma
1.
Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi
o di programmi di intervento che richiedono, per la loro
completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata
di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali
e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più
tra i soggetti predetti, il presidente della regione o
il presidente della provincia o il sindaco, in relazione
alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli
interventi o sui programmi di intervento, promuove la
conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta
di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare
il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi,
le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso
adempimento.
2.
L'accordo può prevedere altresì procedimenti
di arbitrato, nonché interventi surrogatori di
eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti.
3.
Per verificare la possibilità di concordare l'accordo
di programma, il presidente della regione o il presidente
della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra
i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.
4.
L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente
della regione, del presidente della provincia, dei sindaci
e delle altre delle amministrazioni interessate, è
approvato con atto formale del presidente della regione
o del presidente della provincia o del sindaco ed è
pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. L'accordo,
qualora adottato con decreto del presidente della regione,
produce gli effetti della intesa di cui all’articolo 81
del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio
1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti
variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le
concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del
comune interessato.
5.
Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici,
l'adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata
dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza.
6.
Per l'approvazione di progetti di opere pubbliche comprese
nei programmi dell'amministrazione e per le quali siano
immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si
procede a norma dei precedenti commi. L'approvazione dell'accordo
di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità,
indifferibilità ed urgenza delle medesime opere;
tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere
non hanno avuto inizio entro tre anni.
7.
La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma
e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da
un collegio presieduto dal presidente della regione o
dal presidente della provincia o dal sindaco e composto
da rappresentanti degli enti locali interessati, nonché
dal commissario del Governo nella regione o dal prefetto
nella provincia interessata se all'accordo partecipano
amministrazioni statali o enti pubblici nazionali.
8.
Allorché l'intervento o il programma di intervento
comporti il concorso di due o più regioni finitime,
la conclusione dell'accordo di programma è promossa
dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, a cui spetta
convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio
di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto
da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei
ministri ed è composto dai rappresentanti di tutte
le regioni che hanno partecipato all'accordo. La Presidenza
del Consiglio dei ministri esercita le funzioni attribuite
dal comma 7 al commissario del Governo ed al prefetto.
Articolo
35
Norma
transitoria
1.
L’adozione delle leggi regionali previste dall’articolo
33, comma 4, avviene entro il 21 febbraio 2001. Trascorso
inutilmente tale termine, il Governo, entro i successivi
sessanta giorni, sentite le regioni inadempienti e la
Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede a dettare
la relativa disciplina nel rispetto dei principi enunciati
nel citato articolo del presente testo unico. La disciplina
adottata nell’esercizio dei poteri sostitutivi si applica
fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
TITOLO
III
ORGANI
CAPO
I
Organi
di governo del comune e della provincia
Articolo
36
Organi
di governo
1.
Sono organi di governo del comune il consiglio, la giunta,
il sindaco.
2.
Sono organi di governo della provincia il consiglio, la
giunta, il presidente.
Articolo
37
Composizione
dei consigli
1.
Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:
a)
da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un
milione di abitanti;
b)
da 50 membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000
abitanti;
c)
da 46 membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000
abitanti;
d)
da 40 membri nei comuni con popolazione superiore
a 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore,
siano capoluoghi di provincia;
e)
da 30 membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000
abitanti;
f)
da 20 membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000
abitanti;
g)
da 16 membri nei comuni con popolazione superiore a 3.000
abitanti;
h)
da 12 membri negli altri comuni.
2.
Il consiglio provinciale è composto dal presidente
della provincia e:
a)
da 45 membri nelle province con popolazione residente
superiore a 1.400.000 abitanti;
b)
da 36 membri nelle province con popolazione residente
superiore a 700.000 abitanti;
c)
da 30 membri nelle province con popolazione residente
superiore a 300.000 abitanti;
d)
da 24 membri nelle altre province.
3.
Il presidente della provincia e i consiglieri provinciali
rappresentano la intera provincia.
4.
La popolazione è determinata in base ai risultati
dell'ultimo censimento ufficiale.
Articolo
38
Consigli
comunali e provinciali
1.
L’elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro
durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro
posizione giuridica sono regolati dal presente testo unico.
2.
Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi
stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento,
approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare,
le modalità per la convocazione e per la presentazione
e la discussione delle proposte. Il regolamento indica
altresì il numero dei consiglieri necessario per
la validità delle sedute, prevedendo che in ogni
caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei
consiglieri assegnati per legge all’ente, senza computare
a tale fine il sindaco e il presidente della provincia.
3.
I consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa.
Con norme regolamentari i comuni e le province fissano
le modalità per fornire ai consigli servizi, attrezzature
e risorse finanziarie. Nei comuni con popolazione superiore
a 15.000 abitanti e nelle province possono essere
previste strutture apposite per il funzionamento dei consigli.
Con il regolamento di cui al comma 2 i consigli disciplinano
la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio
funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente
costituiti.
4.
I consiglieri entrano in carica all’atto della proclamazione
ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal
consiglio la relativa deliberazione.
5.
I consigli durano in carica sino all’elezione dei nuovi,
limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione
dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e
improrogabili.
6.
Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di
commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale.
Il regolamento determina i poteri delle commissioni e
ne disciplina l’organizzazione e le forme di pubblicità
dei lavori.
7.
Le sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche
salvi i casi previsti dal regolamento.
8.
Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate
al rispettivo consiglio, devono essere presentate personalmente
ed assunte immediatamente al protocollo dell’ente
nell’ordine temporale di presentazione. Le dimissioni
non presentate personalmente devono essere autenticate
ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata
con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni.
Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d’atto
e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e
non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei
consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni,
seguendo l’ordine di presentazione delle dimissioni quale
risulta dal protocollo. Non si fa luogo alla surroga qualora,
ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento
del consiglio a norma dell’articolo 141.*
9.
In occasione delle riunioni del consiglio vengono esposte
all’esterno degli edifici, ove si tengono, la bandiera
della Repubblica italiana e quella dell’Unione europea
per il tempo in cui questi esercita le rispettive funzioni
e attività. Sono fatte salve le ulteriori disposizioni
emanate sulla base della legge 5 febbraio 1998, n. 22,
concernente disposizioni generali sull’uso della bandiera
italiana ed europea.
* Comma. modificato
dall'art. 3, comma 1, del Decreto Legge 29 marzo 2004,
n. 80 coordinato con la Legge di conversione 28 maggio
2004, n. 140
Articolo
39
Presidenza
dei consigli comunali e provinciali
1.
I consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni
con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti
da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima
seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono
attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione e
direzione dei lavori e delle attività del consiglio.
Quando lo statuto non dispone diversamente, le funzioni
vicarie di presidente del consiglio sono esercitate dal
consigliere anziano individuato secondo le modalità
di cui all’articolo 40. Nei comuni con popolazione sino
a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la figura
del presidente del consiglio.
2.
Il presidente del consiglio comunale o provinciale è
tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore
ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri,
o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo
all’ordine del giorno le questioni richieste.
3.
Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti
il consiglio è presieduto dal sindaco che provvede
anche alla convocazione del consiglio salvo differente
previsione statutaria.
4.
Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura
una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari
ed ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al
consiglio.
5.
In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione
del consiglio, previa diffida, provvede il prefetto.
Articolo
40
Convocazione
della prima seduta del consiglio
1.
La prima seduta del consiglio comunale e provinciale deve
essere convocata entro il termine perentorio di dieci
giorni dalla proclamazione e deve tenersi entro il termine
di dieci giorni dalla convocazione.
2.
Nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti,
la prima seduta, è convocata dal sindaco ed è
presieduta dal consigliere anziano fino alla elezione
del presidente del consiglio. La seduta prosegue poi sotto
la presidenza del presidente del consiglio per la comunicazione
dei componenti della giunta e per gli ulteriori adempimenti.
E’ consigliere anziano colui che ha ottenuto la maggior
cifra individuale ai sensi dell’articolo 73 con esclusione
del sindaco neoeletto e dei candidati alla carica di sindaco,
proclamati consiglieri ai sensi del comma 11 del medesimo
articolo 73.
3.
Qualora il consigliere anziano sia assente o rifiuti di
presiedere l'assemblea, la presidenza è assunta
dal consigliere che, nella graduatoria di anzianità
determinata secondo i criteri di cui al comma 2, occupa
il posto immediatamente successivo.
4.
La prima seduta del consiglio provinciale è presieduta
e convocata dal presidente della provincia sino alla elezione
del presidente del consiglio.
5.
Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti,
la prima seduta del consiglio è convocata e presieduta
dal sindaco sino all’elezione del presidente del consiglio.
6.
Le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 si applicano
salvo diversa previsione regolamentare nel quadro dei
principi stabiliti dallo statuto.
Articolo
41
Adempimenti
della prima seduta
1.
Nella prima seduta il consiglio comunale e provinciale,
prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorché
non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la
condizione degli eletti a norma del capo II titolo III
e dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista
alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la
procedura indicata dall’articolo 69.
2.
Il consiglio comunale, nella prima seduta, elegge tra
i propri componenti la commissione elettorale comunale
ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del
Presidente della Repubblica 20 marzo 1967 n. 223.
Articolo
42
Attribuzioni
dei consigli
1.
Il consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo
politico - amministrativo.
2.
Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti
fondamentali:
a)
statuti dell’ente e delle aziende speciali, regolamenti
salva l’ipotesi di cui all’articolo 48 comma 3, criteri
generali in materia di ordinamento degli uffici e dei
servizi;
b)
programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani
finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori
pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni,
rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi
annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali
deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie;
c)
convenzioni tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia,
costituzione e modificazione di forme associative;
d)
istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi
di decentramento e di partecipazione;
e)
organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni
e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi,
partecipazione dell’ente locale a società di capitali,
affidamento di attività o servizi mediante convenzione;
(*)
f)
istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione
della determinazione delle relative aliquote; disciplina
generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei
servizi;
g)
indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche
e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a
vigilanza;
h)
contrazione di mutui e aperture di credito non previste
espressamente in atti fondamentali del consiglio ed emissioni
di prestiti obbligazionari; (**)
i)
spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi,
escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed
alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a
carattere continuativo;
l)
acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute,
appalti e concessioni che non siano previsti espressamente
in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano
mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria
amministrazione di funzioni e servizi di competenza della
giunta, del segretario o di altri funzionari;
m)
definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione
dei rappresentanti del comune presso enti, aziende ed
istituzioni, nonché nomina dei rappresentanti del
consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso
espressamente riservata dalla legge.
3.
Il consiglio, nei modi disciplinati dallo statuto, partecipa
altresì alla definizione, all’adeguamento e alla
verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche
da parte del sindaco o del presidente della provincia
e dei singoli assessori.
4.
Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente
articolo non possono essere adottate in via d’urgenza
da altri organi del comune o della provincia, salvo quelle
attinenti alle variazioni di bilancio adottate dalla giunta
da sottoporre a ratifica del consiglio nei sessanta giorni
successivi, a pena di decadenza.
(*)lettera
modificata dall'art. 35, comma 12 lettera b) della legge
28.12.2001 n. 448
(**)
lettera modificata dall'art. 1 , comma 68, lettera a)
legge 30/12/2004, n. 311
Articolo
43
Diritti
dei consiglieri
1.
I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di
iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione
del consiglio. Hanno inoltre il diritto di chiedere la
convocazione del consiglio secondo le modalità
dettate dall’articolo 39, comma 2 e di presentare interrogazioni
e mozioni .
2.
I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di
ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della
provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti,
tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili
all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti
al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge.
3.
Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori
da essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni
e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata
dai consiglieri. Le modalità della presentazione
di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate
dallo statuto e dal regolamento consiliare.
4.
Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata
partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo
il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative.
Articolo
44
Garanzia
delle minoranze e controllo consiliare
1.
Lo statuto prevede le forme di garanzia e di partecipazione
delle minoranze attribuendo alle opposizioni la presidenza
delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo
o di garanzia, ove costituite.
2.
Il consiglio comunale o provinciale, a maggioranza assoluta
dei propri membri, può istituire al proprio interno
commissioni di indagine sull'attività dell'amministrazione.
I poteri, la composizione ed il funzionamento delle suddette
commissioni sono disciplinati dallo statuto e dal regolamento
consiliare.
Articolo
45
Surrogazione
e supplenza dei consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali
1.
Nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali
il seggio che durante il quinquennio rimanga vacante per
qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito
al candidato che nella medesima lista segue immediatamente
l'ultimo eletto.
2.
Nel caso di sospensione di un consigliere ai sensi dell’articolo
59, il consiglio, nella prima adunanza successiva alla
notifica del provvedimento di sospensione, procede alla
temporanea sostituzione affidando la supplenza per l'esercizio
delle funzioni di consigliere al candidato della stessa
lista che ha riportato, dopo gli eletti, il maggior numero
di voti. La supplenza ha termine con la cessazione della
sospensione. Qualora sopravvenga la decadenza si fa luogo
alla surrogazione a norma del comma 1.
Articolo
46
Elezione
del sindaco e del presidente della provincia – Nomina
della giunta
1.
Il sindaco e il presidente della provincia sono eletti
dai cittadini a suffragio universale e diretto secondo
le disposizioni dettate dalla legge e sono membri dei
rispettivi consigli.
2.
Il sindaco e il presidente della provincia nominano i
componenti della giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente,
e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta
successiva alla elezione.
3.
Entro il termine fissato dallo statuto, il sindaco o il
presidente della provincia, sentita la giunta, presenta
al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni
e ai progetti da realizzare nel corso del mandato.
4.
Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare
uno o più assessori, dandone motivata comunicazione
al consiglio.
Articolo
47
Composizione
delle giunte
1.
La giunta comunale e la giunta provinciale sono composte
rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia,
che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito
dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo,
arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri
comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco
e il presidente della provincia, e comunque non superiore
a sedici unità.
2.
Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma
1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il
numero massimo degli stessi.
3.
Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti
e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco
o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei
componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso
dei requisiti di candidabilità, eleggibilità
e compatibilità alla carica di consigliere.
4.
Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti
lo statuto può prevedere la nomina ad assessore
di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso
dei requisiti di candidabilità, eleggibilità
e compatibilità alla carica di consigliere
5.
Fino all’adozione delle norme statutarie di cui al comma
1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un
numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti
misure:
a)
non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore
a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con
popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti;
non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa
tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di
provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti;
non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa
tra 250.001 e 500.000 abitanti; non superiore a 14
nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e
1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni
con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;
b)
non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati
24 consiglieri; non superiore a 8 per le province
a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore
a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri;
non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati
45 consiglieri.
Articolo
48
Competenze
delle giunte
1.
La giunta collabora con il sindaco o con il presidente
della provincia nel governo del comune o della provincia
ed opera attraverso deliberazioni collegiali.
2.
La giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell’articolo
107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo,
che non siano riservati dalla legge al consiglio e che
non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o
dallo statuto, del sindaco o del presidente della provincia
o degli organi di decentramento; collabora con il sindaco
e con il presidente della provincia nell'attuazione degli
indirizzi generali del consiglio; riferisce annualmente
al consiglio sulla propria attività e svolge attività
propositive e di impulso nei confronti dello stesso.
3.
E’, altresì, di competenza della giunta l'adozione
dei regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi,
nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio.
Articolo
49
Pareri
dei responsabili dei servizi
1.
Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta
ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve
essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità
tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora
comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del
responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità
contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2.
Nel caso in cui l’ente non abbia i responsabili dei servizi,
il parere è espresso dal Segretario dell’ente,
in relazione alle sue competenze.
3.
I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa
e contabile dei pareri espressi.
Articolo
50
Competenze
del sindaco e del presidente della provincia
1.
Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi
responsabili dell'amministrazione del comune e della provincia.
2.
Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano
l'ente, convocano e presiedono la giunta, nonché
il consiglio quando non è previsto il presidente
del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi
e degli uffici e all'esecuzione degli atti.
3.
Salvo quanto previsto dall’articolo 107 essi esercitano
le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto
e dai regolamenti e sovrintendono altresì all'espletamento
delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate
al comune e alla provincia.
4.
Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli
quale autorità locale nelle materie previste da
specifiche disposizioni di legge.
5.
In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene
pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze
contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale
rappresentante della comunità locale. Negli altri
casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa
la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza,
spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione
dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più
ambiti territoriali regionali.
6.
In caso di emergenza che interessi il territorio di più
comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino
a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi
del precedente comma.
7.
Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla
base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e
nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione,
gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi
e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i
responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni
interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici
pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare
l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive
e generali degli utenti.
8.
Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il
sindaco e il presidente della provincia provvedono alla
nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti
del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni.
9.
Tutte le nomine e le designazioni debbono essere effettuate
entro quarantacinque giorni dall'insediamento ovvero entro
i termini di scadenza del precedente incarico. In mancanza,
il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti
sostitutivi ai sensi dell’articolo 136.
10.
Il sindaco e il presidente della provincia nominano i
responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono
e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione
esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti
dagli articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi
statuti e regolamenti comunali e provinciali
11.
Il sindaco e il presidente della provincia prestano davanti
al consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento
di osservare lealmente la Costituzione italiana.
12.
Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con
lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da
portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della provincia
è una fascia di colore azzurro con lo stemma della
Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare
a tracolla .
Articolo
51
Durata
del mandato del sindaco, del presidente della provincia
e dei consigli. Limitazione dei mandati
1.
Il sindaco e il consiglio comunale, il presidente della
provincia e il consiglio provinciale durano in carica
per un periodo di cinque anni.
2.
Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica
di sindaco e di presidente della provincia non è,
allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile
alle medesime cariche.
3.
E’ consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei
due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due
anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni
volontarie.
Articolo
52
Mozione
di sfiducia
1.
Il voto del consiglio comunale o del consiglio provinciale
contrario ad una proposta del sindaco, del presidente
della provincia o delle rispettive giunte non comporta
le dimissioni degli stessi.
2.
Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive
giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di
una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla
maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione
di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno
due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare
a tal fine il sindaco e il presidente della provincia,
e viene messa in discussione non prima di dieci giorni
e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se
la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento
del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi
dell’articolo 141.
Articolo
53
Dimissioni,
impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso
del sindaco
o
del presidente della provincia
1.
In caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza
o decesso del sindaco o del presidente della provincia,
la giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio.
Il consiglio e la giunta rimangono in carica sino alla
elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco o presidente
della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni
del sindaco e del presidente della provincia sono svolte,
rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente
.
2.
Il vicesindaco ed il vicepresidente sostituiscono il sindaco
e il presidente della provincia in caso di assenza o di
impedimento temporaneo, nonché nel caso di sospensione
dall'esercizio della funzione ai sensi dell’articolo 59.
3.
Le dimissioni presentate dal sindaco o dal presidente
della provincia diventano efficaci ed irrevocabili trascorso
il termine di 20 giorni dalla loro presentazione al consiglio.
In tal caso si procede allo scioglimento del rispettivo
consiglio, con contestuale nomina di un commissario.
4.
Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina
in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente
della provincia nonché delle rispettive giunte.
Articolo
54
Attribuzioni
del sindaco nei servizi di competenza statale
1.
Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovraintende:
a)
alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione
ed agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia
elettorale, di leva militare e di statistica;
b)
alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti
dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine
e di sicurezza pubblica;
c)
allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza
e di polizia giudiziaria, delle funzioni affidategli
dalla legge;
d)
alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza
e l'ordine pubblico, informandone il prefetto.
2.
Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto
motivato e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento
giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine
di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano
l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei
relativi ordini può richiedere al prefetto, ove
occorra, l'assistenza della forza pubblica.
3.
In casi di emergenza, connessi con il traffico e/o con
l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a
causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari
necessità dell'utenza, il sindaco può modificare
gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi
e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i
responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni
interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici
pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti
di cui al comma 2.
4.
Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 2 è
rivolta a persone determinate e queste non ottemperano
all'ordine impartito, il sindaco può provvedere
d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio
dell'azione penale per i reati in cui fossero incorsi.
5.
Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni
di cui al presente articolo.
6.
Nell'ambito dei servizi di cui al presente articolo ,
il prefetto può disporre ispezioni per accertare
il regolare funzionamento dei servizi stessi nonché
per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri
servizi di carattere generale.
7.
Nelle materie previste dalle lettere a), b), c) e d) del
comma 1, nonché dall’articolo 14, il sindaco, previa
comunicazione al prefetto, può delegare l'esercizio
delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio
circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi
di decentramento comunale, il sindaco può conferire
la delega ad un consigliere comunale per l'esercizio delle
funzioni nei quartieri e nelle frazioni.
8.
Ove il sindaco o chi ne esercita le funzioni non adempia
ai compiti di cui al presente articolo, il prefetto può
nominare un commissario per l'adempimento delle funzioni
stesse.
9.
Alle spese per il commissario provvede l'ente interessato.
10.
Ove il sindaco non adotti i provvedimenti di cui al comma
2, il prefetto provvede con propria ordinanza.
CAPO
II
Incandidabilità,
ineleggibilità, incompatibilità
Articolo
55
Elettorato
passivo
1.
Sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia,
consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale gli
elettori di un qualsiasi comune della Repubblica che abbiano
compiuto il diciottesimo anno di età, nel primo
giorno fissato per la votazione.
2.
Per l’eleggibilità alle elezioni comunali dei cittadini
dell’Unione europea residenti nella Repubblica si applicano
le disposizioni del decreto legislativo 12 aprile 1996,
n.197.
Articolo
56
Requisiti
della candidatura
1.
Nessuno può presentarsi come candidato a consigliere
in più di due province o in più di due comuni
o in più di due circoscrizioni, quando le elezioni
si svolgano nella stessa data. I consiglieri provinciali,
comunali o di circoscrizione in carica non possono candidarsi,
rispettivamente, alla medesima carica in altro consiglio
provinciale, comunale o circoscrizionale.
2.
Nessuno può essere candidato alla carica di sindaco
o di presidente della provincia in più di un comune
ovvero di una provincia .
Articolo
57
Obbligo
di opzione
1.
Il candidato che sia eletto contemporaneamente consigliere
in due province, in due comuni, in due circoscrizioni,
deve optare per una delle cariche entro cinque giorni
dall’ultima deliberazione di convalida. Nel caso di mancata
opzione rimane eletto nel consiglio della provincia, del
comune o della circoscrizione in cui ha riportato il maggior
numero di voti in percentuale rispetto al numero dei votanti
ed è surrogato nell’altro consiglio.
Articolo
58
Cause
ostative alla candidatura
1.
Non possono essere candidati alle elezioni provinciali,
comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire
le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore
e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente
del consiglio circoscrizionale, presidente e componente
del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente
e componente dei consigli e delle giunte delle unioni
di comuni, consigliere di amministrazione e presidente
delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo
114, presidente e componente degli organi delle comunità
montane:
a)
coloro che hanno riportato condanna definitiva per
il delitto previsto dall’articolo 416-bis del codice
penale o per il delitto di associazione finalizzata
al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope
di cui all’articolo 74 del testo unico approvato con
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di
cui all’articolo 73 del citato testo unico, concernente
la produzione o il traffico di dette sostanze, o per
un delitto concernente la fabbricazione, l’importazione,
l’esportazione, la vendita o cessione, nonché,
nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione
non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e
la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti,
o per il delitto di favoreggiamento personale o reale
commesso in relazione a taluno dei predetti reati;
b)
coloro che hanno riportato condanna definitiva per
i delitti previsti dagli articoli 314 primo comma
(peculato), 316 (peculato mediante profitto dell’errore
altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato),
317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d’ufficio),
319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio),
319–ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione
di persona incaricata di un pubblico servizio) del
codice penale;*
c)
coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva
alla pena della reclusione complessivamente superiore
a sei mesi per uno o più delitti commessi con
abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti
ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio
diversi da quelli indicati nella lettera b);
d)
coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva
ad una pena non inferiore a due anni di reclusione
per delitto non colposo;
e)
coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato,
con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione,
in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni
di cui all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965,
n.575, come sostituito dall’articolo 13 della legge
13 settembre 1982, n. 646.
2.
Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo
e dall’articolo 59 la sentenza prevista dall’articolo
444 del codice di procedura penale è equiparata
a condanna.
3.
Le disposizioni previste dal comma 1 si applicano a qualsiasi
altro incarico con riferimento al quale l’elezione o la
nomina è di competenza:
a)
del consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale;
b)
della giunta provinciale o del presidente, della giunta
comunale o del sindaco, di assessori provinciali o
comunali.
4.
L’eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano
nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla. L’organo
che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell’elezione
è tenuto a revocare il relativo provvedimento non
appena venuto a conoscenza dell’esistenza delle condizioni
stesse.
5.
Le disposizioni previste dai commi precedenti non si applicano
nei confronti di chi è stato condannato con sentenza
passata in giudicato o di chi è stato sottoposto
a misura di prevenzione con provvedimento definitivo,
se è concessa la riabilitazione ai sensi dell’articolo
178 del codice penale o dell’articolo 15 della legge 3
agosto 1988, n. 327.
* Lettera. modificata
dall'art. 7, comma 1, lettera a) del Decreto Legge 29
marzo 2004, n. 80 coordinato con la Legge di conversione
28 maggio 2004, n. 140
Articolo
59
Sospensione
e decadenza di diritto
1.
Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma
1 dell’articolo 58:
a)
coloro che hanno riportato una condanna non definitiva
per uno dei delitti indicati all’articolo 58, comma
1, lettera a), o per uno dei delitti previsti dagli
articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318,
319, 319-ter e 320 del codice penale;
b)
coloro che, con sentenza di primo grado, confermata
in appello per la stessa imputazione, hanno riportato,
dopo l’elezione o la nomina, una condanna ad una pena
non inferiore a due anni di reclusione per un delitto
non colposo;
c)
coloro nei cui confronti l’autorità giudiziaria
ha applicato, con provvedimento non definitivo, una
misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere
ad una delle associazioni di cui all’articolo 1 della
legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo
13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. La sospensione
di diritto consegue, altresì, quando è
disposta l’applicazione di una delle misure coercitive
di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di
procedura penale.
2.
Nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, ove non
sia possibile la sostituzione ovvero fino a quando non
sia convalidata la supplenza, non sono computati al fine
della verifica del numero legale, né per la determinazione
di qualsivoglia quorum o maggioranza qualificata.
3.
La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi
diciotto mesi. La cessazione non opera, tuttavia, se entro
i termini di cui al precedente periodo l’impugnazione
in punto di responsabilità è rigettata anche
con sentenza non definitiva. In quest’ultima ipotesi la
sospensione cessa di produrre effetti decorso il termine
di dodici mesi dalla sentenza di rigetto.
4.
A cura della cancelleria del tribunale o della segreteria
del pubblico ministero i provvedimenti giudiziari che
comportano la sospensione sono comunicati al prefetto,
il quale, accertata la sussistenza di una causa di sospensione,
provvede a notificare il relativo provvedimento agli organi
che hanno convalidato l’elezione o deliberato la nomina.
5.
La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell’interessato
venga meno l’efficacia della misura coercitiva di cui
al comma 1, ovvero venga emessa sentenza, anche se non
passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento
o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura
di prevenzione o sentenza di annullamento ancorché
con rinvio. In tal caso la sentenza o il provvedimento
di revoca devono essere pubblicati nell’albo pretorio
e comunicati alla prima adunanza dell’organo che ha proceduto
all’elezione, alla convalida dell’elezione o alla nomina.
6.
Chi ricopre una delle cariche indicate al comma 1 dell’articolo
58 decade da essa di diritto dalla data del passaggio
in giudicato della sentenza di condanna o dalla data in
cui diviene definitivo il provvedimento che applica la
misura di prevenzione.
7.
Quando, in relazione a fatti o attività comunque
riguardanti gli enti di cui all’articolo 58, l’autorità
giudiziaria ha emesso provvedimenti che comportano la
sospensione o la decadenza dei pubblici ufficiali degli
enti medesimi e vi è la necessità di verificare
che non ricorrano pericoli di infiltrazione di tipo mafioso
nei servizi degli stessi enti, il prefetto può
accedere presso gli enti interessati per acquisire dati
e documenti ed accertare notizie concernenti i servizi
stessi.
8.
Copie dei provvedimenti di cui al comma 7 sono trasmesse
al Ministro dell’interno, ai sensi dell’articolo 2 comma
2-quater del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410
e successive modifiche ed integrazioni.
Articolo
60
Ineleggibilità
1.
Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia,
consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale:
1)
il Capo della Polizia, i vice capi della polizia,
gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano
servizio presso il Ministero dell’interno, i dipendenti
civili dello Stato che svolgano le funzioni di direttore
generale o equiparate o superiori ed i capi di gabinetto
dei ministri;
2)
nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni,
i Commissari di Governo, i prefetti della Repubblica,
i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza;
3)
nel territorio, nel quale esercitano il comando, gli
ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali
superiori delle Forze armate dello Stato;
4)
nel territorio, nel quale esercitano il loro ufficio,
gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno
giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno
ordinariamente le veci;
5)
i titolari di organi individuali ed i componenti di
organi collegiali che esercitano poteri di controllo
istituzionale sull’amministrazione del comune o della
provincia nonché i dipendenti che dirigono
o coordinano i rispettivi uffici;
6)
nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni,
i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali,
ai tribunali amministrativi regionali, nonché
i giudici di pace;
7)
i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi
consigli;
8)
il direttore generale, il direttore amministrativo
e il direttore sanitario delle aziende sanitarie locali
ed ospedaliere;
9)
i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture
convenzionate per i consigli del comune il cui territorio
coincide con il territorio dell’azienda sanitaria
locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o
lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a
costituire l’azienda sanitaria locale o ospedaliera
con cui sono convenzionate;
10)
i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società
per azioni con capitale superiore al 50 per cento
rispettivamente del comune o della provincia;(*)
11)
gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di
rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento
del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente
rispettivamente dal comune o dalla provincia;
12)
i sindaci, presidenti di provincia, consiglieri comunali,
provinciali o circoscrizionali in carica, rispettivamente
in altro comune, provincia o circoscrizione.
2.
Le cause di ineleggibilità di cui al numero 8)
non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate
almeno centottanta giorni prima della data di scadenza
dei periodi di durata degli organi ivi indicati. In caso
di scioglimento anticipato delle rispettive assemblee
elettive, le cause di ineleggibilità non hanno
effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro
i sette giorni successivi alla data del provvedimento
di scioglimento. Il direttore generale, il direttore amministrativo
ed il direttore sanitario, in ogni caso, non sono eleggibili
nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto
o in parte, il territorio dell’azienda sanitaria locale
o ospedaliera presso la quale abbiano esercitato le proprie
funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti
la data di accettazione della candidatura. I predetti,
ove si siano candidati e non siano stati eletti, non possono
esercitare per un periodo di cinque anni le loro funzioni
in aziende sanitarie locali e ospedaliere comprese, in
tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito
si sono svolte le elezioni.
3.
Le cause di ineleggibilità previste nei numeri
1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 9), 10), 11) e 12) non hanno
effetto se l’interessato cessa dalle funzioni per dimissioni,
trasferimento, revoca dell’incarico o del comando, collocamento
in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato
per la presentazione delle candidature.
4.
Le strutture convenzionate, di cui al numero 9) del comma
1, sono quelle indicate negli articoli 43 e 44 della legge
23 dicembre 1978, n. 833.
5.
La pubblica amministrazione è tenuta ad adottare
i provvedimenti di cui al comma 3 entro cinque giorni
dalla richiesta. Ove l’amministrazione non provveda, la
domanda di dimissioni o aspettativa accompagnata dalla
effettiva cessazione delle funzioni ha effetto dal quinto
giorno successivo alla presentazione.
6.
La cessazione delle funzioni importa la effettiva astensione
da ogni atto inerente all’ufficio rivestito.
7.
L’aspettativa è concessa anche in deroga ai rispettivi
ordinamenti per tutta la durata del mandato, ai sensi
dell’articolo 81.
8.
Non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti
assunti a tempo determinato.
9.
Le cause di ineleggibilità previste dal numero
9) del comma 1 non si applicano per la carica di consigliere
provinciale.
(*) numero modificato dall'art. 14-decies
della Legge 17 agosto 2005, n. 168
Articolo
61*
Ineleggibilità
e incompatibilità alla carica di sindaco e presidente
di provincia**
1.
Non può essere eletto alla carica di sindaco o
di presidente della provincia:
1)
il ministro di un culto;
2) coloro che hanno ascendenti
o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo
grado che coprano nelle rispettive amministrazioni
il posto di segretario comunale o provinciale.***
1bis).
Non possono ricoprire la carica di sindaco o di presidente
di provincia coloro che hanno ascendenti o discendenti
ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano
nelle rispettive amministrazioni il posto di appaltatore
di lavori o di servizi comunali o provinciali o in qualunque
modo loro fideiussore.****
* La Corte
Costituzionale ha dichiarato, con sentenza n. 23 del 31
ottobre 2000 l'illegittimità costituzionale della
previsione di ineleggibilità a sindaco di colui
che ha ascendenti o discendenti, ovvero parenti o affini
fino al II grado che rivestano la qualità di appaltatore
di lavori o di servizi comunali. La Corte Costituzionale
ritiene che tale fattispecie rientri nelle cause di incompatibilità.
** rubrica
sostituita dall'art. 7,comma 1 lettera b-bis punto 1)
del Decreto Legge 29 marzo 2004, n. 80 coordinato con
la Legge di conversione 28 maggio 2004, n. 140
*** punto modificato
dall'art. 7,comma 1 lettera b-bis punto 2) del Decreto
Legge 29 marzo 2004, n. 80 coordinato con la Legge di
conversione 28 maggio 2004, n. 140
**** comma inserito
dall'art. 7,comma 1 lettera b-bis punto 3) del Decreto
Legge 29 marzo 2004, n. 80 coordinato con la Legge di
conversione 28 maggio 2004, n. 140
Articolo
62
Decadenza
dalla carica di sindaco e di presidente della provincia
1.
Fermo restando quanto previsto dall’articolo 7 del decreto
del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361
e dall’articolo 5 del decreto legislativo 20 dicembre
1993, n. 533, l’accettazione della candidatura a deputato
o senatore comporta, in ogni caso, per i sindaci dei comuni
con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i presidenti
delle province la decadenza dalle cariche elettive ricoperte.
Articolo
63
Incompatibilità
1.
Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente
della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale:
1)
l’amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza
o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti
a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 per cento di
partecipazione rispettivamente da parte del comune
o della provincia o che dagli stessi riceva, in via
continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte
facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell’anno
il dieci per cento del totale delle entrate dell’ente;
(*)
2)
colui che, come titolare, amministratore, dipendente
con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha
parte, direttamente o indirettamente, in servizi,
esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell’interesse
del comune o della provincia, ovvero in società
ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate
da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni
non siano dovute in forza di una legge dello Stato
o della regione;
3)
il consulente legale, amministrativo e tecnico che
presta opera in modo continuativo in favore delle
imprese di cui ai numeri 1) e 2) del presente comma;
4)
colui che ha lite pendente, in quanto parte di un
procedimento civile od amministrativo, rispettivamente,
con il comune o la provincia. La pendenza di una lite
in materia tributaria ovvero di una lite promossa
ai sensi dell'articolo 9 del presente decreto non
determina incompatibilita'. Qualora il contribuente
venga eletto amministratore comunale, competente a
decidere sul suo ricorso è la commissione del
comune capoluogo di circondario sede di tribunale
ovvero sezione staccata di tribunale. Qualora il ricorso
sia proposto contro tale comune, competente a decidere
è la commissione del comune capoluogo di provincia.
Qualora il ricorso sia proposto contro quest’ultimo
comune, competente a decidere è, in ogni caso,
la commissione del comune capoluogo di regione. Qualora
il ricorso sia proposto contro quest’ultimo comune,
competente a decidere è la commissione del
capoluogo di provincia territorialmente più
vicino. La lite promossa a seguito di o conseguente
a sentenza di condanna determina incompatibilita'
soltanto in caso di affermazione di responsabilita'
con sentenza passata in giudicato. La costituzione
di parte civile nel processo penale non costituisce
causa di incompatibilita'. La presente disposizione
si applica anche ai procedimenti in corso;(**)
5)
colui che, per fatti compiuti allorché era
amministratore o impiegato, rispettivamente, del comune
o della provincia ovvero di istituto o azienda da
esso dipendente o vigilato, è stato, con sentenza
passata in giudicato, dichiarato responsabile verso
l’ente, istituto od azienda e non ha ancora estinto
il debito;
6)
colui che, avendo un debito liquido ed esigibile,
rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero
verso istituto od azienda da essi dipendenti è
stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito
liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi
nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano
notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 602;
7)
colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi
in una condizione di ineleggibilità prevista
nei precedenti articoli.
2.
L’ipotesi di cui al numero 2) del comma 1 non si applica
a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di
cooperative, iscritte regolarmente nei registri pubblici.
3.
L’ipotesi di cui al numero 4) del comma 1 non si applica
agli amministratori per fatto connesso con l’esercizio
del mandato.
(*)
numero modificato dall'articolo 14-deices della Legge
17 agosto 2005, n. 168
(**)numero
modificato dall'articolo 3-ter del decreto legge 22 febbraio
2002 n. 13 cosi' come modificato dalla legge di converzione
n. 75 del 24 aprile 2002
Articolo
64
Incompatibilità
tra consigliere comunale e provinciale e assessore nella
rispettiva giunta
1.
La carica di assessore è incompatibile con la carica
di consigliere comunale e provinciale.
2.
Qualora un consigliere comunale o provinciale assuma la
carica di assessore nella rispettiva giunta, cessa dalla
carica di consigliere all’atto dell’accettazione della
nomina, ed al suo posto subentra il primo dei non eletti.
3.
Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano
ai comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti.
4.
Il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e
affini entro il terzo grado, del sindaco o del presidente
della giunta provinciale, non possono far parte della
rispettiva giunta né essere nominati rappresentanti
del comune e della provincia.*
* comma sostituito
dall'art.7, comma1, lettera b-ter) del Decreto Legge 29
marzo 2004, n. 80 coordinato con la Legge di conversione
28 maggio 2004, n. 140
Articolo
65
Incompatibilità
per consigliere regionale, provinciale,
comunale
e circoscrizionale
1.
Il presidente e gli assessori provinciali, nonché
il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel territorio
della regione, sono incompatibili con la carica di consigliere
regionale.
2.
Le cariche di consigliere provinciale, comunale e circoscrizionale
sono, altresì, incompatibili, rispettivamente,
con quelle di consigliere provinciale di altra provincia,
di consigliere comunale di altro comune, di consigliere
circoscrizionale di altra circoscrizione.
3.
La carica di consigliere comunale è incompatibile
con quella di consigliere di una circoscrizione del comune.
Articolo
66
Incompatibilità
per gli organi delle aziende sanitarie locali e ospedaliere
1.
La carica di direttore generale, di direttore amministrativo
e di direttore sanitario delle aziende sanitarie locali
e ospedaliere è incompatibile con quella di consigliere
provinciale, di sindaco, di assessore comunale, di presidente
o di assessore della comunità montana.
Articolo
67
Esimente
alle cause di ineleggibilità o incompatibilità
1.
Non costituiscono cause di ineleggibilità o di
incompatibilità gli incarichi e le funzioni conferite
ad amministratori del comune, della provincia e della
circoscrizione previsti da norme di legge, statuto o regolamento
in ragione del mandato elettivo.
Articolo
68
Perdita
delle condizioni di eleggibilità e incompatibilità
1.
La perdita delle condizioni di eleggibilità previste
dal presente capo importa la decadenza dalla carica di
sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale,
provinciale o circoscrizionale.
2.
Le cause di incompatibilità, sia che esistano al
momento della elezione sia che sopravvengano ad essa,
importano la decadenza dalle predette cariche.
3.
Ai fini della rimozione delle cause di ineleggibilità
sopravvenute alle elezioni ovvero delle cause di incompatibilità
sono applicabili le disposizioni di cui ai commi 2,3,5,6,7,
dell’articolo 60.
4.
La cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro dieci
giorni dalla data in cui è venuta a concretizzarsi
la causa di ineleggibilità o di incompatibilità.
Articolo
69
Contestazione
delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità
1.
Quando successivamente alla elezione si verifichi qualcuna
delle condizioni previste dal presente capo come causa
di ineleggibilità ovvero esista al momento della
elezione o si verifichi successivamente qualcuna delle
condizioni di incompatibilità previste dal presente
capo il consiglio di cui l’interessato fa parte gliela
contesta.
2.
L’amministratore locale ha 10 dieci giorni di tempo per
formulare osservazioni o per eliminare le cause di ineleggibilità
sopravvenute o di incompatibilità.
3.
Nel caso in cui venga proposta azione di accertamento
in sede giurisdizionale ai sensi del successivo articolo
70, il termine di 10 dieci giorni previsto dal comma 2
decorre dalla data di notificazione del ricorso.
4.
Entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine
di cui al comma 2 il consiglio delibera definitivamente
e, ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilità
o di incompatibilità, invita l’amministratore a
rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la opzione per
la carica che intende conservare.
5.
Qualora l’amministratore non vi provveda entro i successivi
10 giorni il consiglio lo dichiara decaduto. Contro la
deliberazione adottata è ammesso ricorso giurisdizionale
al tribunale competente per territorio.
6.
