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Ufficio Stampa

COMUNICATI STAMPA 2011


REFERENDUM MIRAFIORI, DIBATTITO IN CONSIGLIO COMUNALE

Dibattito in Sala Rossa sulle prospettive della Fiat a Torino dopo il voto dei lavoratori di Mirafiori sull’accordo sindacale. A chiedere le comunicazioni in aula, il consigliere Marco Grimaldi (SEL).

Il vicesindaco Tom Dealessandri, dopo aver ricordato che un esame più approfondito dell’accordo e del piano industriale FIAT sarà svolto in commissione Lavoro, ha riassunto la situazione attuale.:
“Mirafiori è uno stabilimento con 70 anni alle spalle, ha rappresentato l’emblema dell’industria automobilistica italiana ed è l’unico impianto che in questi anni ha prodotto modelli FIAT, Lancia e Alfa Romeo dei segmenti A B e C. FIAT intende realizzare una linea di produzione che supporti vari segmenti, dalle auto medie fino alla gamma alta, con un investimento (italiano e americano) superiore al miliardo di euro. L’obiettivo è arrivare a una produzione di 250-280mila vetture all’anno, cioè più di 1000 al giorno, con una tendenza a spostare l’investimento verso i modelli di gamma alta, a maggior valore aggiunto. Tutto questo entro il 2012, con il proseguimento nel frattempo della Cassa integrazione.
Le ricadute sul territorio e sull’industria della componentistica, saranno importanti. Di qui il nostro appoggio all’investimento e al relativo accordo sindacale, anche se per il problema della rappresentanza in fabbrica occorrerà trovare una soluzione condivisa.
Come amministrazione comunale cerchiamo anche di intervenire attivamente, non solo monitorando la situazione, e verificare che quanto esposto venga effettivamente attuato. Si pensi all’operazione TNE, dove cerchiamo di attirare non solo il design ma l’ingegneria della mobilità. La competitività degli stabilimenti è essenziale ma non si può competere solo su condizioni di lavoro e utilizzo degli impianti. Evoluzione, formazione ed innovazione tecnologica restano fondamentali.”

Marco Grimaldi (SEL):
“Con il referendum sull’accordo, il cui risultato è rimasto in bilico sino alla fine, è stato messo in mora il ricatto del “prendere o lasciare”. Ora l’esito del referendum va rispettato, ma dobbiamo impegnarci tutti perché si faccia chiarezza sugli investimenti e sulle ricadute dell’accordo. La politica deve unire ciò che il referendum ha diviso. Dobbiamo abbandonare i consigli paternalistici e le politiche del “se io fossi” e garantire spazi di democrazia. In questi mesi non si è riusciti ad avere una posizione unitaria su investimenti e accordi, né a discutere su un piano industriale e sulle prospettive del settore automotive. Auspichiamo si riapra il confronto e che il Governo si prenda le sue responsabilità, come fanno tutti i Governi europei”.



Antonio Ferrante (PRC):
“Ho lavorato in Fiat per 35 anni e ho vissuto tutte le battaglie per migliorare le condizioni di lavoro e dare un futuro allo stabilimento. Ho notato con rabbia che dal presidente Berlusconi al governatore Cota e al nostro sindaco, tutti si sono inchinati alla corte di Re Marchionne. Lasciando ai lavoratori il peso della responsabilità. Marchionne dal 2004 a oggi ha fatto solo operazioni finanziarie e si è impegnato soltanto per dividere i lavoratori, mettendoli gli uni contro gli altri: da Pomigliano a Mirafiori. Ora i sindacati che non hanno firmato l’accordo sono esclusi dalla rappresentanza, il lavoratore non ha più il diritto di fermarsi sulla catena di montaggio e non può più eleggere direttamente le rappresentanze sindacali. Questa è democrazia?”.

Andrea Giorgis (PD):
“Nella vicenda Mirafiori la maggior parte dei lavoratori ha detto sì. Ora auspichiamo il rilancio dello stabilimento con il mantenimento dell’impegno da parte di Fiat, con la realizzazione dei cospicui investimenti economici annunciati. Ma sono convinto che la sfida sia anche la ricostruzione di un clima di fiducia e reciproco ascolto tra i lavoratori, l’azienda e tutti i sindacati.
E occorre scongiurare che uno dei sindacati sia escluso dall’esercizio della rappresentanza. Realizzare un clima di fiducia e di cooperazione all’interno di Mirafiori è nell’interesse dello sviluppo e della crescita economica”.

