Pubblicato il 28.2.2020 (aggiornato il 9.3.2020)
Oggi più che mai alberi e foreste sono una componente vitale di comunità sane, vivibili e sostenibili in tutto il mondo. La "foresta urbana" , intesa come "quella porzione dell’ecosistema urbano che consiste di vegetazione forestale, acqua, terreno e vita selvatica in aree densamente popolate e nelle zone adiacenti" aiuta a definire un senso di appartenenza e di benessere in quei luoghi in cui le persone vivono, lavorano, giocano e imparano. Soluzioni basate sulla forestazione urbana permettono di instaurare un modello di sviluppo della città più sostenibile e resiliente.
La Città di Torino sta piantando negli ultimi anni un numero molto elevato di alberi, in aree estensive che consentono di sviluppare foresta urbana. Ultimi arrivati, nei mesi di ottobre-novembre 2019, i 3000 alberi piantati nel parco Colonnetti a sud e i 7300 circa piantati nel Parco Stura, che si sommano ai 1000 già piantati in primavera 2019 in tale parco grazie alla sponsorizzazione di FPT Industrial. Un impegno corale di adattamento ai cambiamenti climatici che vede la Città di Torino tra i centri italiani più impegnati nel trovare soluzioni efficaci.
Altri 10.000 alberi sono in arrivo nella primavera 2020, anche grazie ad un virtuoso partenariato pubblico-privato che si sta mettendo a punto :
La presenza di tanti alberi in città e l’aumento delle superfici verdi rappresentano una strategia economica ed ecosostenibile per mitigare l’inquinamento atmosferico e contrastare il cambiamento climatico: gli alberi infatti con la fotosintesi clorofilliana assorbono la CO2 presente nell’aria e producono ossigeno; inoltre, grazie alle caratteristiche della loro superficie fogliare, riescono a intercettare e trattenere le polveri sottili, così dannose per la salute umana, riducendone quindi la concentrazione nell’aria. La vegetazione nelle città può migliorare nettamente le condizioni microclimatiche, contribuendo a una sensibile diminuzione delle temperature, attraverso la riduzione della radiazione solare incidente su edifici e aree ombreggiate dalla vegetazione.
I tanti benefici degli alberi in città sono spiegati bene nell'infografica riportata qui di seguito e pubblicata dalla FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di cibo e agricoltura.
Le funzioni del verde urbano per il controllo ambientale sono molteplici:
A questo link è disponibile un video esplicativo della FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di cibo e agricoltura, sui benefici degli alberi urbani.
La vegetazione nelle città può svolgere un altro ruolo di controllo ambientale: quello di arginare attivamente il problema dell'inquinamento dell'aria, fungendo da elemento filtrante per polveri e gas e costituendo passivamente un prezioso rilevatore della loro presenza.
Diversi studi condotti sugli effetti fitotossici degli inquinanti atmosferici hanno messo in evidenza come le varie specie vegetali reagiscano in maniera differente nei confronti di un certo inquinante. Esse possono presentare una risposta che varia da molto suscettibile (riportando danni anche a seguito di brevi esposizioni e a basse concentrazioni) a notevolmente resistente.
Le piante sensibili possono essere utilizzate come spie, ossia come strumento di monitoraggio, per calcolare i livelli di inquinamento dell'atmosfera; esse, infatti, reagiscono, oltre che con l'indebolimento, anche con diversi sintomi che richiedono comunque una complessa interpretazione: variazioni di sviluppo (riduzione asimmetrica), clorosi (colorazione ai margini o agli apici delle foglie, per disturbi a carico della clorofilla), necrosi (morte delle cellule del mesofillo).
Stress idrici e termici e carenze nutrizionali possono dare luogo a sintomi simili a quelli provocati dall'inquinamento. Ci sono comunque piante con sensibilità accertata verso uno o più specifici inquinanti che possono essere quindi utilizzate come vere e proprie sentinelle ecologiche (licheni). L'impiego delle piante spia andrebbe affiancato a quello delle centraline di rilevamento elettronico.
