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Comunicato stampa

“USCIRE DAL PATTO DI STABILITÀ ERA INEVITABILE”. Il sindaco Fassino e i consiglieri intervengono in Sala Rossa

Nel Consiglio comunale di oggi, rispondendo alla richiesta di comunicazioni in Sala Rossa presentata dai consiglieri Vittorio Bertola e Chiara Appendino, il sindaco di Torino Piero Fassino ha spiegato perché la Città ha deciso di non rispettare i vincoli imposti dal Patto di Stabilità Interno.

Sindaco Piero Fassino: Nelle ultime settimane ho anticipato che il Comune di Torino non potrà ottemperare ai tetti di spesa previsti dal Patto di Stabilità Interno per il 2011. È una decisione non semplice, che non ho assunto a cuor leggero. Tuttavia, è una decisione necessaria per porre il Comune nelle condizioni di operare l’aggiustamento dei conti e di onorare gli impegni assunti nei confronti di terzi.
La decisione si è resa inevitabile per tre ragioni:
1. Il contributo richiesto al Comune di Torino per il riallineamento dei conti si è quadruplicato nell’arco di pochi anni. È raddoppiato nel 2009-2010, per raddoppiare nuovamente nel 2010-2011. Il Patto nel 2011 è divenuto così quatto volte più pesante di quello di due anni fa. Le cifre sono significative: tra il 2007 e il 2011 abbiamo contribuito al Patto con 475 milioni di euro. Nel solo 2010 per 120 milioni, oltre ai 46 milioni di minori trasferimenti (per un totale di 166 milioni di euro). Nel 2011 ci venivano chiesti ulteriori 135 milioni: un onere per noi insostenibile.
2. Il Patto è congeniato in modo che l’Ente Locale sia indotto a rinviare i pagamenti ai fornitori di beni e servizi. Dilazionarli però contribuisce a effetti depressivi e recessivi della dinamica economica della città. Uscendo dal Patto noi abbiamo potuto onorare pagamenti per altri 270 milioni di euro: nel 2010 abbiamo erogato pagamenti per 242 milioni; nel 2011 per 513 milioni.
3. A fronte di una contribuzione così aumentata, in questi anni non è stato rimosso il blocco all’aumento delle entrate. Rispettando il Patto, avremmo dovuto tagliare 130 milioni su investimenti e servizi e rinunciare a pagamenti alle imprese per 270 milioni.
Il nostro obiettivo è rientrare nel Patto entro il 2012. Per farlo, adotteremo quattro linee di azione:
1. Riduzione del debito, cresciuto ininterrottamente dal 1998 al 2010. Per la prima volta, nel 2011 si è registrata un’inversione di tendenza, con una diminuzione di 30 milioni. Continueremo su questa strada, con obiettivi significativamente consistenti.
2. Dismissioni, sia mobiliari (con la riorganizzazione delle partecipazioni comunali e l’apertura ai privati per avere maggiore efficienza) che immobiliari.
3. Piano di economie su spesa corrente. Già nel 2009 è stata ridotta la spesa corrente; lo sarà ancora di più nel Bilancio 2012.
4. Aumento delle entrate correnti, misura possibile con le ultime manovre finanziarie. Qualche settimana fa abbiamo adeguato le tariffe dei trasporti. Ora verrà introdotta l’imposta di soggiorno, mentre siamo in attesa di capire l’impatto dell’IMU/ICI sugli introiti comunali.
Più in generale, noi ci auguriamo che il Patto venga riscritto. Infatti, l’attuale Patto è cieco, perché non distingue la qualità della spesa. Ad esempio, non distingue tra spese per investimenti e spese correnti. Noi abbiamo fatto investimenti per metropolitana, termovalorizzatore, teleriscaldamento, passante ferroviario e infrastrutture olimpiche. Ma il nostro debito è calcolato nello stesso modo del debito di città che quegli investimenti non hanno fatto.
Invece, ora viene prevista una deroga per il Comune di Milano per gli investimenti per l’Expo 2015. Fosse avvenuto per le Olimpiadi di Torino 2006, saremmo riusciti a rispettare il Patto.
Il Patto, inoltre, non distingue tra le spese dell’Ente locale per competenze proprie e le spese per competenze dello Stato. A Torino, ad esempio, ogni giorno 100 dipendenti comunali lavorano per gli Uffici giudiziari, con oneri a carico del Comune.
Il Patto, poi, non distingue tra grandi città e città medio-piccole: le grandi città periodicamente ospitano grandi eventi di rilevanza nazionale, non solo locale.
Mi auguro quindi che si arrivi rapidamente a riformulare il Patto. Nel decreto Monti è scritto che verrà rinegoziato e il dibattito è già iniziato all’interno dell’Anci.
Anche perché il Patto è stato applicato con particolare iniquità. Lo Stato, infatti, rappresenta il 55% della spesa pubblica, ma per lo Stato sono stati evocati tagli solo per il 25% e ne sono stati fatti per meno di un quinto. Alle Regioni, invece, corrisponde il 25% della spesa, ma hanno subito tagli per il 55%. Province e Comuni, che rappresentano solo il 15% della spesa pubblica, hanno subito tagli del 40%.
È una sperequazione ingiustificata e inesplicabile. Bisogna definire regole nuove per Regioni, Province e Comuni.
Ora, Torino deve battersi per un duplice obiettivo: rientrare entro il 2012 in questo Patto di Stabilità (o in uno migliore); lavorare perché si arrivi a un nuovo Patto più rispettoso degli Enti Locali e della loro autonomia.