La deliberazione deve essere, nel giorno successivo, depositata
nella segreteria del consiglio e notificata, entro i cinque
giorni successivi, a colui che è stato dichiarato
decaduto.
7.
Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate
di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.
Articolo
70
Azione
popolare
1.
La decadenza dalla carica di sindaco, presidente della
provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale
può essere promossa in prima istanza da qualsiasi
cittadino elettore del comune, o da chiunque altro vi
abbia interesse davanti al tribunale civile, con ricorso
da notificare all’amministratore ovvero agli amministratori
interessati, nonché al sindaco o al presidente
della provincia.
2.
L’azione può essere promossa anche dal prefetto.
3.
Per tali giudizi si osservano le norme di procedura ed
i termini stabiliti dall’articolo 82 del decreto del Presidente
della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.
4.
Contro la sentenza del Tribunale, sono ammesse le impugnazioni
ed i ricorsi previsti dagli articoli 82/2 e 82/3 del decreto
del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.
CAPO
III
Sistema
elettorale
Articolo
71
Elezione
del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a
15.000 abitanti
1.
Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, l'elezione
dei consiglieri comunali si effettua con sistema maggioritario
contestualmente alla elezione del sindaco.
2.
Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere
anche presentato il nome e cognome del candidato alla
carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere
all’albo pretorio.
3.
Ciascuna candidatura alla carica di sindaco è collegata
ad una lista di candidati alla carica di consigliere comunale,
comprendente un numero di candidati non superiore al numero
dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti.
4.
Nella scheda è indicato, a fianco del contrassegno,
il candidato alla carica di sindaco.
5.
Ciascun elettore ha diritto di votare per un candidato
alla carica di sindaco, segnando il relativo contrassegno.
Può altresì esprimere un voto di preferenza
per un candidato alla carica di consigliere comunale compreso
nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco
prescelto, scrivendone il cognome nella apposita riga
stampata sotto il medesimo contrassegno.
6.
E' proclamato eletto sindaco il candidato alla carica
che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità
di voti si procede ad un turno di ballottaggio fra i due
candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti,
da effettuarsi la seconda domenica successiva. In caso
di ulteriore parità viene eletto il più
anziano di età.
7.
A ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere
si intendono attribuiti tanti voti quanti sono i voti
conseguiti dal candidato alla carica di sindaco ad essa
collegato.
8.
Alla lista collegata al candidato alla carica di sindaco
che ha riportato il maggior numero di voti sono attribuiti
due terzi dei seggi assegnati al consiglio, con arrotondamento
all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri
da assegnare alla lista contenga una cifra decimale superiore
a 50 centesimi. I restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente
fra le altre liste. A tal fine si divide la cifra elettorale
di ciascuna lista successivamente per 1, 2, 3, 4,... sino
a concorrenza del numero dei seggi da assegnare e quindi
si scelgono, tra i quozienti così ottenuti, i più
alti, in numero eguale a quello dei seggi da assegnare,
disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna
lista ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti ad essa
appartenenti compresi nella graduatoria. A parità
di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto
è attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore
cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per
sorteggio.
9.
Nell'ambito di ogni lista i candidati sono proclamati
eletti consiglieri comunali secondo l'ordine delle rispettive
cifre individuali, costituite dalla cifra di lista aumentata
dei voti di preferenza. A parità di cifra, sono
proclamati eletti i candidati che precedono nell'ordine
di lista. Il primo seggio spettante a ciascuna lista di
minoranza è attribuito al candidato alla carica
di sindaco della lista medesima.
10.
Ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti
tutti i candidati compresi nella lista, ed il candidato
a sindaco collegato, purché essa abbia riportato
un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento
dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato inferiore
al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali
del comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali,
la elezione è nulla.
11.
In caso di decesso di un candidato alla carica di sindaco,
intervenuto dopo la presentazione delle candidature e
prima del giorno fissato per le elezioni, si procede al
rinvio delle elezioni con le modalità stabilite
dall’articolo 18, terzo, quarto e quinto comma del decreto
del Presidente della Repubblica. 16 maggio 1960, n. 570,
consentendo, in ogni caso, l’integrale rinnovo del procedimento
di presentazione di tutte le liste e candidature a sindaco
e a consigliere comunale.
Articolo
72
Elezione
del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000
abitanti
1.
Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti,
il sindaco è eletto a suffragio universale e diretto,
contestualmente all'elezione del consiglio comunale.
2.
Ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare
all’atto della presentazione della candidatura il collegamento
con una o più liste presentate per l’elezione del
consiglio comunale. La dichiarazione ha efficacia solo
se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati
delle liste interessate.
3.
La scheda per l’elezione del sindaco è quella stessa
utilizzata per l’elezione del consiglio. La scheda reca
i nomi e i cognomi dei candidati alla carica di sindaco,
scritti entro un apposito rettangolo, al cui fianco sono
riportati i contrassegni della lista o delle liste con
cui il candidato è collegato. Ciascun elettore
può, con un unico voto, votare per un candidato
alla carica di sindaco e per una delle liste ad esso collegate,
tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste.
Ciascun elettore può altresì votare per
un candidato alla carica di sindaco, anche non collegato
alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo
rettangolo.
4.
E' proclamato eletto sindaco il candidato alla carica
che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi.
5.
Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui
al comma 4, si procede ad un secondo turno elettorale
che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del
primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla
carica di sindaco che hanno ottenuto al primo turno il
maggior numero di voti. In caso di parità di voti
tra i candidati, è ammesso al ballottaggio il candidato
collegato con la lista o il gruppo di liste per l'elezione
del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra
elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale,
partecipa al ballottaggio il candidato più anziano
di età.
6.
In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei
candidati ammessi al ballottaggio ai sensi del comma 5,
secondo periodo, partecipa al ballottaggio il candidato
che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio ha luogo
la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi
dell'evento.
7.
Per i candidati ammessi al ballottaggio rimangono fermi
i collegamenti con le liste per l'elezione del consiglio
dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio
hanno tuttavia facoltà, entro sette giorni dalla
prima votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori
liste rispetto a quelle con cui è stato effettuato
il collegamento nel primo turno. Tutte le dichiarazioni
di collegamento hanno efficacia solo se convergenti con
analoghe dichiarazioni rese dai delegati delle liste interessate.
8.
La scheda per il ballottaggio comprende il nome e il cognome
dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro l'apposito
rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli delle
liste collegate. Il voto si esprime tracciando un segno
sul rettangolo entro il quale è scritto il nome
del candidato prescelto.
9.
Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco
il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti
validi. In caso di parità di voti, è proclamato
eletto sindaco il candidato collegato, ai sensi del comma
7, con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del
consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra
elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale,
è proclamato eletto sindaco il candidato più
anziano d'età.
Articolo
73
Elezione
del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore
a 15.000 abitanti
1.
Le liste per l'elezione del consiglio comunale devono
comprendere un numero di candidati non superiore al numero
dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai due terzi,
con arrotondamento all'unità superiore qualora
il numero dei consiglieri da comprendere nella lista contenga
una cifra decimale superiore a 50 centesimi.
2.
Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere
anche presentato il nome e cognome del candidato alla
carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere
all’albo pretorio. Più liste possono presentare
lo stesso candidato alla carica di sindaco. In tal caso
le liste debbono presentare il medesimo programma amministrativo
e si considerano fra di loro collegate.
3.
Il voto alla lista viene espresso, ai sensi del comma
3 dell'art. 72, tracciando un segno sul contrassegno della
lista prescelta. Ciascun elettore può esprimere
inoltre un voto di preferenza per un candidato della lista
da lui votata, scrivendone il cognome sull'apposita riga
posta a fianco del contrassegno.
4.
L'attribuzione dei seggi alle liste è effettuata
successivamente alla proclamazione dell'elezione del sindaco
al termine del primo o del secondo turno.
5.
La cifra elettorale di una lista è costituita dalla
somma dei voti validi riportati dalla lista stessa in
tutte le sezioni del comune.
6.
La cifra individuale di ciascun candidato a consigliere
comunale è costituita dalla cifra di lista aumentata
dei voti di preferenza.
7.
Non sono ammesse all'assegnazione dei seggi quelle liste
che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento
dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo
di liste che abbia superato tale soglia.
8.
Salvo quanto disposto dal comma 10, per l'assegnazione
del numero dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun
gruppo di liste collegate, nel turno di elezione del sindaco,
con i rispettivi candidati alla carica di sindaco si divide
la cifra elettorale di ciascuna lista o gruppo di liste
collegate successivamente per 1, 2, 3, 4,....sino a concorrenza
del numero dei consiglieri da eleggere e quindi si scelgono,
fra i quozienti così ottenuti, i più alti,
in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere,
disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna
lista o gruppo di liste avrà tanti rappresentanti
quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi
nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle
cifre intere e decimali, il posto è attribuito
alla lista o gruppo di liste che ha ottenuto la maggiore
cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per
sorteggio. Se ad una lista spettano più posti di
quanti sono i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti,
fra le altre liste, secondo l'ordine dei quozienti.
9.
Nell'ambito di ciascun gruppo di liste collegate la cifra
elettorale di ciascuna di esse, corrispondente ai voti
riportati nel primo turno, è divisa per 1, 2, 3,
4, .....sino a concorrenza del numero dei seggi spettanti
al gruppo di liste. Si determinano in tal modo i quozienti
più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti
ad ogni lista.
10.
Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato
eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste
a lui collegate che non abbia già conseguito, ai
sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del
consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei
voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi,
sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di
liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti
validi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia
proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo
di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito,
ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi
del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi,
sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di
liste collegate al primo turno abbia già superato
nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I
restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi
di liste collegate ai sensi del comma 8.
11.
Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a
ciascuna lista o gruppo di liste collegate, sono in primo
luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati
alla carica di sindaco, non risultati eletti, collegati
a ciascuna lista che abbia ottenuto almeno un seggio.
In caso di collegamento di più liste al medesimo
candidato alla carica di sindaco risultato non eletto,
il seggio spettante a quest'ultimo è detratto dai
seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste collegate.
12.
Compiute le operazioni di cui al comma 11 sono proclamati
eletti consiglieri comunali i candidati di ciascuna lista
secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali. In
caso di parità di cifra individuale, sono proclamati
eletti i candidati che precedono nell'ordine di lista.
Articolo
74
Elezione
del presidente della provincia
1.
Il presidente della provincia è eletto a suffragio
universale e diretto, contestualmente alla elezione del
consiglio provinciale. La circoscrizione per l'elezione
del presidente della provincia coincide con il territorio
provinciale.
2.
Oltre a quanto previsto dall'art. 14 della legge 8 marzo
1951, n. 122, e successive modificazioni, il deposito,
l'affissione presso l'albo pretorio della provincia e
la presentazione delle candidature alla carica di consigliere
provinciale e di presidente della provincia sono disciplinati
dalle disposizioni di cui all’art. 3, commi 3 e 4, della
legge 25 marzo 1993, n. 81, in quanto compatibili.
3.
All'atto di presentare la propria candidatura ciascun
candidato alla carica di presidente della provincia deve
dichiarare di collegarsi ad almeno uno dei gruppi di candidati
per l'elezione del consiglio provinciale. La dichiarazione
di collegamento ha efficacia solo se convergente con analoga
dichiarazione resa dai delegati dei gruppi interessati.
4.
La scheda per l'elezione del presidente della provincia
è quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio
e reca, alla destra del nome e cognome di ciascun candidato
alla carica di presidente della provincia, il contrassegno
o i contrassegni del gruppo o dei gruppi di candidati
al consiglio cui il candidato ha dichiarato di collegarsi.
Alla destra di ciascun contrassegno è riportato
il nome e cognome del candidato al consiglio provinciale
facente parte del gruppo di candidati contraddistinto
da quel contrassegno.
5.
Ciascun elettore può votare per uno dei candidati
al consiglio provinciale tracciando un segno sul relativo
contrassegno. Ciascun elettore può, altresì,
votare sia per un candidato alla carica di presidente
della provincia, tracciando un segno sul relativo rettangolo,
sia per uno dei candidati al consiglio provinciale ad
esso collegato, tracciando anche un segno sul relativo
contrassegno. Il voto espresso nei modi suindicati si
intende attribuito sia al candidato alla carica di consigliere
provinciale corrispondente al contrassegno votato sia
al candidato alla carica di presidente della provincia.
Ciascun elettore può, infine, votare per un candidato
alla carica di presidente della provincia tracciando un
segno sul relativo rettangolo. Il voto in tal modo espresso
si intende attribuito solo al candidato alla carica di
presidente della provincia.
6.
E' proclamato eletto presidente della provincia il candidato
alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti
validi.
7.
Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui
al comma 6, si procede ad un secondo turno elettorale
che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del
primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla
carica di presidente della provincia che hanno ottenuto
al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità
di voti fra il secondo ed il terzo candidato è
ammesso al ballottaggio il più anziano di età.
8.
In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei
candidati ammessi al ballottaggio, partecipa al secondo
turno il candidato che segue nella graduatoria. Detto
ballottaggio dovrà aver luogo la domenica successiva
al decimo giorno dal verificarsi dell'evento.
9.
I candidati ammessi al ballottaggio mantengono i collegamenti
con i gruppi di candidati al consiglio provinciale dichiarati
al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno
facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione,
di dichiarare il collegamento con ulteriori gruppi di
candidati rispetto a quelli con cui è stato effettuato
il collegamento nel primo turno. La dichiarazione ha efficacia
solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai
delegati dei gruppi interessati.
10.
La scheda per il ballottaggio comprende il nome ed il
cognome dei candidati alla carica di presidente della
provincia, scritti entro l'apposito rettangolo, sotto
il quale sono riprodotti i simboli dei gruppi di candidati
collegati. Il voto si esprime tracciando un segno sul
rettangolo entro il quale è scritto il nome del
candidato prescelto.
11.
Dopo il secondo turno è proclamato eletto presidente
della provincia il candidato che ha ottenuto il maggior
numero di voti validi. In caso di parità di voti,
è proclamato eletto presidente della provincia
il candidato collegato con il gruppo o i gruppi di candidati
per il consiglio provinciale che abbiano conseguito la
maggiore cifra elettorale complessiva. A parità
di cifra elettorale, è proclamato eletto il candidato
più anziano di età.
Articolo
75
Elezione
del consiglio provinciale
1.
L'elezione dei consiglieri provinciali è effettuata
sulla base di collegi uninominali e secondo le disposizioni
dettate dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive
modificazioni, in quanto compatibili con le norme di cui
all’articolo 74 e al presente articolo.
2.
Con il gruppo di candidati collegati deve essere anche
presentato il nome e cognome del candidato alla carica
di presidente della provincia e il programma amministrativo
da affiggere all’albo pretorio. Più gruppi possono
presentare lo stesso candidato alla carica di presidente
della provincia. In tal caso i gruppi debbono presentare
il medesimo programma amministrativo e si considerano
fra di loro collegati.
3.
L'attribuzione dei seggi del consiglio provinciale ai
gruppi di candidati collegati è effettuata dopo
la proclamazione dell'elezione del presidente della provincia.
4.
La cifra elettorale di ogni gruppo è data dal totale
dei voti validi ottenuti da tutti i candidati del gruppo
stesso nei singoli collegi della provincia.
5.
Non sono ammessi all'assegnazione dei seggi i gruppi di
candidati che abbiano ottenuto al primo turno meno del
3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessuna
coalizione di gruppi che abbia superato tale soglia.
6.
Per l'assegnazione dei seggi a ciascun gruppo di candidati
collegati, si divide la cifra elettorale conseguita da
ciascun gruppo di candidati successivamente per 1, 2,
3, 4,…. sino a concorrenza del numero di consiglieri da
eleggere. Quindi tra i quozienti così ottenuti
si scelgono i più alti, in numero eguale a quello
dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria
decrescente. A ciascun gruppo di candidati sono assegnati
tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad esso appartenenti
compresi nella graduatoria. A parità di quoziente,
nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito
al gruppo di candidati che ha ottenuto la maggior cifra
elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio.
Se ad un gruppo spettano più posti di quanti sono
i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti tra
gli altri gruppi, secondo l'ordine dei quozienti.
7.
Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano quando
il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato
proclamato eletto presidente della provincia abbiano conseguito
almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio
provinciale.
8.
Qualora il gruppo o i gruppi di candidati collegati al
candidato proclamato eletto presidente della provincia
non abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi
assegnati al consiglio provinciale, a tale gruppo o gruppi
di candidati viene assegnato il 60 per cento dei seggi,
con arrotondamento all'unità superiore qualora
il numero dei consiglieri da attribuire al gruppo o ai
gruppi contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi.
In caso di collegamento di più gruppi con il candidato
proclamato eletto presidente, per determinare il numero
di seggi spettanti a ciascun gruppo, si dividono le rispettive
cifre elettorali corrispondenti ai voti riportati al primo
turno, per 1, 2, 3, 4, ..... sino a concorrenza del numero
dei seggi da assegnare. Si determinano in tal modo i quozienti
più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti
ad ogni gruppo di candidati.
9.
I restanti seggi sono attribuiti agli altri gruppi di
candidati ai sensi del comma 6.
10.
Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a
ciascun gruppo di candidati, sono in primo luogo proclamati
eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica
di presidente della provincia non risultati eletti, collegati
a ciascun gruppo di candidati che abbia ottenuto almeno
un seggio. In caso di collegamento di più gruppi
con il candidato alla carica di presidente della provincia
non eletto, il seggio spettante a quest'ultimo è
detratto dai seggi complessivamente attribuiti ai gruppi
di candidati collegati.
11.
Compiute le operazioni di cui al comma 10 sono proclamati
eletti consiglieri provinciali i candidati di ciascun
gruppo secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali.
12.
La cifra individuale dei candidati a consigliere provinciale
viene determinata moltiplicando il numero dei voti validi
ottenuto da ciascun candidato per cento e dividendo il
prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio
per i candidati a consigliere provinciale. Nel caso di
candidature presentate in più di un collegio si
assume, ai fini della graduatoria, la maggiore cifra individuale
riportata dal candidato.
Articolo
76
Anagrafe
degli amministratori locali e regionali
1.
Avvenuta la proclamazione degli eletti, il competente
ufficio del Ministero dell’interno in materia elettorale
raccoglie i dati relativi agli eletti a cariche locali
e regionali nella apposita anagrafe degli amministratori
locali nonché i dati relativi alla tenuta ed all’aggiornamento
anche in corso di mandato.
2.
L’anagrafe è costituita dalle notizie relative
agli eletti nei comuni, e province e regioni concernenti
i dati anagrafici, la lista o gruppo di appartenenza o
di collegamento, il titolo di studio e la professione
esercitata. I dati sono acquisiti presso comuni, e province
e regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione
telematica.
3.
Per gli amministratori non elettivi l’anagrafe è
costituita dai dati indicati al comma 2 contestualmente
forniti dagli amministratori stessi.
4.
Al fine di assicurare la massima trasparenza è
riconosciuto a chiunque il diritto di prendere visione
ed estrarre copia, anche su supporto informatico, dei
dati contenuti nell’anagrafe.
CAPO
IV
Status
degli amministratori locali
Articolo
77
Definizione
di amministratore locale
1.
La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato
a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli
enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo,
dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di
indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti
previsti dalla legge.
2.
Il presente capo disciplina il regime delle aspettative,
dei permessi e delle indennità degli amministratori
degli enti locali. Per amministratori si intendono, ai
soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani,
i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni
anche metropolitani e delle province, i componenti delle
giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti
dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i
presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità
montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni
e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti
degli organi di decentramento.
Articolo
78
Doveri
e condizione giuridica
1.
Il comportamento degli amministratori, nell’esercizio
delle proprie funzioni, deve essere improntato all’imparzialità
e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto
della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità
degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2 e
quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni.
2.
Gli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, devono
astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla
votazione di delibere riguardanti interessi propri o di
loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo
di astensione non si applica ai provvedimenti normativi
o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se
non nei casi in cui sussista una correlazione immediata
e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici
interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino
al quarto grado.
3.
I componenti la giunta comunale competenti in materia
di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono
astenersi dall’esercitare attività professionale
in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio
da essi amministrato.
4.
Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata
e diretta di cui al comma 2 sia stata accertata con sentenza
passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico
che costituivano oggetto della correlazione sono annullate
e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale.
Nelle more dell’accertamento di tale stato di correlazione
immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione
e specifici interessi dell’amministratore o di parenti
o affini è sospesa la validità delle relative
disposizioni del piano urbanistico.
5.
Al sindaco ed al presidente della provincia, nonché
agli assessori ed ai consiglieri comunali e provinciali
è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze
presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti
al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province.
6.
Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati,
non possono essere soggetti, se non per consenso espresso,
a trasferimenti durante l’esercizio del mandato. La richiesta
dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui
viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata
dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell’assegnazione
della sede per l'espletamento del servizio militare di
leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta
agli amministratori locali la priorità per la sede
di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi
a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di
leva non può essere espletato nell’ente nel quale
il soggetto è amministratore o in un ente dipendente
o controllato dalla medesima amministrazione.
Articolo
79
Permessi
e licenze
1.
I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti
dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle
comunità montane e delle unioni di comuni, nonché
dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione
superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi
dal servizio per l’intera giornata in cui sono convocati
i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano
in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto
di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno
successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano
oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio
per l’intera giornata successiva.
2.
Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì
nei confronti dei militari di leva o richiamati e di coloro
che svolgono il servizio sostitutivo previsto dalla legge.
Ai sindaci, ai presidenti di provincia, ai presidenti
delle comunità montane che svolgono servizio militare
di leva o che sono richiamati o che svolgono il servizio
sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata
in attesa di congedo per la durata del mandato.
3.
I lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali,
provinciali, metropolitane, delle comunità montane,
nonché degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali,
dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra
enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni consiliari
o circoscrizionali formalmente istituite nonché
delle commissioni comunali previste per legge, ovvero
membri delle conferenze dei capogruppo e degli organismi
di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai
regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi dal
servizio per partecipare alle riunioni degli organi di
cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto
di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo
per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al
posto di lavoro. Le disposizioni di cui al presente comma
si applicano altresì nei confronti dei militari
di leva o di coloro che sono richiamati o che svolgono
il servizio sostitutivo.
4.
I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle
province, delle città metropolitane, delle unioni
di comuni, delle comunità montane e dei consorzi
fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali,
provinciali e circoscrizionali, nonché i presidenti
dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con
popolazione superiore a quindicimila 15.000 abitanti,
hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai precedenti
commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per
un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48
ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci
metropolitani, presidenti delle comunità montane,
presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione
superiore a trentamila 30.000 abitanti.
5.
I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno
diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un
massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino
necessari per l’espletamento del mandato.
6.
L’attività ed i tempi di espletamento del mandato
per i quali i lavoratori chiedono ed ottengono permessi,
retribuiti e non retribuiti, devono essere prontamente
e puntualmente documentati mediante attestazione dell’ente.
Articolo
80
Oneri
per permessi retribuiti
1.
Le assenze dal servizio di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell’articolo
79 sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro.
Gli oneri per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti
da privati o da enti pubblici economici sono a carico
dell’ente presso il quale gli stessi lavoratori esercitano
le funzioni pubbliche di cui all'articolo 79. L’ente,
su richiesta documentata del datore di lavoro, è
tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per
retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di
effettiva assenza del lavoratore. Il rimborso viene effettuato
dall’ente entro trenta giorni dalla richiesta. Le somme
rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto
ai sensi dell’articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo
1988, n. 67. *
*
comma così modificato dall'art. 2 bis del D.L.
27/12/2000, n. 392, così come convertito con Legge
28/2/2001, n. 26
Articolo
81
Aspettative
1.
Gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma
2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati
a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il
periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa
è considerato come servizio effettivamente prestato,
nonché come legittimo impedimento per il compimento
del periodo di prova.
Articolo
82
Indennità
1.
Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina
una indennità di funzione, nei limiti fissati dal
presente articolo, per il sindaco, il presidente della
provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della
comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali,
i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché
i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste
delle loro articolazioni, delle province, delle città
metropolitane, delle comunità montane, delle unioni
di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità
è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non
abbiano richiesto l’aspettativa.
2.
I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali
e delle comunità montane hanno diritto a percepire,
nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza
per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun
caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un
consigliere può superare l’importo pari ad un terzo
dell’indennità massima prevista per il rispettivo
sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma
8.
3.
Ai soli fini dell’applicazione delle norme relative al
divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità
di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili ai redditi
da lavoro di qualsiasi natura.
4.
Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere
che all’interessato competa, a richiesta, la trasformazione
del gettone di presenza in una indennità di funzione,
sempre che tale regime di indennità comporti per
l’ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità
di funzione per i consiglieri prevede l’applicazione di
detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata
assenza dalle sedute degli organi collegiali.
5.
Le indennità di funzione previste dal presente
capo non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta
per la percezione di una delle due indennità ovvero
per la percezione del 50 per cento di ciascuna.
6.
Le indennità di funzione sono cumulabili con i
gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi
presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.
7.
Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità
di funzione prevista dal presente capo non è dovuto
alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi
collegiali del medesimo ente, né di commissioni
che di quell’organo costituiscono articolazioni interne
ed esterne.
8.
La misura delle indennità di funzione e dei gettoni
di presenza di cui al presente articolo è determinata,
senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato,
con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con
il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città
ed autonomie locali nel rispetto dei seguenti criteri:
a)
equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;
b)
articolazione delle indennità in rapporto con
la dimensione demografica degli enti, tenuto conto
delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della
percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto
al totale delle entrate, nonché dell’ammontare
del bilancio di parte corrente;
c)
articolazione dell’indennità di funzione dei
presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice
presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri
che hanno optato per tale indennità, in rapporto
alla misura della stessa stabilita per il sindaco
e per il presidente della provincia. Al presidente
e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi
fra enti locali e delle comunità montane sono
attribuite le indennità di funzione nella misura
prevista per un comune avente popolazione pari alla
popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra
enti locali o alla popolazione montana della comunità
montana;
d)
definizione di speciali indennità di funzione
per gli amministratori delle città metropolitane
in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;
e)
determinazione dell’indennità spettante al
presidente della provincia e al sindaco dei comuni
con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque,
non inferiore al trattamento economico fondamentale
del segretario generale dei rispettivi enti; per i
comuni con popolazione inferiore a diecimila abitanti,
nella determinazione dell’indennità si tiene
conto del trattamento economico fondamentale del segretario
comunale;
f)
previsione dell’integrazione dell’indennità
dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine
mandato, con una somma pari a una indennità
mensile, spettante per ciascun anno di mandato.
9.
Su richiesta della conferenza Conferenza Stato-città
ed autonomie locali si può procedere alla revisione
del decreto ministeriale di cui al comma 8 con la medesima
procedura ivi indicata.
10.
Il decreto ministeriale di cui al comma 8 è rinnovato
ogni tre anni ai fini dell’adeguamento della misura delle
indennità e dei gettoni di presenza sulla base
della media degli indici annuali dell’ISTAT di variazione
del costo della vita applicando, alle misure stabilite
per l’anno precedente, la variazione verificatasi nel
biennio nell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese
di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del
biennio.
11.
Le indennità di funzione e i gettoni di presenza,
determinati ai sensi del comma 8, possono essere incrementati
o diminuiti con delibera di giunta e di consiglio per
i rispettivi componenti. Nel caso di incremento la spesa
complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata
dello stanziamento di bilancio per le spese correnti,
fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli
enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla
possibilità di incremento gli enti locali in condizioni
di dissesto finanziario.
Articolo
83
Divieto
di cumulo
1.
I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri
regionali possono percepire solo i gettoni di presenza
previsti dal presente capo.
Articolo
84
Rimborsi
spese e indennità di missione
1.
Agli amministratori che, in ragione del loro mandato,
si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede
il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione,
nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero
del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri,
sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente
sostenute nonché la indennità di missione
alle condizioni dell’articolo 1, comma 1, e dell’articolo
3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836,
e per l’ammontare stabilito al numero 2) della tabella
A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni
2.
La liquidazione del rimborso delle spese o dell’indennità
di missione è effettuata dal dirigente competente,
su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione
delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute
e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità
della missione.
3.
Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo
del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso
per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute,
per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi
organi assembleari ed esecutivi, nonché per la
presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo
svolgimento delle funzioni proprie o delegate.
4.
I consigli e le assemblee possono sostituire all’indennità
di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute,
disciplinando con regolamento i casi in cui si applica
l’uno o l’altro trattamento.
Articolo
85
Partecipazione
alle associazioni rappresentative degli enti locali
1.
Le norme stabilite dal presente capo, relative alla posizione,
al trattamento e ai permessi dei lavoratori pubblici e
privati chiamati a funzioni elettive, si applicano anche
per la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali
alle associazioni internazionali, nazionali e regionali
tra enti locali.
2.
Le spese che gli enti locali ritengono di sostenere, per
la partecipazione dei componenti dei propri organi alle
riunioni e alle attività degli organi nazionali
e regionali delle associazioni, fanno carico ai bilanci
degli enti stessi.
Articolo
86
Oneri
previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni
fiscali e assicurative
1.
L’amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone
comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento
degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi
ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti
di provincia, per i presidenti di comunità montane,
di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per
gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni
con popolazione superiore a 10.000 abitanti, per i presidenti
dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000
abitanti, per i presidenti dei consigli provinciali, che
siano collocati in aspettativa non retribuita ai sensi
del presente testo unico. La medesima disposizione si
applica per i presidenti dei consigli circoscrizionali
nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti
un effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti
delle aziende anche consortili fino all’approvazione della
riforma in materia di servizi pubblici locali che si trovino
nelle condizioni previste dall’articolo 81.
2.
Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti
e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l’amministrazione
locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma
1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata
per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell’interno,
del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica sono stabiliti
i criteri per la determinazione delle quote forfettarie
in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti,
da conferire alla forma pensionistica presso la quale
il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto
alla data dell’incarico.
3.
L’amministrazione locale provvede, altresì, a rimborsare
al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento
per l’indennità di fine rapporto entro i limiti
di un dodicesimo dell’indennità di carica annua
da parte dell’ente e per l’eventuale residuo da parte
dell’amministratore.
4.
Alle indennità di funzione e ai gettoni di presenza
si applicano le disposizioni di cui all’articolo 26, comma
1, delle legge 23 dicembre 1994, n. 724.
5.
I comuni, le province, le comunità montane, le
unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono
assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti
all’espletamento del loro mandato.
6.
Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale
e assistenziale dei soggetti destinatari dei benefici
di cui al comma 1 è consentita l’eventuale ripetizione
degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali,
entro cinque anni dalla data del loro versamento, se precedente
alla data di entrata in vigore della legge 3 agosto 1999
n. 265, ed entro tre anni se successiva.
Articolo
87
Consigli
di amministrazione delle aziende speciali
1.
Fino all’approvazione della riforma in materia di servizi
pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione
delle aziende speciali anche consortili si applicano le
disposizioni contenute nell’articolo 78, comma 2, nell’articolo
79, commi 3 e 4, nell’articolo 81, nell’articolo 85 e
nell’articolo 86.
TITOLO
IV
ORGANIZZAZIONE
E PERSONALE
CAPO
I
Uffici
e personale
Articolo
88
Disciplina
applicabile agli uffici ed al personale degli enti locali
1.
All’ordinamento degli uffici e del personale degli enti
locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali
e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n.29,e successive modificazioni
ed integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia
di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni
nonché quelle contenute nel presente testo unico.
Articolo
89
Fonti
1.
Gli enti locali disciplinano, con propri regolamenti,
in conformità allo statuto, l’ordinamento generale
degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia,
funzionalità ed economicità di gestione
e secondo principi di professionalità e responsabilità.
2.
La potestà regolamentare degli enti locali si esercita,
tenendo conto di quanto demandato alla contrattazione
collettiva nazionale, nelle seguenti materie:
a)
responsabilità giuridiche attinenti ai singoli
operatori nell’espletamento delle procedure amministrative;
b)
organi, uffici, modi di conferimento della titolarità
dei medesimi;
c)
principi fondamentali di organizzazione degli uffici;
d)
procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di
avviamento al lavoro;
e)
ruoli, dotazioni organiche e loro consistenza complessiva;
f)
garanzia della libertà di insegnamento ed autonomia
professionale nello svolgimento dell’attività
didattica, scientifica e di ricerca;
g)
disciplina della responsabilità e delle incompatibilità
tra impiego nelle pubbliche amministrazioni ed altre
attività e casi di divieto di cumulo di impieghi
e incarichi pubblici.
3.
I regolamenti di cui al comma 1, nella definizione delle
procedure per le assunzioni, fanno riferimento ai principi
fissati dall’articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni.
4.
In mancanza di disciplina regolamentare sull’ordinamento
degli uffici e dei servizi o per la parte non disciplinata
dalla stessa, si applica la procedura di reclutamento
prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9
maggio 1994, n. 487.
5.
Gli enti locali, nel rispetto dei principi fissati dal
presente testo unico, provvedono alla rideterminazione
delle proprie dotazioni organiche, nonché all’organizzazione
e gestione del personale nell’ambito della propria autonomia
normativa ed organizzativa con i soli limiti derivanti
dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze
di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti
loro attribuiti. Restano salve le disposizioni dettate
dalla normativa concernente gli enti locali dissestati
e strutturalmente deficitari.
6.
Nell’ambito delle leggi, nonché dei regolamenti
di cui al comma 1, le determinazioni per l’organizzazione
degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti
di lavoro sono assunte dai soggetti preposti alla gestione
con la capacità e i poteri del privato datore di
lavoro.
Articolo
90
Uffici
di supporto agli organi di direzione politica
1.
Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi
può prevedere la costituzione di uffici posti alle
dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia,
della giunta o degli assessori, per l’esercizio delle
funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla
legge, costituiti da dipendenti dell’ente, ovvero, salvo
che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari,
da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato,
i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione,
sono collocati in aspettativa senza assegni.
2.
Al personale assunto con contratto di lavoro subordinato
a tempo determinato si applica il contratto collettivo
nazionale di lavoro del personale degli enti locali.
3.
Con provvedimento motivato della giunta, al personale
di cui al comma 2 il trattamento economico accessorio
previsto dai contratti collettivi può essere sostituito
da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il
lavoro straordinario, per la produttività collettiva
e per la qualità della prestazione individuale
.
Articolo
91
Assunzioni
1.
Gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai principi
di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse
per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente
con le disponibilità finanziarie e di bilancio.
Gli organi di vertice delle amministrazioni locali sono
tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di
personale, comprensivo delle unità di cui alla
legge 12 marzo 1999, n. 68, finalizzata alla riduzione
programmata delle spese del personale.
2.
Gli enti locali, ai quali non si applicano discipline
autorizzatorie delle assunzioni, programmano le proprie
politiche di assunzioni adeguandosi ai principi di riduzione
complessiva della spesa di personale, in particolare per
nuove assunzioni, di cui ai commi 2 bis, 3, 3 bis e 3
ter dell’articolo 39 del decreto legislativo 27 dicembre
1997, n. 449, per quanto applicabili, realizzabili anche
mediante l’incremento della quota di personale ad orario
ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili
nel quadro delle assunzioni compatibili con gli obiettivi
della programmazione e giustificate dai processi di riordino
o di trasferimento di funzioni e competenze.
3.
Gli enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente
deficitarie possono prevedere concorsi interamente riservati
al personale dipendente, solo in relazione a particolari
profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità
acquisita esclusivamente all’interno dell’ente.
4.
Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono
efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione
per l'eventuale copertura dei posti che si venissero a
rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione
per i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione
del concorso medesimo.
Articolo
92
Rapporti
di lavoro a tempo determinato e a tempo parziale
1.
Gli enti locali possono costituire rapporti di lavoro
a tempo parziale e a tempo determinato, pieno o parziale,
nel rispetto della disciplina vigente in materia. I dipendenti
degli enti locali a tempo parziale, purché autorizzati
dall'amministrazione di appartenenza, possono prestare
attività lavorativa presso altri enti.
2.
Nei comuni interessati da mutamenti demografici stagionali
in relazione a flussi turistici o a particolari manifestazioni
anche a carattere periodico, al fine di assicurare il
mantenimento di adeguati livelli quantitativi e qualitativi
dei servizi pubblici, il regolamento può prevedere
particolari modalità di selezione per l’assunzione
del personale a tempo determinato per esigenze temporanee
o stagionali, secondo criteri di rapidità e trasparenza
ed escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano,
in ogni caso, le disposizioni dei commi 7 e 8 dell’articolo
36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni.
Articolo
93
Responsabilità
patrimoniale
1.
Per gli amministratori e per il personale degli enti locali
si osservano le disposizioni vigenti in materia di responsabilità
degli impiegati civili dello Stato.
2.
Il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia
maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione
dei beni degli enti locali, nonché coloro che si
ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti
devono rendere il conto della loro gestione e sono soggetti
alla giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme
e le procedure previste dalle leggi vigenti
3.
Gli agenti contabili degli enti locali, salvo che la Corte
dei conti lo richieda, non sono tenuti alla trasmissione
della documentazione occorrente per il giudizio di conto
di cui all’articolo 74 del regio decreto 18 novembre 1923,
n. 2440, ed agli articoli 44 e seguenti del regio decreto
12 luglio 1934, n. 1214 .
4.
L'azione di responsabilità si prescrive in cinque
anni dalla commissione del fatto La responsabilità
nei confronti degli amministratori e dei dipendenti dei
comuni e delle province è personale e non si estende
agli eredi salvo il caso in cui vi sia stato illecito
arricchimento del dante causa e conseguente illecito arricchimento
degli eredi stessi.
Articolo
94
Responsabilità
disciplinare
1.
Qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere
a), b), c), d) ed e) del comma 1 dell’articolo 58 nonché
alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 59
nei confronti del personale dipendente delle amministrazioni
locali, compresi gli enti ivi indicati, si fa luogo alla
immediata sospensione dell'interessato dalla funzione
o dall'ufficio ricoperti. La sospensione è disposta
dal responsabile dell’ufficio secondo la specifica competenza,
con le modalità e procedure previste dai rispettivi
ordinamenti. A tal fine i provvedimenti emanati dal giudice
sono comunicati, a cura della cancelleria del tribunale
o della segreteria del pubblico ministero, ai responsabili
delle amministrazioni o enti locali indicati nelle predette
disposizioni .
2.
Al personale dipendente di cui al comma precedente si
applicano altresì le disposizioni del comma 5 dell’articolo
58 e del comma 6 dell’articolo 59 previa attivazione del
procedimento disciplinare.
Articolo
95
Dati
sul personale degli enti locali
1.
Il Ministero dell'interno aggiorna periodicamente, sentiti
l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), l’Unione
delle province d’Italia (Upi) e l'Unione nazionale comuni,
comunità enti montani (Uncem), i dati del censimento
generale del personale in servizio presso gli enti locali.
2.
Resta ferma la disciplina sulla banca dati sulle dotazioni
organiche degli enti locali prevista dall’articolo 16
ter del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito
con modificazioni dalla legge 19 marzo 1993, n. 68.
Articolo
96
Riduzione
degli organismi collegiali
1.
Al fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di
efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi i
consigli e le giunte, secondo le rispettive competenze,
con provvedimento da emanare entro sei mesi dall'inizio
di ogni esercizio finanziario, individuano i comitati,
le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale
con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per
la realizzazione dei fini istituzionali dell'amministrazione
o dell'ente interessato. Gli organismi non identificati
come indispensabili sono soppressi a decorrere dal mese
successivo all'emanazione del provvedimento. Le relative
funzioni sono attribuite all'ufficio che riveste preminente
competenza nella materia.
CAPO
II
Segretari
comunali e provinciali
Articolo
97
Ruolo
e funzioni
1.
Il comune e la provincia hanno un segretario titolare
dipendente dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo
dei segretari comunali e provinciali, di cui all’articolo
102 e iscritto all'albo di cui all’articolo 98.
2.
Il segretario comunale e provinciale svolge compiti di
collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa
nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità
dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed
ai regolamenti.
3.
Il sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgano
della facoltà prevista dal comma 1 dell’articolo
108, contestualmente al provvedimento di nomina del direttore
generale disciplinano, secondo l'ordinamento dell'ente
e nel rispetto dei loro distinti ed autonomi ruoli, i
rapporti tra il segretario ed il direttore generale.
4.
Il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni
dei dirigenti e ne coordina l'attività, salvo quando
ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell'articolo 108
il sindaco e il presidente della provincia abbiano nominato
il direttore generale. Il segretario inoltre:
a)
partecipa con funzioni consultive, referenti e di
assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta
e ne cura la verbalizzazione;
b)
esprime il parere di cui all’articolo 49, in relazione
alle sue competenze, nel caso in cui l'ente non abbia
responsabili dei servizi;
c)
può rogare tutti i contratti nei quali l'ente
è parte ed autenticare scritture private ed
atti unilaterali nell'interesse dell'ente;
d)
esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto
o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal
presidente della provincia;
e)
esercita le funzioni di direttore generale nell’ipotesi
prevista dall’articolo 108 comma 4.
5.
Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi,
può prevedere un vicesegretario per coadiuvare
il segretario e sostituirlo nei casi di vacanza, assenza
o impedimento.
6.