Le specie resistenti possono, invece, costituire degli elementi attivi nella riduzione degli inquinanti atmosferici in ambiente urbano, in quanto possono essere in grado di eliminarli tramite assorbimento e successiva metabolizzazione. Tale rimozione avviene al livello della superficie delle foglie e nei tessuti vegetali, attraverso disattivazione dei gas per assorbimento dei composti tossici, inattivazione dei composti stessi nei tessuti cellulari, per precipitazione ed immagazzinamento, ed infine per utilizzazione dei composti medesimi, attraverso la metabolizzazione ossidativa delle piante.
Non bisogna trascurare che le condizioni ambientali possono influire sull'assorbimento delle sostanze inquinanti da parte delle piante, aumentandone il ritmo di rimozione, o in alcuni casi esaltarne l'azione dannosa. Condizioni di ristagno dell'aria (nebbia) o di siccità possono acutizzare fenomeni di intolleranza per le specie sensibili. In particolare, in città come Milano, la scarsa ventilazione e l'elevata umidità dell'aria aggravano i danni provocati dall'inquinamento e in particolar modo dagli ossidi di zolfo. In queste situazioni si è comunque riscontrata una maggiore funzionalità delle conifere, rispetto alle piante a foglia caduca, nonostante queste ultime siano in grado di rimuovere le sostanze inquinanti accumulate, tramite la caduta delle foglie in autunno. Le sempreverdi sono difatti efficaci anche in inverno (quando l'inquinamento è massimo) ed inoltre evitano che le sostanze accumulate dalle foglie vadano a depositarsi nel suolo.
Tratto dalla Tesi di Laurea "Il verde urbano come strumento di controllo ambientale degli spazi antropizzati" di Antonella Bellomo, relatore: Prof. Gianni Scudo, 1997 Politecnico di Milano.
Un altro fattore di disagio climatico negli ambienti urbani deriva dal surriscaldamento dell'aria dovuto dal calore, polveri e inquinanti e dalla conformazione stessa del tessuto della città.
Nel centro delle città, la grande concentrazione delle aree edificate e le pavimentazioni stradali, unite alla elevata conducibilità termica di alcuni materiali, quale il cemento armato, determinano un assorbimento del 10% in più di energia solare, rispetto ad una corrispondente area coperta da vegetazione. Gli spazi "cementificati", inoltre, si riscaldano molto velocemente e si raffreddano molto lentamente, al contrario di quanto accade nelle campagne circostanti. La differenza di temperatura tra città e campagna è difatti massima qualche ora dopo il tramonto ed è minima nelle prime ore del pomeriggio.
L'accumulo di energia termica e la difficoltà di disperderla poi nello spazio sono dovuti anche alla forma stessa degli spazi urbani, spesso caratterizzati da un'edificazione di tipo intensivo. Le sezioni delle strade strette determinano effetti multipli di riflessione/radiazioni tra pareti vicine degli edifici stessi, con conseguente riscaldamento delle masse d'aria con le quali sono a contatto.
Durante le ore notturne, la situazione non migliora: l'irraggiamento infrarosso del calore accumulato durante il giorno viene intercettato dagli edifici che si fronteggiano, anziché disperdersi nello spazio. I sistemi di condizionamento dell'aria degli ambienti confinati e il traffico autoveicolare non fanno poi che aggravare la situazione, generando altro calore artificiale.
E' stato rilevato che nella stagione estiva, alle medie latitudini, l'aggiunta di calore artificiale equivale al 5-10% dell'energia solare incidente e che ciò provoca un innalzamento di quasi un grado della temperatura media di una metropoli e di più gradi in una singola situazione microclimatica.
Diversi studi mettono in evidenza come la presenza della vegetazione nelle città possa migliorare nettamente le condizioni microclimatiche, grazie ad una sensibile diminuzione delle temperature. Le variazioni di temperatura e dell'umidità relativa dell'aria, indotte dalla presenza della vegetazione, sono dovute principalmente a:
Tratto dalla Tesi di Laurea "Il verde urbano come strumento di controllo ambientale degli spazi antropizzati" di Antonella Bellomo, relatore: Prof. Gianni Scudo, 1997 Politecnico di Milano.