Dopo il sindaco, sono intervenuti in Sala Rossa i consiglieri comunali.

Chiara Appendino (Movimento 5 stelle): Aspettavamo dal sindaco più coraggio nel raccontare le motivazioni della scelta e un segnale concreto sui contatti intrapresi col governo. Siamo l’unica grande città che non ha rispettato gli obiettivi del Patto di stabilità e non vedo in questo un autentico atto di disobbedienza civile, che avremmo condiviso, quanto piuttosto un salto nel buio: mi sarei aspettata invece una dichiarazione congiunta concordata con altri sindaci. È stato davvero fatto tutto il possibile per non uscire dal Patto? Non c’è stata discussione in Commissione Bilancio. Come compenseremo i minori trasferimenti da Roma, come diminuiremo la spesa corrente? Come confermeremo i precari?

Fabrizio Ricca (Lega Nord): Il Consiglio comunale non avrebbe dovuto apprendere la decisione del sindaco da una conferenza stampa. I precedenti sindaci tanto osannati, hanno lasciato casse vuote e debiti: allora, si pensa di aumentare la Tarsu, o l’addizionale Irpef? Come si pensa di rientrare nel Patto di stabilità? Per quanto iniqua, una legge va rispettata, non possiamo pensare di reiterare gli sforamenti e rischiare il commissariamento. Ricordiamo il problema dei precari e il bisogno di nuove assunzioni tra i Vigili Urbani, reso impossibile dal blocco delle assunzioni. E la multa da 30 milioni, come peserà sulle casse del Comune?

Andrea Tronzano (PDL): Abbiamo ricevuto solo oggi una relazione della Corte dei Conti, che evidenzia l’espansione delle spese correnti, risalente al 17 novembre! Se avessimo potuto conoscerla prima, avremmo cercato di contribuire a trovare delle soluzioni. Così annunciata, la violazione del Patto di stabilità dimostra ancora una volta come il senso della legalità da parte della sinistra sia in realtà “a corrente alternata”. Credo che sin dall’estate scorsa il sindaco stesse pensando all’uscita dal Patto, anche per recuperare un’immagine a livello nazionale alla quale sembra tenere moltissimo. Noi vogliamo collaborare, ma come possiamo fidarci di un sindaco che agisce da uomo di parte, tenendoci all’oscuro dei fatti?

Roberto Carbonero (Lega Nord): Fassino ha dimenticato di dire che uno dei motivi dell’uscita dal patto di stabilità è l’organizzazione dei festeggiamenti per Italia 150, come dichiarato dal suo predecessore.
Sono sicuro che il sindaco conosca le conseguenze dell’uscita dal patto e mediaticamente potrà fare la figura del paladino.

Giuseppe Sbriglio (IdV): L’uscita dal Patto è paragonabile all’istituto dell’obiezione di coscienza, unico modo per poter giustificare la disobbedienza alle disposizioni legislative. Conosciamo le sanzioni, riteniamo necessario anche sapere quali sono gli effetti benefici dell’uscita dal patto di stabilità. Il sindaco ha dichiarato che l’uscita dal Patto ha innestato nel sistema la disponibilità di una forte liquidità: le commissioni consiliari dovranno esaminare la destinazione di quei soldi e formalizzerò la richiesta per avere sicurezza che siano utilizzati per una economia sana e senza ombre.

Enzo Liardo (Pdl): L’uscita dal Patto di stabilità è una scelta singolare. I grandi interventi sviluppati dall’amministrazione comunale in questi ultimi anni (le infrastrutture dei trasporti, i giochi olimpici) sono stati un’opportunità economico-finanziaria per la città. Ma non c’è stata una gestione oculata. Basti pensare agli stipendi spropositati pagati agli alti dirigenti del Comune, alle difficoltà di gestione in aziende partecipate come nel caso di Csea. Credevo che il sindaco Fassino voltasse pagina rispetto al precedente sindaco. Invece sono stati decisi aumenti nei costi di servizi essenziali; mi auguro che la sinistra cittadina torni ad avere un atteggiamento più responsabile.