Il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali
è disciplinato dai contratti collettivi ai sensi
del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive
modificazioni ed integrazioni.
Articolo
98
Albo
nazionale
1.
L'albo nazionale dei segretari comunali e provinciali,
al quale si accede per concorso, è articolato in
sezioni regionali.
2.
Il numero complessivo degli iscritti all'albo non può
essere superiore al numero dei comuni e delle province
ridotto del numero delle sedi unificate, maggiorato di
una percentuale determinata ogni due anni dal consiglio
di amministrazione dell'Agenzia di cui all’articolo 102
e funzionale all'esigenza di garantire una adeguata opportunità
di scelta da parte dei sindaci e dei presidenti di provincia.
3.
I comuni possono stipulare convenzioni per l'ufficio di
segretario comunale comunicandone l'avvenuta costituzione
alla Sezione regionale dell'Agenzia.
4.
L'iscrizione all'albo è subordinata al possesso
dell'abilitazione concessa dalla Scuola superiore per
la formazione e la specializzazione dei dirigenti della
pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma
della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno.
5.
Al relativo corso si accede mediante concorso nazionale
a cui possono partecipare i laureati in giurisprudenza,
scienze politiche, economia.
Articolo
99
Nomina
1.
Il sindaco e il presidente della provincia nominano il
segretario, che dipende funzionalmente dal capo dell'amministrazione,
scegliendolo tra gli iscritti all'albo di cui all’articolo
98.
2.
Salvo quanto disposto dall’articolo 100, la nomina ha
durata corrispondente a quella del mandato del sindaco
o del presidente della provincia che lo ha nominato. Il
segretario cessa automaticamente dall'incarico con la
cessazione del mandato del sindaco e del presidente della
provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino
alla nomina del nuovo segretario.
3.
La nomina è disposta non prima di sessanta giorni
e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento
del sindaco e del presidente della provincia, decorsi
i quali il segretario è confermato.
Articolo
100
Revoca
1.
Il segretario può essere revocato con provvedimento
motivato del sindaco o del presidente della provincia,
previa deliberazione della giunta, per violazione dei
doveri d'ufficio.
Articolo
101
Disponibilità
e mobilità
1.
Il segretario comunale o provinciale non confermato, revocato
o comunque privo di incarico è collocato in posizione
di disponibilità per la durata massima di due anni.(*)
2.
Durante il periodo di disponibilità rimane iscritto
all'albo ed è posto a disposizione dell'Agenzia
autonoma di cui all’articolo 102 per le attività
dell'Agenzia stessa o per l'attività di consulenza,
nonché per incarichi di supplenza e di reggenza,
ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla
qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche
che lo richiedano con oneri a carico dell'ente presso
cui presta servizio. Per il periodo di disponibilità
al segretario compete il trattamento economico in godimento
in relazione agli incarichi conferiti.
2
bis. Durante il periodo in cui il segretario comunale
o provinciale è utilizzato in posizione di distacco,
comando, aspettativa, fuori ruolo o altra analoga posizione
presso altre amministrazioni pubbliche e in ogni altro
caso previsto dalla legge, il termine di collocamento
in disponibilità resta sospeso. (**)
3.
Nel caso di collocamento in disponibilità per mancato
raggiungimento di risultati imputabile al segretario oppure
motivato da gravi e ricorrenti violazioni dei doveri d'ufficio,
allo stesso, salva diversa sanzione, compete il trattamento
economico tabellare spettante per la sua qualifica detratti
i compensi percepiti a titolo di indennità per
l'espletamento degli incarichi di cui al comma 2.
4.
Decorsi due anni senza che abbia preso servizio in qualità
di titolare in altra sede il segretario viene collocato
d'ufficio in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni
nella piena salvaguardia della posizione giuridica ed
economica.(***)
4.bis
Le disposizioni di cui all'articolo 23-bis del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano ai segretari
comunali e provinciali equiparati ai dirigenti statali
ai fini delle procedure di mobilita' per effetto del contratto
collettivo nazionale di lavoro. Alla cessazione dell'incarico,
il segretario comunale o provinciale viene collocato nella
posizione di disponibilità nell'ambito dell'albo
di appartenenza. (**)
(*)
Comma modificato dall'art. 1, comma 46 lettera a), Legge
30/12/2004, n. 311
(**)
Comma inserito dall'art. 3-quater, del decreto Legge 28
maggio 2004, n. 136 coordinato con la legge di conversione
27 luglio 2004, n. 186
(***)
Comma modificato dall'art. 1, comma 46 lettera b), Legge
30/12/2004, n. 311
(****)
Comma inserito dall'art. 7, comma 2, della Legge 15 luglio
2002, n. 145
Articolo
102
Agenzia
autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali
e provinciali
1.
E' istituita l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo
dei segretari comunali e provinciali, avente personalità
giuridica di diritto pubblico e sottoposta alla vigilanza
del Ministero dell'Interno.
2.
L'Agenzia è gestita da un consiglio di amministrazione,
nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri e composto da due sindaci nominati dall'Anci,
da un presidente di provincia designato dall'Upi, da tre
segretari comunali e provinciali eletti tra gli iscritti
all'albo e da tre esperti designati dalla Conferenza Stato-città
e autonomie locali. Il consiglio elegge nel proprio seno
un presidente e un vicepresidente.(*)
3.
Con la stessa composizione e con le stesse modalità
sono costituiti i consigli di amministrazione delle sezioni
regionali.
4.
L'Agenzia, con deliberazione del consiglio nazionale di
amministrazione, può adeguare la dotazione organica
in relazione alle esigenze di funzionamento, entro i limiti
derivanti dalle disponibilità di bilancio. Al reclutamento
del personale, ferma restando l'utilizzazione delle procedure
e degli istituti previsti dal comma 2, lettera a), dell'articolo
103, si provvede anche con le modalità previste
dall'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993,
n. 29, e successive modificazioni, nel rispetto della
disciplina programmatoria delle assunzioni del personale
prevista dall'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n.
449, e successive modificazioni. (**)
5.
All'Agenzia è attribuito un fondo finanziario di
mobilità a carico degli enti locali, disciplinato
dal regolamento di cui all’articolo 103, percentualmente
determinato sul trattamento economico del segretario dell'ente,
graduato in rapporto alla dimensione dell'ente, e definito
in sede di accordo contrattuale.
6.
Per il proprio funzionamento e per quello della Scuola
superiore per la formazione e la specializzazione dei
dirigenti della pubblica amministrazione locale l'Agenzia
si avvale del fondo di mobilità di cui al comma
5 a cui sono attribuiti i proventi dei diritti di segreteria
di cui all’articolo 42 della legge 8 giugno 1962, n. 604,
e successive modificazioni.
(*)
comma modificato dall'articolo 5, comma 1, Legge 16 gennaio
2003, n. 3
(**) Comma modificato dall'articolo 2 del D.L. 27/12/2000
n. 392. così come convertito con Legge 28/2/2001,
n. 26
Articolo
103
Organizzazione
e funzionamento dell'Agenzia autonoma
1.
Salvo quanto previsto dal presente testo unico, sono disciplinati
con regolamento, emanato ai sensi dell’articolo 17, comma
2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del
Ministro competente, sentite le organizzazioni sindacali
e le rappresentanze degli enti locali, l'organizzazione,
il funzionamento e l'ordinamento contabile dell'Agenzia,
l'amministrazione dell'albo e la sua articolazione in
sezioni e in fasce professionali, le modalità di
svolgimento dei concorsi per l'iscrizione all'albo, il
passaggio tra le fasce professionali, il procedimento
disciplinare e le modalità di utilizzazione dei
segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria.
2.
Il regolamento si conforma ai seguenti principi e criteri
direttivi:
a)
reclutamento del personale da destinare all'Agenzia
mediante utilizzo delle procedure in materia di mobilità,
ricorrendo prioritariamente, anche in deroga alle
disposizioni dell'ordinamento speciale, al personale
dell'amministrazione civile dell'interno, utilizzando
anche l'istituto del comando o del fuori ruolo;
b)
previsione di un esame di idoneità per l'iscrizione
all'albo riservato ai frequentatori dei corsi promossi
dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione
dei dirigenti della pubblica amministrazione locale
ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore
dell'amministrazione dell'interno;
c)
disciplina dell'ordinamento contabile dell'Agenzia
anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità
generale dello Stato, fermo restando l'obbligo di
sottoporre il rendiconto della gestione finanziaria
al controllo della Corte dei Conti;
d)
utilizzazione in via prioritaria dei segretari non
chiamati a ricoprire sedi di segreteria per le esigenze
dell'Agenzia e per incarichi di supplenza e di reggenza,
ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti
alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni
pubbliche con oneri retributivi a loro carico.
Articolo
104
Scuola
superiore della pubblica amministrazione locale e scuole
regionali e interregionali
1.
L'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile
della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione
dei dirigenti della pubblica amministrazione locale e
delle scuole di cui al comma 2 sono disciplinati con regolamento,
determinando i criteri per l'eventuale stipula di convenzioni
per l'attività formativa anche in sede decentrata
con istituti, enti, società di formazione e ricerca.
2.
L'Agenzia istituisce scuole regionali ed interregionali
per la formazione e la specializzazione dei segretari
comunali e provinciali e dei dirigenti della pubblica
amministrazione locale ovvero può avvalersi, previa
convenzione, della sezione autonoma della Scuola superiore
dell'amministrazione dell'interno.
Articolo
105
Regioni
a statuto speciale
1
Le regioni a statuto speciale e le province autonome di
Trento e di Bolzano disciplinano le materie di cui al
presente capo con propria legislazione .
2.
Nel territorio della regione Trentino - Alto Adige, fino
all'emanazione di apposita legge regionale, rimane ferma
l'applicazione del titolo VI della legge 11 marzo 1972,
n. 118.
Articolo
106
Disposizioni
finali e transitorie
1.
Fino alla stipulazione di una diversa disciplina del contratto
collettivo nazionale di lavoro resta ferma la classificazione
dei comuni e delle province ai fini dell'assegnazione
del segretario prevista dalle tabelle A e B allegate al
decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1972,
n. 749.
2.
I segretari già iscritti alla sezione speciale
dell'albo ai sensi dell’articolo 17, comma 82, della legge
15 maggio 1997, n. 127 e trasferiti presso altre pubbliche
amministrazioni, permangono nel ruolo statale e mantengono
ad esaurimento qualifica e trattamento economico pensionabile
in godimento.
3.
Ai fini dell'attuazione della legge 8 marzo 1999, n. 50,
i segretari comunali di cui all’articolo 18, comma 14,
del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre
1997, n. 465, o all’articolo 39, comma 22, della legge
27 dicembre 1997, n. 449, possono essere collocati o mantenuti
in posizione di fuori ruolo con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, anche dopo il trasferimento
alle amministrazioni di destinazione e con effetto dalla
data di entrata in vigore della citata legge n. 50 del
1999. Gli oneri relativi al trattamento economico, fondamentale
ed accessorio, dei predetti dipendenti rimangono a carico
dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari
comunali fino alla data del trasferimento alle amministrazioni
di destinazione; successivamente sono a queste imputate.
Analogamente si provvede, con decreto del Ministro dell'interno,
di concerto con il Ministro per la funzione pubblica,
per i segretari comunali in servizio presso il Ministero
dell'interno ai sensi dell’articolo 34, comma 2, del decreto
del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465.
CAPO
III
Dirigenza
ed incarichi
Articolo
107
Funzioni
e responsabilità della dirigenza
1.
Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi
secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai
regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui
i poteri di indirizzo e di controllo politico- amministrativo
spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa,
finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti
mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle
risorse umane, strumentali e di controllo.
2.
Spettano ai dirigenti, tutti i compiti, compresa l’adozione
degli atti e provvedimenti amministrativi, che impegnano
l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente
dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo
e controllo politico- amministrativo degli organi di governo
dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario
o del direttore generale, di cui rispettivamente agli
articoli 97 e 108.
3.
Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione
degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti
di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali
in particolare, secondo le modalità stabilite dallo
statuto o dai regolamenti dell'ente:
a)
la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;
b)
la responsabilità delle procedure d'appalto e di
concorso;
c)
la stipulazione dei contratti;
d)
gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione
di impegni di spesa;
e)
gli atti di amministrazione e gestione del personale;
f)
i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi,
il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni,
anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri
predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti
generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni
e le concessioni edilizie;
g)
tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento
e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché
i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle
sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione
statale e regionale in materia di prevenzione e repressione
dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale;
h)
le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide,
verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro
atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;
i)
gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti
o, in base a questi, delegati dal sindaco .
4.
Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio
di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate
soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni
legislative.
5.
A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente
testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi
di cui al capo I titolo III l’adozione di atti di gestione
e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono
nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti,
salvo quanto previsto dall’articolo 50, comma 3, e dall’articolo
54.
6.
I dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva,
in relazione agli obiettivi dell’ente, della correttezza
amministrativa, e della efficienza e dei risultati della
gestione.
7.
Alla valutazione dei dirigenti degli enti locali si applicano
i principi contenuti nell’articolo 5, commi 1 e 2, del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, secondo le
modalità previste dall’articolo 147 del presente
testo unico.
Articolo
108
Direttore
generale
1.
Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000
abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione
della giunta comunale o provinciale, possono nominare
un direttore generale, al di fuori della dotazione organica
e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri
stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici
e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e
gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente,
secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente
della provincia, e che sovrintende alla gestione dell'ente,
perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza.
Compete in particolare al direttore generale la predisposizione
del piano dettagliato di obiettivi previsto dall’articolo
197, comma 2 lettera a), nonché la proposta di
piano esecutivo di gestione previsto dall’articolo 169.
A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio
delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente,
ad eccezione del segretario del comune e della provincia.
2.
Il direttore generale è revocato dal sindaco o
dal presidente della provincia, previa deliberazione della
giunta comunale o provinciale. La durata dell'incarico
non può eccedere quella del mandato del sindaco
o del presidente della provincia.
3.
Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti
è consentito procedere alla nomina del direttore
generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui
popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti. In
tal caso il direttore generale dovrà provvedere
anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi
tra i comuni interessati.
4.
Quando non risultino stipulate le convenzioni previste
dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale
non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere
conferite dal sindaco o dal presidente della provincia
al segretario.
Articolo
109
Conferimento
di funzioni dirigenziali
1.
Gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato,
ai sensi dell’articolo 50, comma 10,con provvedimento
motivato e con le modalità fissate dal regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri
di competenza professionale, in relazione agli obiettivi
indicati nel programma amministrativo del sindaco o del
presidente della provincia e sono revocati in caso di
inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente
della provincia, della giunta o dell'assessore di riferimento,
o in caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun
anno finanziario degli obiettivi assegnati nel piano esecutivo
di gestione previsto dall’articolo 169 o per responsabilità
particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati
dai contratti collettivi di lavoro. L'attribuzione degli
incarichi può prescindere dalla precedente assegnazione
di funzioni di direzione a seguito di concorsi.
2.
Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale
le funzioni di cui all’articolo 107, commi 2 e 3, fatta
salva l'applicazione dell’articolo 97, comma 4, lettera
d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento
motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei
servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale,
anche in deroga a ogni diversa disposizione.
Articolo
110
Incarichi
a contratto
1.
Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti
di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche
dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire
mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico
o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto
privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica
da ricoprire.
2.
Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi,
negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce
i limiti, i criteri e le modalità con cui possono
essere stipulati, al di fuori della dotazione organica,
contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte
specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti
per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati
in misura complessivamente non superiore al 5 per cento
del totale della dotazione organica della dirigenza e
dell'area direttiva e comunque per almeno una unità.
Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli
uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e
le modalità con cui possono essere stipulati, al
di fuori della dotazione organica, solo in assenza di
professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente,
contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni
o funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti
richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti
sono stipulati in misura complessivamente non superiore
al 5 per cento della dotazione organica dell'ente arrotondando
il prodotto all'unità superiore *, o ad una
unità negli enti con una dotazione organica inferiore
alle 20 unità.
3.
I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere
durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del
presidente della provincia in carica. Il trattamento economico,
equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi
nazionali e decentrati per il personale degli enti locali,
può essere integrato, con provvedimento motivato
della giunta, da una indennità ad personam, commisurata
alla specifica qualificazione professionale e culturale,
anche in considerazione della temporaneità del
rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche
competenze professionali. Il trattamento economico e l'eventuale
indennità ad personam sono definiti in stretta
correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati
al costo contrattuale e del personale.
4.
Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto
nel caso in cui l'ente locale dichiari il dissesto o venga
a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie.
5.
Il rapporto di impiego del dipendente di una pubblica
amministrazione è risolto di diritto con effetto
dalla data di decorrenza del contratto stipulato con l’ente
locale ai sensi del comma 2 . L’amministrazione di provenienza
dispone, subordinatamente alla vacanza del posto in organico
o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione
del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta entro
i 30 giorni successivi alla cessazione del rapporto di
lavoro a tempo determinato o alla data di disponibilità
del posto in organico.
6.
Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine,
il regolamento può prevedere collaborazioni esterne
ad alto contenuto di professionalità.
*
Le parole in corsivo sono state aggiunte dall'art. 51,
comma 9, della L. 23/12/2000, n. 388.
Articolo
111
Adeguamento
della disciplina della dirigenza
1.
Gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità,
nell’esercizio della propria potestà statutaria
e regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento
ai principi del presente capo e del capo II del decreto
legislativo del 3 febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni
ed integrazioni.
TITOLO
V
SERVIZI
E INTERVENTI PUBBLICI LOCALI
Articolo
112
Servizi
pubblici locali
1.
Gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze,
provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano
per oggetto produzione di beni ed attività rivolte
a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico
e civile delle comunità locali.
2.
*
3.
Ai servizi pubblici locali si applica il capo III del
decreto- legislativo 30 luglio 1999, n. 286, relativo
alla qualità dei servizi pubblici locali e carte
dei servizi.
*comma
abrogato dall'art. 35, comma 12 lettera c) della legge
28.12.2001 n. 448
Articolo
113. *
Gestione
delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica.
1.
Le disposizioni del presente articolo che disciplinano
le modalità di gestione ed affidamento dei servizi
pubblici locali concernono la tutela della concorrenza
e sono inderogabili ed integrative delle discipline di
settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore
e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie.
Restano escluse dal campo di applicazione del presente
articolo i settori disciplinati dai decreti legislativi
16 marzo 1999, n. 79, e 23 maggio 2000, n. 164.
2.
Gli enti locali non possono cedere la proprietà
degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati
all'esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1,
salvo quanto stabilito dal comma 13.
3.
Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali
l'attività di gestione delle reti e degli impianti
destinati alla produzione dei servizi pubblici locali
di cui al comma 1 può essere separata da quella
di erogazione degli stessi. E', in ogni caso, garantito
l'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione
dei relativi servizi.
4.
Qualora sia separata dall'attività di erogazione
dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti
e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali,
anche in forma associata, si avvalgono:
a)
di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società
di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale
pubblico, cui può essere affidata direttamente
tale attività, a condizione che gli enti pubblici
titolari del capitale sociale esercitino sulla società
un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi
e che la società realizzi la parte più importante
della propria attività con l'ente o gli enti pubblici
che la controllano.
b)
di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad
evidenza pubblica, ai sensi del comma 7.
5.
L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline
di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione
europea, con conferimento della titolarità del
servizio:
a)
a società di capitali individuate attraverso l'espletamento
di gare con procedure ad evidenza pubblica;
b)
a società a capitale misto pubblico privato nelle
quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento
di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano
dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie
in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo
emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti
o circolari specifiche;
c)
a società a capitale interamente pubblico a condizione
che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale
esercitino sulla società un controllo analogo a
quello esercitato sui propri servizi e che la società
realizzi la parte più importante della propria
attività con l'ente o gli enti pubblici che la
controllano.
5-bis.
Le normative di settore, al fine di superare assetti
monopolistici, possono introdurre regole che assicurino
concorrenzialità nella gestione dei servizi da
esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni
di cui al comma 5, criteri di gradualità nella
scelta della modalità di conferimento del servizio.
5-ter.
In ogni caso in cui la gestione della rete, separata
o integrata con l'erogazione dei servizi, non sia stata
affidata con gara ad evidenza pubblica, i soggetti gestori
di cui ai precedenti commi provvedono all'esecuzione dei
lavori comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente
mediante contratti di appalto o di concessione di lavori
pubblici, aggiudicati a seguito di procedure di evidenza
pubblica, ovvero in economia nei limiti di cui all'articolo
24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e all'articolo
143 del regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione
della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi,
sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto
gestore può realizzare direttamente i lavori connessi
alla gestione della rete, purché qualificato ai
sensi della normativa vigente e purché la gara
espletata abbia avuto ad oggetto sia la gestione del servizio
relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi.
Qualora, invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente
la gestione del servizio relativo alla rete, il gestore
deve appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza
pubblica previste dalla legislazione vigente
6.
Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al
comma 5 le società che, in Italia o all'estero,
gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali
in virtù di un affidamento diretto, di una procedura
non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi;
tale divieto si estende alle società controllate
o collegate, alle loro controllanti, nonché alle
società controllate o collegate con queste ultime.
Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4.
7.
La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto
degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali,
di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti
dalla competente Autorità di settore o, in mancanza
di essa, dagli enti locali. (La gara
è aggiudicata sulla base del migliore livello di
qualità e sicurezza e delle condizioni economiche
e di prestazione del servizio, dei piani di investimento
per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli
impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché
dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale.
Tali elementi fanno parte integrante del contratto di
servizio.)** Le previsioni di cui al presente
comma devono considerarsi integrative delle discipline
di settore.
8.
Qualora sia economicamente più vantaggioso,
è consentito l'affidamento contestuale con gara
di una pluralità di servizi pubblici locali diversi
da quelli di trasporto collettivo. In questo caso, la
durata dell'affidamento, unica per tutti i servizi, non
può essere superiore alla media calcolata sulla
base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline
di settore.
9.
Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla
successiva gara di affidamento, le reti, gli impianti
e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà
degli enti locali o delle società di cui al comma
13 sono assegnati al nuovo gestore. Sono, inoltre, assegnati
al nuovo gestore le reti o loro porzioni, gli impianti
e le altre dotazioni realizzate, in attuazione dei piani
di investimento di cui al comma 7, dal gestore uscente.
A quest'ultimo è dovuto da parte del nuovo gestore
un indennizzo pari al valore dei beni non ancora ammortizzati,
il cui ammontare è indicato nel bando di gara.
10.
E' vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento
dei gestori di pubblico servizio in ordine al regime tributario,
nonché alla concessione da chiunque dovuta di contribuzioni
o agevolazioni per la gestione del servizio.
11.
I rapporti degli enti locali con le società
di erogazione del servizio e con le società di
gestione delle reti e degli impianti sono regolati da
contratti di servizio, allegati ai capitolati di gara,
che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire
e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli
previsti.
12.
L'ente locale può cedere in tutto o in parte
la propria partecipazione nelle società erogatrici
di servizi, mediante procedure ad evidenza pubblica da
rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento. Tale
cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni
e degli affidamenti in essere.
13.
Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi
in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono
conferire la proprietà delle reti, degli impianti,
e delle altre dotazioni patrimoniali a società
a capitale interamente pubblico, che è incedibile.
Tali società pongono le reti, gli impianti e le
altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori
incaricati della gestione del servizio o, ove prevista
la gestione separata della rete, dei gestori di quest'ultima,
a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità
di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società
suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi
della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti,
nonché il compito di espletare le gare di cui al
comma 5.
14.
Fermo restando quanto disposto dal comma 3, se le
reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali per
la gestione dei servizi di cui al comma 1 sono di proprietà
di soggetti diversi dagli enti locali, questi possono
essere autorizzati a gestire i servizi o loro segmenti,
a condizione che siano rispettati gli standard di cui
al comma 7 e siano praticate tariffe non superiori alla
media regionale, salvo che le discipline di carattere
settoriale o le relative Autorità dispongano diversamente.
Tra le parti è in ogni caso stipulato, ai sensi
del comma 11, un contratto di servizio in cui sono definite,
tra l'altro, le misure di coordinamento con gli eventuali
altri gestori.
15.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano
alle regioni a statuto speciale e alle province autonome
di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni
previste dallo statuto e dalle relative norme di attuazione.
15
bis. Nel caso in cui le disposizioni previste per
i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo
di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni
previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate
con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque
entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, senza
necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante.
Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate
a società a capitale misto pubblico privato nelle
quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure
ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto
delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza,
nonché quelle affidate a società a capitale
interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici
titolari del capitale sociale esercitino sulla società
un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi
e che la società realizzi la parte più importante
della propria attività con l'ente o gli enti pubblici
che la controllano. # Sono altresì escluse
dalla cessazione le concessioni affidate alla data del
1°ottobre 2003 a società già quotate in
borsa e a quelle da esse direttamente partecipate a tale
data a condizione che siano concessionarie esclusive del
servizio, nonché a società originariamente
a capitale interamente pubblico che entro la stessa data
abbiano provveduto a collocare sul mercato quote di capitale
attraverso procedure ad evidenza pubblica, ma, in entrambe
le ipotesi indicate, le concessioni cessano comunque allo
spirare del termine equivalente a quello della durata
media delle concessioni aggiudicate nello stesso settore
a seguito di procedure di evidenza pubblica, salva la
possibilità di determinare caso per caso la cessazione
in una data successiva qualora la stessa risulti proporzionata
ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati
da parte del gestore
15-ter.
Il termine del 31 dicembre 2006, di cui al comma 15-bis,
può essere differito ad una data successiva, previo
accordo, raggiunto caso per caso, con la Commissione europea,
alle condizioni sotto indicate:
a)
nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere
del suddetto termine si dia luogo, mediante una o più
fusioni, alla costituzione di una nuova società
capace di servire un bacino di utenza complessivamente
non inferiore a due volte quello originariamente servito
dalla società maggiore; in questa ipotesi il differimento
non può comunque essere superiore ad un anno;
b)
nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera
a), un'impresa affidataria, anche a seguito di una o più
fusioni, si trovi ad operare in un ambito corrispondente
almeno all'intero territorio provinciale ovvero a quello
ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti; in questa
ipotesi il differimento non può comunque essere
superiore a due anni
15-quater.
A decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto
di cui al comma 6, salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento
delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle
società partecipanti alla gara stessa. Con regolamento
da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge
23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentite
le Autorità indipendenti del settore e la Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, il Governo definisce le condizioni
per l'ammissione alle gare di imprese estere, o di imprese
italiane che abbiano avuto all'estero la gestione del
servizio senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica,
a condizione che, nel primo caso, sia fatto salvo il principio
di reciprocità e siano garantiti tempi certi per
l'effettiva apertura dei relativi mercati
* Articolo
sostituito dall'art. 35 comma 1 della legge 28/12/2001
n. 448 così come modificato
dall'art. 14, comma 1, del D.L. 30 settembre 2003, n.
269, come convertito con Legge 24 novembre 2003 n. 326
modificato dall'art. 4 legge 24/12/2003 n. 350, comma
234.
** Periodi
dei quali e' stata dichiarata l'illegittimità costituzionale
con sentenza della Corte Costituzionale n. 272/2004 del
13/07/2004
# L'articolo
35 della legge 28/12/2001 n. 448, dispone inoltre: *
"2. (Abrogato)
3. (Abrogato);
4. (Abrogato)
5. (Abrogato).
6. Qualora
le disposizioni dei singoli settori prevedano la gestione
associata del servizio per ambiti territoriali di dimensione
sovracomunale, il soggetto che gestisce il servizio stipula
appositi contratti di servizio con i comuni di dimensione
demografica inferiore a 5.000 abitanti, al fine di assicurare
il rispetto di adeguati ed omogenei standard qualitativi
di servizio, definiti dai contratti stessi. In caso di
mancato rispetto di tali standard nel territorio dei comuni
di cui al primo periodo, i soggetti competenti ad affidare
la gestione del servizio nell'ambito sovracomunale provvedono
alla revoca dell'affidamento in corso sull'intero ambito.
7. Le imprese
concessionarie cessanti al termine dell'affidamento reintegrano
gli enti locali nel possesso delle reti, degli impianti
e delle altre dotazioni utilizzati per la gestione dei
servizi. Ad esse è dovuto dal gestore subentrante
un indennizzo stabilito secondo le disposizioni del comma
9 dell'articolo 113 del citato testo unico di cui al decreto
legislativo n. 267 del 2000, come sostituito dal comma
1 del presente articolo.
8. Gli enti
locali, entro il 31 dicembre 2002, trasformano le aziende
speciali e i consorzi di cui all'articolo 31, comma 8,
del citato testo unico di cui al decreto legislativo n.
267, del 2000, che gestiscono i servizi di cui al comma
1 dell'articolo 113, del medesimo testo unico, come sostituito
dal comma 1 del presente articolo, in società di
capitali, ai sensi dell'articolo 115 del citato testo
unico.
9. In attuazione
delle disposizioni di cui ai commi 2 e 13 dell'articolo
113 del citato testo unico, come sostituito dal comma
1 del presente articolo, gli enti locali che alla data
di entrata in vigore della presente legge detengano la
maggioranza del capitale sociale delle società
per la gestione di servizi pubblici locali, che siano
proprietarie anche delle reti, degli impianti e delle
altre dotazioni per l'esercizio di servizi pubblici locali,
provvedono ad effettuare, entro un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, anche in deroga
alle disposizioni delle discipline settoriali, lo scorporo
delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni. Contestualmente
la proprietà delle reti, degli impianti e delle
altre dotazioni patrimoniali, oppure l'intero ramo d'azienda,
è conferita ad una società avente le caratteristiche
definite dal citato comma 13 dell'articolo 113 del medesimo
testo unico.
10. La facoltà
di cui al comma 12 dell'articolo 113 del citato testo
unico, come sostituito dal comma 1 del presente articolo,
riguarda esclusivamente le società per la gestione
dei servizi ed opera solo a partire dalla conclusione
delle operazioni di separazione di cui al comma 9 del
presente articolo.
11. In deroga
alle disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 113
del citato testo unico, come sostituito dal comma 1 del
presente articolo, e di cui al comma 9 del presente articolo,
nonché in alternativa a quanto stabilito dal comma
10, limitatamente al caso di società per azioni
quotate in borsa e di società per azioni i cui
enti locali soci abbiano già deliberato al 1° gennaio
2002 di avviare il procedimento di quotazione in borsa,
da concludere entro il 31 dicembre 2003, di cui, alla
data di entrata in vigore della presente legge, gli enti
locali detengano la maggioranza del capitale, è
consentita la piena applicazione delle disposizioni di
cui al comma 12 dell'articolo 113 del citato testo unico.
In tale caso, ai fini dell'applicazione del comma 9 dell'articolo
113 del citato testo unico, sulle reti, sugli impianti
e sulle altre dotazioni patrimoniali attuali e future
è costituito, ai sensi dell'articolo 1021 del codice
civile, un diritto di uso perpetuo ed inalienabile a favore
degli enti locali. Resta fermo il diritto del proprietario
ove sia un soggetto diverso da quello cui è attribuita
la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali, alla percezione di un canone da parte di
tale soggetto. Non si applicano le disposizioni degli
articolo 1024 e seguenti del codice civile.
…………………………………..
14. Nell'esercizio
delle loro funzioni, gli enti locali, anche in forma associata,
individuano gli standard di qualità e determinano
le modalità di vigilanza e controllo delle aziende
esercenti i servizi pubblici, in un quadro di tutela prioritaria
degli utenti e dei consumatori.
…………………………………….
16. (Abrogato)
*
Articolo così modificato dall'art. 14 comma 3,
del D.L. 30 settembre 2003, n. 269
(Articolo
113-bis*
Gestione
dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica.
1.
Ferme restando le disposizioni previste per i singoli
settori, i servizi pubblici locali privi di rilevanza
economica sono gestiti mediante affidamento diretto a:
a)
istituzioni;
b)
aziende speciali, anche consortili;
c)
società a capitale interamente pubblico a condizione
che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino
sulla società un controllo analogo a quello esercitato
sui propri servizi e che la società realizzi la
parte più importante della propria attività
con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.
2.
E' consentita la gestione in economia quando, per le modeste
dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non
sia opportuno procedere ad affidamento ai soggetti di
cui al comma 1.
3.
Gli enti locali possono procedere all'affidamento diretto
dei servizi culturali e del tempo libero anche ad associazioni
e fondazioni da loro costituite o partecipate.
4.
(Abrogato)
5.
I rapporti tra gli enti locali ed i soggetti erogatori
dei servizi di cui al presente articolo sono regolati
da contratti di servizio.
*
Articolo inserito dall'art. 35 , comma 15, della legge
28/12/2001 n. 448, così come modificato dall'art.
14, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come
convertito con Legge 24 novembre 2003 n. 326)**
** Articolo
del quale e' stata dichiarata l'illegittimità costituzionale
con sentenza della Corte Costituzionale n. 272/2004 del
13/07/2004
Articolo
114
Aziende
speciali ed istituzioni
1.
L’azienda speciale è ente strumentale dell’ente
locale dotato di personalità giuridica, di autonomia
imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio
comunale o provinciale.
2.
L’istituzione è organismo strumentale dell’ente
locale per l’esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia
gestionale.
3.
Organi dell’azienda e dell’istituzione sono il consiglio
di amministrazione, il presidente e il direttore, al quale
compete la responsabilità gestionale. Le modalità
di nomina e revoca degli amministratori sono stabilite
dallo statuto dell’ente locale.4. L’azienda e l’istituzione
informano la loro attività a criteri di efficacia,
efficienza, ed economicità ed hanno l’obbligo del
pareggio di bilancio da perseguire attraverso l’equilibrio
dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti.
5.
Nell’ambito della legge, l’ordinamento ed il funzionamento
delle aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto
e dai regolamenti; quelli delle istituzioni sono disciplinati
dallo statuto e dai regolamenti dell’ente locale da cui
dipendono.
6.
L’ente locale conferisce il capitale di dotazione; determina
le finalità e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali;
esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione;
provvede alla copertura degli eventuali costi sociali.
7.
Il collegio dei revisori dei conti dell’ente locale esercita
le sue funzioni anche nei confronti delle istituzioni.
Lo statuto dell’azienda speciale prevede un apposito organo
di revisione, nonché forme autonome di verifica
della gestione.
8.
Ai fini di cui al comma 6 sono fondamentali i seguenti
atti:
a)
il piano-programma, comprendente un contratto di servizio
che disciplini i rapporti tra ente locale ed azienda
speciale;
b)
i bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale;
c)
il conto consuntivo;
d)
il bilancio di esercizio.
Articolo
115
Trasformazione
delle aziende speciali in società per azioni
1.
I comuni, le province e gli altri enti locali possono,
per atto unilaterale, trasformare le aziende speciali
in società di capitali, di cui possono restare
azionisti unici per un periodo comunque non superiore
a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale
di tali società è determinato dalla deliberazione
di trasformazione in misura non inferiore al fondo di
dotazione delle aziende speciali risultante dall’ultimo
bilancio di esercizio approvato e comunque in misura non
inferiore all’importo minimo richiesto per la costituzione
delle società medesime. L’eventuale residuo del
patrimonio netto conferito è imputato a riserve
e fondi, mantenendo ove possibile le denominazioni e le
destinazioni previste nel bilancio delle aziende originarie.
Le società conservano tutti i diritti e gli obblighi
anteriori alla trasformazione e subentrano pertanto in
tutti i rapporti attivi e passivi delle aziende originarie.*
2.
La deliberazione di trasformazione tiene luogo di tutti
gli adempimenti in materia di costituzione delle società
previsti dalla normativa vigente, ferma l’applicazione
delle disposizioni degli articoli 2330, commi terzo e
quarto, e 2330-bis del codice civile.
3.
Ai fini della definitiva determinazione dei valori patrimoniali
conferiti, entro tre mesi dalla costituzione delle società,
gli amministratori devono richiedere a un esperto designato
dal presidente del tribunale una relazione giurata ai
sensi e per gli effetti dell’articolo 2343, primo comma,
del codice civile. Entro sei mesi dal ricevimento di tale
relazione gli amministratori e i sindaci determinano i
valori definitivi di conferimento dopo avere controllato
le valutazioni contenute nella relazione stessa e, se
sussistono fondati motivi, aver proceduto alla revisione
della stima. Fino a quando i valori di conferimento non
sono stati determinati in via definitiva le azioni delle
società sono inalienabili.
4.
Le società di cui al comma 1 possono essere costituite
anche ai fini dell’applicazione delle norme di cui al
decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474.
5.
**
6.
Il conferimento e l’assegnazione dei beni degli enti locali
e delle aziende speciali alle società di cui al
comma 1 sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e
indirette, statali e regionali.
7.
La deliberazione di cui al comma 1 può anche prevedere
la scissione dell’azienda speciale e la destinazione a
società di nuova costituzione di un ramo aziendale
di questa. Si applicano, in tal caso, per quanto compatibili,
le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del presente
articolo nonché agli articoli 2504-septies e 2504-decies
del codice civile.
7.
bis Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano
anche alla trasformazione dei consorzi, intendendosi sostituita
al consiglio comunale l'assemblea consortile. In questo
caso le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei
componenti; gli enti locali che non intendono partecipare
alla società hanno diritto alla liquidazione sulla
base del valore nominale iscritto a bilancio della relativa
quota di capitale.***
*comma
modificato dall'art. 35, comma 12 lettera d) punto 1)
della legge 28.12.2001 n. 448
** comma abrogato dall'art. 35, comma 12 lettera d) punto
2) della legge 28.12.2001 n. 448
*** comma aggiunto dall'art. 35, comma 12 lettera d) punto
3) della legge 28.12.2001 n. 448
Articolo
116
Società
per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali
1.
Gli enti locali possono, per l’esercizio di servizi pubblici
di cui all'articolo 113 bis e per la realizzazione delle
opere necessarie al corretto svolgimento del servizio
nonché per la realizzazione di infrastrutture ed
altre opere di interesse pubblico, che non rientrino,
ai sensi della vigente legislazione statale e regionale,
nelle competenze istituzionali di altri enti, costituire
apposite società per azioni senza il vincolo della
proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga
ai vincoli derivanti da disposizioni di legge specifiche.
Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati
e all’eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato
con procedure di evidenza pubblica. L’atto costitutivo
delle società deve prevedere l’obbligo dell’ente
pubblico di nominare uno o più amministratori e
sindaci. Nel caso di servizi pubblici locali una quota
delle azioni può essere destinata all’azionariato
diffuso e resta comunque sul mercato. *
2.
La costituzione di società miste con la partecipazione
non maggioritaria degli enti locali è disciplinata
da apposito regolamento adottato ai sensi dell’articolo
4, comma 1, del decreto legge 31 gennaio 1995, n. 26,
convertito, con modificazioni dalla legge 29 marzo 1995,
n. 95, e successive modifiche e integrazioni.
3.
Per la realizzazione delle opere di qualunque importo
si applicano le norme vigenti di recepimento delle direttive
comunitarie in materia di lavori pubblici.
4.
Fino al secondo esercizio successivo a quello dell’entrata
in funzione dell’opera, l’ente locale partecipante potrà
rilasciare garanzia fidejussoria agli istituti mutuanti
in misura non superiore alla propria quota di partecipazione
alla società di cui al presente articolo.
5.
Per i conferimenti di aziende, di complessi aziendali
o di rami di essi e di ogni altro bene effettuati dai
soggetti di cui al comma 1, anche per la costituzione
con atto unilaterale delle società di cui al medesimo
comma, si applicano le disposizioni dell’articolo 7, commi
1 e 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218, e successive
modificazioni.
*
comma così modificato dall'art. 2 ter del D.L.
27/12/2000, n. 392, così come convertito con Legge
28/2/2001, n. 26, e dall'art. 35, comma 12 lettera e)
della legge 28.12.2001 n. 448
Articolo
117
Tariffe
dei servizi
1.
Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi
pubblici in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario
dell’investimento e della connessa gestione. I criteri
per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi
sono i seguenti:
a)
la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare
la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli
oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b)
l’equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed
il capitale investito;
c)
l’entità dei costi di gestione delle opere,
tenendo conto anche degli investimenti e della qualità
del servizio;
d)
l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito,
coerente con le prevalenti condizioni di mercato.
2.
La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici;
essa è determinata e adeguata ogni anno dai soggetti
proprietari, attraverso contratti di programma di durata
poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto
conseguenti ai modelli organizzativi prescelti.
3.
Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall’ente
pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni
dell’ente o per effetto del modello organizzativo di società
mista, la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce
i servizi pubblici.
Articolo
118
Regime
del trasferimento di beni
1.
I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati
dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti
a favore di aziende speciali o di società di capitali
di cui al comma 13 dell'articolo 113 sono esenti, senza
limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro,
di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni
altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie
o natura. Gli onorari previsti per i periti designati
dal tribunale per la redazione della stima di cui all’articolo
2343 del codice civile, nonché gli onorari previsti
per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti
ai trasferimenti, sono ridotti alla metà.*
2.
Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche
ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende, di
complessi aziendali o di rami di essi posti in essere
nell’ambito di procedure di liquidazione di aziende municipali
e provinciali o di aziende speciali, adottate a norma
delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio
e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure
siano connesse o funzionali alla contestuale o successiva
costituzione di società per azioni, aventi per
oggetto lo svolgimento del medesimo servizio pubblico
in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché
i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti
o retrocessi vengano effettivamente conferiti nella costituenda
società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano
altresì ai conferimenti di aziende, di complessi
aziendali o di rami di essi da parte delle province e
dei comuni in sede di costituzione o trasformazione dei
consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli
articoli 31 e 274 comma 4, per la costituzione di società
per azioni ai sensi dell’articolo 116, ovvero per la costituzione,
anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali,
di società per azioni al fine di dismetterne le
partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994,
n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni.
3.
**
*
comma modificato dall'art. 35, comma 12 lettera f) punto
1) della legge 28.12.2001 n. 448
** comma abrogato dall'art. 35, comma 12 lettera f) punto
2) della legge 28.12.2001 n. 448
Articolo
119
Contratti
di sponsorizzazione, accordi di collaborazione e convenzioni
1.
In applicazione dell’articolo 43 della legge 27 dicembre
1997 n. 449, al fine di favorire una migliore qualità
dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri
enti locali indicati nel presente testo unico, possono
stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di
collaborazione, nonché convenzioni con soggetti
pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi
aggiuntivi.
Articolo
120
Società
di trasformazione urbana
1.
Le città metropolitane e i comuni, anche con la
partecipazione della provincia e della regione, possono
costituire società per azioni per progettare e
realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione
degli strumenti urbanistici vigenti. A tal fine le deliberazioni
dovranno in ogni caso prevedere che gli azionisti privati
delle società per azioni siano scelti tramite procedura
di evidenza pubblica.
2.
Le società di trasformazione urbana provvedono
alla preventiva acquisizione delle aree interessate dall’intervento,
alla trasformazione e alla commercializzazione delle stesse.
Le acquisizioni possono avvenire consensualmente o tramite
ricorso alle procedure di esproprio da parte del comune.
3.
Le aree interessate dall’intervento di trasformazione
sono individuate con delibera del consiglio comunale.
L’individuazione delle aree di intervento equivale a dichiarazione
di pubblica utilità, anche per le aree non interessate
da opere pubbliche. Le aree di proprietà degli
enti locali interessate dall’intervento possono essere
attribuite alla società a titolo di concessione.
4.
I rapporti tra gli enti locali azionisti e la società
per azioni di trasformazione urbana sono disciplinati
da una convenzione contenente, a pena di nullità,
gli obblighi e i diritti delle parti.
Articolo
121
Occupazione
d’urgenza di immobili
1.
L’amministrazione comunale può disporre, in presenza
dei presupposti di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1,
e successive modificazioni, l’occupazione d’urgenza degli
immobili necessari per la realizzazione di opere e lavori
pubblici o di pubblico interesse, compresi gli interventi
di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari per
servizi pubblici locali di cui al presente titolo. Per
le opere ed i lavori di cui al precedente periodo la redazione
dello stato di consistenza può avvenire contestualmente
al verbale di immissione nel possesso ai sensi dell’articolo
3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni.
Articolo
122
Lavori
socialmente utili
1.
Restano salve le competenze dei comuni e delle province
in materia di lavori socialmente utili, previste dall’articolo
4, commi 6, 7 e 8, del decreto legge 31 gennaio 1995,
n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo
1995, n. 95, e successive modifiche ed integrazioni.
Articolo
123
Norma
transitoria
1.
Resta fermo l’obbligo per gli enti locali di adeguare
l’ordinamento delle aziende speciali alle disposizioni
di cui all’articolo 114; gli enti locali iscrivono per
gli effetti di cui al primo comma dell’articolo 2331 del
codice civile, le aziende speciali nel registro delle
imprese.
2.
Restano salvi gli effetti degli atti e dei contratti che
le medesime aziende speciali hanno posto in essere anteriormente
alla data di attuazione del registro delle imprese, di
cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
3.
*
*
comma abrogato dall'art. 35, comma 12 lettera g) della
legge 28.12.2001 n. 448
TITOLO
VI
CONTROLLI
CAPO
I
Controllo
sugli atti
Articolo
124
Pubblicazione
delle deliberazioni
1.
Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono
pubblicate mediante affissione all'albo pretorio, nella
sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo
specifiche disposizioni di legge.
2.
Tutte le deliberazioni degli altri enti locali sono pubblicate
mediante affissione all’albo pretorio del comune ove ha
sede l’ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche
disposizioni.
Articolo
125
Comunicazione
delle deliberazioni ai capigruppo
1.
Contestualmente all'affissione all'albo le deliberazioni
adottate dalla giunta sono trasmesse in elenco ai capigruppo
consiliari; i relativi testi sono messi a disposizione
dei consiglieri nelle forme stabilite dallo statuto o
dal regolamento.
Articolo
126
Deliberazioni
soggette in via necessaria al controllo preventivo di
legittimità
1.
Il controllo preventivo di legittimità di cui all’articolo
130 della Costituzione sugli atti degli enti locali si
esercita esclusivamente sugli statuti dell'ente, sui regolamenti
di competenza del consiglio, esclusi quelli attinenti
all’autonomia organizzativa e contabile dello stesso consiglio,
sui bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni,
adottate o ratificate dal consiglio, sul rendiconto della
gestione, secondo le disposizioni del presente testo unico.
2.
Il controllo preventivo di legittimità si estende
anche agli atti delle Istituzioni pubbliche di assistenza
e beneficenza.
Articolo
127
Controllo
eventuale
1.
Le deliberazioni della giunta e del consiglio sono sottoposte
al controllo, nei limiti delle illegittimità denunziate,
quando un quarto dei consiglieri provinciali o un quarto
dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a
15.000 abitanti ovvero un quinto dei consiglieri nei comuni
con popolazione sino a 15.000 abitanti ne facciano richiesta
scritta e motivata con l'indicazione delle norme violate,
entro dieci giorni dall'affissione all'albo pretorio,
quando le deliberazioni stesse riguardino:
a)
appalti e affidamento di servizi o forniture di importo
superiore alla soglia di rilievo comunitario;
b)
dotazioni organiche e relative variazioni.;
c)
assunzioni del personale.
2.
Nei casi previsti dal comma 1, il controllo è esercitato
dal comitato regionale di controllo ovvero, se istituito,
dal difensore civico comunale o provinciale. L'organo
che procede al controllo, se ritiene che la deliberazione
sia illegittima, ne da comunicazione all'ente, entro quindici
giorni dalla richiesta, e lo invita ad eliminare i vizi
riscontrati. In tal caso, se l'ente non ritiene di modificare
la delibera, essa acquista efficacia se viene confermata
con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei
componenti il consiglio.
3.
La giunta può altresì sottoporre al controllo
preventivo di legittimità dell’organo regionale
di controllo ogni altra deliberazione dell’ente secondo
le modalità di cui all’articolo 133 .
Articolo
128
Comitato
regionale di controllo
1.
Per l'esercizio del controllo di legittimità, è
istituito, con decreto del presidente della giunta regionale,
il comitato regionale di controllo sugli atti dei comuni
e delle province.
2.
Sono disciplinate con legge regionale l'elezione, a maggioranza
qualificata dei componenti del comitato regionale di controllo
di cui all’articolo 130, comma 1 lettera a) e comma 2
prima parte , la tempestiva sostituzione degli stessi
in caso di morte, dimissioni, decadenza per reiterate
assenze ingiustificate o incompatibilità sopravvenuta,
nonché per la supplenza del presidente.
3.
La legge regionale può articolare il comitato in
sezioni per territorio o per materia, salvaguardando con
forme opportune l'unitarietà di indirizzo. A tal
fine la regione, in collaborazione con gli uffici del
comitato, cura la pubblicazione periodica delle principali
decisioni del comitato regionale di controllo con le relative
motivazioni di riferimento.
4.
Le pronunce degli organi di controllo previsti nel presente
capo sono provvedimenti definitivi.
5.
I componenti dei comitati regionali di controllo sono
personalmente e solidalmente responsabili nei confronti
degli enti locali per i danni a questi arrecati con dolo
o colpa grave nell'esercizio delle loro funzioni.
Articolo
129
Servizi
di consulenza del comitato regionale di controllo
1.
Possono essere attivati nell'ambito dei comitati regionali
di controllo servizi di consulenza ai quali gli enti locali
possono rivolgersi al fine di ottenere preventivi elementi
valutativi in ordine all'adozione di atti o provvedimenti
di particolare complessità o che attengano ad aspetti
nuovi dell'attività deliberativa. La regione disciplina
con propria normativa le modalità organizzative
e di espletamento dei servizi di consulenza.
Articolo
130
Composizione
del comitato
1.
Il comitato regionale di controllo e ogni sua eventuale
sezione sono composti:
a)
da quattro esperti eletti dal consiglio regionale, di
cui:
1)
uno iscritto da almeno dieci anni nell'albo degli
avvocati, scelto in una terna proposta dal competente
ordine professionale;
2)
uno iscritto da almeno dieci anni all'albo dei dottori
commercialisti o dei ragionieri, scelto in una terna
proposta dai rispettivi ordini professionali;
3)
uno scelto tra chi abbia ricoperto complessivamente
per almeno cinque anni la carica di sindaco, di presidente
della provincia, di consigliere regionale o di parlamentare
nazionale, ovvero tra i funzionari statali, regionali
o degli enti locali in quiescenza, con qualifica non
inferiore a dirigente od equiparata;
4)
uno scelto tra i magistrati o gli avvocati dello Stato
in quiescenza, o tra i professori di ruolo di università
in materie giuridiche ed amministrative ovvero tra
i segretari comunali o provinciali in quiescenza;
b)
da un esperto designato dal commissario del Governo scelto
fra funzionari dell'Amministrazione civile dell'interno
in servizio nelle rispettive province.
2.
Il consiglio regionale elegge non più di due componenti
supplenti aventi i requisiti di cui alla lettera a) del
comma 1; un terzo supplente, avente i requisiti di cui
alla lettera b) del comma 1, è designato dal commissario
del Governo.
3.
In caso di assenza od impedimento dei componenti effettivi,
di cui rispettivamente alle lettere a) e b) del comma
1, intervengono alle sedute i componenti supplenti, eletti
o designati per la stessa categoria.
4.
Il comitato ed ogni sua sezione eleggono nel proprio seno
il presidente ed un vicepresidente scelti tra i componenti
eletti dal consiglio regionale.
5.
Funge da segretario un funzionario della regione.
6.
Il comitato e le sezioni sono rinnovati integralmente
a seguito di nuove elezioni del consiglio regionale, nonché
quando si dimetta contemporaneamente la maggioranza dei
rispettivi componenti.
7.
Il presidente ed il vicepresidente del comitato, se dipendenti
pubblici, sono collocati fuori ruolo; se dipendenti privati,
sono collocati in aspettativa non retribuita.
8.
Ai componenti del comitato si applicano le norme relative
ai permessi ed alle aspettative previsti per gli amministratori
locali.
Articolo131
Incompatibilità
ed ineleggibilità
1.
Non possono essere eletti e non possono far parte dei
comitati regionali di controllo:
a)
i deputati, i senatori, i parlamentari europei;
b)
i consiglieri e gli assessori regionali;
c)
gli amministratori di enti locali o di altri enti
soggetti a controllo del comitato, nonché coloro
che abbiano ricoperto tali cariche nell'anno precedente
alla costituzione del medesimo comitato;
d)
coloro che si trovano nelle condizioni di ineleggibilità
alle cariche di cui alle lettere b) e c), con esclusione
dei magistrati e dei funzionari dello Stato;
e)
i dipendenti ed i contabili della regione e degli
enti locali sottoposti al controllo del comitato nonché
i dipendenti dei partiti presenti nei consigli degli
enti locali della regione;
f)
i componenti di altro comitato regionale di controllo
o delle sezioni di esso;
g)
coloro che prestano attività di consulenza
o di collaborazione presso la regione o enti sottoposti
al controllo regionale;
h)
coloro che ricoprono incarichi direttivi o esecutivi
nei partiti a livello provinciale, regionale o nazionale,
nonché coloro che abbiano ricoperto tali incarichi
nell'anno precedente alla costituzione del comitato.
Articolo132
Funzionamento
del comitato
1.
Il funzionamento dei comitati regionali di controllo e
delle loro sezioni, le indennità da attribuire
ai componenti, le funzioni del presidente e del vicepresidente,
le forme di pubblicità della attività dei
comitati e di consultazione delle decisioni, nonché
il rilascio di copie di esse sono disciplinati dalla legge
regionale.
2.
Le spese per il funzionamento dei comitati regionali di
controllo e dei loro uffici, nonché la corresponsione
di un'indennità di carica ai componenti sono a
carico della regione.
3.
La regione provvede alle strutture serventi del comitato
regionale di controllo ispirandosi ai principi dell'adeguatezza
funzionale e dell'autonomia dell'organo.
Articolo
133
Modalità
del controllo preventivo di legittimità
1.
Il controllo di legittimità comporta la verifica
della conformità dell'atto alle norme vigenti ed
alle norme statutarie specificamente indicate nel provvedimento
di annullamento, per quanto riguarda la competenza, la
forma e la procedura, e rimanendo esclusa ogni diversa
valutazione dell'interesse pubblico perseguito. Nell'esame
del bilancio preventivo e del rendiconto della gestione
il controllo di legittimità comprende la coerenza
interna degli atti e la corrispondenza dei dati contabili
con quelli delle deliberazioni, nonché con i documenti
giustificativi allegati alle stesse.
2.
Il comitato regionale di controllo, entro dieci giorni
dalla ricezione degli atti di cui all’articolo 126, comma
1 può disporre l'audizione dei rappresentanti dell'ente
deliberante o può richiedere, per una sola volta,
chiarimenti o elementi integrativi di giudizio in forma
scritta. In tal caso il termine per l'esercizio del controllo
viene sospeso e riprende a decorrere dalla data della
trasmissione dei chiarimenti o elementi integrativi o
dell'audizione dei rappresentanti.
3.
Il comitato può indicare all'ente interessato le
modificazioni da apportare alle risultanze del rendiconto
della gestione con l'invito ad adottarle entro il termine
massimo di trenta giorni.
4.
Nel caso di mancata adozione delle modificazioni entro
il termine di cui al comma 3, o di annullamento della
deliberazione di adozione del rendiconto della gestione
da parte del comitato di controllo, questo provvede alla
nomina di uno o più commissari per la redazione
del conto stesso.
5.
Non può essere riesaminato il provvedimento sottoposto
a controllo nel caso di annullamento in sede giurisdizionale
di una decisione negativa di controllo.
Articolo
134
Esecutività
delle deliberazioni
1.
La deliberazione soggetta al controllo necessario di legittimità
deve essere trasmessa a pena di decadenza entro il quinto
giorno successivo all’adozione. Essa diventa esecutiva
se entro 30 giorni dalla trasmissione della stessa il
comitato regionale di controllo non trasmetta all’ente
interessato un provvedimento motivato di annullamento.
Le deliberazioni diventano comunque esecutive qualora
prima del decorso dello stesso termine il comitato regionale
di controllo dia comunicazione di non aver riscontrato
vizi di legittimità.
2.
Nel caso delle deliberazioni soggette a controllo eventuale
la richiesta di controllo sospende l’esecutività
delle stesse fino all’avvenuto esito del controllo.
3.
Le deliberazioni non soggette a controllo necessario o
non sottoposte a controllo eventuale diventano esecutive
dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione.
4.
Nel caso di urgenza le deliberazioni del consiglio o della
giunta possono essere dichiarate immediatamente eseguibili
con il voto espresso dalla maggioranza dei componenti.
Articolo
135
Comunicazione
deliberazioni al prefetto
1.
Il prefetto, nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla
legge o a lui delegati dal Ministro dell’interno, ai sensi
dell’articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29
ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 dicembre 1991, n. 410 e successive modificazioni
ed integrazioni, qualora ritenga, sulla base di fondati
elementi comunque acquisiti, che esistano tentativi di
infiltrazioni di tipo mafioso nelle attività riguardanti
appalti, concessioni, subappalti, cottimi, noli a caldo
o contratti similari per la realizzazione di opere e di
lavori pubblici, ovvero quando sia necessario assicurare
il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche
amministrazioni, richiede ai competenti organi statali
e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi
previsti dalla legge.
2.
Ai medesimi fini indicati nel comma 1 il prefetto può
chiedere che siano sottoposte al controllo preventivo
di legittimità le deliberazioni degli enti locali
relative ad acquisti, alienazioni, appalti ed in generale
a tutti i contratti, con le modalità e i termini
previsti dall’articolo 133, comma 1. Le predette deliberazioni
sono comunicate al prefetto contestualmente all'affissione
all'albo.
Articolo
136
Poteri
sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori
1.
Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere
entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere
atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario
ad acta nominato dal difensore civico regionale, ove costituito,
ovvero dal comitato regionale di controllo. Il commissario
ad acta provvede entro sessanta giorni dal conferimento
dell'incarico.
Articolo
137
Poteri
sostitutivi del Governo
1.
Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti agli
enti locali, in caso di accertata inattività che
comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza
alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli
interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri,
su proposta del Ministro competente per materia, assegna
all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere.
2.
Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri,
sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario
che provvede in via sostitutiva.
3.
In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura
di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può
adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta
del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto
con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo
adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamente
comunicato alla Conferenza Stato-città e autonomie
locali allargata ai rappresentanti delle comunità
montane, che ne può chiedere il riesame, nei termini
e con gli effetti previsti dall’articolo 8, comma 3, della
legge 15 marzo 1997, n. 59.
4.
Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi
previste dalla legislazione vigente.
Articolo
138
Annullamento
straordinario
1.
In applicazione dell’articolo 2, comma 3, lettera p, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell’unità
dell’ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta
del Ministro dell’interno, ha facoltà, in qualunque
tempo, di annullare, d’ufficio o su denunzia, sentito
il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati
da illegittimità.
Articolo
139
Pareri
obbligatori
1.
Ai pareri obbligatori delle amministrazioni statali, anche
ad ordinamento autonomo, delle regioni e di ogni altro
ente sottoposto a tutela statale, regionale e subregionale,
prescritti da qualsiasi norma avente forza di legge ai
fini della programmazione, progettazione ed esecuzione
di opere pubbliche o di altre attività degli enti
locali, si applicano le disposizioni dell’articolo 16
della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche
ed integrazioni, salvo specifiche disposizioni di legge.
Articolo
140
Norma
finale
1.
Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli
altri enti di cui all’articolo 2, compresi i consorzi
cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli
che gestiscono attività aventi rilevanza economica
ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei
consorzi per la gestione dei servizi sociali, intendendosi
sostituiti alla giunta e al consiglio del comune o della
provincia i corrispondenti organi di governo.
CAPO
II
Controllo
sugli organi
Articolo
141
Scioglimento
e sospensione dei consigli comunali e provinciali
1.
I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con
decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Ministro dell’interno:
a)
quando compiano atti contrari alla Costituzione o
per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché
per gravi motivi di ordine pubblico;
b)
quando non possa essere assicurato il normale funzionamento
degli organi e dei servizi per le seguenti cause:
1.)
impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso
del sindaco o del presidente della provincia;
2.)
dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;
3.)
cessazione dalla carica per dimissioni contestuali,
ovvero rese anche con atti separati purché
contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente,
della metà più uno dei membri assegnati,
non computando a tal fine il sindaco o il presidente
della provincia;
4.)
riduzione dell’organo assembleare per impossibilità
di surroga alla metà dei componenti del consiglio;
c)
quando non sia approvato nei termini il bilancio.
c
bis) nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al
di sopra dei mille abitanti siano sprovvisti dei relativi
strumenti urbanistici generali e non adottino tali
strumenti entro diciotto mesi dalla data di elezione
degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento
del consiglio è adottato di concerto con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Le
disposizioni di cui alla presente lettera si applicano
anche nei confronti degli altri organi tenuti all’adozione
di strumenti urbanistici. (*)
2.
Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, trascorso
il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato
senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo
schema, l’organo regionale di controllo nomina un commissario
affinché lo predisponga d’ufficio per sottoporlo
al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio
non abbia approvato nei termini di legge lo schema di
bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale
di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata
ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20
giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce,
mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente.
Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione
al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento
del consiglio.
2
bis. Nell’ipotesi di cui alla lettera c-bis) del comma
1, trascorso il termine entro il quale gli strumenti urbanistici
devono essere adottati, la regione assegna agli enti che
non vi abbiano provveduto un ulteriore termine di tre
mesi, alla scadenza del quale, con lettera notificata
al Sindaco, diffida il consiglio ad adempiere nei successivi
trenta giorni. Trascorso infruttuosamente quest’ultimo
termine, la regione ne dà comunicazione al Prefetto.
Le disposizioni di cui al presente comma si applicano
anche nei confronti degli altri organi tenuti all’adozione
di strumenti urbanistici. (**)
3.
Nei casi diversi da quelli previsti dal numero 1) della
lettera b) del comma 1, con il decreto di scioglimento
si provvede alla nomina di un commissario, che esercita
le attribuzioni conferitegli con il decreto stesso.
4.
Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento
deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto
dalla legge.
5.
I consiglieri cessati dalla carica per effetto dello scioglimento
continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori,
gli incarichi esterni loro eventualmente attribuiti.
6.
Al decreto di scioglimento è allegata la relazione
del Ministro contenente i motivi del provvedimento; dell’adozione
del decreto di scioglimento è data immediata comunicazione
al parlamento. Il decreto è pubblicato nella "Gazzetta
Ufficiale" della Repubblica italiana.
7.
Iniziata la procedura di cui ai commi precedenti ed in
attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi
di grave e urgente necessità, può sospendere,
per un periodo comunque non superiore a novanta giorni,
i consigli comunali e provinciali e nominare un commissario
per la provvisoria amministrazione dell’ente.
8.
Ove non diversamente previsto dalle leggi regionali le
disposizioni di cui al presente articolo si applicano,
in quanto compatibili, agli altri enti locali di cui all’articolo
2, comma 1 ed ai consorzi tra enti locali. Il relativo
provvedimento di scioglimento degli organi comunque denominati
degli enti locali di cui al presente comma è disposto
con decreto del Ministro dell’interno.
*
lettera
inserita dall'art. 32 comma 7 del D.L. 30 settembre 2003,
n. 269
**
comma inserito dall'art. 32 comma 8 del D.L. 30 settembre
2003, n. 269
Articolo
142
Rimozione
e sospensione di amministratori locali.
1.
Con decreto del Ministro dell’interno il sindaco, il presidente
della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità
montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti
dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando
compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e
persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di
ordine pubblico.
2.
In attesa del decreto, il prefetto può sospendere
gli amministratori di cui al comma 1 qualora sussistano
motivi di grave e urgente necessità.
3.
Sono fatte salve le disposizioni dettate dagli articoli
58 e 59.
Articolo
143
Scioglimento
dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni
di infiltrazione
e
di condizionamento di tipo mafioso.
1.
Fuori dei casi previsti dall’articolo 141, i consigli
comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito
di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma
7, emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti
degli amministratori con la criminalità organizzata
o su forme di condizionamento degli amministratori stessi,
che compromettono la libera determinazione degli organi
elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali
e provinciali, nonché il regolare funzionamento
dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano
tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo
stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del consiglio
comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica
di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia
e di componente delle rispettive giunte, anche se diversamente
disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento
e funzionamento degli organi predetti, nonché di
ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte.
2.
Lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente
della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il provvedimento
di scioglimento deliberato dal Consiglio dei Ministri
è trasmesso al Presidente della Repubblica per
l’emanazione del decreto ed è contestualmente trasmesso
alle Camere. Il procedimento è avviato dal prefetto
della provincia con una relazione che tiene anche conto
di elementi eventualmente acquisiti con i poteri delegati
dal Ministro dell’interno ai sensi dell’articolo 2, comma
2-quater del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410
e successive modificazioni ed integrazioni. Nei casi in
cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al comma
1 o per eventi connessi sia pendente procedimento penale,
il prefetto può richiedere preventivamente informazioni
al procuratore della repubblica competente, il quale,
in deroga all’articolo 329 del codice di procedura penale,
comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano
rimanere segrete per le esigenze del procedimento.
3.
Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per
un periodo da dodici a diciotto mesi prorogabili fino
ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali,
dandone comunicazione alle commissioni parlamentari competenti,
al fine di assicurare il buon andamento delle amministrazioni
e il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati.
Il decreto di scioglimento, con allegata la relazione
del Ministro, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.
4.
Il provvedimento con il quale si dispone l’eventuale proroga
della durata dello scioglimento a norma del comma 3 del
presente articolo è adottato non oltre il cinquantesimo
giorno antecedente la data fissata per lo svolgimento
delle elezioni relative al rinnovo degli organi. Si osservano
le procedure e le modalità stabilite dal comma
2 del presente articolo.
5.
Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il
prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende
gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni
altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria
amministrazione dell’ente mediante invio di commissari.
La sospensione non può eccedere la durata di 60
giorni e il termine del decreto di cui al comma 3 decorre
dalla data del provvedimento di sospensione.
6.
Si fa luogo comunque allo scioglimento degli organi a
norma del presente articolo quando sussistono le condizioni
indicate nel comma 1, ancorché ricorrano le situazioni
previste dall’articolo 141.
Articolo
144
Commissione
straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio
1.
Con il decreto di scioglimento di cui all’articolo 143
è nominata una commissione straordinaria per la
gestione dell’ente, la quale esercita le attribuzioni
che le sono conferite con il decreto stesso. La commissione
è composta di tre membri scelti tra funzionari
dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati
della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza.
La commissione rimane in carica fino allo svolgimento
del primo turno elettorale utile.
2.
Presso il Ministero dell’interno è istituito, con
personale della amministrazione, un comitato di sostegno
e di monitoraggio dell’azione delle commissioni straordinarie
di cui al comma 1 e dei comuni riportati a gestione ordinaria.
3.
Con decreto del Ministro dell’interno, adottato a norma
dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, sono determinate le modalità di organizzazione
e funzionamento della commissione straordinaria per l’esercizio
delle attribuzioni ad essa conferite, le modalità
di pubblicizzazione degli atti adottati dalla commissione
stessa, nonché le modalità di organizzazione
e funzionamento del comitato di cui al comma 2.
Articolo
145
Gestione
straordinaria
1.
Quando in relazione alle situazioni indicate nel comma
1 dell’articolo 143 sussiste la necessità di assicurare
il regolare funzionamento dei servizi degli enti nei cui
confronti è stato disposto lo scioglimento, il
prefetto, su richiesta della commissione straordinaria
di cui al comma 1 dell’articolo 144, può disporre,
anche in deroga alle norme vigenti, l’assegnazione in
via temporanea, in posizione di comando o distacco, di
personale amministrativo e tecnico di amministrazioni
ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra
anche in posizione di sovraordinazione. Al personale assegnato
spetta un compenso mensile lordo proporzionato alle prestazioni
da rendere, stabilito dal prefetto in misura non superiore
al 50 per cento del compenso spettante a ciascuno dei
componenti della commissione straordinaria, nonché,
ove dovuto, il trattamento economico di missione stabilito
dalla legge per i dipendenti dello Stato in relazione
alla qualifica funzionale posseduta nell’amministrazione
di appartenenza. Tali competenze sono a carico dello Stato
e sono corrisposte dalla prefettura, sulla base di idonea
documentazione giustificativa, sugli accreditamenti emessi,
in deroga alle vigenti disposizioni di legge, dal Ministero
dell’interno. La prefettura, in caso di ritardo nell’emissione
degli accreditamenti è autorizzata a prelevare
le somme occorrenti sui fondi in genere della contabilità
speciale. Per il personale non dipendente dalle amministrazioni
centrali o periferiche dello Stato, la prefettura provvede
al rimborso al datore di lavoro dello stipendio lordo,
per la parte proporzionalmente corrispondente alla durata
delle prestazioni rese. Agli oneri derivanti dalla presente
disposizione si provvede con una quota parte del 10 per
cento delle somme di denaro confiscate ai sensi della
legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni,
nonché del ricavato delle vendite disposte a norma
dell’articolo 4, commi 4 e 6, del decreto-legge 14 giugno
1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge
4 agosto 1989, n. 282, relative ai beni mobili o immobili
ed ai beni costituiti in azienda confiscati ai sensi della
medesima legge n. 575 del 1965. Alla scadenza del periodo
di assegnazione, la commissione straordinaria potrà
rilasciare, sulla base della valutazione dell’attività
prestata dal personale assegnato, apposita certificazione
di lodevole servizio che costituisce titolo valutabile
ai fini della progressione di carriera e nei concorsi
interni e pubblici nelle amministrazioni dello Stato,
delle regioni e degli enti locali.
2.
Per far fronte a situazioni di gravi disservizi e per
avviare la sollecita realizzazione di opere pubbliche
indifferibili, la commissione straordinaria di cui al
comma 1 dell’articolo 144, entro il termine di sessanta
giorni dall’insediamento, adotta un piano di priorità
degli interventi, anche con riferimento a progetti già
approvati e non eseguiti. Gli atti relativi devono essere
nuovamente approvati dalla commissione straordinaria.
La relativa deliberazione, esecutiva a norma di legge,
è inviata entro dieci giorni al prefetto il quale,
sentito il comitato provinciale della pubblica amministrazione
opportunamente integrato con i rappresentanti di uffici
tecnici delle amministrazioni statali, regionali o locali,
trasmette gli atti all’amministrazione regionale territorialmente
competente per il tramite del commissario del Governo,
o alla Cassa depositi e prestiti, che provvedono alla
dichiarazione di priorità di accesso ai contributi
e finanziamenti a carico degli stanziamenti comunque destinati
agli investimenti degli enti locali. Le disposizioni del
presente comma si applicano ai predetti enti anche in
deroga alla disciplina sugli enti locali dissestati, limitatamente
agli importi totalmente ammortizzabili con contributi
statali o regionali ad essi effettivamente assegnati.
3.
Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, a
far tempo dalla data di insediamento degli organi e fino
alla scadenza del mandato elettivo, anche alle amministrazioni
comunali e provinciali, i cui organi siano rinnovati al
termine del periodo di scioglimento disposto ai sensi
del comma 1 dell’articolo 143.
4.
Nei casi in cui lo scioglimento è disposto anche
con riferimento a situazioni di infiltrazione o di condizionamento
di tipo mafioso, connesse all’aggiudicazione di appalti
di opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture,
ovvero l’affidamento in concessione di servizi pubblici
locali, la commissione straordinaria di cui al comma 1
dell’articolo 144 procede alle necessarie verifiche con
i poteri del collegio degli ispettori di cui all’articolo
14 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203.
A conclusione degli accertamenti, la commissione straordinaria
adotta tutti i provvedimenti ritenuti necessari e può
disporre d’autorità la revoca delle deliberazioni
già adottate, in qualunque momento e fase della
procedura contrattuale, o la rescissione del contratto
già concluso.
5.
Ferme restando le forme di partecipazione popolare previste
dagli statuti in attuazione dell’articolo 8, comma 3,
la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell’articolo
144, allo scopo di acquisire ogni utile elemento di conoscenza
e valutazione in ordine a rilevanti questioni di interesse
generale si avvale, anche mediante forme di consultazione
diretta, dell’apporto di rappresentanti delle forze politiche
in ambito locale, dell’Anci, dell'Upi, delle organizzazioni
di volontariato e di altri organismi locali particolarmente
interessati alle questioni da trattare.
Art.
145-bis
Gestione
finanziaria.*
1.
Per i comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti
i cui organi consiliari sono stati sciolti ai sensi dell'articolo
143, su richiesta della Commissione straordinaria di cui
al comma 1 dell'articolo 144, il Ministero dell'interno
provvede all'anticipazione di un importo calcolato secondo
i criteri di cui al comma 2 del presente articolo. L'anticipazione
è subordinata all'approvazione di un piano di risanamento
della situazione finanziaria, predisposto con le stesse
modalità previste per gli enti in stato di dissesto
finanziario dalle norme vigenti. Il piano è predisposto
dalla Commissione straordinaria ed è approvato
con decreto del Ministro dell'interno, su parere della
Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali,
di cui all'articolo 155.
2.
L'importo dell'anticipazione di cui al comma 1 è
pari all'importo dei residui attivi derivanti dal titolo
primo e dal titolo terzo dell'entrata, come risultanti
dall'ultimo rendiconto approvato, sino ad un limite massimo
determinato in misura pari a cinque annualità dei
trasferimenti erariali correnti e della quota di compartecipazione
al gettito dell'IRPEF, e calcolato in base agli importi
spettanti al singolo comune per l'anno nel quale perviene
la richiesta. Dall'anticipazione spettante sono detratti
gli importi già corrisposti a titolo di trasferimenti
o di compartecipazione al gettito dell'IRPEF per l'esercizio
in corso. A decorrere dall'esercizio successivo il Ministero
dell'interno provvederà, in relazione al confronto
tra l'anticipazione attribuita e gli importi annualmente
spettanti a titolo di trasferimenti correnti e di compartecipazione
al gettito dell'IRPEF, ad effettuare le compensazioni
e determinare gli eventuali conguagli sino al completo
recupero dell'anticipazione medesima.
3.
L'organo di revisione dell'ente locale è tenuto
a vigilare sull'attuazione del piano di risanamento, segnalando
alla Commissione straordinaria o all'amministrazione successivamente
subentrata le difficoltà riscontrate e gli eventuali
scostamenti dagli obiettivi. Il mancato svolgimento di
tali compiti da parte dell'organo di revisione è
considerato grave inadempimento.
4.
Il finanziamento dell'anticipazione di cui al comma
1 avviene con contestuale decurtazione dei trasferimenti
erariali agli enti locali e le somme versate dall'ente
sciolto ai sensi dell'articolo 143 affluiscono ai trasferimenti
erariali dell'anno successivo e sono assegnate nella stessa
misura della detrazione. Le modalità di versamento
dell'annualità sono indicate dal Ministero dell'interno
all'ente locale secondo le norme vigenti.
* Art. inserito
dall'art. 6, comma 1 bis, del Decreto Legge 29 marzo 2004,
n. 80 coordinato con la Legge di conversione 28 maggio
2004, n. 140
Articolo
146
Norma
finale
1.
Le disposizioni di cui agli articoli 143, 144, 145 si
applicano anche agli altri enti locali di cui all’articolo
2, comma 1, nonché ai consorzi di comuni e province,
agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie
locali ed ospedaliere, alle aziende speciali dei comuni
e delle province e ai consigli circoscrizionali, in quanto
compatibili con i relativi ordinamenti.
2.
Il Ministro dell’interno presenta al Parlamento una relazione
annuale sull’attività svolta dalla gestione straordinaria
dei singoli comuni. (*)
(*)
comma modificato dall'art. 1-bis del Decreto Legge 31
marzo 2003 n. 50, modificato dalla Legge di conversione
Legge 20 maggio 2003 n. 116
CAPO
III
Controlli
interni
Articolo
147
Tipologia
dei controlli interni
1.
Gli enti locali, nell’ambito della loro autonomia normativa
ed organizzativa, individuano strumenti e metodologie
adeguati a
a)
garantire attraverso il controllo di regolarità
amministrativa e contabile, la legittimità,
regolarità e correttezza dell’azione amministrativa
b)
verificare, attraverso il controllo di gestione, l’efficacia,
efficienza ed economicità dell’azione amministrativa,
al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi
interventi di correzione, il rapporto tra costi e
risultati;
c)
valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale;
d)
valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede
di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti
di determinazione dell’indirizzo politico, in termini
di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi
predefiniti.
2.
I controlli interni sono ordinati secondo il principio
della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti
di gestione, quale risulta dagli articoli 3, comma 1,
lettere b) e c), e 14 del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
3.
L’organizzazione dei controlli interni è effettuata
dagli enti locali anche in deroga agli altri principi
di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 286.
4.
Per l’effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più
enti locali possono istituire uffici unici, mediante convenzione
che ne regoli le modalità di costituzione e di
funzionamento.
5.
Nell’ambito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione,
d’intesa con le province, sono istituite apposite strutture
di consulenza e supporto, delle quali possono avvalersi
gli enti locali per l’esercizio dei controlli previsti
dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. A tal
fine, i predetti comitati possono essere integrati con
esperti nelle materie di pertinenza.
CAPO
IV
Controlli
esterni sulla gestione
Articolo
148
Controllo
della Corte dei Conti
1.
La Corte dei Conti esercita il controllo sulla gestione
degli enti locali, ai sensi delle disposizioni di cui
alla legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni
ed integrazioni.
PARTE
II
ORDINAMENTO
FINANZIARIO E CONTABILE
TITOLO
I
DISPOSIZIONI
GENERALI
Articolo
149
Principi
generali in materia di finanza propria e derivata
1.
L'ordinamento della finanza locale è riservato
alla legge, che la coordina con la finanza statale e con
quella regionale.
2.
Ai comuni e alle province la legge riconosce, nell'ambito
della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata
su certezza di risorse proprie e trasferite.
3.
La legge assicura, altresì, agli enti locali potestà
impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse
e delle tariffe, con conseguente adeguamento della legislazione
tributaria vigente. A tal fine i comuni e le province
in forza dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre
1997, n. 446 e successive modificazioni possono disciplinare
con regolamento le proprie entrate, anche tributarie,
salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione
delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell’aliquota
massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze
di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.
Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni
di legge vigenti.
4.
La finanza dei comuni e delle province è costituita
da:
a)
imposte proprie;
b)
addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o
regionali;
c)
tasse e diritti per servizi pubblici;
d)
trasferimenti erariali;
e)
trasferimenti regionali;
f)
altre entrate proprie, anche di natura patrimoniale;
g)
risorse per investimenti;
h)
altre entrate.
5.
I trasferimenti erariali sono ripartiti in base a criteri
obiettivi che tengano conto della popolazione, del territorio
e delle condizioni socio-economiche, nonché in
base ad una perequata distribuzione delle risorse che
tenga conto degli squilibri di fiscalità locale.
6.
Lo Stato assegna specifici contributi per fronteggiare
situazioni eccezionali.
7.
Le entrate fiscali finanziano i servizi pubblici ritenuti
necessari per lo sviluppo della comunità ed integrano
la contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi
pubblici indispensabili.
8.
A ciascun ente locale spettano le tasse, i diritti, le
tariffe e i corrispettivi sui servizi di propria competenza.
Gli enti locali determinano per i servizi pubblici tariffe
o corrispettivi a carico degli utenti, anche in modo non
generalizzato. Lo Stato e le regioni, qualora prevedano
per legge casi di gratuità nei servizi di competenza
dei comuni e delle province ovvero fissino prezzi e tariffe
inferiori al costo effettivo della prestazione, debbono
garantire agli enti locali risorse finanziarie compensative.
9.
La legge determina un fondo nazionale ordinario per contribuire
ad investimenti degli enti locali destinati alla realizzazione
di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed
economico.
10.
La legge determina un fondo nazionale speciale per finanziare
con criteri perequativi gli investimenti destinati alla
realizzazione di opere pubbliche unicamente in aree o
per situazioni definite dalla legge statale.
11.
L'ammontare complessivo dei trasferimenti e dei fondi
è determinato in base a parametri fissati dalla
legge per ciascuno degli anni previsti dal bilancio pluriennale
dello Stato e non è riducibile nel triennio.
12.
Le regioni concorrono al finanziamento degli enti locali
per la realizzazione del piano regionale di sviluppo e
dei programmi di investimento, assicurando la copertura
finanziaria degli oneri necessari all'esercizio di funzioni
trasferite o delegate.
13.
Le risorse spettanti a comuni e province per spese di
investimento previste da leggi settoriali dello Stato
sono distribuite sulla base di programmi regionali. Le
regioni, inoltre, determinano con legge i finanziamenti
per le funzioni da esse attribuite agli enti locali in
relazione al costo di gestione dei servizi sulla base
della programmazione regionale.
Articolo
150
Principi
in materia di ordinamento finanziario e contabile
1.
L'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali
è riservato alla legge dello Stato e stabilito
dalle disposizioni di principio del presente testo unico.
2.
L'ordinamento stabilisce per gli enti locali i principi
in materia di programmazione, gestione e rendicontazione,
nonché i principi relativi alle attività
di investimento, al servizio di tesoreria, ai compiti
ed alle attribuzioni dell’organo di revisione economico-finanziaria
e, per gli enti cui sia applicabile, alla disciplina del
risanamento finanziario.
3.
Restano salve le competenze delle regioni a statuto speciale
e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Articolo
151
Principi
in materia di contabilità
1.
Gli enti locali deliberano entro il 31 dicembre il bilancio
di previsione per l'anno successivo, osservando i principi
di unità, annualità, universalità
ed integrità, veridicità, pareggio finanziario
e pubblicità. Il termine può essere differito
con decreto del Ministro dell’interno, d’intesa con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, sentita la Conferenza Stato-città ed
autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.
2.
Il bilancio è corredato di una relazione previsionale
e programmatica, di un bilancio pluriennale di durata
pari a quello della regione di appartenenza e degli allegati
previsti dall’articolo 172 o da altre norme di legge.
3.
I documenti di bilancio devono comunque essere redatti
in modo da consentirne la lettura per programmi, servizi
ed interventi.
4.
I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano
impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio
finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto
di regolarità contabile attestante la copertura
finanziaria.
5.
I risultati di gestione sono rilevati anche mediante contabilità
economica e dimostrati nel rendiconto comprendente il
conto del bilancio e il conto del patrimonio.
6.
Al rendiconto è allegata una relazione illustrativa
della giunta che esprime le valutazioni di efficacia dell'azione
condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto
ai programmi ed ai costi sostenuti.
