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Comunicato stampa

DELIBERATO IL NUOVO REGOLAMENTO PER LA SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE

Il Consiglio comunale ha approvato con 23 voti favorevoli e due astensioni la delibera proposta dall’assessore Giuliana Tedesco relativa a modifiche al regolamento comunale per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande degli esercizi pubblici. Il regolamento vigente risaliva al 2009. Le modifiche concernono principalmente l’adozione per l’apertura degli esercizi delle procedure definite nel loro insieme S.C.I.A. : Segnalazione Certificata di Inizio Attività. Si tratta della dichiarazione che consente alle imprese di iniziare, modificare o cessare un’attività produttiva senza dover più attendere i tempi e l’esecuzione di verifiche e controlli preliminari da parte degli enti competenti.
I soggetti interessati devono comprovare, mediante autocertificazione, il possesso dei requisiti morali, professionali e la conformità del locale delle strutture alle normative sull'inquinamento acustico, urbanistico-edilizie ed igienico-sanitarie. Inoltre, come previsto dalle disposizioni regionali, l'insediamento degli esercizi pubblici per la somministrazione di alimenti e bevande, è subordinato al soddisfacimento del fabbisogno dei parcheggi: tale fabbisogno, nei casi previsti dalla normativa, può essere anche monetizzato. Fatta salva la libertà degli esercenti di stabilire gli orari di apertura, il Sindaco, per tutelare l’interesse generale (salute, sicurezza, viabilità, ambiente eccetera) può intervenire sulla materia con una propria ordinanza.
L’incentivazione o la disincentivazione dell’esercizio delle attività di somministrazione, con sgravi, o con la limitazione di aperture di esercizi in determinate zone della città, viene rimandata ad un atto deliberativo di Giunta, da approvare dopo aver consultato le associazioni di categoria. Peraltro, recita l’atto “l'applicazione di limitazioni all'esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, è ammessa solo in delimitati ambiti territoriali, caratterizzati dalla presenza di gravi problematiche che ledono il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio ed alla normale mobilità e che pregiudicano il diritto alla salute”. Tale previsione recepisce le prescrizioni del Decreto Legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i., che a sua volta recepisce quelle contenute nella direttiva europea del 2006, nota come “Bolkestein”.

Il dibattito si è svolto nella seduta del 22 aprile mentre la votazione della delibera è slittata alla seduta odierna:


Federica Scanderebech (Al centro con Scanderebech): Darò il mio voto favorevole a questa delibera che recepisce ciò che è stato introdotto a livello nazionale dal decreto sulle liberalizzazioni.
Era inconcepibile che la vecchia delibera prevedesse l’obbligo di apertura estiva ogni tre anni. È giusto, invece, che si lasci la possibilità di decidere agli esercenti


Andrea Tronzano (PdL): Questa delibera ha alcuni aspetti positivi, soprattutto per l’adesione volontaria alle aperture estive, cosa per cui avevamo già agito in precedenza.
Bisogna anche considerare che le liberalizzazioni non sono sempre un miglioramento, in un periodo come questo è una guerra fra poveri, non si migliora la competitività e la concorrenza. Il commercio è uno di questi settori.
Ritengo che fosse necessario dare un segnale forte sulla regolamentazione degli orari, questa poteva essere l’occasione giusta per fare giurisprudenza nella programmazione degli orari di apertura.
Se è vero che bisogna tutelare il diritto allo svago, è anche vero che si deve tutelare il diritto alla salute dei cittadini e quindi al loro riposo.
Noi ci asterremo dalla votazione perché ci sono elementi negativi in questo regolamento

Vittorio Bertola (Cinque Stelle): Il Comune dovrebbe avere una discrezionalità maggiore rispetto alla rigidità della normativa nazionale. La liberalizzazione conviene a tutti, ma prima o poi bisognerà porsi il problema, rispetto agli orari, di chi negli esercizi ci lavora, proprietari e soprattutto dipendenti. In alcune zone della città vi è una tale densità di locali da rendere necessarie forme migliori di programmazione degli orari per evitare problemi a residenti e gestori. Infine, se ora fissiamo queste regole, cerchiamo di applicarle.


Domenico Mangone (Pd): Raccomando un utilizzo ponderato dell’applicazione dell’art. 21, quello su cui si è concentrata più attenzione. Il diritto al riposo e il diritto al divertimento devono entrambi essere tutelati. Ci sono voluti anni per rendere Torino quello che è oggi. Le trasformazioni hanno sempre dei passaggi critici, la città oggi si sta assestando su un nuovo modello che non è più quello del centro industriale di vent’anni fa. Torino si è indebitata ma girando per la città si vede come sono stati investiti i soldi, continuiamo su questa strada. Ordinanze come quella che l’anno scorso chiudeva i locali del lungo Po alle 24, mi vedono contrario, mi auguro che non si ripetano. I locali significano anche posti di lavoro. Se ci sono situazioni critiche, vanno monitorate e sanzionate, senza provvedimenti generalizzati.

Enzo Liardo (PdL): Questa città, anni fa, era bacchettona e un po’ chiusa, ora è cambiata ma certi fenomeni non sono stati ben governati. A volte ci sono vuoti amministrativi che si pensa di colmare con ordinanze. Occorre esaminare gli aspetti tecnici dei locali, come l’insonorizzazione. Ci asteniamo sul provvedimento, sperando che si tenga in maggior conto la tranquillità dei residenti, pur nel rispetto della “movida”.


Silvio Viale (Pd): Quando sento parlare di tutela della salute, vedo l’anticamera di un bieco moralismo. Non si possono imporre comportamenti virtuosi su fumo, alcool o per fare rientrare la gente presto la sera. In questa città ognuno è libero di fare ciò che vuole: c’è da garantire la libertà di impresa, così come la vocazione al divertimento di una città che è sempre più aperta. Gli orari si allungano in tutte le città: deve essere così anche qui, se vogliamo una Torino sempre più turistica e attrattiva. Se ci sono casi eccezionali, è giusto intervenire per chiudere un locale, ma non ci può essere un coprifuoco istituzionale e preventivo

Ufficio stampa del Consiglio comunale (S.L.)


Pubblicato il 29 Aprile 2013

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