Maurizio Marrone (Pdl): Sono incredulo davanti al silenzio della maggioranza e del Pd. E non condivido le modalità di comunicazione di questo rilevante provvedimento con una conferenza stampa, senza un dibattito in Sala Rossa. È difficile capire cosa è successo nella riunione di maggioranza legata all’uscita dal patto di stabilità. Viene da pensare che in quel contesto non sia stato esercitato alcun ruolo.

Vittorio Bertola (Movimento 5 stelle): Sono basito davanti a un racconto come quello del sindaco Fassino. Non si comprende la logica di molte scelte fatte nell’ottica di restare nel Patto di stabilità, poi sconfessate dalla decisione di fine dicembre. Non condividiamo nemmeno la modalità di comunicazione a mezzo stampa senza alcun dibattito con i consiglieri comunali. Fatichiamo a valutare la reale situazione economica del Comune.

Michele Curto (SEL): Sono preoccupato alla luce della crisi che sta vivendo Torino (8.000 famiglie da tre anni in cassa integrazione, di fatto sull’orlo di povertà), della capacità di gestirla. La scelta di uscire dal patto di stabilità è interessante. In questo momento è preferibile innestare risorse, ma mi chiedo se le risorse messe in circolo siano arrivate a tutti gli strati della popolazione. Dobbiamo capire qual è la nostra capacità di agire la crisi, di difendere il lavoro e i lavoratori. Per questa ragione la sfida sarà il Bilancio di quest’anno. Avremo vincoli che vanno al di là del patto di stabilità.
Dovremo decidere come agire rispetto a indebitamento, dismissioni e aumento delle entrate e spesa corrente. Questo Consiglio, come maggioranza e opposizione, vuole partecipare alla redazione del bilancio che dovrà fare scelte coraggiose senza scaricarle su cittadini e servizi.

Gabriele Moretti (Moderati): Capisco le difficoltà che si incontrano a dover chiudere un bilancio complesso in un momento così critico come quello attuale. Comprendiamo e condividiamo le motivazioni che hanno portato il sindaco a decidere per l’uscita dal patto di stabilità.
Cercare di modificare il patto e rientrare è comprensibile, ma bisogna anche agire in maniera industriale, approfittando di una crisi per trasformarla in opportunità. Sono convinto che per raggiungere questo obiettivo sia necessario investire in ricerca, sviluppo, comunicazione oltre ad usare le quattro leve elencate dal sindaco Fassino per rendere efficace il sistema di servizi che il Comune offre ai cittadini.

Alberto Musy (UDC e Alleanza per la Città): Ognuno si lamenta della cecità e dell’ottusità altrui. Il Comune si lamenta di quella del Governo, il Governo di quella dell’Europa, l’Europa di quella di Standard and Poor’s. Ma ognuno è costretto a fare i conti con se stesso e a fare scelte autonome. Sul piano economico occorre creare opportunità e pensare al futuro per poter competere. La politica del Comune non può albergare in consessi diversi dal nostro.

Stefano Lo Russo (PD): In un periodo di crisi come questo si vede la statura e la compattezza di un disegno politico e di una maggioranza. Il tema non è la contestazione di un patto, perché il patto nasce da scopi tutti condivisibili.
Ma ci sono responsabilità precise nazionali. Si deve porre la questione politica sul piano nazionale per capire come un giusto obiettivo di rientro dell’indebitamento del sistema pubblico complessivo debba essere ripartito fra tutti gli organi dello Stato, visto che i tagli sono stati scaricati sempre soprattutto sugli enti locali. Lo Stato ha privatizzato gli utili e socializzato le perdite sugli enti locali.
Occorre ridefinire concetti come spesa corrente, mutui, e dismissioni di beni pubblici, per capirne la natura.
Gli obiettivi per il 2012 enunciati dal sindaco sono pienamente condivisibili. Il rientro nel patto e il pareggio di bilancio. Si dovrà agire sul lato delle entrate con imposte di soggiorno, proseguimento delle trasformazioni industriali, eventuale estensione della sosta a pagamento.
Sul lato uscite, occorre continuare con la riduzione del debito, comprimere le spese senza recare danni ai cittadini, riorganizzare la macchina comunale.
Occorre ragionare non in ottica contrattiva: non dobbiamo rinunciare a politiche di investimenti sull’asse delle tecnologie e culturale e a un processo di riforma del welfare.
Non si possono dimenticare i grandi progetti legati alla linea 2 del metrò e la variante 200. Occorre un nuovo metodo e una maggior compattezza nella maggioranza consiliare e tra questa e la Giunta, ma sarà importante anche l’atteggiamento delle opposizioni che speriamo forniscano il loro contributo.