7.
Il rendiconto è deliberato dall’organo consigliare
entro il 30 giugno dell'anno successivo.
Articolo
152
Regolamento
di contabilità
1.
Con il regolamento di contabilità ciascun ente
locale applica i principi contabili stabiliti dal presente
testo unico, con modalità organizzative corrispondenti
alle caratteristiche di ciascuna comunità, ferme
restando le disposizioni previste dall'ordinamento per
assicurare l'unitarietà ed uniformità del
sistema finanziario e contabile.
2.
Il regolamento di contabilità assicura, di norma,
la conoscenza consolidata dei risultati globali delle
gestioni relative ad enti od organismi costituiti per
l’esercizio di funzioni e servizi.
3.
Il regolamento di contabilità stabilisce le norme
relative alle competenze specifiche dei soggetti dell'amministrazione
preposti alla programmazione, adozione ed attuazione dei
provvedimenti di gestione che hanno carattere finanziario
e contabile, in armonia con le disposizioni del presente
testo unico e delle altre leggi vigenti.
4.
I regolamenti di contabilità sono approvati nel
rispetto delle norme della parte seconda del presente
testo unico, da considerarsi come principi generali con
valore di limite inderogabile, con eccezione delle sottoelencate
norme, le quali non si applicano qualora il regolamento
di contabilità dell’ente rechi una differente disciplina
:
a)
articoli 177 e 178;
b)
articoli 179, commi 2, (lettere b) c) e d), e 3, 180,
commi da 1 a 3, 181, commi 1 e 3, 182, 184, 185, commi
da 2 a 4;
c)
articoli 186, 191 comma 5, 197, 198;
d)
articoli 199, 202 comma 2, 203, 205, 207;
e)
articoli da 213 a 215, 216, comma 3, da 217 a 219, 221,
224, 225;
f)
articoli 235, commi 2 e 3, 237, 238.
Articolo
153
Servizio
economico-finanziario
1.
Con il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei
servizi sono disciplinati l’organizzazione del servizio
finanziario, o di ragioneria o qualificazione corrispondente,
secondo le dimensioni demografiche e l’importanza economico-finanziaria
dell’ente. Al servizio è affidato il coordinamento
e la gestione dell’attività finanziaria.
2.
E' consentito stipulare apposite convenzioni tra gli enti
per assicurare il servizio a mezzo di strutture comuni
.
3.
Il responsabile del servizio finanziario di cui all'articolo
151, comma 4, si identifica con il responsabile del servizio
o con i soggetti preposti alle eventuali articolazioni
previste dal regolamento di contabilità.
4.
Il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria
o qualificazione corrispondente, è preposto alla
verifica di veridicità delle previsioni di entrata
e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate
dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o
pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di
accertamento delle entrate e di impegno delle spese.
5.
Il regolamento di contabilità disciplina le modalità
con le quali vengono resi i pareri di regolarità
contabile sulle proposte di deliberazione ed apposto il
visto di regolarità contabile sulle determinazioni
dei soggetti abilitati. Il responsabile del servizio finanziario
effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione
alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti
di spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di
realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata
secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità.
6.
Il regolamento di contabilità disciplina le segnalazioni
obbligatorie dei fatti e delle valutazioni del responsabile
finanziario al legale rappresentante dell'ente, al consiglio
dell’ente nella persona del suo Presidente, al Segretario
ed all'organo di revisione ove si rilevi che la gestione
delle entrate o delle spese correnti evidenzi il costituirsi
di situazioni - non compensabili da maggiori entrate o
minori spese - tali da pregiudicare gli equilibri del
bilancio. In ogni caso la segnalazione è effettuata
entro sette giorni dalla conoscenza dei fatti. Il consiglio
provvede al riequilibrio a norma dell’articolo 193, entro
trenta giorni dal ricevimento della segnalazione, anche
su proposta della Giunta.
7.
Lo stesso regolamento prevede l’istituzione di un servizio
di economato, cui viene preposto un responsabile, per
la gestione di cassa delle spese di ufficio di non rilevante
ammontare.
Articolo
154
Osservatorio
sulla finanza e la contabilità degli enti locali
1.
E' istituito presso il Ministero dell'interno l'Osservatorio
sulla finanza e la contabilità degli enti locali.
2.
L'Osservatorio ha il compito di promuovere la corretta
gestione delle risorse finanziarie, strumentali ed umane,
la salvaguardia degli equilibri di bilancio, l'applicazione
dei principi contabili e la congruità degli strumenti
applicativi, nonché la sperimentazione di nuovi
modelli contabili. L’Osservatorio adotta iniziative di
divulgazione e di approfondimento finalizzate ad agevolare
l'applicazione ed il recepimento delle norme.
3.
L’Osservatorio presenta al Ministro dell'interno almeno
una relazione annuale sullo stato di applicazione delle
norme, con proposte di integrazione normativa e di principi
contabili di generale applicazione.
4.
Il Presidente ed i componenti dell'Osservatorio, in numero
non superiore a diciotto, sono nominati dal Ministro dell'interno
con proprio decreto tra funzionari dello Stato, o di altre
pubbliche amministrazioni, professori e ricercatori universitari
ed esperti. L’Upi, l’Anci e l’Uncem designano ciascuna
un proprio rappresentante. L’Osservatorio dura in carica
cinque anni.
5.
Il Ministro dell'interno può assegnare ulteriori
funzioni nell'ambito delle finalità generali del
comma 2 ed emanare norme di funzionamento e di organizzazione.
6.
L'Osservatorio si avvale delle strutture e dell'organizzazione
della Direzione centrale per la finanza locale e per i
servizi finanziari dell’Amministrazione civile del Ministero
dell'interno.
7.
Ai componenti dell'Osservatorio spettano il gettone di
presenza ed i rimborsi spese previsti per i componenti
della Commissione per la finanza e gli organici degli
enti locali. L'imputazione dei relativi oneri avviene
sul medesimo capitolo di spesa relativo alla citata Commissione.
I rimborsi competono anche, per la partecipazione ad attività
esterne di studio, di divulgazione ed approfondimento
rientranti nell'attività istituzionale dell'Osservatorio.
Il Ministro dell'interno può affidare, nell'anno
2000 ed entro la complessiva spesa di 30 milioni di lire,
all'Osservatorio, o a singoli membri, la redazione di
studi e lavori monografici, determinando il compenso in
relazione alla complessità dell'incarico ed ai
risultati conseguiti. *
*
comma così sostituito dall'art. 1 comma 4 del D.L.
27/12/2000, n. 392, così come convertito con Legge
28/2/2001, n. 26
Articolo
155
Commissione
per la finanza e gli organici degli enti locali
1.
La Commissione per la finanza e gli organici degli enti
locali operante presso il Ministero dell’interno, già
denominata Commissione di ricerca per la finanza locale,
svolge i seguenti compiti :
a)
controllo centrale, da esercitare prioritariamente
in relazione alla verifica della compatibilità
finanziaria, sulle dotazioni organiche e sui provvedimenti
di assunzione di personale degli enti dissestati e
degli enti strutturalmente deficitari, ai sensi dell’articolo
243;
b)
parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento
di approvazione o diniego del piano di estinzione
delle passività, ai sensi dell’articolo 256,
comma 7;
c)
proposta al Ministro dell'interno di misure straordinarie
per il pagamento della massa passiva in caso di insufficienza
delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo
256, comma 12;
d)
parere da rendere in merito all’assunzione del mutuo
con la Cassa depositi e prestiti da parte dell’ente
locale, ai sensi dell’articolo 255, comma 5;
e)
parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento
di approvazione o diniego dell'ipotesi di bilancio
stabilmente riequilibrato, ai sensi dell’articolo
261;
f)
proposta al Ministro dell'interno di adozione delle
misure necessarie per il risanamento dell'ente locale,
a seguito del ricostituirsi di disavanzo di amministrazione
o insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili
con i normali mezzi o mancato rispetto delle prescrizioni
poste a carico dell'ente, ai sensi dell’articolo 268;
g)
parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento
di sostituzione di tutto o parte dell'organo straordinario
di liquidazione, ai sensi dell’articolo 254, comma
8;
h)
approvazione, previo esame, della rideterminazione
della pianta organica dell'ente locale dissestato,
ai sensi dell’articolo 259, comma 7.
2.
La composizione e le modalità di funzionamento
della Commissione sono disciplinate con regolamento da
adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge
23 agosto 1988, n. 400.
Articolo
156
Classi
demografiche e popolazione residente
1.
Ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute
nella parte seconda del presente testo unico valgono per
i comuni, se non diversamente disciplinato, le seguenti
classi demografiche:
a)
comuni con meno di 500 abitanti;
b)
comuni da 500 a 999 abitanti;
c)
comuni da 1.000 a 1.999 abitanti;
d)
comuni da 2.000 a 2.999 abitanti;
e)
comuni da 3.000 a 4.999 abitanti;
f)
comuni da 5.000 a 9.999 abitanti;
g)
comuni da 10.000 a 19.999 abitanti;
h)
comuni da 20.000 a 59.999 abitanti;
i)
comuni da 60.000 a 99.999 abitanti;
l)
comuni da 100.000 a 249.999 abitanti;
m)
comuni da 250.000 a 499.999 abitanti;
n)
comuni da 500.000 abitanti ed oltre.
2.
Le disposizioni del presente testo unico e di altre leggi
e regolamenti relative all’attribuzione di contributi
erariali di qualsiasi natura, nonché all’inclusione
nel sistema di tesoreria unica di cui alla legge 29 ottobre
1984, n. 720, alla disciplina del dissesto finanziario
ed alla disciplina dei revisori dei conti, che facciano
riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non
diversamente disciplinato, come concernenti la popolazione
residente calcolata alla fine del penultimo anno precedente
per le province ed i comuni secondo i dati dell'Istituto
nazionale di statistica, ovvero secondo i dati dell'Uncem
per le comunità montane. Per le comunità
montane e i comuni di nuova istituzione si utilizza l'ultima
popolazione disponibile.
Articolo
157
Consolidamento
dei conti pubblici
1.
Ai fini del consolidamento dei conti pubblici gli enti
locali rispettano le disposizioni di cui agli articoli
25, 29 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive
modificazioni ed integrazioni.
Articolo
158
Rendiconto
dei contributi straordinari
1.
Per tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni
pubbliche agli enti locali è dovuta la presentazione
del rendiconto all'amministrazione erogante entro sessanta
giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo,
a cura del segretario e del responsabile del servizio
finanziario.
2.
Il rendiconto, oltre alla dimostrazione contabile della
spesa, documenta i risultati ottenuti in termini di efficienza
ed efficacia dell'intervento.
3.
Il termine di cui al comma 1 è perentorio. La sua
inosservanza comporta l'obbligo di restituzione del contributo
straordinario assegnato.
4.
Ove il contributo attenga ad un intervento realizzato
in più esercizi finanziari l'ente locale è
tenuto al rendiconto per ciascun esercizio.
Articolo
159
Norme
sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali
1.
Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione
forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti
diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente
intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della
procedura espropriativa.
2.
Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità
rilevabile anche d’ufficio dal giudice, le somme di competenza
degli enti locali destinate a :
a)
pagamento delle retribuzioni al personale dipendente
e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi
successivi;
b)
pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari
scadenti nel semestre in corso;
c)
espletamento dei servizi locali indispensabili.
3.
Per l'operatività dei limiti all'esecuzione forzata
di cui al comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con
deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata
al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi
delle somme destinate alle suddette finalità.
4.
Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione
del comma 2 non determinano vincoli sulle somme né
limitazioni all'attività del tesoriere.
5.
I provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito
dell’esperimento delle procedure di cui all’articolo 37
della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui all’articolo
27, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sul
Consiglio di Stato, emanato con regio decreto 26 giugno
1924, n. 1054, devono essere muniti dell’attestazione
di copertura finanziaria prevista dall’articolo 151, comma
4, e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle
lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi
del comma 3.
Articolo
160
Approvazione
di modelli e schemi contabili
1.
Con regolamento, da emanare, a norma dell'articolo 17
della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono approvati :
a)
i modelli relativi al bilancio di previsione, ivi inclusi
i quadri riepilogativi;
b)
il sistema di codifica del bilancio e dei titoli contabili
di entrata e di spesa;
c)
i modelli relativi al bilancio pluriennale;
d)
i modelli relativi al conto del tesoriere;
e)
i modelli relativi al conto del bilancio ivi incluse
la tabella dei parametri di riscontro della situazione
di deficitarietà strutturale e la tabella dei
parametri gestionali;
f)
i modelli relativi al conto economico ed al prospetto
di conciliazione;
g)
i modelli relativi al conto del patrimonio;
h)
i modelli relativi alla resa del conto da parte degli
agenti contabili di cui all’articolo 227.
2.
Con regolamento, da emanare, a norma dell'articolo 17
della legge 23 agosto 1988, n. 400, è approvato
lo schema relativo alla relazione previsionale e programmatica
previo parere della Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
Articolo
161
Certificazioni
di bilancio
1.
Gli enti locali sono tenuti a redigere apposite certificazioni
sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto.
Le certificazioni sono firmate dal segretario e dal responsabile
del servizio finanziario.
2.
Le modalità per la struttura, la redazione e la
presentazione delle certificazioni sono stabilite tre
mesi prima della scadenza di ciascun adempimento con decreto
del Ministro dell'interno d'intesa con l'Anci, con l'Upi
e con l'Uncem, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.
3.
La mancata presentazione di un certificato comporta la
sospensione dell'ultima rata del contributo ordinario
dell'anno nel quale avviene l'inadempienza.*
4.
Il Ministero dell'interno provvede a rendere disponibili
i dati delle certificazioni alle regioni, alle associazioni
rappresentative degli enti locali, alla Corte dei conti
ed all'Istituto nazionale di statistica.
*comma
modificato dall'art. 27, comma 7 lettera a) della legge
28.12.2001 n. 448
TITOLO
II
PROGRAMMAZIONE
E BILANCI
CAPO
I
Programmazione
Articolo
162
Principi
del bilancio
1.
Gli enti locali deliberano annualmente il bilancio di
previsione finanziario redatto in termini di competenza,
per l'anno successivo, osservando i principi di unità,
annualità, universalità ed integrità,
veridicità, pareggio finanziario e pubblicità.
La situazione corrente, come definita al comma 6 del presente
articolo, non può presentare un disavanzo.
2.
Il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale
delle spese, salvo le eccezioni di legge.
3.
L'unità temporale della gestione è l'anno
finanziario, che inizia il 1° gennaio e termina il 31
dicembre dello stesso anno; dopo tale termine non possono
più effettuarsi accertamenti di entrate e impegni
di spesa in conto dell'esercizio scaduto.
4.
Tutte le entrate sono iscritte in bilancio al lordo delle
spese di riscossione a carico degli enti locali e di altre
eventuali spese ad esse connesse. Parimenti tutte le spese
sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna
riduzione delle correlative entrate. La gestione finanziaria
è unica come il relativo bilancio di previsione
: sono vietate le gestioni di entrate e di spese che non
siano iscritte in bilancio.
5.
Il bilancio di previsione è redatto nel rispetto
dei principi di veridicità ed attendibilità,
sostenuti da analisi riferite ad un adeguato arco di tempo
o, in mancanza, da altri idonei parametri di riferimento.
6.
Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio
finanziario complessivo. Inoltre le previsioni di competenza
relative alle spese correnti sommate alle previsioni di
competenza relative alle quote di capitale delle rate
di ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari
non possono essere complessivamente superiori alle previsioni
di competenza dei primi tre titoli dell'entrata e non
possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni
previste per legge. Per le comunità montane si
fa riferimento ai primi due titoli delle entrate.
7.
Gli enti assicurano ai cittadini ed agli organismi di
partecipazione, di cui all'articolo 8, la conoscenza dei
contenuti significativi e caratteristici del bilancio
annuale e dei suoi allegati con le modalità previste
dallo Statuto e dai regolamenti.
Articolo
163
Esercizio
provvisorio e gestione provvisoria
1.
Nelle more dell’approvazione del bilancio di previsione
da parte dell’organo regionale di controllo, l’organo
consiliare dell’ente delibera l’esercizio provvisorio,
per un periodo non superiore a due mesi, sulla base del
bilancio già deliberato. Gli enti locali possono
effettuare, per ciascun intervento, spese in misura non
superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme previste
nel bilancio deliberato, con esclusione delle spese tassativamente
regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato
in dodicesimi.
2.
Ove non sia stato deliberato il bilancio di previsione,
è consentita esclusivamente una gestione provvisoria,
nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell’ultimo
bilancio approvato, ove esistenti. La gestione provvisoria
è limitata all’assolvimento delle obbligazioni
già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti
giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali tassativamente
regolati dalla legge, al pagamento delle spese di personale,
di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte
e tasse, ed, in generale, limitata alle sole operazioni
necessarie per evitare che siano arrecati danni patrimoniali
certi e gravi all’ente.
3.
Ove la scadenza del termine per la deliberazione del bilancio
di previsione sia stata fissata da norme statali in un
periodo successivo all’inizio dell’esercizio finanziario
di riferimento, l’esercizio provvisorio si intende automaticamente
autorizzato sino a tale termine e si applicano le modalità
di gestione di cui al comma 1, intendendosi come riferimento
l’ultimo bilancio definitivamente approvato.
Articolo
164
Caratteristiche
del bilancio
1.
L'unità elementare del bilancio per l'entrata è
la risorsa e per la spesa è l'intervento per ciascun
servizio. Nei servizi per conto di terzi, sia nell’entrata
che nella spesa, l’unità elementare è il
capitolo, che indica l’oggetto.
2.
Il bilancio di previsione annuale ha carattere autorizzatorio,
costituendo limite agli impegni di spesa, fatta eccezione
per i servizi per conto di terzi.
3.
In sede di predisposizione del bilancio di previsione
annuale il consiglio dell'ente assicura idoneo finanziamento
agli impegni pluriennali assunti nel corso degli esercizi
precedenti.
Articolo
165
Struttura
del bilancio
1.
Il bilancio di previsione annuale è composto da
due parti, relative rispettivamente all'entrata ed alla
spesa.
2.
La parte entrata è ordinata gradualmente in titoli,
categorie e risorse, in relazione, rispettivamente, alla
fonte di provenienza, alla tipologia ed alla specifica
individuazione dell’oggetto dell’entrata.
3.
I titoli dell'entrata per province, comuni, città
metropolitane ed unioni di comuni sono:
Titolo
I - Entrate tributarie;
Titolo
II - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti
correnti dello Stato, della regione e di altri enti
pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni
delegate dalla regione;
Titolo
III - Entrate extratributarie;
Titolo
IV - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti
di capitale e da riscossioni di crediti;
Titolo
V - Entrate derivanti da accensioni di prestiti;
Titolo
VI - Entrate da servizi per conto di terzi.
4.
I titoli dell’entrata per le comunità montane sono
:
Titolo
I - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti
correnti dello Stato, della regione e di altri enti
pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni
delegate dalla regione;
Titolo
II - Entrate extratributarie;
Titolo
III - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti
di capitale e da riscossioni di crediti;
Titolo
IV - Entrate derivanti da accensioni di prestiti;
Titolo
V - Entrate da servizi per conto di terzi.
5.
La parte spesa è ordinata gradualmente in titoli,
funzioni, servizi ed interventi, in relazione, rispettivamente,
ai principali aggregati economici, alle funzioni degli
enti, ai singoli uffici che gestiscono un complesso di
attività ed alla natura economica dei fattori produttivi
nell'ambito di ciascun servizio. La parte spesa è
leggibile anche per programmi dei quali è fatta
analitica illustrazione in apposito quadro di sintesi
del bilancio e nella relazione previsionale e programmatica.
6.
I titoli della spesa sono :
Titolo
I - Spese correnti;
Titolo
II - Spese in conto capitale;
Titolo
III - Spese per rimborso di prestiti;
Titolo
IV - Spese per servizi per conto di terzi.
7.
Il programma, il quale costituisce il complesso coordinato
di attività, anche normative, relative alle opere
da realizzare e di interventi diretti ed indiretti, non
necessariamente solo finanziari, per il raggiungimento
di un fine prestabilito, nel più vasto piano generale
di sviluppo dell'ente, secondo le indicazioni dell'articolo
151, può essere compreso all'interno di una sola
delle funzioni dell'ente, ma può anche estendersi
a più funzioni.
8.
A ciascun servizio è correlato un reparto organizzativo,
semplice o complesso, composto da persone e mezzi, cui
è preposto un responsabile.
9.
A ciascun servizio è affidato, col bilancio di
previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati
negli interventi assegnati, del quale risponde il responsabile
del servizio.
10.
Ciascuna risorsa dell'entrata e ciascun intervento della
spesa indicano :
a)
l'ammontare degli accertamenti o degli impegni risultanti
dal rendiconto del penultimo anno precedente all'esercizio
di riferimento e la previsione aggiornata relativa
all'esercizio in corso ;
b)
l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare
o delle spese che si prevede di impegnare nell'esercizio
cui il bilancio si riferisce.
11.
L'avanzo ed il disavanzo di amministrazione sono iscritti
in bilancio, con le modalità di cui agli articoli
187 e 188, prima di tutte le entrate e prima di tutte
le spese.
12.
I bilanci di previsione degli enti locali recepiscono,
per quanto non contrasta con la normativa del presente
testo unico, le norme recate dalle leggi delle rispettive
regioni di appartenenza per quanto concerne le entrate
e le spese relative a funzioni delegate, al fine di consentire
la possibilità del controllo regionale sulla destinazione
dei fondi assegnati agli enti locali e l’omogeneità
delle classificazioni di dette spese nei bilanci di previsione
degli enti rispetto a quelle contenute nei rispettivi
bilanci di previsione regionali. Le entrate e le spese
per le funzioni delegate dalle regioni non possono essere
collocate tra i servizi per conto di terzi nei bilanci
di previsione degli enti locali.
13.
Il bilancio di previsione si conclude con più quadri
riepilogativi.
14.
Con il regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati
i modelli relativi al bilancio di previsione, inclusi
i quadri riepilogativi, il sistema di codifica del bilancio
ed il sistema di codifica dei titoli contabili di entrata
e di spesa, anche ai fini di cui all’articolo 157.
Articolo
166
Fondo
di riserva
1.
Gli enti locali iscrivono nel proprio bilancio di previsione
un fondo di riserva non inferiore allo 0,30 e non superiore
al 2 per cento del totale delle spese correnti inizialmente
previste in bilancio.
2.
Il fondo è utilizzato, con deliberazioni dell’organo
esecutivo da comunicare all’organo consiliare nei tempi
stabiliti dal regolamento di contabilità, nei casi
in cui si verifichino esigenze straordinarie di bilancio
o le dotazioni degli interventi di spesa corrente si rivelino
insufficienti.
Articolo
167
Ammortamento
dei beni
1.
E' data facoltà agli enti locali di iscrivere nell'apposito
intervento di ciascun servizio l'importo dell'ammortamento
accantonato per i beni relativi, almeno per il trenta
per cento del valore calcolato secondo i criteri dell'articolo
229.*
2.
L'utilizzazione delle somme accantonate ai fini del reinvestimento
è effettuata dopo che gli importi sono rifluiti
nel risultato di amministrazione di fine esercizio ed
è possibile la sua applicazione al bilancio in
conformità all'articolo 187.
*comma
modificato dall'art. 27, comma 7 lettera b) della legge
28.12.2001 n. 448
Articolo
168
Servizi
per conto di terzi
1.
Le entrate e le spese relative ai servizi per conto di
terzi, ivi compresi i fondi economali, e che costituiscono
al tempo stesso un debito ed un credito per l’ente, sono
ordinati esclusivamente in capitoli, secondo la partizione
contenuta nel regolamento di cui all'articolo 160.
2.
Le previsioni e gli accertamenti d'entrata conservano
l'equivalenza con le previsioni e gli impegni di spesa.
Articolo
169
Piano
esecutivo di gestione
1.
Sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato
dal consiglio, l'organo esecutivo definisce, prima dell'inizio
dell'esercizio, il piano esecutivo di gestione, determinando
gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi, unitamente
alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi.
2.
Il piano esecutivo di gestione contiene una ulteriore
graduazione delle risorse dell'entrata in capitoli, dei
servizi in centri di costo e degli interventi in capitoli.
3.
L'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo è
facoltativa per gli enti locali con popolazione inferiore
a 15.000 abitanti e per le comunità montane.
Articolo
170
Relazione
previsionale e programmatica
1.
Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione
una relazione previsionale e programmatica che copra un
periodo pari a quello del bilancio pluriennale.
2.
La relazione previsionale e programmatica ha carattere
generale. Illustra anzitutto le caratteristiche generali
della popolazione, del territorio, dell'economia insediata
e dei servizi dell'ente, precisandone risorse umane, strumentali
e tecnologiche. Comprende, per la parte entrata, una valutazione
generale sui mezzi finanziari, individuando le fonti di
finanziamento ed evidenziando l'andamento storico degli
stessi ed i relativi vincoli.
3.
Per la parte spesa la relazione è redatta per programmi
e per eventuali progetti, con espresso riferimento ai
programmi indicati nel bilancio annuale e nel bilancio
pluriennale, rilevando l'entità e l'incidenza percentuale
della previsione con riferimento alla spesa corrente consolidata,
a quella di sviluppo ed a quella di investimento.
4.
Per ciascun programma è data specificazione della
finalità che si intende conseguire e delle risorse
umane e strumentali ad esso destinate, distintamente per
ciascuno degli esercizi in cui si articola il programma
stesso ed è data specifica motivazione delle scelte
adottate.
5.
La relazione previsionale e programmatica fornisce la
motivata dimostrazione delle variazioni intervenute rispetto
all'esercizio precedente.
6.
Per gli organismi gestionali dell'ente locale la relazione
indica anche gli obiettivi che si intendono raggiungere,
sia in termini di bilancio che in termini di efficacia,
efficienza ed economicità del servizio.
7.
La relazione fornisce adeguati elementi che dimostrino
la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con
gli strumenti urbanistici, con particolare riferimento
alla delibera di cui all'articolo 172, comma 1, lettera
c), e relativi piani di attuazione e con i piani economico-finanziari
di cui all'articolo 201.
8.
Con il regolamento di cui all'articolo 160 è approvato
lo schema di relazione, valido per tutti gli enti, che
contiene le indicazioni minime necessarie a fini del consolidamento
dei conti pubblici.
9.
Nel regolamento di contabilità sono previsti i
casi di inammissibilità e di improcedibilità
per le deliberazioni di consiglio e di giunta che non
sono coerenti con le previsioni della relazione previsionale
e programmatica.
Articolo
171
Bilancio
pluriennale
1.
Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione
un bilancio pluriennale di competenza, di durata pari
a quello della regione di appartenenza e comunque non
inferiore a tre anni, con osservanza dei principi del
bilancio di cui all’articolo 162, escluso il principio
dell’annualità.
2.
Il bilancio pluriennale comprende il quadro dei mezzi
finanziari che si prevede di destinare per ciascuno degli
anni considerati sia alla copertura di spese correnti
che al finanziamento delle spese di investimento, con
indicazione, per queste ultime, della capacità
di ricorso alle fonti di finanziamento.
3.
Il bilancio pluriennale per la parte di spesa è
redatto per programmi, titoli, servizi ed interventi,
ed indica per ciascuno l'ammontare delle spese correnti
di gestione consolidate e di sviluppo, anche derivanti
dall'attuazione degli investimenti, nonché le spese
di investimento ad esso destinate, distintamente per ognuno
degli anni considerati.
4.
Gli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale, che
per il primo anno coincidono con quelli del bilancio annuale
di competenza, hanno carattere autorizzatorio, costituendo
limite agli impegni di spesa, e sono aggiornati annualmente
in sede di approvazione del bilancio di previsione.
5.
Con il regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati
i modelli relativi al bilancio pluriennale.
Articolo
172
Altri
allegati al bilancio di previsione
1.
Al bilancio di previsione sono allegati i seguenti documenti
:
a)
il rendiconto deliberato del penultimo esercizio antecedente
quello cui si riferisce il bilancio di previsione,
quale documento necessario per il controllo da parte
del competente organo regionale;
b)
le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle
unioni di comuni, aziende speciali, consorzi, istituzioni,
società di capitali costituite per l'esercizio
di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio
antecedente quello cui il bilancio si riferisce;
c)
la deliberazione, da adottarsi annualmente prima dell'approvazione
del bilancio, con la quale i comuni verificano la
quantità e qualità di aree e fabbricati
da destinarsi alla residenza, alle attività
produttive e terziarie - ai sensi delle leggi 18 aprile
1962, n. 167, 22 ottobre 1971, n. 865 e 5 agosto 1978,
n. 457 - che potranno essere ceduti in proprietà
od in diritto di superficie; con la stessa deliberazione
i comuni stabiliscono il prezzo di cessione per ciascun
tipo di area o di fabbricato;
d)
il programma triennale dei lavori pubblici di cui alla
legge 11 febbraio 1994, n. 109;
e)
le deliberazioni con le quali sono determinati, per
l’esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d’imposta
e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni
dei limiti di reddito per i tributi locali e per i
servizi locali, nonché, per i servizi a domanda
individuale, i tassi di copertura in percentuale del
costo di gestione dei servizi stessi.
f)
la tabella relativa ai parametri di riscontro della
situazione di deficitarietà strutturale prevista
dalle disposizioni vigenti in materia.
Articolo
173
Valori
monetari
1.
I valori monetari contenuti nel bilancio pluriennale e
nella relazione previsionale e programmatica sono espressi
con riferimento ai periodi ai quali si riferiscono, tenendo
conto del tasso di inflazione programmato.
CAPO
II
Competenze
in materia di bilanci
Articolo
174
Predisposizione
ed approvazione del bilancio e dei suoi allegati
1.
Lo schema di bilancio annuale di previsione, la relazione
previsionale e programmatica e lo schema di bilancio pluriennale
sono predisposti dall'organo esecutivo e da questo presentati
all'organo consiliare unitamente agli allegati ed alla
relazione dell'organo di revisione.
2.
Il regolamento di contabilità dell'ente prevede
per tali adempimenti un congruo termine, nonché
i termini entro i quali possono essere presentati da parte
dei membri dell'organo consiliare emendamenti agli schemi
di bilancio predisposti dall'organo esecutivo.
3.
Il bilancio annuale di previsione è deliberato
dall'organo consiliare entro il termine previsto dall'articolo
151. La relativa deliberazione ed i documenti ad essa
allegati sono trasmessi dal segretario dell'ente all'organo
regionale di controllo.
4.
Il termine per l'esame del bilancio da parte dell'organo
regionale di controllo, previsto dall’articolo 134, decorre
dal ricevimento.
Articolo
175
Variazioni
al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione
1.
Il bilancio di previsione può subire variazioni
nel corso dell'esercizio di competenza sia nella parte
prima, relativa alle entrate, che nella parte seconda,
relativa alle spese.
2.
Le variazioni al bilancio sono di competenza dell'organo
consiliare.
3.
Le variazioni al bilancio possono essere deliberate non
oltre il 30 novembre di ciascun anno.
4.
Ai sensi dell'articolo 42 le variazioni di bilancio possono
essere adottate dall'organo esecutivo in via d'urgenza,
salvo ratifica, a pena di decadenza, da parte dell'organo
consiliare entro i sessanta giorni seguenti e comunque
entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data
non sia scaduto il predetto termine.
5.
In caso di mancata o parziale ratifica del provvedimento
di variazione adottato dall'organo esecutivo, l'organo
consiliare è tenuto ad adottare nei successivi
trenta giorni, e comunque sempre entro il 31 dicembre
dell'esercizio in corso, i provvedimenti ritenuti necessari
nei riguardi dei rapporti eventualmente sorti sulla base
della deliberazione non ratificata.
6.
Per le province, i comuni, le città metropolitane
e le unioni di comuni sono vietati prelievi dagli stanziamenti
per gli interventi finanziati con le entrate iscritte
nei titoli quarto e quinto per aumentare gli stanziamenti
per gli interventi finanziati con le entrate dei primi
tre titoli. Per le comunità montane sono vietati
i prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati
con le entrate iscritte nei titoli terzo e quarto per
aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati
con le entrate dei primi due titoli.
7.
Sono vietati gli spostamenti di dotazioni dai capitoli
iscritti nei servizi per conto di terzi in favore di altre
parti del bilancio. Sono vietati gli spostamenti di somme
tra residui e competenza.
8.
Mediante la variazione di assestamento generale, deliberata
dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 novembre
di ciascun anno, si attua la verifica generale di tutte
le voci di entrata e di uscita, compreso il fondo di riserva,
al fine di assicurare il mantenimento del pareggio di
bilancio.
9.
Le variazioni al piano esecutivo di gestione di cui all'articolo
169 sono di competenza dell'organo esecutivo e possono
essere adottate entro il 15 dicembre di ciascun anno.
Articolo
176
Prelevamenti
dal fondo di riserva
1.
I prelevamenti dal fondo di riserva sono di competenza
dell'organo esecutivo e possono essere deliberati sino
al 31 dicembre di ciascun anno.
Articolo
177
Competenze
dei responsabili dei servizi
1.
Il responsabile del servizio, nel caso in cui ritiene
necessaria una modifica della dotazione assegnata per
sopravvenute esigenze successive all’adozione degli atti
di programmazione, propone la modifica con modalità
definite dal regolamento di contabilità.
2.
La mancata accettazione della proposta di modifica della
dotazione deve essere motivata dall’organo esecutivo.
TITOLO
III
GESTIONE
DEL BILANCIO
CAPO
I
Entrate
Articolo
178
Fasi
dell'entrata
1.
Le fasi di gestione delle entrate sono l'accertamento,
la riscossione ed il versamento.
Articolo
179
Accertamento
1.
L'accertamento costituisce la prima fase di gestione dell'entrata
mediante la quale, sulla base di idonea documentazione,
viene verificata la ragione del credito e la sussistenza
di un idoneo titolo giuridico, individuato il debitore,
quantificata la somma da incassare, nonché fissata
la relativa scadenza.
2.
L'accertamento delle entrate avviene :
a)
per le entrate di carattere tributario, a seguito
di emissione di ruoli o a seguito di altre forme stabilite
per legge;
b)
per le entrate patrimoniali e per quelle provenienti
dalla gestione di servizi a carattere produttivo e
di quelli connessi a tariffe o contribuzioni dell'utenza,
a seguito di acquisizione diretta o di emissione di
liste di carico;
c)
per le entrate relative a partite compensative delle
spese, in corrispondenza dell'assunzione del relativo
impegno di spesa.;
d)
per le altre entrate, anche di natura eventuale o
variabile, mediante contratti, provvedimenti giudiziari
o atti amministrativi specifici.
3.
Il responsabile del procedimento con il quale viene accertata
l'entrata trasmette al responsabile del servizio finanziario
l'idonea documentazione di cui al comma 2, ai fini dell'annotazione
nelle scritture contabili, secondo i tempi ed i modi previsti
dal regolamento di contabilità dell'ente.
Articolo
180
Riscossione
1.
La riscossione costituisce la successiva fase del procedimento
dell'entrata, che consiste nel materiale introito da parte
del tesoriere o di altri eventuali incaricati della riscossione
delle somme dovute all'ente.
2.
La riscossione è disposta a mezzo di ordinativo
di incasso, fatto pervenire al tesoriere nelle forme e
nei tempi previsti dalla convenzione di cui all'articolo
210.
3.
L'ordinativo d'incasso è sottoscritto dal responsabile
del servizio finanziario o da altro dipendente individuato
dal regolamento di contabilità e contiene almeno
:
a)
l'indicazione del debitore;
b)
l'ammontare della somma da riscuotere;
c)
la causale;
d)
gli eventuali vincoli di destinazione delle somme;
e)
l'indicazione della risorsa o del capitolo di bilancio
cui è riferita l'entrata, distintamente per
residui o competenza;
f)
la codifica;
g)
il numero progressivo;
h)
l'esercizio finanziario e la data di emissione.
4.
Il tesoriere deve accettare, senza pregiudizio per i diritti
dell’ente, la riscossione di ogni somma, versata in favore
dell'ente, anche senza la preventiva emissione di ordinativo
d'incasso. In tale ipotesi il tesoriere ne dà immediata
comunicazione all'ente, richiedendo la regolarizzazione.
Articolo
181
Versamento
1.
Il versamento costituisce l'ultima fase dell'entrata,
consistente nel trasferimento delle somme riscosse nelle
casse dell'ente.
2.
Gli incaricati della riscossione, interni ed esterni,
versano al tesoriere le somme riscosse nei termini e nei
modi fissati dalle disposizioni vigenti e da eventuali
accordi convenzionali, salvo quelli a cui si applicano
gli articoli 22 e seguenti del decreto legislativo 13
aprile 1999, n. 112.
3.
Gli incaricati interni, designati con provvedimento formale
dell’amministrazione, versano le somme riscosse presso
la tesoreria dell’ente con cadenza stabilita dal regolamento
di contabilità.
CAPO
II
Spese
Articolo
182
Fasi
della spesa
1.
Le fasi di gestione della spesa sono l'impegno, la liquidazione,
l'ordinazione ed il pagamento.
Articolo
183
Impegno
di spesa
1.
L'impegno costituisce la prima fase del procedimento di
spesa, con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente
perfezionata è determinata la somma da pagare,
determinato il soggetto creditore, indicata la ragione
e viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio,
nell'ambito della disponibilità finanziaria accertata
ai sensi dell'articolo 151.
2.
Con l'approvazione del bilancio e successive variazioni,
e senza la necessità di ulteriori atti, è
costituito impegno sui relativi stanziamenti per le spese
dovute:
a)
per il trattamento economico tabellare già
attribuito al personale dipendente e per i relativi
oneri riflessi;
b)
per le rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti,
interessi di preammortamento ed ulteriori oneri accessori;
c)
per le spese dovute nell'esercizio in base a contratti
o disposizioni di legge;
3.
Durante la gestione possono anche essere prenotati impegni
relativi a procedure in via di espletamento. I provvedimenti
relativi per i quali entro il termine dell'esercizio non
è stata assunta dall'ente l'obbligazione di spesa
verso i terzi decadono e costituiscono economia della
previsione di bilancio alla quale erano riferiti, concorrendo
alla determinazione del risultato contabile di amministrazione
di cui all'articolo 186. Quando la prenotazione di impegno
è riferita a procedure di gara bandite prima della
fine dell’esercizio e non concluse entro tale termine,
la prenotazione si tramuta in impegno e conservano validità
gli atti ed i provvedimenti relativi alla gara già
adottati.
4.
Costituiscono inoltre economia le minori spese sostenute
rispetto all'impegno assunto, verificate con la conclusione
della fase della liquidazione.
5.
Le spese in conto capitale si considerano impegnate ove
sono finanziate nei seguenti modi :
a)
con l'assunzione di mutui a specifica destinazione
si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare
del mutuo, contratto o già concesso, e del
relativo prefinanziamento accertato in entrata;
b)
con quota dell’avanzo di amministrazione si considerano
impegnate in corrispondenza e per l’ammontare dell’avanzo
di amministrazione accertato;
c)
con l’emissione di prestiti obbligazionari si considerano
impegnate in corrispondenza e per l’ammontare del
prestito sottoscritto;
c-bis)
con aperture di credito si considerano impegnate all'atto
della stipula del contratto e per l'ammontare dell'importo
del progetto o dei progetti, definitivi o esecutivi
finanziati (*)
d)
con entrate proprie si considerano impegnate in corrispondenza
e per l’ammontare delle entrate accertate.
Si
considerano, altresì, impegnati gli stanziamenti
per spese correnti e per spese di investimento correlati
ad accertamenti di entrate aventi destinazione vincolata
per legge.
6.
Possono essere assunti impegni di spesa sugli esercizi
successivi, compresi nel bilancio pluriennale, nel limite
delle previsioni nello stesso comprese.
7.
Per le spese che per la loro particolare natura hanno
durata superiore a quella del bilancio pluriennale e per
quelle determinate che iniziano dopo il periodo considerato
dal bilancio pluriennale si tiene conto nella formazione
dei bilanci seguenti degli impegni relativi, rispettivamente,
al periodo residuale ed al periodo successivo.
8.
Gli atti di cui ai commi 3, 5 e 6 sono trasmessi in copia
al servizio finanziario dell'ente, nel termine e con le
modalità previste dal regolamento di contabilità.
9.
Il regolamento di contabilità disciplina le modalità
con le quali i responsabili dei servizi assumono atti
di impegno. A tali atti, da definire "determinazioni"
e da classificarsi con sistemi di raccolta che individuano
la cronologia degli atti e l'ufficio di provenienza, si
applicano, in via preventiva, le procedure di cui all'articolo
151, comma 4.
(*) lettera inserita dall'art. 1-sexies,
comma 1, lettera b) del Decreto legge 31 marzo 2005 n.
44 così come convertito con Legge 31 maggio 2005
n. 88
Articolo
184
Liquidazione
della spesa
1.
La liquidazione costituisce la successiva fase del procedimento
di spesa attraverso la quale, in base ai documenti ed
ai titoli atti a comprovare il diritto acquisito del creditore,
si determina la somma certa e liquida da pagare nei limiti
dell'ammontare dell'impegno definitivo assunto.
2.
La liquidazione compete all'ufficio che ha dato esecuzione
al provvedimento di spesa ed è disposta sulla base
della documentazione necessaria a comprovare il diritto
del creditore, a seguito del riscontro operato sulla regolarità
della fornitura o della prestazione e sulla rispondenza
della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi,
ai termini ed alle condizioni pattuite.
