VITTORIO FOA -
Conferimento della cittadinanza onoraria

Intervento del Presidente del Consiglio Comunale Mauro Marino

Non posso che esprimere con uguale emozione il grande onore che rappresenta per me il compito di esplicitare i motivi del conferimento di questo riconoscimento della Città a Vittorio Foa, che riceve la cittadinanza onoraria per il suo impegno politico, la sua passione civile, il suo contributo alla riflessione storica e culturale, sempre coniugati con un legame duraturo e profondo con Torino.

Desidero ripercorrere le fasi della vita di Vittorio Foa, per quanto sia possibile sintetizzarne in pochi minuti l'intensità e la ricchezza, per sottolineare il suo valore di militante, di politico, di intellettuale e storico, di torinese e di uomo.

Vittorio Foa nasce a Torino e la sua formazione culturale e politica sono strettamente legate alla città, alla Torino dell'anteguerra dove frequenta il Liceo classico “D'Azelio”, dove conosce i valori risorgimentali e liberali e dove matura il profondo antifascismo che lo porteranno poi all'adesione a “Giustizia e Libertà”, al periodo della sovversione e al successivo arresto che lo terrà in carcere per otto anni dal 1935 al 1943.

Anche in questi anni di reclusione, lontano da Torino, il legame con la sua città non si perde ma si fa forte tramite il contatto epistolare con la famiglia. Corrispondenza che abbiamo potuto conoscere grazie alla sua ultima pubblicazione, che ci ha permesso di capire ancora meglio come la privazione della libertà venne vissuta da Vittorio Foa con la forza della coerenza delle proprie idee e dei propri valori. Si tratta di anni che portano Vittorio Foa a studiare, a riflettere e analizzare non rassegnandosi mai a un impoverimento della mente, minacciato dalla lunga permanenza in carcere, per cercare, come sempre, di capire per poi partecipare. “Arrivato al termine di una lunga esperienza di galera non ritrovo in me quella gioia smodata che l'immaginazione presagiva, ma solo un senso di responsabilità”. La sua profonda convinzione che non bisogna solo pensare ma anche agire, rende ancora più dura la reclusione, in un momento così cruciale per il suo paese. Ma sarà grande la sua partecipazione con il Partito d'Azione e il Comitato di Liberazione dell'Alta Italia prima, e con l'Assemblea Costituente poi. Con la riflessione su questi anni di Vittorio Foa traiamo già grandi insegnamenti da un uomo che non ha mai dimenticato l'importanza dell'agire.

Torino rimane sempre, anche nel periodo successivo, punto di riferimento della sua attività e dell'elaborazione del suo pensiero, anche quando gli impegni politici lo portano a Roma. Nel '49 Vittorio Foa entra nella CGIL di Di Vittorio a dirigere l'ufficio economico, scegliendo una strada che lo vedrà protagonista della storia sindacale del dopoguerra e lo renderà, durante gli anni del boom, della ricostruzione industriale e ancora del '68, uno dei dirigenti sindacali più amati e più popolari, punto di contatto tra il mondo intellettuale e il movimento operaio. Dirigente sindacale e deputato torinese dal '53 al '68, Foa trae dal rapporto diretto con l'esperienza del lavoro e del movimento operaio torinese il valore dell'azione collettiva come motore di trasformazione del paese, coniugando tale ispirazione con i temi della libertà e dell'autonomia. “Il compito del sindacalista non era di trasmettere ma di suscitare energie di pensiero e di azione, di aiutare al governo di se stessi per fini più alti e solidali” (Il Cavallo e la Torre – 91). Questa continua attenzione al soggetto, alla persona e alla

riflessione sulla libertà sono i segnali di una grande passione per gli altri uomini, espressione più alta della politica. Sono innumerevoli i riferimenti, le vicende, le tappe della vita di Vittorio Foa (egli diventa poi nuovamente deputato e in seguito senatore) che potremmo citare senza mai descrivere in maniera completa il percorso di un uomo che ha attraversato epoche del nostro secolo agendo sempre da protagonista della politica e della cultura del suo paese fino ad oggi.

Il continuo ritorno su Torino, la continua riflessione su una realtà che è energia e contraddizione sono costanti nella sua attività di politico e di intellettuale; Vittorio Foa mantiene sempre forte la sua appartenenza alla città e alla sua cultura per trarne la sua ricchezza senza mai chiudersi in essa, così come mai si chiude nella propria coerenza delle sue idee. Quella di Vittorio Foa è una coerenza abbinata alla ricerca, alla conoscenza, alla creatività, all'innovazione e all'individuazione di nuovi “terreni di gioco” nella politica. “E' dunque legittima una critica della politica come fatale contrapposizione ripetitiva, come cultura di routine e di pigrizia mentale. Del resto è ben nota la sorpresa, e spesso l'ammirazione, per le svolte politiche improvvise, per le scelte diverse, per la discontinuità. E' la stessa sorpresa che si prova a volte nel gioco degli scacchi quando, abituati agli affrontamenti lineari degli Alfieri, delle Torri e della Donna, vediamo muovere il Cavallo. Sembra il pezzo più debole del gioco perché copre al massimo solo otto quadri della scacchiera mentre gli Alfieri e le potenti Torri arrivano a coprirne quattordici e la Donna può arrivare a coprirne ventotto. Ma la mossa del cavallo spiazza il gioco” (il Cavallo e la Torre).

Gli anni dello studio e del Foa scrittore costituiscono un grande contributo al nostro patrimonio culturale e politico, basti pensare agli scritti sul sindacato, a “Questo Novecento”, “Il Cavallo e la Torre”, “La Gerusalemme Rimandata”: testi in cui l'analisi sul passato è continua riflessione sul presente.

Ma torniamo ancora a Vittorio Foa e a al suo legame con Torino, che ci riempie di orgoglio: Vittorio Foa è Torino non solo per le lotte sindacali del dopoguerra e per la sua vicenda politica, ma è Torino anche per l'attaccamento e l'affetto, l'orgoglio e l'attenzione che emergono dai suoi scritti e da tutta la sua attività, per la storia della sua famiglia per il suo legame con la Liguria, con la Val di Susa e la Valle d'Aosta, con il mare e la montagna della nostra città.

Ripensando ancora all'ultima pubblicazione di Vittorio Foa, “Lettere della giovinezza”, desidero riflettere su una triste ricorrenza, quella dei 60 anni dalle leggi razziali, che nelle lettere dal carcere furono affrontate con la lucidità, la razionalità e l'intelligenza che hanno contraddistinto tutta la vita di Vittorio Foa.

Torino, 11 dicembre 1998

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