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Pubblicato il 7 Agosto, 2012

Cosmin e il giardino di via Tamagno

 di Marcella Saggese

Carla era demoralizzata: era già la seconda volta in una settimana che le rubavano la bicicletta. Una volta nel cortile di casa sua, oggi proprio lì davanti alla finestra della sua stanza.
Lavorava come fisioterapista nell’ambulatorio di Neuropsichiatria Infantile di via Tamagno, una struttura bassa, senza barriere architettoniche, tutta circondata da un bellissimo giardino ricco di piante e fiori, i giochi per i bambini disabili, un piccolo orto da coltivare tutti insieme e un gatto residente. Non sapeva spiegarsi com’era successo, con tutta quella gente in atrio.
Cosmin, un bimbo rom, aspettava proprio lei, la sua fisioterapista, quella bionda con i capelli lunghi. Era arrivato con sua madre e suo padre un’ora prima dell’appuntamento, e giocava con una palla, gattonando veloce. I suoi genitori continuavano a guardare fuori verso il giardino, parlando tra loro.
“Ho parlato con la dottoressa Gay – cominciò Carla – visto che il bambino ha una grossa tensione ai muscoli posteriori delle gambe dobbiamo provare a ridurla con la tossina botulinica, così potremo fare la fisioterapia e farlo camminare”.
“Speriamo – disse la madre –, al campo non riusciamo più a tenerlo, non posso lasciarlo andare a terra con tutta quell’immondizia,  tocca tutto”.
Il giorno dopo, quando Carla arrivò alle otto, c’era molto movimento in giardino, una tenda posticcia era stata piantata proprio davanti alla sua finestra e nel prato Cosmin gattonava ridendo.
La madre le si avvicinò con il bimbo in braccio. “Dottoressa, siamo disperati! Venga a vedere come si vive in Lungo Stura Lazio in mezzo ai topi e al pattume, qui è bellissimo per i bimbi come Cosmin!”
“È vero – rispose Carla con gli occhi lucidi –, è stato progettato per loro”, e pensò con amarezza che ora avrebbe dovuto chiamare i vigili urbani.

 

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