Ha quindi preso la parola l’assessore al Bilancio Gianguido Passoni: Credo che il Patto di Stabilità debba essere immaginato come un vestito sopra i conti della Città, come un tutore medico che vincola i movimenti del Bilancio, ma che non è solo il Bilancio in senso stretto. Perché il Patto si muove anche oltre le regole del Bilancio, all’interno di rapporti di natura europea. Inoltre, le manovre governative hanno richiesto un crescente sacrificio e le leggi finanziare cambiano nel corso dell’anno. Non è facile rispettarle per un ente come il Comune di Torino che ha effettuato 1.923 milioni di euro di pagamenti in un anno: una parte rilevantissima del prodotto interno regionale.
Fino al 2007, poi, il Patto di stabilità si limitava ai tetti di spese. In seguito, con la grande stretta finanziaria europea, si è passati a considerare tutti i flussi finanziari, penalizzando così chi aveva debiti in corso per grande opere.
Ora, dopo il recente declassamento del rating dell’Italia, tutti i Comuni probabilmente verranno declassati. Anche per questo, abbiamo chiesto allo Stato di “allentare il tutore”, di avere maggiore libertà di movimento: la risposta arriverà nei prossimi mesi. Possiamo rientrare nel Patto aumentando le entrate, riducendo le spese e garantendo dismissioni reali di beni. Tutto ciò viene fatto nella prospettiva di mantenimento dei servizi, con strutturalità. E lo faremo con la massima trasparenza. Governeremo con senso di responsabilità e cognizione di causa.
Lo sforamento del Patto non è una sfida, ma era necessario e contingente: occorre mandare avanti la città, garantire il reddito dei lavoratori e lo sviluppo di Torino, senza perdere il senso di responsabilità dei servizi.

Infine, il dibattito in aula è terminato con le repliche del sindaco Fassino: Non possiamo discutere a prescindere dal quadro economico-finanziario e politico in cui ci troviamo. La situazione del Paese è complessa: il declassamento dell’Italia operato da Standard and Poor’s comporterà l’automatico declassamento per tutti i Comuni. E primari istituti bancari vivono in condizioni di sofferenza e sono costretti a rivedere i propri investimenti, compresi istituti con cui la nostra Amministrazione opera abitualmente.
Le difficoltà riguardano tutti, anche i Comuni che hanno rispettato il Patto: c’è chi ha rispettato il Patto vendendo un palazzo o quote di una s.p.a., ma sono misure straordinarie, non ripetibili. A Torino la situazione è più complessa, perché il Patto è cieco e penalizza chi ha investito.
Non siamo usciti dal Patto per “disobbedienza civile”: è stata una scelta inevitabile, necessaria e ineludibile dovuta alla criticità del mutamento del quadro finanziario.
Quattro sono le sanzioni previste: una riduzione dei trasferimenti statali del 3% rispetto al bilancio di esercizio (per Torino, la riduzione di una trentina di milioni di euro); la riduzione del 30% delle indennità degli amministratori (un provvedimento odioso, anche perché vale solo per gli amministratori locali); impossibilità di contrarre mutui (ma in virtù del “decreto mille proroghe” i margini erano già esauriti per le grandi città); blocco delle assunzioni (ma già i margini erano minimi).
Mi sono comunque già attivato per ottenere la revisione del sistema sanzionatorio.
Oggi il ministro Corrado Passera ha incontrato una delegazione dell’Anci e seguiranno altri incontri con gli altri ministri: l’Anci ha infatti predisposto un corpo di proposte per riscrivere un Patto di Stabilità in termini sostenibili. Analoga battaglia la sta facendo il Governo italiano in sede europea, affinché gli investimenti vengano valutati in maniera diversa dalla spesa corrente.
In ogni caso, la necessità di un politica di bilancio rigorosa, non comporta delle riduzione nelle nostre ambizioni nel governo della città. Mettere in atto una politica di risanamento non significa rinunciare a investimenti e alla trasformazione di Torino, uno dei motori di sviluppo della città. Con le quattro linee d’azione che ho citato prima e con il ricorso a risorse e capitali privati, vogliamo continuare a modernizzare Torino, offrendo ai torinesi più opportunità e più occasioni di lavoro, di reddito, di vita.

(Ufficio stampa del Consiglio comunale)


Pubblicato il 16 Gennaio 2012

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