Carlo Zanolini (FLI):
“Mirafiori è ritenuto da molti non più rispettoso delle caratteristiche di una fabbrica moderna per la logistica e la localizzazione e questo fatto potrebbe abbreviarne l’esistenza. L’importante è che lo stabilimento non venga più sostenuto dai fondi pubblici della Città e del Paese come avvenuto in passato. Ora i soldi che rilanceranno Mirafiori sono pubblici, ma per fortuna sono americani.
Questo contratto è una novità per le relazioni sindacato-impresa, ma molte di queste novità (non rappresentatività dei sindacati non firmatari, limitazione del diritto di sciopero, ecc…) sono già state applicate ad esempio nella pubblica amministrazione e nella sanità.
Forse molti “no” si augurano nuovi modi di compartecipazione, come in Germania”.

Giuseppe Lonero (La Destra):
“Il risultato del referendum non è stato storico, come sostiene Marchionne. Ancora una volta ha vinto il più forte. Chi ha vinto ha vinto male, vista la sostanziale parità emersa in quasi tutti i settori della fabbrica, con l’aggravante che 2300 lavoratori hanno perso rappresentanza.
E’ stata un’occasione persa nell’ottica di modificare i rapporti tra azienda e lavoratori con un maggiore coinvolgimento nella gestione e nelle scelte dell’azienda da parte di questi ultimi. In questo clima, è stato assordante il silenzio del Governo di fronte all’arroganza di chi ha detto ‘o con me o contro di me’”.

Domenico Gallo (Nuova Sinistra per Torino):
“Il segretario della Cisl Bonanni ha detto che per la prima volta il buon senso ha sconfitto l’ideologia. Vorrei dirgli che molti dei lavoratori che hanno votato per il “no” non sono iscritti al sindacato e che a causa di questa vicenda i lavoratori si sono divisi. Per alcuni, quelli del “sì” c’è stato è consumato un ricatto, altri, quelli del “no”, hanno voluto respingere una compressione dei loro diritti.
Bisognerà che la politica e le istituzioni torinesi riflettano seriamente sul disagio del lavoro in fabbrica e recuperino per il futuro una maggior autorevolezza sul terreno delle politiche industriali.
Per capire poi cosa sia realmente successo bisognerà vedere se l’impegno agli investimenti verrà mantenuto e solo così sapremo se Fiat ha comprato Chrysler o Chrysler ha comprato Fiat.

Marco Calgaro (API)
“Giudico irresponsabili i politici che hanno fatto campagna per il no, mettendo a rischio il futuro di migliaia di famiglie torinesi, ma altrettanto chi mi è parso esaltare il ruolo positivo di Marchionne senza alcuna problematicità.
Con il sì si sono rotte le condizioni perché Torino possa conservare e possibilmente arricchire la sua realtà manifatturiera, ma il dovere della politica e del sindacato è riflettere sul fatto che negli ultimi anni, non hanno fatto nulla per modernizzare le risorse del mercato del lavoro e delle relazioni sindacali. Si è arrivati al punto in cui il super manager dell’impresa globalizzata, può imporre un accordo, senza che né la politica, né il sindacato, abbiano gli strumenti per avere chiarezza sul piano industriale e sulla sua realizzazione; e senza, soprattutto, che si apra una riflessione sul fatto che a pagare il prezzo della competizione globale non possono essere solo gli operai e le classi medie di questo Paese”.

Daniele Cantore (FI-PDL):
“Dobbiamo stare con i piedi per terra. Una vittoria del “no” avrebbe fornito a FIAT l’alibi per lasciare Torino. Il governo ha saggiamente interrotto gli incentivi, oggi FIAT si assume le proprie responsabilità e non è più un’azienda assistita. I lavoratori hanno scelto liberamente, a fronte di una crisi che metteva a rischio migliaia di posti di lavoro. Ora occorre un ruolo propositivo delle Istituzioni, perché questo accordo non si limiti a garantire il mantenimento di Mirafiori. In questa situazione, garantire il lavoro, con possibilità di miglioramento salariali, è un passo importante”.