3.
L'atto di liquidazione, sottoscritto dal responsabile
del servizio proponente, con tutti i relativi documenti
giustificativi ed i riferimenti contabili è trasmesso
al servizio finanziario per i conseguenti adempimenti.
4.
Il servizio finanziario effettua, secondo i principi e
le procedure della contabilità pubblica, i controlli
e riscontri amministrativi, contabili e fiscali sugli
atti di liquidazione.
Articolo
185
Ordinazione
e pagamento
1.
L'ordinazione consiste nella disposizione impartita, mediante
il mandato di pagamento, al tesoriere dell'ente locale
di provvedere al pagamento delle spese.
2.
Il mandato di pagamento è sottoscritto dal dipendente
dell'ente individuato dal regolamento di contabilità
nel rispetto delle leggi vigenti e contiene almeno i seguenti
elementi :
a)
il numero progressivo del mandato per esercizio finanziario;
b)
la data di emissione;
c)
l'intervento o il capitolo per i servizi per conto
di terzi sul quale la spesa è allocata e la
relativa disponibilità, distintamente per competenza
o residui;
d)
la codifica;
e)
l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona
diversa, del soggetto tenuto a rilasciare quietanza,
nonché, ove richiesto, il relativo codice fiscale
o la partita IVA;
f)
l'ammontare della somma dovuta e la scadenza, qualora
sia prevista dalla legge o sia stata concordata con
il creditore;
g)
la causale e gli estremi dell'atto esecutivo che legittima
l'erogazione della spesa;
h)
le eventuali modalità agevolative di pagamento
se richieste dal creditore;
i)
il rispetto degli eventuali vincoli di destinazione.
3.
Il mandato di pagamento è controllato, per quanto
attiene alla sussistenza dell’impegno e della liquidazione,
dal servizio finanziario, che provvede altresì
alle operazioni di contabilizzazione e di trasmissione
al tesoriere.
4.
Il tesoriere effettua i pagamenti derivanti da obblighi
tributari, da somme iscritte a ruolo, e da delegazioni
di pagamento, e da altri obblighi di legge, anche in assenza
della preventiva emissione del relativo mandato di pagamento.
Entro quindici giorni e comunque entro il termine del
mese in corso l'ente locale emette il relativo mandato
ai fini della regolarizzazione.
CAPO
III
Risultato
di amministrazione e residui
Articolo
186
Risultato
contabile di amministrazione
1.
Il risultato contabile di amministrazione è accertato
con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio
chiuso ed è pari al fondo di cassa aumentato dei
residui attivi e diminuito dei residui passivi.
Articolo
187
Avanzo
di amministrazione
1.
L'avanzo di amministrazione è distinto in fondi
non vincolati, fondi vincolati, fondi per finanziamento
spese in conto capitale e fondi di ammortamento.
2.
L'eventuale avanzo di amministrazione, accertato ai sensi
dell'articolo 186, può essere utilizzato:
a)
per il reinvestimento delle quote accantonate per
ammortamento, provvedendo, ove l'avanzo non sia sufficiente,
ad applicare nella parte passiva del bilancio un importo
pari alla differenza;
b)
per la copertura dei debiti fuori bilancio riconoscibili
a norma dell'articolo 194;
c)
per i provvedimenti necessari per la salvaguardia
degli equilibri di bilancio di cui all’articolo 193
ove non possa provvedersi con mezzi ordinari, per
il finanziamento delle spese di funzionamento non
ripetitive in qualsiasi periodo dell’esercizio e per
le altre spese correnti solo in sede di assestamento;
d)
per il finanziamento di spese di investimento.
3.
Nel corso dell’esercizio al bilancio di previsione può
essere applicato, con delibera di variazione, l’avanzo
di amministrazione presunto derivante dall’esercizio immediatamente
precedente con la finalizzazione di cui alle lettere a),
b) e c) del comma 2. Per tali fondi l’attivazione delle
spese può avvenire solo dopo l’approvazione del
conto consuntivo dell’esercizio precedente, con eccezione
dei fondi, contenuti nell’avanzo, aventi specifica destinazione
e derivanti da accantonamenti effettuati con l’ultimo
consuntivo approvato, i quali possono essere immediatamente
attivati.
Articolo
188
Disavanzo
di amministrazione
1.
L'eventuale disavanzo di amministrazione, accertato ai
sensi dell'articolo 186, è applicato al bilancio
di previsione nei modi e nei termini di cui all'articolo
193, in aggiunta alle quote di ammortamento accantonate
e non disponibili nel risultato contabile di amministrazione
.
Articolo
189
Residui
attivi
1.
Costituiscono residui attivi le somme accertate e non
riscosse entro il termine dell'esercizio.
2.
Sono mantenute tra i residui dell'esercizio esclusivamente
le entrate accertate per le quali esiste un titolo giuridico
che costituisca l'ente locale creditore della correlativa
entrata nonché le somme derivanti dalla stipulazione
di contratti di apertura di credito(*)
3.
Alla chiusura dell'esercizio costituiscono residui attivi
le somme derivanti da mutui per i quali è intervenuta
la concessione definitiva da parte della Cassa depositi
e prestiti o degli Istituti di previdenza ovvero la stipulazione
del contratto per i mutui concessi da altri Istituti di
credito.
4.
Le somme iscritte tra le entrate di competenza e non accertate
entro il termine dell'esercizio costituiscono minori accertamenti
rispetto alle previsioni e, a tale titolo, concorrono
a determinare i risultati finali della gestione.
(*) comma modificato
dall'art. 1-sexies, comma 1, lettera c) del Decreto legge
31 marzo 2005 n. 44 così come convertito con Legge
31 maggio 2005 n. 88
Articolo
190
Residui
passivi
1.
Costituiscono residui passivi le somme impegnate e non
pagate entro il termine dell'esercizio.
2.
E' vietata la conservazione nel conto dei residui di somme
non impegnate ai sensi dell'articolo 183.
3.
Le somme non impegnate entro il termine dell'esercizio
costituiscono economia di spesa e, a tale titolo, concorrono
a determinare i risultati finali della gestione.
CAPO
IV
Principi
di gestione e controllo di gestione
Articolo
191
Regole
per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese
1.
Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste
l'impegno contabile registrato sul competente intervento
o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione
della copertura finanziaria di cui all'articolo 153, comma
5. Il responsabile del servizio, conseguita l’esecutività
del provvedimento di spesa, comunica al terzo interessato
l’impegno e la copertura finanziaria, contestualmente
all’ordinazione della prestazione, con l’avvertenza che
la successiva fattura deve essere completata con gli estremi
della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto
al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione,
ha facoltà di non eseguire la prestazione sino
a quando i dati non gli vengano comunicati.
2.
Per le spese previste dai regolamenti economali l'ordinazione
fatta a terzi contiene il riferimento agli stessi regolamenti,
all'intervento o capitolo di bilancio ed all'impegno.
3.
Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal
verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile,
l'ordinazione fatta a terzi è regolarizzata, a
pena di decadenza, entro trenta giorni e comunque entro
il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia
scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo
interessato è data contestualmente alla regolarizzazione.
4.
Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni
e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi
1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini
della controprestazione e per la parte non riconoscibile
ai sensi dell’articolo 194, comma 1, lettera e), tra il
privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente
che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate
o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno
reso possibili le singole prestazioni.
5.
Agli enti locali che presentino, nell'ultimo rendiconto
deliberato, disavanzo di amministrazione ovvero indichino
debiti fuori bilancio per i quali non sono stati validamente
adottati i provvedimenti di cui all'articolo 193, è
fatto divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi
non espressamente previsti per legge. Sono fatte salve
le spese da sostenere a fronte di impegni già assunti
nei precedenti esercizi.
Articolo
192
Determinazioni
a contrattare e relative procedure
1.
La stipulazione dei contratti deve essere preceduta da
apposita determinazione del responsabile del procedimento
di spesa indicante:
a)
il fine che con il contratto si intende perseguire;
b)
l'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute
essenziali;
c)
le modalità di scelta del contraente ammesse
dalle disposizioni vigenti in materia di contratti
delle pubbliche amministrazioni e le ragioni che ne
sono alla base.
2.
Si applicano, in ogni caso, le procedure previste dalla
normativa della Unione europea recepita o comunque vigente
nell'ordinamento giuridico italiano.
Articolo
193
Salvaguardia
degli equilibri di bilancio
1.
Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle
variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti
gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle
spese correnti e per il finanziamento degli investimenti,
secondo le norme contabili recate dal presente testo unico.
2.
Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità
dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il
30 settembre di ciascun anno, l'organo consiliare provvede
con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato
di attuazione dei programmi. In tale sede l’organo consiliare
dà atto del permanere degli equilibri generali
di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta
contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano
degli eventuali debiti di cui all'articolo 194, per il
ripiano dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante
dal rendiconto approvato e, qualora i dati della gestione
finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione
o di gestione, per squilibrio della gestione di competenza
ovvero della gestione dei residui, adotta le misure necessarie
a ripristinare il pareggio. La deliberazione è
allegata al rendiconto dell'esercizio relativo.
3.
Ai fini del comma 2 possono essere utilizzate per l'anno
in corso e per i due successivi tutte le entrate e le
disponibilità, ad eccezione di quelle provenienti
dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica
destinazione per legge, nonché i proventi derivanti
da alienazione di beni patrimoniali disponibili.
4.
La mancata adozione, da parte dell'ente, dei provvedimenti
di riequilibrio previsti dal presente articolo è
equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del
bilancio di previsione di cui all'articolo 141, con applicazione
della procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo.
Articolo
194
Riconoscimento
di legittimità di debiti fuori bilancio
1.
Con deliberazione consiliare di cui all'articolo 193,
comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai
regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono
la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti
da :
a)
sentenze esecutive;
b)
copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali
e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti
da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché
sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio
di cui all’articolo 114 ed il disavanzo derivi da
fatti di gestione;
c)
ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste
dal codice civile o da norme speciali, di società
di capitali costituite per l’esercizio di servizi
pubblici locali;
d)
procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per
opere di pubblica utilità;
e)
acquisizione di beni e servizi, in violazione degli
obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191,
nei limiti degli accertati e dimostrati utilità
ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento
di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
2.
Per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante
un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari
compreso quello in corso, convenuto con i creditori.
3.
Per il finanziamento delle spese suddette, ove non possa
documentalmente provvedersi a norma dell'articolo 193,
comma 3, l'ente locale può far ricorso a mutui
ai sensi degli articoli 202 e seguenti. Nella relativa
deliberazione consiliare viene dettagliatamente motivata
l’impossibilità di utilizzare altre risorse.
Articolo
195
Utilizzo
di entrate a specifica destinazione
1.
Gli enti locali, ad eccezione degli enti in stato di dissesto
finanziario sino all’emanazione del decreto di cui all’articolo
261, comma 3, possono disporre l'utilizzo, in termini
di cassa, di entrate aventi specifica destinazione per
il finanziamento di spese correnti, anche se provenienti
dall'assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa
depositi e prestiti, per un importo non superiore all'anticipazione
di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 222.
2.
L'utilizzo di somme a specifica destinazione presuppone
l'adozione della deliberazione della giunta relativa all'anticipazione
di tesoreria di cui all'articolo 222, comma 1, e viene
deliberato in termini generali all'inizio di ciascun esercizio
ed è attivato dal tesoriere su specifiche richieste
del servizio finanziario dell'ente.
3.
Il ricorso all'utilizzo delle somme a specifica destinazione,
secondo le modalità di cui ai commi 1 e 2, vincola
una quota corrispondente dell'anticipazione di tesoreria.
Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione
viene ricostituita la consistenza delle somme vincolate
che sono state utilizzate per il pagamento di spese correnti.
4.
Gli enti locali che hanno deliberato alienazioni del patrimonio
ai sensi dell'articolo 193 possono, nelle more del perfezionamento
di tali atti, utilizzare in termini di cassa le somme
a specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti
di enti del settore pubblico allargato e del ricavato
dei mutui e dei prestiti, con obbligo di reintegrare le
somme vincolate con il ricavato delle alienazioni.
Articolo
196
Controllo
di gestione
1.
Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi
programmati, la corretta ed economica gestione delle risorse
pubbliche, l'imparzialità ed il buon andamento
della pubblica amministrazione e la trasparenza dell'azione
amministrativa, gli enti locali applicano il controllo
di gestione secondo le modalità stabilite dal presente
titolo, dai propri statuti e regolamenti di contabilità.
2.
Il controllo di gestione è la procedura diretta
a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati
e, attraverso l'analisi delle risorse acquisite e della
comparazione tra i costi e la quantità e qualità
dei servizi offerti, la funzionalità dell'organizzazione
dell'ente, l'efficacia, l'efficienza ed il livello di
economicità nell'attività di realizzazione
dei predetti obiettivi.
Articolo
197
Modalità
del controllo di gestione
1.
Il controllo di gestione, di cui all’articolo 147, comma
1 lettera b), ha per oggetto l'intera attività
amministrativa e gestionale delle province, dei comuni,
delle comunità montane, delle unioni dei comuni
e delle città metropolitane ed è svolto
con una cadenza periodica definita dal regolamento di
contabilità dell'ente.
2.
Il controllo di gestione si articola almeno in tre fasi
:
a)
predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi;
b)
rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi
nonché rilevazione dei risultati raggiunti;
c)
valutazione dei dati predetti in rapporto al piano
degli obiettivi al fine di verificare il loro stato
di attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza
ed il grado di economicità dell'azione intrapresa.
3.
Il controllo di gestione è svolto in riferimento
ai singoli servizi e centri di costo, ove previsti, verificando
in maniera complessiva e per ciascun servizio i mezzi
finanziari acquisiti, i costi dei singoli fattori produttivi,
i risultati qualitativi e quantitativi ottenuti e, per
i servizi a carattere produttivo, i ricavi.
4.
La verifica dell'efficacia, dell'efficienza e della economicità
dell'azione amministrativa è svolta rapportando
le risorse acquisite ed i costi dei servizi, ove possibile
per unità di prodotto, ai dati risultanti dal rapporto
annuale sui parametri gestionali dei servizi degli enti
locali di cui all’articolo 228, comma 7.
Articolo
198
Referto
del controllo di gestione
1.
La struttura operativa alla quale è assegnata la
funzione del controllo di gestione fornisce le conclusioni
del predetto controllo agli amministratori ai fini della
verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati
ed ai responsabili dei servizi affinché questi
ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento
della gestione dei servizi di cui sono responsabili.
TITOLO
IV
INVESTIMENTI
CAPO
I
Principi
generali
Articolo
199
Fonti
di finanziamento
1.
Per l'attivazione degli investimenti gli enti locali possono
utilizzare :
a)
entrate correnti destinate per legge agli investimenti;
b)
avanzi di bilancio, costituiti da eccedenze di entrate
correnti rispetto alle spese correnti aumentate delle
quote capitali di ammortamento dei prestiti;
c)
entrate derivanti dall'alienazione di beni e diritti
patrimoniali, riscossioni di crediti, proventi da
concessioni edilizie e relative sanzioni;
d)
entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale
dello Stato, delle regioni, da altri interventi pubblici
e privati finalizzati agli investimenti, da interventi
finalizzati da parte di organismi comunitari e internazionali;
e)
avanzo di amministrazione, nelle forme disciplinate dall’articolo
187;
f)
mutui passivi;
g)
altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite
dalla legge.
Articolo
200
Programmazione
degli investimenti
1.
Per tutti gli investimenti degli enti locali, comunque
finanziati, l'organo deliberante, nell'approvare il progetto
od il piano esecutivo dell'investimento, dà atto
della copertura delle maggiori spese derivanti dallo stesso
nel bilancio pluriennale originario, eventualmente modificato
dall'organo consiliare, ed assume impegno di inserire
nei bilanci pluriennali successivi le ulteriori o maggiori
previsioni di spesa relative ad esercizi futuri, delle
quali è redatto apposito elenco.
Articolo
201
Finanziamento
di opere pubbliche e piano economico-finanziario
1.
Gli enti locali e le aziende speciali sono autorizzate
ad assumere mutui, anche se assistiti da contributi dello
Stato o delle regioni, per il finanziamento di opere pubbliche
destinate all'esercizio di servizi pubblici, soltanto
se i contratti di appalto sono realizzati sulla base di
progetti "chiavi in mano" ed a prezzo non modificabile
in aumento, con procedura di evidenza pubblica e con esclusione
della trattativa privata.
2.
Per le nuove opere di cui al comma 1 il cui progetto generale
comporti una spesa superiore al miliardo di lire, gli
enti di cui al comma 1 approvano un piano economico-finanziario
diretto ad accertare l'equilibrio economico-finanziario
dell'investimento e della connessa gestione, anche in
relazione agli introiti previsti ed al fine della determinazione
delle tariffe.
3.
*
4.
Le tariffe dei servizi pubblici di cui al comma 1 sono
determinati in base ai seguenti criteri:
a)
la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare
la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli
oneri di ammortamento tecnico finanziario;
b)
l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed
il capitale investito;
c)
l'entità dei costi di gestione delle opere,
tenendo conto anche degli investimenti e della qualità
del servizio.
*
comma abrogato dall'art. 1 comma 4 ter del D.L. 27/12/2000,
n. 392, così come convertito con Legge 28/2/2001,
n. 26
CAPO
II
Fonti
di finanziamento mediante indebitamento
Articolo
202
Ricorso
all'indebitamento
1.
Il ricorso all'indebitamento da parte degli enti locali
è ammesso esclusivamente nelle forme previste dalle
leggi vigenti in materia e per la realizzazione degli
investimenti. Può essere fatto ricorso a mutui
passivi per il finanziamento dei debiti fuori bilancio
di cui all'articolo 194 e per altre destinazioni di legge.
2.
Le relative entrate hanno destinazione vincolata.
Articolo
203
Attivazione
delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento
1.
Il ricorso all'indebitamento è possibile solo se
sussistono le seguenti condizioni :
a)
avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio
del penultimo anno precedente quello in cui si intende
deliberare il ricorso a forme di indebitamento;
b)
avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale
sono incluse le relative previsioni.
2.
Ove nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare
nuovi investimenti o variare quelli già in atto,
l'organo consiliare adotta apposita variazione al bilancio
annuale, fermo restando l'adempimento degli obblighi di
cui al comma 1. Contestualmente modifica il bilancio pluriennale
e la relazione previsionale e programmatica per la copertura
degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la copertura
delle spese di gestione.
Articolo
204
Regole
particolari per l'assunzione di mutui
1.
Oltre al rispetto delle condizioni di cui all'articolo
203, l'ente locale può assumere nuovi mutui
e accedere ad altre forme di finanziamento
reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli
interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti,
a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi,
a quello delle aperture di credito stipulate ed a quello
derivante da garanzie prestate ai sensi dell'articolo
207, al netto dei contributi statali e regionali in conto
interessi, non supera il 12 per
cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle
entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello
in cui viene prevista l'assunzione dei mutui. Per le comunità
montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate.
Per gli enti locali di nuova istituzione si fa riferimento,
per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari
del bilancio di previsione.(*)
2.
I contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi
e prestiti, dall’Istituto nazionale di previdenza per
i dipendenti dell’amministrazione pubblica e dall'Istituto
per il credito sportivo, devono, a pena di nullità,
essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti
clausole e condizioni :
a)
l'ammortamento non può avere durata inferiore a
cinque anni ; (**)
b)
la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al
primo gennaio dell'anno successivo a quello della stipula
del contratto. In alternativa, la decorrenza dell'ammortamento
può essere posticipata al 1° luglio seguente o
al 1° gennaio dell'anno successivo e, per i contratti
stipulati nel primo semestre dell'anno, può essere
anticipata al 1° luglio dello stesso anno.(**)
c)
la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal
primo anno, della quota capitale e della quota interessi;
d)
unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui
si riferiscono devono essere corrisposti gli eventuali
interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori
interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di
inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima
rata. Qualora l’ammortamento del mutuo decorra dal primo
gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è
avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento
sono calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data
di valuta della somministrazione al 31 dicembre successivo
e dovranno essere versati dall’ente mutuatario con la
medesima valuta 31 dicembre successivo;
e)
deve essere indicata la natura della spesa da finanziare
con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia
dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione
del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme
vigenti;
f)
deve essere rispettata la misura massima del tasso di
interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente
dal Ministro del tesoro, bilancio e programmazione economica
con proprio decreto.
2bis.
Le disposizioni del comma 2 si applicano, ove compatibile,
alle altre forme di indebitamento cui l'ente locale acceda.(***)
3.
L'ente mutuatario utilizza il ricavato del mutuo sulla
base dei documenti giustificativi della spesa ovvero sulla
base di stati di avanzamento dei lavori. Ai relativi titoli
di spesa è data esecuzione dai tesorieri solo se
corredati di una dichiarazione dell'ente locale che attesti
il rispetto delle predette modalità di utilizzo.
(*)
comma modificato dall'art. 27, comma 7 lettera c) della
Legge 28.12.2001 n. 448 e dall'art. 1, comma 44, lettera
a) della Legge 30/12/2004 n. 311 e dall'articolo 1-sexies,
comma 1, lettera d) del Decreto legge 31 marzo 2005 n.
44 così come convertito con Legge 31 maggio 2005
n. 88
(**)
lettera sostituita dall'art. 1, comma 68, lettera b) della
Legge 30/12/2004 n. 311
(***)
comma aggiunto dall'art. 1, comma 68, lettera b) della
Legge 30/12/2004 n. 311
Articolo
205
Attivazione
di prestiti obbligazionari
1.
Gli enti locali sono autorizzati ad attivare prestiti
obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.
Art.
205-bis Contrazione di aperture di credito. (*)
1.
Gli enti locali sono autorizzati a contrarre aperture
di credito nel rispetto della disciplina di cui al presente
articolo.
2.
L'utilizzo del ricavato dell'operazione è sottoposto
alla disciplina di cui all'articolo 204, comma 3.
3.
I contratti di apertura di credito devono, a pena di nullità,
essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti
clausole e condizioni:
a)la
banca è tenuta ad effettuare erogazioni, totali
o parziali, dell'importo del contratto in base alle richieste
di volta in volta inoltrate dall'ente e previo rilascio
da parte di quest'ultimo delle relative delegazioni di
pagamento ai sensi dell'articolo 206. L'erogazione dell'intero
importo messo a disposizione al momento della contrazione
dell'apertura di credito ha luogo nel termine massimo
di tre anni, ferma restando la possibilità per
l'ente locale di disciplinare contrattualmente le condizioni
economiche di un eventuale utilizzo parziale;
b)
gli interessi sulle aperture di credito devono riferirsi
ai soli importi erogati. L'ammortamento di tali importi
deve avere una durata non inferiore a cinque anni con
decorrenza dal 1° gennaio o dal 1° luglio successivi
alla data dell'erogazione;
c)
le rate di ammortamento devono essere comprensive, sin
dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;
d)
unitamente alla prima rata di ammortamento delle somme
erogate devono essere corrisposti gli eventuali interessi
di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi
decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e
sino alla scadenza della prima rata;
e)
deve essere indicata la natura delle spese da finanziare
e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento,
dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto
o dei progetti definitivi o esecutivi, secondo le norme
vigenti;
f) deve essere rispettata la misura massima di tasso
applicabile alle aperture di credito i cui criteri di
determinazione sono demandati ad apposito decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto
con il Ministro dell'interno.
4.
Le aperture di credito sono soggette, al pari delle altre
forme di indebitamento, al monitoraggio di cui all'articolo
41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nei termini e
nelle modalità previsti dal relativo regolamento
di attuazione, di cui al decreto del Ministro dell'economia
e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389
(*)Articolo
sostituito dall'art. 1-sexies, comma 1, lettera a) del
Decreto legge 31 marzo 2005 n. 44 così come convertito
con Legge 31 maggio 2005 n. 88
CAPO
III
Garanzie
per mutui e prestiti
Articolo
206
Delegazione
di pagamento
1.
Quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento
dei mutui e dei prestiti gli enti locali possono rilasciare
delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti
ai primi tre titoli del bilancio annuale. Per le comunità
montane il riferimento va fatto ai primi due titoli dell'entrata.
2.
L'atto di delega, non soggetto ad accettazione, è
notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e costituisce
titolo esecutivo.
Articolo
207
Fideiussione
1.
I comuni, le province e le città metropolitane
possono rilasciare a mezzo di deliberazione consiliare
garanzia fideiussoria per l'assunzione di mutui destinati
ad investimenti e per altre operazioni di indebitamento
da parte di aziende da essi dipendenti, da consorzi cui
partecipano nonché dalle comunità montane
di cui fanno parte.
1-bis.
A fronte di operazioni di emissione di prestiti obbligazionari
effettuate congiuntamente da più enti locali, gli
enti capofila possono procedere al rilascio di garanzia
fideiussoria riferita all’insieme delle operazioni stesse.
Contestualmente gli altri enti emittenti rilasciano garanzia
fideiussoria a favore dell’ente capofila in relazione
alla quota parte dei prestiti di propria competenza. Ai
fini dell’applicazione del comma 4, la garanzia prestata
dall’ente capofila concorre alla formazione del limite
di indebitamento solo per la quota parte dei prestiti
obbligazionari di competenza dell’ente stesso (*)
2.
La garanzia fideiussoria può essere inoltre rilasciata
a favore della società di capitali, costituite
ai sensi dell’articolo 113, comma 1, lettera e), per l'assunzione
di mutui destinati alla realizzazione delle opere di cui
al all'articolo 116, comma 1. In tali casi i comuni, le
province e le città metropolitane rilasciano la
fideiussione limitatamente alle rate di ammortamento da
corrispondersi da parte della società sino al secondo
esercizio finanziario successivo a quello dell'entrata
in funzione dell'opera ed in misura non superiore alla
propria quota percentuale di partecipazione alla società.
3.
La garanzia fideiussoria può essere rilasciata
anche a favore di terzi per l’assunzione di mutui destinati
alla realizzazione o alla ristrutturazione di opere a
fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprietà
dell’ente locale, purché siano sussistenti le seguenti
condizioni:
a)
il progetto sia stato approvato dall’ente locale e sia
stata stipulata una convenzione con il soggetto mutuatario
che regoli la possibilità di utilizzo delle strutture
in funzione delle esigenze della collettività locale;
b)
la struttura realizzata sia acquisita al patrimonio dell’ente
al termine della concessione;
c)
la convenzione regoli i rapporti tra ente locale e mutuatario
nel caso di rinuncia di questi alla realizzazione o ristrutturazione
dell’opera.
4.
Gli interessi annuali relativi alle operazioni di indebitamento
garantite con fideiussione concorrono alla formazione
del limite di cui al comma 1 dell'articolo 204 e non possono
impegnare più di un quinto di tale limite.
(*)
comma inserito dall'art. 1, comma 68, lettera d) legge
30/12/2004 n.311
TITOLO
V
TESORERIA
CAPO
I
Disposizioni
generali
Articolo
208
Soggetti
abilitati a svolgere il servizio di tesoreria
1.
Gli enti locali hanno un servizio di tesoreria che può
essere affidato:
a.
per i comuni capoluoghi di provincia, le province,
le città metropolitane, ad una banca autorizzata
a svolgere l'attività di cui all'articolo 10
del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385;
b.
per i comuni non capoluoghi di provincia, le comunità
montane e le unioni di comuni, anche a società
per azioni regolarmente costituite con capitale sociale
interamente versato non inferiore a lire 1 miliardo,
aventi per oggetto la gestione del servizio del servizio
di tesoreria e la riscossione dei tributi degli enti
locali e che alla data del 25 febbraio 1995 erano
incaricate dello svolgimento del medesimo servizio
a condizione che il capitale sociale risulti adeguato
a quello minimo richiesto dalla normativa vigente
per le banche di credito cooperativo;
c.
altri soggetti abilitati per legge.
*
lettera così modificata dall'art. 1 comma 4 bis
della Legge 28/2/2001, n. 26
Articolo
209
Oggetto
del servizio di tesoreria
1.
Il servizio di tesoreria consiste nel complesso di operazioni
legate alla gestione finanziaria dell'ente locale e finalizzate
in particolare alla riscossione delle entrate, al pagamento
delle spese, alla custodia di titoli e valori ed agli
adempimenti connessi previsti dalla legge, dallo statuto,
dai regolamenti dell'ente o da norme pattizie.
2.
Il tesoriere esegue le operazioni di cui al comma 1 nel
rispetto della legge 29 ottobre 1984, n. 720 e successive
modificazioni.
3.
Ogni deposito, comunque costituito, è intestato
all'ente locale e viene gestito dal tesoriere.
Articolo
210
Affidamento
del servizio di tesoreria
1.
L'affidamento del servizio viene effettuato mediante le
procedure ad evidenza pubblica stabilite nel regolamento
di contabilità di ciascun ente, con modalità
che rispettino i principi della concorrenza. Qualora ricorrano
le condizioni di legge, l’ente può procedere, per
non più di una volta, al rinnovo del contratto
di tesoreria nei confronti del medesimo soggetto.
2.
Il rapporto viene regolato in base ad una convenzione
deliberata dall'organo consiliare dell'ente.
Articolo
211
Responsabilità
del tesoriere
1.
Per eventuali danni causati all'ente affidante o a terzi
il tesoriere risponde con tutte le proprie attività
e con il proprio patrimonio.
2.
Il tesoriere è responsabile di tutti i depositi,
comunque costituiti, intestati all'ente.
Articolo
212
Servizio
di tesoreria svolto per più enti locali
1.
I soggetti di cui all'articolo 208 che gestiscono il servizio
di tesoreria per conto di più enti locali devono
tenere contabilità distinte e separate per ciascuno
di essi.
Art.
213
Gestione
informatizzata del servizio di tesoreria (*)
1.
Qualora l’organizzazione dell’ente e del tesoriere lo
consentano il servizio di tesoreria può essere
gestito con modalità e criteri informatici e con
l’uso di ordinativi di pagamento e di riscossione informatici,
in luogo di quelli cartacei, le cui evidenze informatiche
valgono a fini di documentazione, ivi compresa la resa
del conto del tesoriere di cui all’articolo 226.
2.
La convenzione di tesoreria di cui all’articolo 210 può
prevedere che la riscossione delle entrate e il pagamento
delle spese possano essere effettuati, oltre che per contanti
presso gli sportelli di tesoreria, anche con le modalità
offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento
interbancari.
3. Gli incassi effettuati dal tesoriere mediante i servizi
elettronici interbancari danno luogo al rilascio di quietanza
o evidenza bancaria ad effetto liberatorio per il debitore;
le somme rivenienti dai predetti incassi sono versate
alle casse dell’ente, con rilascio della quietanza di
cui all’articolo 214, non appena si rendono liquide ed
esigibili in relazione ai servizi elettronici adottati
e comunque nei tempi previsti nella predetta convenzione
di tesoreria
(*)
articolo sostituito dall'art. 1, comma 80, della Legge
30/12/2004 n. 311
CAPO
II
Riscossione
delle entrate
Articolo
214
Operazioni
di riscossione
1.
Per ogni somma riscossa il tesoriere rilascia quietanza,
numerata in ordine cronologico per esercizio finanziario.
Articolo
215
Procedure
per la registrazione delle entrate
1.
Il regolamento di contabilità dell’ente stabilisce
le procedure per la fornitura dei modelli e per la registrazione
delle entrate; disciplina, altresì le modalità
per la comunicazione delle operazioni di riscossione eseguite,
nonché la relativa prova documentale.
CAPO
III
Pagamento
delle spese
Articolo
216
Condizioni
di legittimità dei pagamenti effettuati dal tesoriere
1.
I pagamenti possono avere luogo solo se i mandati risultano
emessi entro i limiti dei rispettivi interventi stanziati
in bilancio o dei capitoli per i servizi per conto di
terzi. A tal fine l'ente trasmette al tesoriere il bilancio
di previsione approvato nonché tutte le delibere
di variazione e di prelevamento di quote del fondo di
riserva debitamente esecutive.
2.
Nessun mandato di pagamento può essere estinto
dal tesoriere se privo della codifica.
3.
Il tesoriere provvede all'estinzione dei mandati di pagamento
emessi in conto residui passivi solo ove gli stessi trovino
riscontro nell'elenco dei residui sottoscritto dal responsabile
del servizio finanziario e consegnato al tesoriere.
Articolo
217
Estinzione
dei mandati di pagamento
1.
L'estinzione dei mandati da parte del tesoriere avviene
nel rispetto della legge e secondo le indicazioni fornite
dall'ente, con assunzione di responsabilità da
parte del tesoriere, che ne risponde con tutto il proprio
patrimonio sia nei confronti dell'ente locale ordinante
sia dei terzi creditori, in ordine alla regolarità
delle operazioni di pagamento eseguite.
Articolo
218
Annotazione
della quietanza
1.
Il tesoriere annota gli estremi della quietanza direttamente
sul mandato o su documentazione meccanografica da consegnare
all'ente, unitamente ai mandati pagati, in allegato al
proprio rendiconto.
2.
Su richiesta dell'ente locale il tesoriere fornisce gli
estremi di qualsiasi operazione di pagamento eseguita
nonché la relativa prova documentale.
Articolo
219
Mandati
non estinti al termine dell'esercizio
1.
I mandati interamente o parzialmente non estinti alla
data del 31 dicembre sono eseguiti mediante commutazione
in assegni postali localizzati o con altri mezzi equipollenti
offerti dal sistema bancario o postale.
Articolo
220
Obblighi
del tesoriere per le delegazioni di pagamento
1.
A seguito della notifica degli atti di delegazione di
pagamento di cui all'articolo 206 il tesoriere è
tenuto a versare l'importo dovuto ai creditori alle scadenze
prescritte, con comminatoria dell'indennità di
mora in caso di ritardato pagamento.
CAPO
IV
Altre
attività
Articolo
221
Gestione
di titoli e valori
1.
I titoli di proprietà dell'ente, ove consentito
dalla legge, sono gestiti dal tesoriere con versamento
delle cedole nel conto di tesoreria alle loro rispettive
scadenze.
2.
Il tesoriere provvede anche alla riscossione dei depositi
effettuati da terzi per spese contrattuali, d'asta e cauzionali
a garanzia degli impegni assunti, previo rilascio di apposita
ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria, contenente
tutti gli estremi identificativi dell'operazione.
3.
Il regolamento di contabilità dell'ente locale
definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni.
Articolo
222
Anticipazioni
di tesoreria
1.
Il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione
della giunta, concede allo stesso anticipazioni di tesoreria,
entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate
accertate nel penultimo anno precedente, afferenti per
i comuni, le province, le città metropolitane e
le unioni di comuni ai primi tre titoli di entrata del
bilancio e per le comunità montane ai primi due
titoli.
2.
Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono
dall’effettivo utilizzo delle somme con le modalità
previste dalla convenzione di cui all'articolo 210.
CAPO
V
Adempimenti
e verifiche contabili
Articolo
223
Verifiche
ordinarie di cassa
1.
L’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente
provvede con cadenza trimestrale alla verifica ordinaria
di cassa, alla verifica della gestione del servizio di
tesoreria e di quello degli altri agenti contabili di
cui all’articolo 233.
2.
Il regolamento di contabilità può prevedere
autonome verifiche di cassa da parte dell’amministrazione
dell’ente.
Articolo
224
Verifiche
straordinarie di cassa
1.
Si provvede a verifica straordinaria di cassa a seguito
del mutamento della persona del sindaco, del presidente
della provincia, del sindaco metropolitano e del presidente
della comunità montana. Alle operazioni di verifica
intervengono gli amministratori che cessano dalla carica
e coloro che la assumono, nonché il segretario,
il responsabile del servizio finanziario e l’organo di
revisione dell'ente.
Articolo
225
Obblighi
di documentazione e conservazione
1.
Il tesoriere è tenuto, nel corso dell'esercizio,
ai seguenti adempimenti:
a)
aggiornamento e conservazione del giornale di cassa;
b)
conservazione del verbale di verifica di cassa di cui
agli articoli 223 e 224;
c)
conservazione delle rilevazioni periodiche di cassa previste
dalla legge;
2.
Le modalità e la periodicità di trasmissione
della documentazione di cui al comma 1 sono fissate nella
convenzione.
Articolo
226
Conto
del tesoriere
1.
Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio
finanziario, il tesoriere, ai sensi dell'articolo 93,
rende all'ente locale il conto della propria gestione
di cassa il quale lo trasmette alla competente sezione
giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni
dall’approvazione del rendiconto.
2.
Il conto del tesoriere è redatto su modello approvato
col regolamento di cui all'articolo 160. Il tesoriere
allega al conto la seguente documentazione :
a)
gli allegati di svolgimento per ogni singola risorsa
di entrata, per ogni singolo intervento di spesa nonché
per ogni capitolo di entrata e di spesa per i servizi
per conto di terzi;
b)
gli ordinativi di riscossione e di pagamento;
c)
la parte delle quietanze originali rilasciate a fronte
degli ordinativi di riscossione e di pagamento o,
in sostituzione, i documenti meccanografici contenenti
gli estremi delle medesime;.
d)
eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti.
TITOLO
VI
RILEVAZIONE
E DIMOSTRAZIONE DEI
RISULTATI
DI GESTIONE
Articolo
227
Rendiconto
della gestione
1.
La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante
il rendiconto, il quale comprende il conto del bilancio,
il conto economico ed il conto del patrimonio.
2.
Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare
dell'ente entro il 30 giugno dell'anno successivo, tenuto
motivatamente conto della relazione dell'organo di revisione.
La proposta è messa a disposizione dei componenti
dell'organo consiliare prima dell'inizio della sessione
consiliare in cui viene esaminato il rendiconto entro
un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal
regolamento. Il rendiconto deliberato è inviato
all'organo regionale di controllo ai sensi e con le modalità
di cui all’articolo 133.
3.
Per le province, le città metropolitane, i comuni
con popolazione superiore ad 8.000 abitanti e quelli i
cui rendiconti si chiudono in disavanzo ovvero rechino
la indicazione di debiti fuori bilancio, il rendiconto
è presentato alla Sezione Enti locali della Corte
dei conti per il referto di cui all'articolo 13 del decreto-legge
22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni,
dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, e successive modifiche
ed integrazioni.
4.
Ai fini del referto di cui all’articolo 3, commi 4 e 7,
della legge 14 gennaio 1994, n. 20 e del consolidamento
dei conti pubblici, la Sezione enti locali potrà
richiedere i rendiconti di tutti gli altri enti locali.
5.
Sono allegati al rendiconto:
a)
la relazione dell'organo esecutivo di cui all'articolo
151, comma 6;
b)
la relazione dei revisori dei conti di cui all'articolo
239, comma 1, lettera d);
c)
l'elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno
di provenienza.
6.
Gli
enti locali di cui all'articolo 2 inviano telematicamente
alle Sezioni enti locali il rendiconto completo di allegati,
le informazioni relative al rispetto del patto di stabilità
interno, nonché i certificati del conto preventivo
e consuntivo. Tempi, modalità e protocollo di comunicazione
per la trasmissione telematica dei dati sono stabiliti
con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'Interno
di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentite la Conferenza Stato, città e autonomie
locali e la Corte dei conti(*)(**)
(*) comma
modificato dall'articolo 28, comma 6 della Legge27 dicembre
2002, n.289
(**) Comma
modificato dall'art. 1-quater, comma 6, del decreto Legge
31 marzo 2003 n. 50, come modificato dalla Legge di Conversione
legge 20 maggio 2003 n. 116
Articolo
228
Conto
del bilancio
1.
Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della
gestione autorizzatoria contenuta nel bilancio annuale
rispetto alle previsioni.
2.
Per ciascuna risorsa dell'entrata e per ciascun intervento
della spesa, nonché per ciascun capitolo dei servizi
per conto di terzi, il conto del bilancio comprende, distintamente
per residui e competenza:
a)
per l'entrata le somme accertate, con distinzione della
parte riscossa e di quella ancora da riscuotere;
b)
per la spesa le somme impegnate, con distinzione della
parte pagata e di quella ancora da pagare.
3.
Prima dell'inserimento nel conto del bilancio dei residui
attivi e passivi l'ente locale provvede all'operazione
di riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione
delle ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei
residui.
4.
Il conto del bilancio si conclude con la dimostrazione
del risultato contabile di gestione e con quello contabile
di amministrazione, in termini di avanzo, pareggio o disavanzo.
5.
Al conto del bilancio sono annesse la tabella dei parametri
di riscontro della situazione di deficitarietà
strutturale e la tabella dei parametri gestionali con
andamento triennale. Le tabelle sono altresì allegate
al certificato del rendiconto.
6.
Ulteriori parametri di efficacia ed efficienza contenenti
indicazioni uniformi possono essere individuati dal regolamento
di contabilità dell'ente locale.
7.
Il Ministero dell’interno pubblica un rapporto annuale,
con rilevazione dell’andamento triennale a livello di
aggregati, sui parametri gestionali dei servizi degli
enti locali indicati nella apposita tabella di cui al
comma 5. I parametri a livello aggregato risultanti dal
rapporto sono resi disponibili mediante pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
8.
I modelli relativi al conto del bilancio e le tabelle
di cui al comma 5 sono approvati con il regolamento di
cui all'articolo 160.
Articolo
229
Conto
economico
1.
Il conto economico evidenzia i componenti positivi e negativi
dell'attività dell'ente secondo criteri di competenza
economica. Comprende gli accertamenti e gli impegni del
conto del bilancio, rettificati al fine di costituire
la dimensione finanziaria dei valori economici riferiti
alla gestione di competenza, le insussistenze e sopravvenienze
derivanti dalla gestione dei residui e gli elementi economici
non rilevati nel conto del bilancio.