Gianluigi Bonino (Moderati):
“Il referendum ha dimostrato difficoltà a ragionare in un momento di crisi profonda sul futuro dello stabilimento.
E’ stato un risultato non eclatante che però toglie la possibilità alla dirigenza Fiat di portare altrove la fabbrica. Non è vero che gli amministratori sono stati assenti, a partire dal sindaco che si è espresso a favore del sì, per il futuro della città e dell’industria nazionale.
Il compito del Consiglio comunale è ora quello di controllare che il piano industriale vada avanti. E’ importante che vengano ricuciti i rapporti sindacali perché non è pensabile che due sigle sindacali abbiano lavorato in favore dei lavoratori e una no”.


Valter Boero (UDC):
“Dopo questa vicenda serve una riappacificazione, sia nello stabilimento, dove 5000 persone si sono confrontate, sia all’esterno, nella nostra città.
Una riappacificazione è necessaria anche per l’indotto.
Oggi abbiamo un risultato e occorre accoglierlo invitando le istituzioni locali a vigilare sul mantenimento degli impegni.
I 100 milioni dati al polo Fiat alcuni anni fa dovrebbero essere in qualche modo rendicontati, proprio come l’Amministrazione lo esige da un’associazione che riceve un piccolo contributo pubblico.
Un’automobile può essere prodotta nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente, oppure no. Per questo le componenti etiche della produttività devono essere oggetto di un’attenzione sensibile da parte del Comune che, su questo piano, potrà avere un ruolo di impulso e di suggerimento per il futuro”.

Antonello Angeleri ( Lega Nord)
“Se fossimo all’indomani di una vittoria dei “no”, allora sì che avremmo dei problemi. Questa città è intrisa di Fiat, punto di riferimento industriale.
Credo che alcuni colleghi intervenuti non abbiano compreso l’importanza della realtà industriale nella nostra città. La politica deve intervenire, e grazie alla vittoria dei “sì” la città continua a essere la città dell’auto. Ritengo, proprio in questo momento, ci voglia una politica responsabile. Auspico alla produttività e al mantenimento dei posti di lavoro nella nostra regione, allora il futuro di Torino e del Piemonte diventino la guida industriale del Paese”.

Raffaele Petrarulo (Italia dei Valori):
“In questo referendum non c’è stato chi ha vinto o chi ha perso ma hanno perso i lavoratori veri. Chi crede che questo sia un accordo equo, lo invito a lavorare per un mese alla catena di montaggio, alle condizioni stabilite. Il grosso problema riguarderà, ora, gli altri industriali, che, a fronte di questo sistema di trattativa , si sentiranno autorizzati a comportarsi nello stesso modo, non riconoscendo le garanzie, di tutela dei lavoratori, della Legge 300/70”.

Ha quindi concluso il dibattito la replica del sindaco Sergio Chiamparino:
“Dobbiamo andare al di là del clima da derby sulla vicenda referendaria, alimentato anche da un certo circo mediatico. Il nostro sì all’accordo deriva da una strategia che seguiamo da anni, è in sintonia con l’intervento di acquisto aree fatto nel 2005 con Regione e Provincia per dare una boccata di ossigeno a Mirafiori e creare le condizioni per farne anche un luogo di produzione di conoscenza. Oggi sono i sindacati a dover fare fronte alla necessità di introdurre un’organizzazione del lavoro simile a quella del resto dell’Europa occidentale. E’ mancata l’unità sindacale, e questo ha fatto ricadere sui singoli lavoratori scelte decisive. Alla politica spetta il parlare chiaro, senza cedere al “benaltrismo”. Tra gli operai di Mirafiori, non ci sono “eroi” o “servi del padrone”, ma chi ha anteposto la conservazione del lavoro al timore di un peggioramento delle condizioni in fabbrica. Si può quindi ricostruire un clima di governabilità e fiducia: i ricorsi alla magistratura rischiano di andare nella direzione opposta.
Bisogna a questo punto che gli investimenti su Torino e in Italia si sviluppino come previsto dagli impegni di FIAT. Il governo dovrebbe ricostruire un tavolo di confronto. Va riaperta la trattativa, a partire dal fatto che gli accordi devono essere esigibili e che va garantita la rappresentanza sindacale di tutti.
Il problema è che in questo Paese la politica sembra sempre in ritardo di dieci anni. Lo “scossone” di Marchionne si sarebbe potuto evitare. Un paese a noi vicino come la Germania ha produttività tripla e salari doppi rispetto all’Italia”.

T.D.N. - R.T. - S.L. - G.G. - F.D'A. - M.Q.
Ufficio stampa del Consiglio comunale



Torino, 17 Gennaio 2011


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