2.
Il conto economico è redatto secondo uno schema
a struttura scalare, con le voci classificate secondo
la loro natura e con la rilevazione di risultati parziali
e del risultato economico finale.
3.
Costituiscono componenti positivi del conto economico
i tributi, i trasferimenti correnti, i proventi dei servizi
pubblici, i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio,
i proventi finanziari, le insussistenze del passivo, le
sopravvenienze attive e le plusvalenze da alienazioni.
E' espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico
negativo.
4.
Gli accertamenti finanziari di competenza sono rettificati,
al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti
economici positivi, rilevando i seguenti elementi:
a)
i risconti passivi ed i ratei attivi;
b)
le variazioni in aumento o in diminuzione delle rimanenze;
c)
i costi capitalizzati costituiti dai costi sostenuti
per la produzione in economia di valori da porre,
dal punto di vista economico, a carico di diversi
esercizi;
d)
le quote di ricavi già inserite nei risconti passivi
di anni precedenti;
e)
le quote di ricavi pluriennali pari agli accertamenti
degli introiti vincolati;
f)
imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate
in regime di impresa.
5.
Costituiscono componenti negativi del conto economico
l'acquisto di materie prime e dei beni di consumo, la
prestazione di servizi, l’utilizzo di beni di terzi, le
spese di personale, i trasferimenti a terzi, gli interessi
passivi e gli oneri finanziari diversi, le imposte e tasse
a carico dell'ente locale, gli oneri straordinari compresa
la svalutazione di crediti, le minusvalenze da alienazioni,
gli ammortamenti e le insussistenze dell’attivo come i
minori crediti e i minori residui attivi. E' espresso,
ai fini del pareggio, il risultato economico positivo.
6.
Gli impegni finanziari di competenza sono rettificati,
al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti
economici negativi, rilevando i seguenti elementi :
a)
i costi di esercizi futuri, i risconti attivi ed i ratei
passivi;
b)
le variazioni in aumento od in diminuzione delle rimanenze;
c)
le quote di costo già inserite nei risconti attivi
degli anni precedenti;
d)
le quote di ammortamento di beni a valenza pluriennale
e di costi capitalizzati;
e)
l’imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate
in regime d’impresa.
7.
Gli ammortamenti compresi nel conto economico sono determinati
con i seguenti coefficienti :
a)
edifici, anche demaniali, ivi compresa la manutenzione
straordinaria al 3%;
b)
strade, ponti ed altri beni demaniali al 2%;
c)
macchinari, apparecchi, attrezzature, impianti ed altri
beni mobili al 15%;
d)
attrezzature e sistemi informatici, compresi i programmi
applicativi, al 20%;
e)
automezzi in genere, mezzi di movimentazione e motoveicoli
al 20%;
f)
altri beni al 20%.
8.
Il regolamento di contabilità può prevedere
la compilazione di conti economici di dettaglio per servizi
o per centri di costo.
9.
Al conto economico è accluso un prospetto di conciliazione
che, partendo dai dati finanziari della gestione corrente
del conto del bilancio, con l'aggiunta di elementi economici,
raggiunge il risultato finale economico. I valori della
gestione non corrente vanno riferiti al patrimonio.
10.
I modelli relativi al conto economico ed al prospetto
di conciliazione sono approvati con il regolamento di
cui all'articolo 160.
Articolo
230
Conto
del patrimonio e conti patrimoniali speciali
1.
Il conto del patrimonio rileva i risultati della gestione
patrimoniale e riassume la consistenza del patrimonio
al termine dell'esercizio, evidenziando le variazioni
intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza
iniziale.
2.
Il patrimonio degli enti locali è costituito dal
complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e
passivi, di pertinenza di ciascun ente, suscettibili di
valutazione ed attraverso la cui rappresentazione contabile
ed il relativo risultato finale differenziale è
determinata la consistenza netta della dotazione patrimoniale.
3.
Gli enti locali includono nel conto del patrimonio i beni
del demanio, con specifica distinzione, ferme restando
le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni
del codice civile.
4.
Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio,
comprensivi delle relative manutenzioni straordinarie,
come segue :
a)
i beni demaniali già acquisiti all'ente alla
data di entrata in vigore del decreto legislativo
25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati in misura pari
all'ammontare del residuo debito dei mutui ancora
in estinzione per lo stesso titolo; i beni demaniali
acquisiti all'ente successivamente sono valutati al
costo;
b)
i terreni già acquisiti all'ente alla data
di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio
1995, n.77, sono valutati al valore catastale, rivalutato
secondo le norme fiscali; per i terreni già
acquisiti all’ente ai quali non è possibile
attribuire la rendita catastale la valutazione si
effettua con le modalità dei beni demaniali
già acquisiti all’ente; i terreni acquisiti
successivamente alla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo 25 febbraio 1995, n.
77, sono valutati al costo;
c)
i fabbricati già acquisiti all'ente alla data
di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio
1995, n.77, sono valutati al valore catastale, rivalutato
secondo le norme fiscali; i fabbricati acquisiti successivamente
sono valutati al costo;
d)
i mobili sono valutati al costo;
e)
i crediti sono valutati al valore nominale;
f)
i censi, livelli ed enfiteusi sono valutati in base alla
capitalizzazione della rendita al tasso legale;
g)
le rimanenze, i ratei ed i risconti sono valutati secondo
le norme del codice civile;
h)
i debiti sono valutati secondo il valore residuo.
5.
Gli enti locali conservano nel loro patrimonio in apposita
voce i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio,
sino al compimento dei termini di prescrizione.
6.
Il regolamento di contabilità può prevedere
la compilazione di un conto consolidato patrimoniale per
tutte le attività e passività interne e
esterne. Può anche prevedere conti patrimoniali
di inizio e fine mandato degli amministratori.
7.
Gli enti locali provvedono annualmente all'aggiornamento
degli inventari.
8.
Il regolamento di contabilità definisce le categorie
di beni mobili non inventariabili in ragione della natura
di beni di facile consumo o del modico valore.
9.
I modelli relativi al conto del patrimonio sono approvati
con il regolamento di cui all'articolo 160.
Articolo
231
Relazione
al rendiconto della gestione
1.
Nella relazione prescritta dall'articolo 151, comma 6,
l'organo esecutivo dell'ente esprime le valutazioni di
efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati
conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti.
Evidenzia anche i criteri di valutazione del patrimonio
e delle componenti economiche. Analizza, inoltre, gli
scostamenti principali intervenuti rispetto alle previsioni,
motivando le cause che li hanno determinati.
Articolo
232
Contabilità
economica
1.
Gli enti locali, ai fini della predisposizione del rendiconto
della gestione, adottano il sistema di contabilità
che più ritengono idoneo per le proprie esigenze.
Articolo
233
Conti
degli agenti contabili interni
1.
Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell’esercizio
finanziario, l'economo, il consegnatario di beni e gli
altri soggetti di cui all'articolo 93, comma 2, rendono
il conto della propria gestione all’ente locale il quale
lo trasmette alla competente sezione giurisdizionale della
Corte dei conti entro 60 giorni dall’approvazione del
rendiconto.
2.
Gli agenti contabili, a danaro e a materia, allegano al
conto, per quanto di rispettiva competenza :
a)
il provvedimento di legittimazione del contabile alla
gestione;
b)
la lista per tipologie di beni;
c)
copia degli inventari tenuti dagli agenti contabili;
d)
la documentazione giustificativa della gestione;
e)
i verbali di passaggio di gestione;
f)
le verifiche ed i discarichi amministrativi e per annullamento,
variazioni e simili;
g)
eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti.
3.
Qualora l’organizzazione dell’ente locale lo consenta
i conti e le informazioni relative agli allegati di cui
ai precedenti commi sono trasmessi anche attraverso strumenti
informatici, con modalità da definire attraverso
appositi protocolli di comunicazione.
4.
I conti di cui al comma 1 sono redatti su modello approvato
con il regolamento previsto dall’articolo 160.
TITOLO
VII
REVISIONE
ECONOMICO-FINANZIARIA
Articolo
234
Organo
di revisione economico-finanziario
1.
I consigli comunali, provinciali e delle città
metropolitane eleggono con voto limitato a due componenti,
un collegio di revisori composto da tre membri.
2.
I componenti del collegio dei revisori sono scelti:
a)
uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili,
il quale svolge le funzioni di presidente del collegio;
b)
uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti;
c)
uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri.
3.
Nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti,
nelle unioni dei comuni e nelle comunità montane
la revisione economico-finanziaria è affidata ad
un solo revisore eletto dal consiglio comunale o dal consiglio
dell'unione di comuni o dall'assemblea della comunità
montana a maggioranza assoluta dei membri e scelto tra
i soggetti di cui al comma 2.
4.
Gli enti locali comunicano ai propri tesorieri i nominativi
dei soggetti cui è affidato l'incarico entro 20
giorni dall'avvenuta esecutività della delibera
di nomina.
Articolo
235
Durata
dell'incarico e cause di cessazione
1.
L'organo di revisione contabile dura in carica tre anni
a decorrere dalla data di esecutività della delibera
o dalla data di immediata eseguibilità nell'ipotesi
di cui all'articolo 134, comma 3, e sono rieleggibili
per una sola volta. Ove nei collegi si proceda a sostituzione
di un singolo componente la durata dell'incarico del nuovo
revisore è limitata al tempo residuo sino alla
scadenza del termine triennale, calcolata a decorrere
dalla nomina dell'intero collegio. Si applicano le norme
relative alla proroga degli organi amministrativi di cui
agli articoli 2, 3 comma 1, 4 comma 1, 5 comma 1, e 6
del decreto legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.
2.
Il revisore è revocabile solo per inadempienza
ed in particolare per la mancata presentazione della relazione
alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto
entro il termine previsto dall'articolo 239, comma 1,
lettera d).
3.
Il revisore cessa dall'incarico per:
a)
scadenza del mandato;
b)
dimissioni volontarie;
c)
impossibilità derivante da qualsivoglia causa a
svolgere l'incarico per un periodo di tempo stabilito
dal regolamento dell'ente.
Articolo
236
Incompatibilità
ed ineleggibilità dei revisori
1.
Valgono per i revisori le ipotesi di incompatibilità
di cui al primo comma dell'articolo 2399 del codice civile,
intendendosi per amministratori i componenti dell'organo
esecutivo dell'ente locale.
2.
L'incarico di revisione economico-finanziaria non può
essere esercitato dai componenti degli organi dell'ente
locale e da coloro che hanno ricoperto tale incarico nel
biennio precedente alla nomina, dai membri dell'organo
regionale di controllo, dal segretario e dai dipendenti
dell'ente locale presso cui deve essere nominato l'organo
di revisione economico-finanziaria e dai dipendenti delle
regioni, delle province, delle città metropolitane
e, delle comunità montane e delle unioni di comuni
relativamente agli enti locali compresi nella circoscrizione
territoriale di competenza.
3.
I componenti degli organi di revisione contabile non possono
assumere incarichi o consulenze presso l'ente locale o
presso organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti
al controllo o vigilanza dello stesso.
Articolo
237
Funzionamento
del collegio dei revisori
1.
Il collegio dei revisori è validamente costituito
anche nel caso in cui siano presenti solo due componenti.
2.
Il collegio dei revisori redige un verbale delle riunioni,
ispezioni, verifiche, determinazioni e decisioni adottate.
Articolo
238
Limiti
all'affidamento di incarichi
1.
Salvo diversa disposizione del regolamento di contabilità
dell'ente locale, ciascun revisore non può assumere
complessivamente più di otto incarichi, tra i quali
non più di quattro incarichi in comuni con popolazione
inferiore a 5.000 abitanti, non più di tre in comuni
con popolazione compresa tra i 5.000 ed i 99.999 abitanti
e non più di uno in comune con popolazione pari
o superiore a 100.000 abitanti. Le province sono equiparate
ai comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti
e le comunità montane ai comuni con popolazione
inferiore a 5.000 abitanti.
2.
L'affidamento dell'incarico di revisione è subordinato
alla dichiarazione, resa nelle forme di cui alla legge
4 gennaio 1968, n. 15, e successive modifiche ed integrazioni,
con la quale il soggetto attesta il rispetto dei limiti
di cui al comma 1.
Articolo
239
Funzioni
dell’organo di revisione
1.
L'organo di revisione svolge le seguenti funzioni:
a)
attività di collaborazione con l'organo consiliare
secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento;
b)
pareri sulla proposta di bilancio di previsione e
dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio.
Nei pareri è espresso un motivato giudizio
di congruità, di coerenza e di attendibilità
contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi
e progetti, anche tenuto conto del parere espresso
dal responsabile del servizio finanziario ai sensi
dell’articolo 153, delle variazioni rispetto all’anno
precedente, dell’applicazione dei parametri di deficitarietà
strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri
sono suggerite all’organo consiliare tutte le misure
atte ad assicurare l’attendibilità delle impostazioni.
I pareri sono obbligatori. L’organo consiliare è
tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a
motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure
proposte dall’organo di revisione;
c)
vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria
ed economica della gestione relativamente all'acquisizione
delle entrate, all'effettuazione delle spese, all'attività
contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza
della documentazione, agli adempimenti fiscali ed
alla tenuta della contabilità; l'organo di
revisione svolge tali funzioni anche con tecniche
motivate di campionamento;
d)
relazione sulla proposta di deliberazione consiliare
del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto
entro il termine, previsto dal regolamento di contabilità
e comunque non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla
trasmissione della stessa proposta approvata dall'organo
esecutivo. La relazione contiene l’attestazione sulla
corrispondenza del rendiconto alle risultanze della
gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte
tendenti a conseguire efficienza, produttività
ed economicità della gestione;
e)
referto all'organo consiliare su gravi irregolarità
di gestione, con contestuale denuncia ai competenti
organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi
di responsabilità;
f)
verifiche di cassa di cui all’articolo 223.
2.
Al fine di garantire l'adempimento delle funzioni di cui
al precedente comma, l'organo di revisione ha diritto
di accesso agli atti e documenti dell'ente e può
partecipare all'assemblea dell'organo consiliare per l'approvazione
del bilancio di previsione e del rendiconto di gestione.
Può altresì partecipare alle altre assemblee
dell'organo consiliare e, se previsto dallo statuto dell’ente,
alle riunioni dell'organo esecutivo. Per consentire la
partecipazione alle predette assemblee all'organo di revisione
sono comunicati i relativi ordini del giorno. Inoltre
all'organo di revisione sono trasmessi:
a)
da parte dell'organo regionale di controllo le decisioni
di annullamento nei confronti delle delibere adottate
dagli organi degli enti locali;
b)
da parte del responsabile del servizio finanziario
le attestazioni di assenza di copertura finanziaria
in ordine alle delibere di impegni di spesa.
3.
L'organo di revisione è dotato, a cura dell'ente
locale, dei mezzi necessari per lo svolgimento dei propri
compiti, secondo quanto stabilito dallo statuto e dai
regolamenti.
4.
L'organo della revisione può incaricare della collaborazione
nella propria funzione, sotto la propria responsabilità,
uno o più soggetti aventi i requisiti di cui all'articolo
234, comma 2. I relativi compensi rimangono a carico dell'organo
di revisione.
5.
I singoli componenti dell'organo di revisione collegiale
hanno diritto di eseguire ispezioni e controlli individuali.
6.
Lo statuto dell’ente locale può prevedere ampliamenti
delle funzioni affidate ai revisori.
Articolo
240
Responsabilità
dell’organo di revisione
1.
I revisori rispondono della veridicità delle loro
attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza
del mandatario. Devono inoltre conservare la riservatezza
sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione
del loro ufficio.
Articolo
241
Compenso
dei revisori
1.
Con decreto del Ministro dell'interno di concerto con
il Ministro del tesoro del bilancio e della programmazione
economica vengono fissati i limiti massimi del compenso
base spettante ai revisori, da aggiornarsi triennalmente.
Il compenso base è determinato in relazione alla
classe demografica ed alle spese di funzionamento e di
investimento dell'ente locale.
2.
Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato
dall'ente locale fino al limite massimo del 20 per cento
in relazione alle ulteriori funzioni assegnate rispetto
a quelle indicate nell'articolo 239.
3.
Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato
dall'ente locale quando i revisori esercitano le proprie
funzioni anche nei confronti delle istituzioni dell'ente
sino al 10 per cento per ogni istituzione e per un massimo
complessivo non superiore al 30 per cento.
4.
Quando la funzione di revisione economico-finanziaria
è esercitata dal collegio dei revisori il compenso
determinato ai sensi dei commi 1, 2 e 3 è aumentato
per il presidente del collegio stesso del 50 per cento.
5.
Per la determinazione del compenso base di cui al comma
1 spettante al revisore della comunità montana
ed al revisore dell'unione di comuni si fa riferimento,
per quanto attiene alla classe demografica, rispettivamente,
al comune totalmente montano più popoloso facente
parte della comunità stessa ed al comune più
popoloso facente parte dell'unione.
6.
Per la determinazione del compenso base di cui al comma
1 spettante ai revisori della città metropolitana
si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica,
al comune capoluogo.
7.
L'ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori
con la stessa delibera di nomina.
TITOLO
VIII
ENTI
LOCALI DEFICITARI O DISSESTATI#
# L'Articolo 31, comma
15, della Legge 27 dicembre 2002, n. 289, dispone:
"In attesa che venga
data attuazione al titolo V della parte seconda della
Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3, e che venga formulata la proposta
al Governo dall'Alta Commissione di cui all'articolo 3,
comma 1, lettera b), della presente legge, in ordine ai
princìpi generali del coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario, sono abrogare le disposizioni
del titolo VIII della parte II del testo unico di cui
al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, che disciplinano
l'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale
dissestato, nonché la contribuzione statale sul
relativo onere di ammortamento. Resta ferma l'applicazione
delle predette disposizioni per il risanamento degli enti
dissestati la cui deliberazione di dissesto è stata
adottata prima della data di entrata in vigore della legge
costituzionale n. 3 del 2001".
CAPO
I
Enti
locali deficitari: disposizioni generali
Articolo
242
Individuazione
degli enti locali strutturalmente deficitari e relativi
controlli
1.
Sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie
gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili
condizioni di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella,
da allegare al certificato sul rendiconto della gestione,
contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metà
presentino valori deficitari. Il certificato è
quello relativo al rendiconto della gestione del penultimo
esercizio precedente quello di riferimento.
2.
Con decreto del Ministro dell’interno, sentita la Conferenza
Stato-città e autonomie locali, da emanare entro
settembre e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono
fissati per il triennio successivo i parametri obiettivi,
determinati con riferimento a un calcolo di normalità
dei dati dei rendiconti dell'ultimo triennio disponibile,
nonché le modalità per la compilazione della
tabella di cui al comma 1.
3.
Le norme di cui al presente capo si applicano a comuni,
province e comunità montane.
Articolo
243
Controlli
per gli enti locali strutturalmente deficitari, enti locali
dissestati ed altri enti
1.
Gli enti locali strutturalmente deficitari, individuati
ai sensi dell’articolo 242, sono soggetti al controllo
centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni
di personale da parte della Commissione per la finanza
e gli organici degli enti locali. Il controllo è
esercitato prioritariamente in relazione alla verifica
sulla compatibilità finanziaria.
2.
Gli enti locali strutturalmente deficitari sono soggetti
ai controlli centrali in materia di copertura del costo
di alcuni servizi. Tali controlli verificano mediante
un'apposita certificazione che:
a)
il costo complessivo della gestione dei servizi a
domanda individuale, riferito ai dati della competenza,
sia stato coperto con i relativi proventi tariffari
e contributi finalizzati in misura non inferiore al
36 per cento; a tale fine i costi di gestione degli
asili nido sono calcolati al 50 per cento del loro
ammontare;
b)
il costo complessivo della gestione del servizio di
acquedotto, riferito ai dati della competenza, sia
stato coperto con la relativa tariffa in misura non
inferiore all'80 per cento;
c)
il costo complessivo della gestione del servizio di
smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati,
riferito ai dati della competenza, sia stato coperto
con la relativa tariffa almeno nella misura prevista
dalla legislazione vigente.
3.
I costi complessivi di gestione dei servizi di cui al
comma 2, lettere a) e b), devono comunque comprendere
gli oneri diretti e indiretti di personale, le spese per
l'acquisto di beni e servizi, le spese per i trasferimenti
e per gli oneri di ammortamento degli impianti e delle
attrezzature. Per le quote di ammortamento si applicano
i coefficienti indicati nel decreto del Ministro delle
finanze in data 31 dicembre 1988 e successive modifiche
o integrazioni. I coefficienti si assumono ridotti del
50 per cento per i beni ammortizzabili acquisiti nell'anno
di riferimento. Nei casi in cui detti servizi sono forniti
da organismi di gestione degli enti locali, nei costi
complessivi di gestione sono considerati gli oneri finanziari
dovuti agli enti proprietari di cui all'articolo 44 del
decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986,
n. 902, da versare dagli organismi di gestione agli enti
proprietari entro l'esercizio successivo a quello della
riscossione delle tariffe e della erogazione in conto
esercizio. I costi complessivi di gestione del servizio
di cui al comma 2, lettera c), sono rilevati secondo le
disposizioni vigenti in materia.
4.
Con decreto del Ministro dell’interno, sentita la Conferenza
Stato-città e autonomie locali, da pubblicare nella
Gazzetta Ufficiale, sono determinati i tempi e le modalità
per la presentazione e il controllo della certificazione
di cui al comma 2.
5.
Agli enti locali strutturalmente deficitari che, pur essendo
a ciò tenuti, non rispettano i livelli minimi di
copertura dei costi di gestione di cui al comma 2, è
applicata una sanzione pari alla perdita dell'1 per cento
del contributo ordinario spettante per l'anno per il quale
si è verificata l'inadempienza, mediante trattenuta
in unica soluzione sui trasferimenti erariali spettanti
per gli anni successivi.
6.
Sono soggetti, in via provvisoria, ai controlli centrali
di cui al comma 2:
a)
gli enti locali che non presentano il certificato
del rendiconto con l'annessa tabella di cui al comma
1 dell’articolo 242, sino all'avvenuta presentazione
della stessa;
b)
gli enti locali per i quali non sia intervenuta nei
termini di legge la deliberazione del rendiconto della
gestione, sino all'adempimento.
7.
Gli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto
finanziario sono soggetti, per la durata del risanamento,
ai controlli di cui al comma 1, sono tenuti alla presentazione
della certificazione di cui al comma 2 e sono tenuti per
i servizi a domanda individuale al rispetto, per il medesimo
periodo, del livello minimo di copertura dei costi di
gestione di cui al comma 2, lettera a).
CAPO
II
Enti
locali dissestati: disposizioni generali
Articolo
244
Dissesto
finanziario
1.
Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non può
garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi
indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente
locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si
possa fare validamente fronte con le modalità di
cui all'articolo 193, nonché con le modalità
di cui all’articolo 194 per le fattispecie ivi previste.
2.
Le norme sul risanamento degli enti locali dissestati
si applicano solo a province e comuni.
Articolo
245
Soggetti
della procedura di risanamento
1.
Soggetti della procedura di risanamento sono l'organo
straordinario di liquidazione e gli organi istituzionali
dell'ente.
2.
L'organo straordinario di liquidazione provvede al ripiano
dell'indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla
legge.
3.
Gli organi istituzionali dell'ente assicurano condizioni
stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo
le cause strutturali che hanno determinato il dissesto.
Articolo
246
Deliberazione
di dissesto
1.
La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione
di dissesto finanziario è adottata dal consiglio
dell'ente locale nelle ipotesi di cui all'articolo 244
e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La
deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile.
Alla stessa è allegata una dettagliata relazione
dell’organo di revisione economico finanziaria che analizza
le cause che hanno provocato il dissesto.
2.
La deliberazione dello stato di dissesto è trasmessa,
entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero
dell’interno ed alla Procura regionale presso la Corte
dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione
dell’organo di revisione. La deliberazione è pubblicata
per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana a cura del Ministero dell'interno unitamente
al decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell'organo
straordinario di liquidazione.
3.
L'obbligo di deliberazione dello stato di dissesto si
estende, ove ne ricorrano le condizioni, al commissario
nominato ai sensi dell'articolo 141, comma 3.
4.
Se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria
la dichiarazione di dissesto, è stato validamente
deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua
ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario,
intendendosi operanti per l'ente locale i divieti e gli
obblighi previsti dall'articolo 191, comma 5. In tal caso,
la deliberazione di dissesto può essere validamente
adottata, esplicando gli effetti di cui all'articolo 248.
Gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali,
propri dell'organo straordinario di liquidazione e del
consiglio dell'ente, sono differiti al 1° gennaio dell'anno
successivo a quello in cui è stato deliberato il
dissesto. Ove sia stato già approvato il bilancio
preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede
alla revoca dello stesso.
5.
Le disposizioni relative alla valutazione delle cause
di dissesto sulla base della dettagliata relazione dell’organo
di revisione di cui al comma 1 ed ai conseguenti oneri
di trasmissione di cui al comma 2 si applicano solo ai
dissesti finanziari deliberati a decorrere dal 25 ottobre
1997.
Articolo
247
Omissione
della deliberazione di dissesto
1.
Ove dalle deliberazioni dell'ente, dai bilanci di previsione,
dai rendiconti o da altra fonte l'organo regionale di
controllo venga a conoscenza dell'eventuale condizione
di dissesto, chiede chiarimenti all'ente e motivata relazione
all'organo di revisione contabile assegnando un termine,
non prorogabile, di trenta giorni.
2.
Ove sia ritenuta sussistente l'ipotesi di dissesto l'organo
regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera
notificata ai singoli consiglieri, un termine, non superiore
a venti giorni, per la deliberazione del dissesto.
3.
Decorso infruttuosamente tale termine l'organo regionale
di controllo nomina un commissario ad acta per la deliberazione
dello stato di dissesto.
4.
Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione
al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento
del consiglio dell'ente, ai sensi dell’articolo 141.
Articolo
248
Conseguenze
della dichiarazione di dissesto
1.
A seguito della dichiarazione di dissesto, e sino all'emanazione
del decreto di cui all'articolo 261, sono sospesi i termini
per la deliberazione del bilancio.
2.
Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione
del rendiconto di cui all’articolo 256 non possono essere
intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti
dell'ente per i debiti che rientrano nella competenza
dell’organo straordinario di liquidazione. Le procedure
esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto,
nelle quali sono scaduti i termini per l'opposizione giudiziale
da parte dell'ente, o la stessa benché proposta
è stata rigettata, sono dichiarate estinte d’ufficio
dal giudice con inserimento nella massa passiva dell'importo
dovuto a titolo di capitale, accessori e spese.
3.
I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione
dello stato di dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere,
i quali possono disporre delle somme per i fini dell'ente
e le finalità di legge.
4.
Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione
del rendiconto di cui all’articolo 256 i debiti insoluti
a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa
già erogate non producono più interessi
né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale
disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente
che rientrano nella competenza dell’organo straordinario
di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità
ed esigibilità.
5.
Fermo restando quanto previsto dall’art. 1 della legge
14 gennaio 1994 n. 20, gli amministratori che la Corte
dei Conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo
grado, di danni da loro prodotti, con dolo o colpa grave,
nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto
finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di
cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti
di enti locali e di rappresentante di enti locali presso
altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati,
ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno
determinato il dissesto, accerti che questo è diretta
conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore
è stato riconosciuto responsabile.
Articolo
249
Limiti
alla contrazione di nuovi mutui
1.
Dalla data di deliberazione di dissesto e sino all'emanazione
del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, gli enti
locali non possono contrarre nuovi mutui, con eccezione
dei mutui previsti dall'articolo 255 e dei mutui con oneri
a totale carico dello Stato o delle regioni.
Articolo
250
Gestione
del bilancio durante la procedura di risanamento
1.
Dalla data di deliberazione del dissesto finanziario e
sino alla data di approvazione dell'ipotesi di bilancio
riequilibrato di cui all'articolo 261 l'ente locale non
può impegnare per ciascun intervento somme complessivamente
superiori a quelle definitivamente previste nell'ultimo
bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate
accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non
possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive
somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili
di pagamento frazionato in dodicesimi. L'ente applica
principi di buona amministrazione al fine di non aggravare
la posizione debitoria e mantenere la coerenza con l'ipotesi
di bilancio riequilibrato predisposta dallo stesso.
2.
Per le spese disposte dalla legge e per quelle relative
ai servizi locali indispensabili, nei casi in cui nell'ultimo
bilancio approvato mancano del tutto gli stanziamenti
ovvero gli stessi sono previsti per importi insufficienti,
il consiglio o la giunta con i poteri del primo, salvo
ratifica, individua con deliberazione le spese da finanziare,
con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio le ragioni
per le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti
nell'ultimo bilancio approvato e determina le fonti di
finanziamento. Sulla base di tali deliberazioni possono
essere assunti gli impegni corrispondenti. Le deliberazioni,
da sottoporre all'esame dell'organo regionale di controllo,
sono notificate al tesoriere.
Articolo
251
Attivazione
delle entrate proprie
1.
Nella prima riunione successiva alla dichiarazione di
dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di
esecutività della delibera, il consiglio dell'ente,
o il commissario nominato ai sensi dell’articolo 247,
comma 3, è tenuto a deliberare per le imposte e
tasse locali di spettanza dell’ente dissestato, diverse
dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani,
le aliquote e le tariffe di base nella misura massima
consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti
dell’applicazione dell’imposta comunale per l’esercizio
di imprese, arti e professioni, che determinano gli importi
massimi del tributo dovuto.
2.
La delibera non è revocabile ed ha efficacia per
cinque anni, che decorrono da quello dell’ipotesi di bilancio
riequilibrato. In caso di mancata adozione della delibera
nei termini predetti l’organo regionale di controllo procede
a norma dell’articolo 136.
3.
Per le imposte e tasse locali di istituzione successiva
alla deliberazione del dissesto, l’organo dell’ente dissestato
che risulta competente ai sensi della legge istitutiva
del tributo deve deliberare, entro i termini previsti
per la prima applicazione del tributo medesimo, le aliquote
e le tariffe di base nella misura massima consentita.
La delibera ha efficacia per un numero di anni necessario
al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello
dell’ipotesi di bilancio riequilibrato.
4.
Resta fermo il potere dell’ente dissestato di deliberare,
secondo le competenze, le modalità, i termini ed
i limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, le maggiorazioni,
riduzioni, graduazioni ed agevolazioni previste per le
imposte e tasse di cui ai commi 1 e 3, nonché di
deliberare la maggiore aliquota dell’imposta comunale
sugli immobili consentita per straordinarie esigenze di
bilancio.
5.
Per il periodo di cinque anni, decorrente dall’anno dell’ipotesi
di bilancio riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento
rifiuti solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il
dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino
complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione
del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali,
devono applicare le tariffe nella misura massima consentita
dalle disposizioni vigenti. Per i servizi a domanda individuale
il costo di gestione deve essere coperto con proventi
tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura
prevista dalle norme vigenti. Per i termini di adozione
delle delibere, per la loro efficacia e per la individuazione
dell’organo competente si applicano le norme ordinarie
vigenti in materia. Per la prima delibera il termine di
adozione è fissato al trentesimo giorno successivo
alla deliberazione del dissesto.
6.
Le delibere di cui ai commi 1, 3 e 5 devono essere comunicate
alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti
locali presso il Ministero dell’interno entro 30 giorni
dalla data di adozione; nel caso di mancata osservanza
delle disposizioni di cui ai predetti commi sono sospesi
i contributi erariali.
CAPO
III
Attività
dell’organo straordinario di liquidazione
Articolo
252
Composizione,
nomina e attribuzioni
1.
Per i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti l'organo
straordinario di liquidazione è composto da un
singolo commissario; per i comuni con popolazione superiore
ai 5.000 abitanti e per le province l'organo straordinario
di liquidazione è composto da una commissione di
tre membri. Il commissario straordinario di liquidazione,
per i comuni sino a 5.000 abitanti, o i componenti della
commissione straordinaria di liquidazione, per i comuni
con popolazione superiore a 5.000 abitanti e per le province,
sono nominati fra magistrati a riposo della Corte dei
Conti, della magistratura ordinaria, del Consiglio di
Stato, fra funzionari dotati di un’idonea esperienza nel
campo finanziario e contabile in servizio o in quiescenza
degli uffici centrali o periferici del Ministero dell’interno,
del Ministero del tesoro del bilancio e della programmazione
economica, del Ministero delle finanze e di altre amministrazioni
dello Stato, fra i segretari ed i ragionieri comunali
e provinciali particolarmente esperti, anche in quiescenza,
fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili,
gli iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e gli
iscritti nell’albo dei ragionieri. La commissione straordinaria
di liquidazione è presieduta, se presente, dal
magistrato a riposo della Corte dei Conti o della magistratura
ordinaria o del Consiglio di Stato. Diversamente la stessa
provvede ad eleggere nel suo seno il presidente. La commissione
straordinaria di liquidazione delibera a maggioranza dei
suoi componenti.
2.
La nomina dell’organo straordinario di liquidazione è
disposta con decreto del Presidente della Repubblica su
proposta del Ministro dell'interno. L’insediamento presso
l’ente avviene entro 5 giorni dalla notifica del provvedimento
di nomina.
3.
Per i componenti dell'organo straordinario di liquidazione
valgono le incompatibilità di cui all'articolo
236.
4.
L'organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente
a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre
dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio
riequilibrato e provvede alla :
a)
rilevazione della massa passiva;
b)
acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili
ai fini del risanamento anche mediante alienazione
dei beni patrimoniali;
c)
liquidazione e pagamento della massa passiva.
5.
In ogni caso di accertamento di danni cagionati all'ente
locale o all'erario, l'organo straordinario di liquidazione
provvede alla denuncia dei fatti alla Procura Regionale
presso la Corte dei conti ed alla relativa segnalazione
al Ministero dell'interno tramite le prefetture.
Articolo
253
Poteri
organizzatori
1.
L'organo straordinario di liquidazione ha potere di accesso
a tutti gli atti dell'ente locale, può utilizzare
il personale ed i mezzi operativi dell'ente locale ed
emanare direttive burocratiche.
2.
L’ente locale è tenuto a fornire, a richiesta dell'organo
straordinario di liquidazione, idonei locali ed attrezzature
nonché il personale necessario.
3.
L’organo straordinario di liquidazione può auto
organizzarsi, e, per motivate esigenze, dotarsi di personale,
acquisire consulenze e attrezzature le quali, al termine
dell’attività di ripiano dei debiti rientrano nel
patrimonio dell’ente locale.
Articolo
254
Rilevazione
della massa passiva
1.
L'organo straordinario di liquidazione provvede all’accertamento
della massa passiva mediante la formazione, entro 180
giorni dall’insediamento, di un piano di rilevazione.
Il termine è elevato di ulteriori 180 giorni per
i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti
o capoluogo di provincia e per le province.
2.
Ai fini della formazione del piano di rilevazione, l’organo
straordinario di liquidazione entro 10 giorni dalla data
dell’insediamento, dà avviso, mediante affissione
all’albo pretorio ed anche a mezzo stampa, dell’avvio
della procedura di rilevazione delle passività
dell’ente locale. Con l’avviso l’organo straordinario
di liquidazione invita chiunque ritenga di averne diritto
a presentare, entro un termine perentorio di sessanta
giorni prorogabile per una sola volta di ulteriori trenta
giorni con provvedimento motivato del predetto organo,
la domanda in carta libera, corredata da idonea documentazione,
atta a dimostrare la sussistenza del debito dell’ente,
il relativo importo ed eventuali cause di prelazione,
per l’inserimento nel piano di rilevazione.
3.
Nel piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi
:
a)
i debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all’articolo
194 verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente
quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato;
b)
i debiti derivanti dalle procedure esecutive estinte ai
sensi dell'articolo 248, comma 2;
c)
i debiti derivanti da transazioni compiute dall’organo
straordinario di liquidazione ai sensi del comma 7.
4.
L’organo straordinario di liquidazione, ove lo ritenga
necessario, richiede all’ente che i responsabili dei servizi
competenti per materia attestino che la prestazione è
stata effettivamente resa e che la stessa rientra nell’ambito
dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza
dell’ente locale. I responsabili dei servizi attestano
altresì che non è avvenuto, nemmeno parzialmente,
il pagamento del corrispettivo e che il debito non è
caduto in prescrizione alla data della dichiarazione di
dissesto. I responsabili dei servizi provvedono entro
sessanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali l’attestazione
si intende resa dagli stessi in senso negativo circa la
sussistenza del debito.
5.
Sull’inserimento nel piano di rilevazione delle domande
di cui al comma 2 e delle posizioni debitorie di cui al
comma 3 decide l’organo straordinario di liquidazione
con provvedimento da notificare agli istanti al momento
dell’approvazione del piano di rilevazione, tenendo conto
degli elementi di prova del debito desunti dalla documentazione
prodotta dal terzo creditore, da altri atti e dall’eventuale
attestazione di cui al comma 4.
6.
*
7.
L’organo straordinario di liquidazione è autorizzato
a transigere vertenze giudiziali e stragiudiziali relative
a debiti rientranti nelle fattispecie di cui al comma
3, inserendo il debito risultante dall’atto di transazione
nel piano di rilevazione.
8.
In caso di inosservanza del termine di cui al comma 1,
di negligenza o di ritardi non giustificati negli adempimenti
di competenza, può essere disposta la sostituzione
di tutti o parte dei componenti dell’organo straordinario
della liquidazione. In tali casi, il Ministro dell’Interno,
previo parere della Commissione per la finanza e gli organici
degli enti locali, dal quale si prescinde ove non espresso
entro trenta giorni dalla richiesta, e sentiti gli interessati,
propone al Presidente della Repubblica l’adozione del
provvedimento di sostituzione. Il Ministero dell’interno
stabilisce con proprio provvedimento il trattamento economico
dei commissari sostituiti.
*comma abrogato
dall'art. 7,comma 1 lettera b-quater del Decreto Legge
29 marzo 2004, n. 80 coordinato con la Legge di conversione
28 maggio 2004, n. 140
.
Articolo
255
Acquisizione
e gestione dei mezzi finanziari per il risanamento
1.
Nell'ambito dei compiti di cui all’articolo 252, comma
4, lettera b), l'organo straordinario di liquidazione
provvede all'accertamento della massa attiva, costituita
dal contributo dello Stato di cui al presente articolo,
da residui da riscuotere, da ratei di mutuo disponibili
in quanto non utilizzati dall'ente, da altre entrate e,
se necessari, da proventi derivanti da alienazione di
beni del patrimonio disponibile.
2.
Per il risanamento dell’ente locale dissestato lo Stato
finanzia gli oneri di un mutuo, assunto dall'organo straordinario
di liquidazione, in nome e per conto dell'ente, in unica
soluzione con la Cassa depositi e prestiti al tasso vigente
ed ammortizzato in venti anni, con pagamento diretto di
ogni onere finanziario da parte del Ministero dell’interno.
3.
L'importo massimo del mutuo finanziato dallo Stato, è
determinato sulla base di una rata di ammortamento pari
al contributo statale indicato al comma 4.
4.
Detto contributo è pari a cinque volte un importo
composto da una quota fissa, solo per taluni enti, ed
una quota per abitante, spettante ad ogni ente. La quota
fissa spetta ai comuni con popolazione sino a 999 abitanti
per lire 13.000.000, ai comuni con popolazione da 1.000
a 1.999 abitanti per lire 15.000.000, ai comuni con popolazione
da 2.000 a 2.999 abitanti per lire 18.000.000, ai comuni
con popolazione da 3.000 a 4.999 abitanti per lire 20.000.000,
ai comuni con popolazione da 5.000 a 9.999 abitanti per
lire 22.000.000 ed ai comuni con popolazione da 10.000
a 19.999 per lire 25.000.000. La quota per abitante è
pari a lire 7.930 per i comuni e lire 1.241 per le province.
5.
Il fondo costituito ai sensi del comma 4 è finalizzato
agli interventi a favore degli enti locali in stato di
dissesto finanziario. Le eventuali disponibilità
residue del fondo, rinvenienti dall’utilizzazione dei
contributi erariali per un importo inferiore ai limiti
massimi indicati nel comma 4, possono essere destinate
su richiesta motivata dell’organo consiliare e dell’ente
locale, secondo parametri e modalità definiti con
decreto del Ministro dell’interno, all’assunzione di mutui
integrativi per permettere all'ente locale di realizzare
il risanamento finanziario, se non raggiunto con l'approvazione
del rendiconto della gestione. Il
mutuo, da assumere con la Cassa depositi e prestiti, è
autorizzato dal Ministero dell’interno, previo parere
della Commissione finanza ed organici degli enti locali.
La priorità nell’assegnazione è accordata
agli enti locali che non hanno usufruito dell’intera quota
disponibile ai sensi del comma 4.(*)
6.
Per l'assunzione del mutuo concesso ai sensi del presente
articolo agli enti locali in stato di dissesto finanziario
per il ripiano delle posizioni debitorie non si applica
il limite all'assunzione dei mutui di cui all'articolo
204, comma 1.
7.
Secondo le disposizioni vigenti il fondo per lo sviluppo
degli investimenti, di cui all’articolo 28, comma 1, lettera
c) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sul
quale sono imputati gli oneri per la concessione dei nuovi
mutui agli enti locali dissestati, può essere integrato,
con le modalità di cui all’articolo 11, comma 3,
lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive
modificazioni ed integrazioni, in considerazione delle
eventuali procedure di risanamento attivate rispetto a
quelle già definite.
8.
L’organo straordinario di liquidazione provvede a riscuotere
i ruoli pregressi emessi dall’ente e non ancora riscossi,
totalmente o parzialmente, nonché all’accertamento
delle entrate tributarie per le quali l’ente ha omesso
la predisposizione dei ruoli o del titolo di entrata previsto
per legge.
9.
Ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva,
ed in deroga a disposizioni vigenti che attribuiscono
specifiche destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni
di beni, l’organo straordinario di liquidazione procede
alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non
indispensabili per i fini dell’ente, avviando, nel contempo,
le procedure per l’alienazione di tali beni. Ai fini dell’alienazione
dei beni immobili possono essere affidati incarichi a
società di intermediazione immobiliare, anche appositamente
costituite. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni
recate dall’articolo 3 del decreto legge 31 ottobre 1990,
n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22
dicembre 1990, n. 403, e successive modificazioni ed integrazioni,
intendendosi attribuite all’organo straordinario di liquidazione
le facoltà ivi disciplinate. L’ente locale, qualora
intenda evitare le alienazioni di beni patrimoniali disponibili,
è tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie
liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo,
con onere a proprio carico, per il valore stimato di realizzo
dei beni. Il mutuo può essere assunto con la Cassa
depositi e prestiti ed altri istituti di credito. Il limite
di cui all’articolo 204, comma 1, è elevato sino
al 40 per cento.
10.
Non compete all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione
dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione
vincolata ed ai mutui passivi già attivati per
investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative
spese.
11.
Per il finanziamento delle passività l’ente locale
può destinare quota dell’avanzo di amministrazione
non vincolato.
12.
Nei confronti della massa attiva determinata ai sensi
del presente articolo non sono ammessi sequestri o procedure
esecutive. Le procedure esecutive eventualmente intraprese
non determinano vincoli sulle somme.
(*) comma modificato
dall'art. 1-septies,
comma 1, lettera a) del Decreto legge 31 marzo 2005 n.
44 così come convertito con Legge 31 maggio 2005
n. 88
Articolo
256
Liquidazione
e pagamento della massa passiva
1.
Il piano di rilevazione della massa passiva acquista esecutività
con il deposito presso il Ministero dell’interno, cui
provvede l’organo straordinario di liquidazione entro
5 giorni dall’approvazione di cui all’articolo 254, comma
1. Al piano è allegato l’elenco delle passività
non inserite nel piano, corredato dai provvedimenti di
diniego e dalla documentazione relativa.
2.
Unitamente al deposito l’organo straordinario di liquidazione
chiede l’autorizzazione al perfezionamento del mutuo di
cui all’articolo 255 nella misura necessaria per il finanziamento
delle passività risultanti dal piano di rilevazione
e dall’elenco delle passività non inserite, e comunque
entro i limiti massimi stabiliti dall’articolo 255.
3.
Il Ministero dell’interno, accertata la regolarità
del deposito, autorizza l’erogazione del mutuo da parte
della Cassa depositi e prestiti.
4.
Entro 30 giorni dall’erogazione del mutuo l’organo straordinario
della liquidazione deve provvedere al pagamento di acconti
in misura proporzionale uguale per tutte le passività
inserite nel piano di rilevazione. Nel determinare l’entità
dell’acconto l’organo di liquidazione deve provvedere
ad accantonamenti per le pretese creditorie in contestazione
esattamente quantificate. Gli accantonamenti sono effettuati
in misura proporzionale uguale a quella delle passività
inserite nel piano. Ai fini di cui al presente comma l’organo
straordinario di liquidazione utilizza il mutuo erogato
da parte della Cassa depositi e prestiti e le poste attive
effettivamente disponibili, recuperando alla massa attiva
disponibile gli importi degli accantonamenti non più
necessari, su segnalazione del Ministero dell’interno,
per scadenza dei termini di impugnativa del provvedimento
di diniego di ammissione al passivo o per definitività
della pronuncia sui ricorsi proposti ai sensi dell’articolo
254, comma 6.
5.
Successivamente all’erogazione del primo acconto l’organo
straordinario della liquidazione può disporre ulteriori
acconti per le passività già inserite nel
piano di rilevazione e per quelle accertate successivamente,
utilizzando le disponibilità nuove e residue, ivi
compresa l’eventuale quota di mutuo a carico dello Stato
ancora disponibile, previa autorizzazione del Ministero
dell’interno, in quanto non richiesta ai sensi del comma
2. Nel caso di pagamento definitivo in misura parziale
dei debiti l’ente locale è autorizzato ad assumere
un mutuo a proprio carico con la Cassa depositi e prestiti
o con altri istituti di credito, nel rispetto del limite
del 40 per cento di cui all’articolo 255, comma 9, per
il pagamento a saldo delle passività rilevate.
A tale fine, entro 30 giorni dalla data di notifica del
decreto ministeriale di approvazione del piano di estinzione,
l’organo consiliare adotta apposita deliberazione, dandone
comunicazione all’organo straordinario di liquidazione,
che provvede al pagamento delle residue passività
ad intervenuta erogazione del mutuo contratto dall’ente.
La Cassa depositi e prestiti o altri istituti di credito
erogano la relativa somma sul conto esistente intestato
all’organo di liquidazione.
6.
A seguito del definitivo accertamento della massa passiva
e dei mezzi finanziari disponibili, di cui all’articolo
255, e comunque entro il termine di 24 mesi dall’insediamento,
l’organo straordinario di liquidazione predispone il piano
di estinzione delle passività, includendo le passività
accertate successivamente all’esecutività del piano
di rilevazione dei debiti e lo deposita presso il Ministero
dell’interno.
7.
Il piano di estinzione è sottoposto all’approvazione,
entro 120 giorni dal deposito, del Ministro dell’interno,
il quale valuta la correttezza della formazione della
massa passiva e la correttezza e validità delle
scelte nell’acquisizione di risorse proprie. Il Ministro
dell’interno si avvale del parere consultivo da parte
della Commissione per la finanza e gli organici degli
enti locali, la quale può formulare rilievi e richieste
istruttorie cui l'organo straordinario di liquidazione
è tenuto a rispondere entro sessanta giorni dalla
comunicazione. In tale ipotesi il termine per l’approvazione
del piano, di cui al presente comma, è sospeso.
8.
Il decreto di approvazione del piano di estinzione da
parte del Ministro dell’interno è notificato all’ente
locale ed all’organo straordinario di liquidazione per
il tramite della prefettura.
9.
A seguito dell’approvazione del piano di estinzione l’organo
straordinario di liquidazione provvede, entro 20 giorni
dalla notifica del decreto, al pagamento delle residue
passività, sino alla concorrenza della massa attiva
realizzata.
10.
Con l’eventuale decreto di diniego dell'approvazione del
piano il Ministro dell’interno prescrive all'organo straordinario
di liquidazione di presentare, entro l'ulteriore termine
di sessanta giorni decorrenti dalla data di notifica del
provvedimento, un nuovo piano di estinzione che tenga
conto delle prescrizioni contenute nel provvedimento.
11.
Entro il termine di sessanta giorni dall'ultimazione delle
operazioni di pagamento, l'organo straordinario della
liquidazione è tenuto ad approvare il rendiconto
della gestione ed a trasmetterlo all'organo regionale
di controllo ed all'organo di revisione contabile dell'ente,
il quale è competente sul riscontro della liquidazione
e verifica la rispondenza tra il piano di estinzione e
l'effettiva liquidazione.
12.
Nel caso in cui l’insufficienza della massa attiva, non
diversamente rimediabile, è tale da compromettere
il risanamento dell’ente, il Ministro dell’interno, su
proposta della Commissione per la finanza e gli organici
degli enti locali, può stabilire misure straordinarie
per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione,
anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri
a carico dello Stato.
Articolo
257
Debiti
non ammessi alla liquidazione
1.
In allegato al provvedimento di approvazione di cui all’articolo
256, comma 8, sono individuate le pretese escluse dalla
liquidazione.
2.
Il consiglio dell’ente individua con propria delibera,
da adottare entro 60 giorni dalla notifica del decreto
di cui all’articolo 256, comma 8, i soggetti ritenuti
responsabili di debiti esclusi dalla liquidazione, dandone
contestuale comunicazione ai soggetti medesimi ed ai relativi
creditori.
3.
Se il consiglio non provvede nei termini di cui al comma
2 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 136.
Articolo
258
Modalità
semplificate di accertamento e liquidazione dei debiti
1.
L’organo straordinario di liquidazione, valutato l’importo
complessivo di tutti i debiti censiti in base alle richieste
pervenute, il numero delle pratiche relative, la consistenza
della documentazione allegata ed il tempo necessario per
il loro definitivo esame, può proporre all’ente
locale dissestato l’adozione della modalità semplificata
di liquidazione di cui al presente articolo. Con deliberazione
di giunta l’ente decide entro trenta giorni ed in caso
di adesione s’impegna a mettere a disposizione le risorse
finanziare di cui al comma 2.
2.
L’organo straordinario di liquidazione, acquisita l’adesione
dell’ente locale, delibera l’accensione del mutuo di cui
all’articolo 255, comma 2, nella misura necessaria agli
adempimenti di cui ai successivi commi ed in relazione
all’ammontare dei debiti censiti. L’ente locale dissestato
è tenuto a deliberare l’accensione di un mutuo
con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti
di credito, con oneri a proprio carico, nel rispetto del
limite del 40 per cento di cui all’articolo 255, comma
9, o, in alternativa, a mettere a disposizione risorse
finanziarie liquide, per un importo che consenta di finanziare,
insieme al ricavato del mutuo a carico dello Stato, tutti
i debiti di cui ai commi 3 e 4, oltre alle spese della
liquidazione. E’ fatta salva la possibilità di
ridurre il mutuo a carico dell’ente.
3.
L’organo straordinario di liquidazione, effettuata una
sommaria delibazione sulla fondatezza del credito vantato,
può definire transattivamente le pretese dei relativi
creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento
di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del
debito, in relazione all’anzianità dello stesso,
con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione
obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell’accettazione
della transazione. A tal fine, entro sei mesi dalla data
di conseguita disponibilità del mutuo di cui all’articolo
255, comma 2, propone individualmente ai creditori, compresi
quelli che vantano crediti privilegiati, fatta eccezione
per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni
di lavoro subordinato che sono liquidate per intero, la
transazione da accettare entro un termine prefissato comunque
non superiore a 30 giorni. Ricevuta l’accettazione, l’organo
straordinario di liquidazione provvede al pagamento nei
trenta giorni successivi.
4.
L’organo straordinario di liquidazione accantona l’importo
del 50 per cento dei debiti per i quali non è stata
accettata la transazione. L’accantonamento è elevato
al 100 per cento per i debiti assistiti da privilegio.
5.
Si applicano, per il seguito della procedura, le disposizioni
degli articoli precedenti, fatta eccezione per quelle
concernenti la redazione ed il deposito del piano di rilevazione.
Effettuati gli accantonamenti di cui al comma 4, l’organo
straordinario di liquidazione provvede alla redazione
del piano di estinzione. Qualora tutti i debiti siano
liquidati nell’ambito della procedura semplificata e non
sussistono debiti esclusi in tutto o in parte dalla massa
passiva, l’organo straordinario provvede ad approvare
direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione
ai sensi dell’articolo 256. , comma 11.
6.
I debiti transatti ai sensi del comma 3 sono indicati
in un apposito elenco allegato al piano di estinzione
della massa passiva.
7.
In caso di eccedenza di disponibilità si provvede
alla riduzione dei mutui, con priorità per quello
a carico dell’ente locale dissestato. E’ restituita all’ente
locale dissestato la quota di risorse finanziarie liquide
dallo stesso messe a disposizione esuberanti rispetto
alle necessità della liquidazione dopo il pagamento
dei debiti.
CAPO
IV
Bilancio
stabilmente riequilibrato
Articolo
259
Ipotesi
di bilancio stabilmente riequilibrato
1.
Il consiglio dell'ente locale presenta al Ministro dell'interno,
entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di
emanazione del decreto di cui all'articolo 252, un'ipotesi
di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato.
2.
L'ipotesi di bilancio realizza il riequilibrio mediante
l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle
spese correnti.
3.
Per l'attivazione delle entrate proprie, l'ente provvede
con le modalità di cui all'articolo 251, riorganizzando
anche i servizi relativi all'acquisizione delle entrate
ed attivando ogni altro cespite.
4.
Le province ed i comuni per i quali le risorse di parte
corrente, costituite dai trasferimenti in conto al fondo
ordinario ed al fondo consolidato e da quella parte di
tributi locali calcolata in detrazione ai trasferimenti
erariali, sono disponibili in misura inferiore, rispettivamente,
a quella media unica nazionale ed a quella media della
fascia demografica di appartenenza, come definita con
il decreto di cui all'articolo 263, comma 1, richiedono,
con la presentazione dell'ipotesi, e compatibilmente con
la quantificazione annua dei contributi a ciò destinati,
l'adeguamento dei contributi statali alla media predetta,
quale fattore del consolidamento finanziario della gestione.
5.
Per la riduzione delle spese correnti l'ente locale riorganizza
con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le
dotazioni finanziarie ed eliminando, o quanto meno riducendo
ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio
di servizi pubblici indispensabili. L'ente locale emana
i provvedimenti necessari per il risanamento economico-finanziario
degli enti od organismi dipendenti nonché delle
aziende speciali, nel rispetto della normativa specifica
in materia.
6.
L'ente locale, ugualmente ai fini della riduzione delle
spese, ridetermina la dotazione organica dichiarando eccedente
il personale comunque in servizio in sovrannumero rispetto
ai rapporti medi dipendenti-popolazione di cui all'articolo
263, comma 2, fermo restando l'obbligo di accertare le
compatibilità di bilancio. La spesa per il personale
a tempo determinato deve altresì essere ridotta
a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta
a tale titolo per l'ultimo triennio antecedente l'anno
cui l'ipotesi si riferisce.
7.
La rideterminazione della dotazione organica è
sottoposta all'esame della Commissione per la finanza
e gli organici degli enti locali per l'approvazione.
8.
Il mancato rispetto degli adempimenti di cui al comma
6 comporta la denuncia dei fatti alla Procura regionale
presso la Corte dei conti da parte del Ministero dell’interno.
L'ente locale è autorizzato ad iscrivere nella
parte entrata dell'ipotesi di bilancio un importo pari
alla quantificazione del danno subito. E' consentito all'ente
il mantenimento dell'importo tra i residui attivi sino
alla conclusione del giudizio di responsabilità.
9.
La Cassa depositi e prestiti e gli altri istituti di credito
sono autorizzati, su richiesta dell'ente, a consolidare
l'esposizione debitoria dell'ente locale, al 31 dicembre
precedente, in un ulteriore mutuo decennale, con esclusione
delle rate di ammortamento già scadute. Conservano
validità i contributi statali e regionali già
concessi in relazione ai mutui preesistenti.
10.
Le regioni a statuto speciale e le province autonome di
Trento e di Bolzano, possono porre a proprio carico oneri
per la copertura di posti negli enti locali dissestati
in aggiunta a quelli di cui alla dotazione organica rideterminata,
ove gli oneri predetti siano previsti per tutti gli enti
operanti nell'ambito della medesima regione o provincia
autonoma.
11.
Per le province ed i comuni il termine di cui al comma
1 è sospeso a seguito di indizione di elezioni
amministrative per l'ente, dalla data di indizione dei
comizi elettorali e sino all'insediamento dell'organo
esecutivo.
Articolo
260
Collocamento
in disponibilità del personale eccedente
1.
I dipendenti dichiarati in eccedenza ai sensi dell’articolo
259, comma 6, sono collocati in disponibilità.
Ad essi si applicano le vigenti disposizioni, così
come integrate dai contratti collettivi di lavoro, in
tema di eccedenza di personale e di mobilità collettiva
o individuale.
2.
Il Ministero dell'interno assegna all'ente locale per
il personale posto in disponibilità un contributo
pari alla spesa relativa al trattamento economico con
decorrenza dalla data della deliberazione e per tutta
la durata della disponibilità. Analogo contributo,
per la durata del rapporto di lavoro, è corrisposto
all'ente locale presso il quale il personale predetto
assume servizio.
Articolo
261
Istruttoria
e decisione sull'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato
1.
L'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato
è istruita dalla Commissione per la finanza e gli
organici degli enti locali, che formula eventuali rilievi
o richieste istruttorie, cui l'ente locale fornisce risposta
entro sessanta giorni.
2.
Entro il termine di quattro mesi la Commissione esprime
un parere sulla validità delle misure disposte
dall'ente per consolidare la propria situazione finanziaria
e sulla capacità delle misure stesse di assicurare
stabilità alla gestione finanziaria dell'ente medesimo.
La formulazione di rilievi o richieste di cui al comma
1 sospende il decorso del termine.
3.
In caso di esito positivo dell'esame la Commissione sottopone
l'ipotesi all'approvazione del Ministro dell'interno che
vi provvede con proprio decreto, stabilendo prescrizioni
per la corretta ed equilibrata gestione dell'ente.
4.
In caso di esito negativo dell'esame da parte della Commissione
il Ministro dell'interno emana un provvedimento di diniego
dell'approvazione, prescrivendo all'ente locale di presentare,
previa deliberazione consiliare, entro l'ulteriore termine
perentorio di quarantacinque giorni decorrenti dalla data
di notifica del provvedimento di diniego, una nuova ipotesi
di bilancio idonea a rimuovere le cause che non hanno
consentito il parere favorevole. La mancata approvazione
della nuova ipotesi di bilancio ha carattere definitivo.
5.
Con il decreto di cui al comma 3 è disposto l'eventuale
adeguamento dei contributi alla media previsto dall'articolo
259, comma 4.
Articolo
262
Inosservanza
degli obblighi relativi all'ipotesi di bilancio stabilmente
riequilibrato
1.
L'inosservanza del termine per la presentazione dell'ipotesi
di bilancio stabilmente riequilibrato o del termine per
la risposta ai rilievi ed alle richieste di cui all'articolo
261, comma 1, o del termine di cui all'articolo 261, comma
4, o l'emanazione del provvedimento definitivo di diniego
da parte del Ministro dell'interno integrano l'ipotesi
di cui all'articolo 141, comma 1, lett. a).
2.
Nel caso di emanazione del provvedimento definitivo di
diniego di cui all'articolo 261, comma 4, sono attribuiti
al commissario i poteri ritenuti necessari per il riequilibrio
della gestione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque
senza oneri a carico dello Stato.
Articolo
263
Determinazione
delle medie nazionali per classi demografiche delle
risorse
di parte corrente e della consistenza delle dotazioni
organiche
1.
Con decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno
individua le medie nazionali annue, per classe demografica
per i comuni ed uniche per le province, delle risorse
di parte corrente di cui all’articolo 259, comma 4.
2.
Con decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno
individua con proprio decreto la media nazionale per classe
demografica della consistenza delle dotazioni organiche
per comuni e province ed i rapporti medi dipendenti-popolazione
per classe demografica, validi per gli enti in condizione
di dissesto ai fini di cui all’articolo 259, comma 6.
In ogni caso agli enti spetta un numero di dipendenti
non inferiore a quello spettante agli enti di maggiore
dimensione della fascia demografica precedente.
CAPO
V
Prescrizioni
e limiti conseguenti al risanamento
Articolo
264
Deliberazione
del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato
1.
A seguito dell'approvazione ministeriale dell'ipotesi
di bilancio l'ente provvede entro 30 giorni alla deliberazione
del bilancio dell'esercizio cui l'ipotesi si riferisce.
2.
Con il decreto di cui all'articolo 261, comma 3, è
fissato un termine, non superiore a 120 giorni, per la
deliberazione di eventuali altri bilanci di previsione
o rendiconti non deliberati dall'ente nonché per
la presentazione delle relative certificazioni.
Articolo
265
Durata
della procedura di risanamento ed attuazione delle prescrizioni
recate dal decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio
stabilmente riequilibrato
1.
Il risanamento dell'ente locale dissestato ha la durata
di cinque anni decorrenti da quello per il quale viene
redatta l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
Durante tale periodo è garantito il mantenimento
dei contributi erariali.
2.
Le prescrizioni contenute nel decreto di approvazione
dell'ipotesi di bilancio sono eseguite dagli amministratori,
ordinari o straordinari, dell'ente locale, con l'obbligo
di riferire sullo stato di attuazione in un apposito capitolo
della relazione sul rendiconto annuale.
3.
L'organo della revisione riferisce trimestralmente al
consiglio dell'ente ed all'organo regionale di controllo.
4.
L'inosservanza delle prescrizioni contenute nel decreto
del Ministro dell'interno di cui all'articolo 261, comma
3, comporta la segnalazione dei fatti all'Autorità
Giudiziaria per l'accertamento delle ipotesi di reato.
Articolo
266
Prescrizioni
in materia di investimenti
1.
Dall'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma
3, e per la durata del risanamento come definita dall'articolo
265 gli enti locali dissestati possono procedere all’assunzione
di mutui per investimento ed all'emissione di prestiti
obbligazionari nelle forme e nei modi consentiti dalla
legge.
Articolo
267
Prescrizioni
sulla dotazione organica
1.
Per la durata del risanamento, come definita dall'articolo
265, la dotazione organica rideterminata ai sensi dell'articolo
259 non può essere variata in aumento.
Articolo
268
Ricostituzione
di disavanzo di amministrazione o di debiti fuori bilancio
1.
Il ricostituirsi di disavanzo di amministrazione non ripianabile
con i mezzi di cui all'articolo 193, o l’insorgenza di
debiti fuori bilancio non ripianabili con le modalità
di cui all’articolo 194, o il mancato rispetto delle prescrizioni
di cui agli articoli 259, 265, 266 e 267, comportano da
parte dell’organo regionale di controllo la segnalazione
dei fatti all'Autorità giudiziaria per l'accertamento
delle ipotesi di reato e l'invio degli atti alla Corte
dei conti per l'accertamento delle responsabilità
sui fatti di gestione che hanno determinato nuovi squilibri.
2.
Nei casi di cui al comma 1 il Ministro dell'interno con
proprio decreto, su proposta della Commissione per la
finanza e gli organici degli enti locali, stabilisce le
misure necessarie per il risanamento, anche in deroga
alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello
Stato, valutando il ricorso alle forme associative e di
collaborazione tra enti locali di cui agli articoli da
30 a 34.
Articolo 268 bis(*)
Procedura straordinaria
per fronteggiare ulteriori passività
1.
Nel caso in cui l'organo straordinario di liquidazione
non possa concludere entro i termini di legge la procedura
del dissesto per l'onerosità degli adempimenti
connessi alla compiuta determinazione della massa attiva
e passiva dei debiti pregressi, il Ministro dell'interno,
d'intesa con il sindaco dell'ente locale interessato,
dispone con proprio decreto una chiusura anticipata e
semplificata della procedura del dissesto con riferimento
a quanto già definito entro il trentesimo giorno
precedente il provvedimento. Il provvedimento fissa le
modalità della chiusura, tenuto conto del parere
della Commissione per la finanza e gli organici degli
enti locali.
1bis.
Nel caso in cui l'organo straordinario di liquidazione
abbia approvato il rendiconto senza che l'ente possa raggiungere
un reale risanamento finanziario, il Ministro dell'interno,
d'intesa con il sindaco dell'ente locale interessato,
dispone con proprio decreto, sentito il parere della Commissione
per la finanza e gli organici degli enti locali, la prosecuzione
della procedura del dissesto.(**)
2.
La prosecuzione della gestione è affidata ad una
apposita commissione, nominata dal Presidente della Repubblica
su proposta del Ministro dell'interno, oltre che nei casi
di cui al comma 1, anche nella fattispecie prevista dall'articolo
268 ed in quelli in cui la massa attiva sia insufficiente
a coprire la massa passiva o venga accertata l'esistenza
di ulteriori passività pregresse.
3.
La commissione è composta da tre membri e dura
in carica un anno, prorogabile per un altro anno. In casi
eccezionali, su richiesta motivata dell'ente, può
essere consentita una uteriore proroga di un anno.(***)
I componenti sono scelti fra gli iscritti nel registro
dei revisori contabili con documentata esperienza nel
campo degli enti locali. Uno dei componenti, avente il
requisito prescritto, è proposto dal Ministro dell'interno
su designazione del sindaco dell'ente locale interessato.
4.
L'attività gestionale ed i poteri dell'organo previsto
dal comma 2 sono regolati dalla normativa di cui al presente
titolo VIII. Il compenso spettante ai commissari è
definito con decreto del Ministro dell'interno ed è
corrisposto con onere a carico della procedura anticipata
di cui al comma 1.
5.
Ai fini dei commi 1, 1bis e 2 l'ente locale dissestato
accantona apposita somma, considerata spesa eccezionale
a carattere straordinario, nei bilanci annuale e pluriennale.
La somma è resa congrua ogni anno con apposita
delibera dell'ente con accantonamenti nei bilanci stessi.
I piani di impegno annuale e pluriennale sono sottoposti
per il parere alla Commissione per la finanza e gli organici
degli enti locali e sono approvati con decreto del Ministro
dell'interno. Nel caso in cui i piani risultino inidonei
a soddisfare i debiti pregressi, il Ministro dell'interno
con apposito decreto, su parere della predetta Commissione,
dichiara la chiusura del dissesto.(****)
(*)
Articolo inserito dall'art.3 bis del decreto legge 22
febbraio 2002 n 13 così come modificato dalla legge
di conversione n. 75 del 24 Aprile 2002
(**)
comma inserito
dall'art.
1-septies, comma 1, lettera b) numero 1 del Decreto legge
31 marzo 2005 n. 44 così come convertito con Legge
31 maggio 2005 n. 88
(***)
comma modificato dall'art. 1-septies, comma 1, lettera
b) numero 2 del Decreto legge 31 marzo 2005 n. 44 così
come convertito con Legge 31 maggio 2005 n. 88
(****)
comma modificato dall'art. 1-septies, comma 1 lettera
b) numero 3 del Decreto legge 31 marzo 2005 n. 44 così
come convertito con Legge 31 maggio 2005 n. 88
Art.
268-ter(*)
Effetti
del ricorso alla procedura straordinaria di cui all'articolo
268-bis
1.Per gli enti i quali si avvalgono della procedura straordinaria
prevista nell'articolo 268-bis vanno presi in conto, nella
prosecuzione della gestione del risanamento, tutti i debiti
comunque riferiti ad atti e fatti di gestione avvenuti
entro il 31 dicembre dell'anno antecedente all'ipotesi
di bilancio riequilibrato, anche se accertati successivamente
allo svolgimento della procedura ordinaria di rilevazione
della massa passiva. Questi debiti debbono comunque essere
soddisfatti con i mezzi indicati nel comma 5 dello stesso
articolo 268-bis, nella misura che con la stessa procedura
e' definita.
2.
Sempre che l'ente si attenga alle disposizioni impartite
ai sensi dell'articolo 268-bis, comma 5, non e' consentito
procedere all'assegnazione, a seguito di procedure esecutive,
di ulteriori somme, maggiori per ciascun anno rispetto
a quelle che risultano dall'applicazione del citato comma
5.
3.
Fino alla conclusione della procedura prevista nell'articolo
268-bis, comma 5, nelle more della definizione dei provvedimenti
previsti nel predetto articolo, per gli enti che si avvalgono
di tale procedura o che comunque rientrano nella disciplina
del comma 2 del medesimo articolo, non sono ammesse procedure
di esecuzione o di espropriazione forzata, a pena di nullità,
riferite a debiti risultanti da atti o fatti verificatisi
entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi
di bilancio riequilibrato. Il divieto vale fino al compimento
della procedura di cui al comma 5 del citato articolo
268-bis e comunque entro i limiti indicati nel decreto
del Ministro dell'interno di cui allo stesso articolo
268-bis, comma 5, terzo periodo.
4.
E' consentito in via straordinaria agli enti locali già
dissestati, di accedere alla procedura di cui all'articolo
268-bis ove risulti l'insorgenza di maggiori debiti riferiti
ad atti o fatti di gestione avvenuti entro il 31 dicembre
dell'anno antecedente a quello del bilancio riequilibrato,
tenuto conto anche di interessi, rivalutazioni e spese
legali. A tal fine i consigli degli enti interessati formulano
al Ministero dell'interno documentata richiesta in cui,
su conforme parere del responsabile del servizio finanziario
e dell'organo di revisione, e' dato atto del fatto che
non sussistono mezzi sufficienti a far fronte all'evenienza.
Si applicano in tal caso agli enti locali, oltre alle
norme di cui all'articolo 268-bis, quelle contenute nel
presente articolo (**)
(*) Articolo
inserito dall'art.1 ter del Decreto Legge 31 marzo 2003
, n. 50 modificato dalla Legge di Conversione Legge 20
maggio 2003 n. 116
(**)
comma modificato dall'art.
1-septies, comma 1, lettera c) del Decreto legge 31 marzo
2005 n. 44 così come convertito con Legge 31 maggio
2005 n. 88
Articolo
269
Modalità
applicative della procedura di risanamento
1.
Le modalità applicative della procedura di risanamento
degli enti locali in stato di dissesto finanziario sono
stabilite con regolamento da emanarsi ai sensi dell’articolo
17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
2.
Nelle more dell’emanazione del regolamento di cui al comma
1 continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le
disposizioni recate dal decreto del Presidente della Repubblica
24 agosto 1993, n. 378.
PARTE
III
Associazioni
degli enti locali
Articolo
270
Contributi
associativi
1.
I contributi, stabiliti con delibera dagli organi statutari
competenti dell'Anci, dell'Upi, dell’Aiccre, dell'Uncem,
della Cispel, delle altre associazioni degli enti locali
e delle loro aziende con carattere nazionale che devono
essere corrisposti dagli enti associati possono essere
riscossi con ruoli formati ai sensi del decreto legislativo
26 febbraio 1999, n. 46, ed affidati ai concessionari
del servizio nazionale di riscossione. Gli enti anzidetti
hanno l'obbligo di garantire, sul piano nazionale, adeguate
forme di pubblicità relative alle adesioni e ai
loro bilanci annuali.
2.
La riscossione avviene mediante ruoli, anche in unica
soluzione, su richiesta dei consigli delle associazioni
suddette, secondo le modalità stabilite nel decreto
legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.
3.
Gli enti associati hanno diritto di recedere dalle associazioni
entro il 31 ottobre di ogni anno, con conseguente esclusione
dai ruoli dal 1° gennaio dell'anno successivo.
Articolo
271
Sedi
associative
1.
Gli enti locali, le loro aziende e le associazioni dei
comuni presso i quali hanno sede sezioni regionali e provinciali
dell'Anci, dell'Upi, dell’Aiccre, dell'Uncem, della Cispel
e sue federazioni, possono con apposita deliberazione,
da adottarsi dal rispettivo consiglio, mettere a disposizione
gratuita per tali sedi locali di loro proprietà
ed assumere le relative spese di illuminazione, riscaldamento,
telefoniche e postali a carico del proprio bilancio.
2.
Gli enti locali, le loro aziende e associazioni dei comuni
possono disporre il distacco temporaneo, a tempo pieno
o parziale, di propri dipendenti presso gli organismi
nazionali e regionali dell’Anci, dell'Upi, dell’Aiccre,
dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni, ed autorizzarli
a prestare la loro collaborazione in favore di tali associazioni.
I dipendenti distaccati mantengono la posizione giuridica
ed il corrispondente trattamento economico, a cui provvede
l'ente di appartenenza. Gli enti di cui sopra possono
inoltre autorizzare, a proprie spese, la partecipazione
di propri dipendenti a riunioni delle associazioni sopra
accennate.
3.
Le associazioni di cui al comma 2 non possono utilizzare
più di dieci dipendenti distaccati dagli enti locali
o dalle loro aziende presso le rispettive sedi nazionali
e non più di tre dipendenti predetti presso ciascuna
sezione regionale.
Articolo
272
Attività
delle associazioni nella cooperazione allo sviluppo
1.
L'Anci e l'Upi possono essere individuate quali soggetti
idonei a realizzare programmi del Ministero degli affari
esteri relativi alla cooperazione dell'Italia con i Paesi
in via di sviluppo, di cui alla legge 26 febbraio 1987,
n. 49, e successive modificazioni, nonché ai relativi
regolamenti di esecuzione. A tal fine il competente ufficio
del Ministero degli affari esteri è autorizzato
a stipulare apposite convenzioni che prevedano uno stanziamento
globale da utilizzare per iniziative di cooperazione da
attuarsi anche da parte dei singoli associati .
2.
I comuni e le province possono destinare un importo non
superiore allo 0,80 per cento della somma dei primi tre
titoli delle entrate correnti dei propri bilanci di previsione
per sostenere programmi di cooperazione allo sviluppo
ed interventi di solidarietà internazionale.
PARTE
IV
Disposizioni
transitorie ed abrogazioni
Articolo
273
Norme
transitorie
1.
Resta fermo quanto previsto dall’articolo 10, comma 3,
e dall’articolo 33 della legge 25 marzo 1993, n. 81, in
materia di elezioni dei consigli circoscrizionali e di
adeguamento degli statuti nonché quanto disposto
dall’articolo 51, comma 01 quarto periodo della legge
8 giugno 1990, n. 142.
2.
Resta fermo altresì quanto previsto dall’articolo
51 commi 3 ter e 3 quater della legge 8 giugno 1990, n.
142, fino all’applicazione della contrattazione decentrata
integrativa di cui ai C.C.N.L. per il personale del comparto
delle regioni e delle autonomie locali sottoscritti il
31 marzo e il 1° aprile 1999 limitatamente a quanto già
attribuito antecedentemente alla stipula di detti contratti.
3.
La disposizione di cui all’articolo 51 comma 1 del presente
testo unico relativa alla durata del mandato ha effetto
dal primo rinnovo degli organi successivo alla data di
entrata in vigore della legge 30 aprile 1999, n. 120.
4.
Fino al completamento delle procedure di revisione dei
consorzi e delle altre forme associative, resta fermo
il disposto dell’articolo 60 della legge 8 giugno 1990,
n. 142, e dell’articolo 5, commi 11-ter e 11-quater, del
decreto legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito con modificazioni,
dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437.
5.
Fino all’entrata in vigore di specifica disposizione in
materia, emanata ai sensi dell’articolo 11 della legge
15 marzo 1997, n. 59, resta fermo il disposto dell’articolo
19 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, per la parte
compatibile con l’ordinamento vigente.
6.
Le disposizioni degli articoli 125, 127 e 289 del testo
unico della legge comunale e provinciale, approvato con
regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, si applicano fino
all'adozione delle modifiche statutarie e regolamentari
previste dal presente testo unico.
7.
Sono fatti salvi gli effetti dei regolamenti del consiglio
in materia organizzativa e contabile adottati nel periodo
intercorrente tra il 18 maggio 1997 ed il 21 agosto 1999
e non sottoposti al controllo, nonché degli atti
emanati in applicazione di detti regolamenti.
Articolo
274
Norme
abrogate
1.
Sono o restano abrogate le seguenti disposizioni:
a)
regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;
b)
articoli 31 e 32 del regio decreto 7 giugno 1943, n. 651;
c)
articoli 2, commi 1, 2 e 3, e 23, commi 2 e 3, della legge
8 marzo 1951, n. 122;
d)
articolo 63 della legge 10 febbraio 1953, n. 62;
e)
articoli 6, 9, 9-bis fatta salva l’applicabilità
delle disposizioni ivi previste agli amministratori
regionali ai sensi dell’articolo 19 della legge 17
febbraio 1968, n. 108, 72, commi 3 e 4 e 75 del decreto
del Presidente della Repubblica del 16 maggio 1960,
n. 570;
f)
legge 13 dicembre 1965, n. 1371;
g)
articolo 6, comma 1, della legge 18 marzo 1968, n. 444;
h)
articolo 6, comma 3, della legge 3 dicembre 1971, n. 1102;
i)
articolo 16, comma 2, del decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
j)
articolo 6, comma 15, del decreto legge 29 dicembre
1977, n. 946, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 febbraio 1978, n. 43;
k)
articolo 4, del decreto legge 10 novembre 1978, n.702,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio
1979, n. 3;
l)
legge 23 aprile 1981, n.154, fatte salve le disposizioni
ivi previste per i consiglieri regionali;
m)
articoli 4 e 6 della legge 23 marzo 1981, n. 93;
n)
articolo 15, punto 4.4 limitatamente al primo periodo,
articoli 35-bis e 35-ter, del decreto legge 28 febbraio
1983, n. 55, convertito, con modificazioni, dalla
legge 26 aprile 1983, n. 131;
o)
legge 27 dicembre 1985, n. 816;
p)
articoli 15, salvo per quanto riguarda gli amministratori
e i componenti degli organi comunque denominati delle
aziende sanitarie locali e ospedaliere, i consiglieri
regionali, 15-bis e 16 della legge 19 marzo 1990,
n. 55;
q)
legge 8 giugno 1990, n. 142;
r)
articolo 13-bis, del decreto legge 12 gennaio 1991,
n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 80;
s)
articolo 15, del decreto legge 13 maggio 1991, n.
152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12
luglio 1991, n. 203;
t)
decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164 convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 luglio 1991, n. 221;
u)
articolo 2, della legge 11 agosto 1991, n. 271;
v)
articoli 1 e 4 comma 2, della legge 18 gennaio 1992, n.
16;
w)
articolo 12 commi 1, 3, 4, 5, 7 e 8, della legge 23 dicembre
1992, n. 498;
x)
articolo 3, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, limitatamente a quanto riguarda le cariche
di consigliere comunale, provinciale, sindaco, assessore
comunale, presidente e assessore di comunità
montane;
y)
articoli da 44 a 47, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 504;
z)
articoli 8 e 8-bis, del decreto legge 18 gennaio 1993,
n. 8 convertito, con modificazioni, dalla legge 19
marzo 1993, n 68;
aa)
articolo 36-bis comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29;
bb)
articolo 3 del decreto-legge 25 febbraio 1993, n.
42, convertito, con modificazioni, dalla legge 23
aprile 1993, n 120;
cc)
legge 25 marzo 1993, n. 81 limitatamente agli articoli:
1, 2, 3 comma 5, 5, 6, 7, 7-bis, 8, 9, 10 commi 1
e 2, da 12 a 27 e 31;
dd)
articoli 1 e 7 della legge 15 ottobre 1993, n. 415;
ee)
decreto-legge 20 dicembre 1993, n. 529, convertito dalla
legge 11 febbraio 1994, n. 108;
ff)
articoli 1, 2 e 4 della legge 12 gennaio 1994, n. 30;
gg)
articolo 4, commi 2, 3 e 5 del decreto legge 31 gennaio
1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 marzo 1995, n. 95;
hh)
articoli da 1 a 114 del decreto legislativo 25 febbraio
1995, n. 77;
ii)
articolo 5, commi 8, 8-bis, 8-ter, 9, 9-bis ed 11-bis
del decreto-legge 28 agosto 1995, n 361, convertito,
con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n.
437;
jj)
articolo 1, comma 89 ed articolo 3, comma 69 della legge
28 dicembre 1995, n. 549;
kk)
legge 15 maggio 1997, n. 127 limitatamente agli articoli:
4; 5 ad eccezione del comma 7; 6 commi 1, 2, 3, 4,
5, 7, 8, 10, 11 e 12 fatta salva l’applicabilità
delle disposizioni ivi previste per le camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, le aziende sanitarie
locali e ospedaliere; 10; 17 commi 8, 9 e 18 secondo
periodo, da 33 a 36, 37 nella parte in cui si riferisce
al controllo del comitato regionale di controllo,
da 38 a 45, 48, da 51 a 59, da 67 a 80 ad eccezione
del 79 bis, da 84 a 86;
ll)
articolo 2 commi 12, 13, 15, 16, 29, 30 e 31 della legge
16 giugno 1998, n. 191;
mm)
articolo 4 comma 2 della legge 18 novembre 1998, n. 415;
nn)
articolo 2 comma 1 del decreto legge 26 gennaio 1999,
n. 8 convertito, con modificazioni dalla legge 25
marzo 1999, n. 75;
oo)
articolo 9 comma 5, della legge 8 marzo 1999, n. 50;
pp)
articoli 2; 7 e 8 commi 4 e 5 della legge 30 aprile 1999,
n. 120;
qq)
legge 3 agosto 1999, n. 265, limitatamente agli articoli
1; 2; 3; 4 commi 1 e 3; 5; 6 tranne il comma 8; 7
comma 1; 8; 11 tranne il comma 13; 13 commi 1, 3 e
4; 14; 16; 17 comma 3; 18 commi 1 e 2; 19; 20; 21;
22; 23; 24; 25; 26 commi da 1 a 6; 27; 28 commi 3,
5, 6 e 7; 29; 30; 32 e 33;
rr)
legge 13 dicembre 1999, n. 475, ad eccezione dell’articolo
1 comma 3 e fatte salve le disposizioni ivi previste
per gli amministratori regionali.
Articolo
275
Norma
finale
1.
Salvo che sia diversamente previsto dal presente decreto
e fuori dei casi di abrogazione per incompatibilità,
quando leggi, regolamenti, decreti, od altre norme o provvedimenti,
fanno riferimento a disposizioni espressamente abrogate
dagli articoli contenuti nel presente capo, il riferimento
si intende alle corrispondenti disposizioni del presente
testo unico, come riportate da ciascun articolo.
Il
presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà
inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi
della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque
spetti di osservarlo e di farlo osservare.