Lunedì 6 settembre 1999
ore 17 - Piccolo Regio
Giacomo Puccini

The Ellington Path - una realizzazione Open Trios per il centenario della nascita di Duke

in collaborazione con Associazione Musicale Contrattempo


Open Trios
Giovanni Bietti
, pianoforte
Pasquale Laino, sax soprano
Matteo Agostini, sax baritono
Luca Caponi, vibrafono
Riccardo Manzi, chitarra elettrica a 7 corde
Alessandro Canini, batteria e percussioni
con la partecipazione di
Alessandro Gwis, tastiera

 

Di recentissima formazione, Open Trios nasce dall'incontro tra la ricerca sulla forma e sull'organizzazione dei materiali della tradizione classica e la forza comunicativa dell'improvvisazione. Oggi si sente spesso parlare di crisi del jazz, o di crisi della musica contemporanea: siamo convinti che tali crisi siano il frutto di un atteggiamento specialistico che poco ha a che vedere con l'arte. Il compositore è sempre meno interprete, l'interprete classico non è più capace di improvvisare liberamente, il musicista jazz è spesso in difficoltà di fronte alla scrittura musicale. È appena il caso di ricordare che queste rigide suddivisioni dei ruoli non esistevano all'epoca di Mozart o di Chopin. Crediamo dunque che sia giunto il momento di prendere ciò che di più vitale e profondo le due tradizioni hanno saputo esprimere per trovare una sintesi, un reale punto di incontro che si manifesti, tra l'altro, in un modo nuovo e antico al tempo stesso di suonare e di concepire il rapporto tra composizione, interpretazione e improvvisazione. Il gruppo è formato da musicisti di provenienza ed estrazione molto diversa.

Giovanni Bietti, il direttore e fondatore, è compositore, musicologo e pianista, e le sue composizioni sono state in programma tra l'altro al Festival Internazionale di Edimburgo, alla Schauspielhaus di Berlino, al Festival Internazionale di Kuhmo (Finlandia), all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Roma, eseguite da interpreti quali il violinista Thomas Zehetmair e il pianista Boris Berezhovskij. I percussionisti Alessandro Canini e Luca Caponi sono attivi nella musica classica e contemporanea (Ars Ludi Ensemble, G. Schiaffini, M. Hirayama), nel rock, nella musica etnica. I sassofonisti Pasquale Laino e Matteo Agostini hanno suonato nell'Orchestra Nazionale Giovanile di Jazz e svolgono regolare attività cameristica; Pasquale suona nel Quartetto "Arundo Donax" di Mari Raja ed è da anni il sassofonista del cantautore Mango. Riccardo Manzi è il chitarrista del gruppo "KlezRoym", e ha lavorato nella produzione di colonne sonore (Jerusalem Film Festival, Sundance Festival).
Il nostro ospite Alessandro Gwis è considerato uno dei migliori giovani musicisti jazz italiani. Pianista e tastierista del gruppo "Aires Tango", ha suonato tra gli altri con Enrico Rava, Antonello Salis, Stefano di Battista, Ben Sidran, Kurt Rosenwinkle, oltre ad avere svolto una intensa attività nel campo della musica leggera, tra gli altri con Gianni Morandi.

 

IL PROGRAMMA

Cajkovskij-Ellington-Bietti
Nutcracker Suite
1 Ouverture miniature
2 Danza cinese
3 La Fée pralinée
4 Danza araba

Ellington-Debussy-Bietti
Such Sweet Thunder Suite
1 Half the fun
2 La danse de Puck
3 Sonnet for Caesar
4 Madness in great ones

Grieg-Ellington-Bietti
Peer Gynt Suite
1 Mattino africano
2 La danza di Anitra
3 La morte di Ase
4 Il Re della montagna

Ellington-Bietti
Due Standards
1 Caravan
2 Fleurette Africaine

 

Nel percorso artistico di Open Trios, l'incontro con la figura e la musica di Duke Ellington ha costituito una tappa obbligata. Nessun altro grande musicista di tradizione jazzistica ha infatti avuto un rapporto così fertile con la tradizione classica, nessuno ha posto in maniera così evidente al centro della propria ricerca i valori della forma musicale, dell'equilibrio sonoro, del rapporto tra composizione e improvvisazione. È dunque evidente come per il nostro gruppo, il cui intento è proprio quello di creare una nuova sintesi tra la tradizione classica e quella jazzistica, l'opera di Ellington costituisca un punto di riferimento imprescindibile.
"The Ellington Path", il nostro omaggio a Duke, è costituito da mie ri-composizioni di brani tratti da tre importanti opere della maturità del musicista: le Suites orchestrali Nutcracker Suite (dallo Schiaccianoci di Cajkovskij), Peer Gynt Suite (da Grieg) e Such sweet thunder Suite (una splendida raccolta di brani originali dedicati a vari personaggi shakespeariani). Sono inoltre presenti due celebri standards ellingtoniani, in una versione da me completamente ricomposta.
Ri-composizione: ho già usato questo termine due volte; sarà dunque il caso di giustificarlo e di illustrarlo all'ascoltatore. I brani di "The Ellington Path" si distaccano considerevolmente sia dagli originali (di Grieg, Cajkovskij o dello stesso Duke) sia dalle rielaborazioni ellingtoniane. L'attenzione verso l'organizzazione della forma, ad esempio, è certamente maggiore di quella dimostrata da Ellington e allo stesso tempo è meno strettamente vincolata ai canoni classici di quanto non lo siano gli originali ottocenteschi.
Nella Ouverture che apre Nutcracker Suite, Duke dimostra chiaramente di non essere interessato al rispetto della forma-sonata, fermandosi dopo l'esposizione del secondo tema, ossia sulla dominante. Nella mia versione, che recupera il titolo originale di Ouverture miniature, ho invece completamente ricomposto la ripresa attraverso una serie di brevissimi soli (la presentazione solistica, in successione, di tutti gli strumenti), un accenno al secondo tema e una variazione degli elementi conclusivi. La forma appare dunque più ellittica e "novecentesca" rispetto a Cajkovskij, ma decisamente più "classica" rispetto a Duke - o forse essa è per Duke un pretesto, per il musicista russo un contenitore convenzionale, mentre per me diventa il centro espressivo del brano.
Il ruolo dell'improvvisazione appare allo stesso tempo ridotto e ampliato. Rispetto ai tradizionali arrangiamenti jazzistici i soli sono spesso incredibilmente brevi (a volte soltanto quattro o otto battute); questo fatto costringe tuttavia l'interprete a un'attenzione molto maggiore verso l'equilibrio complessivo del brano, a concentrare ciò che ha da dire e a renderlo compatibile con il carattere e la forma complessiva. In alcuni brani sono comunque presenti interventi solistici molto più estesi, vere e proprie discontinuità di tessuto musicale, nei quali all'interprete è riservata grande libertà stilistica - tali sono, ad esempio, il solo di chitarra che conclude La Fée pralinée e l'ampio solo di vibrafono nella seconda parte di Anitra's dance.
La varietà di stili esecutivi è una delle caratteristiche salienti di Open Trios, i cui componenti provengono dalle esperienze musicali più disparate, ed è dunque normale che tale varietà si rifletta nel carattere dei diversi brani: così la Danza cinese e la Danza araba assumono nella mia versione una connotazione più apertamente "etnica", sia pure mediata attraverso, rispettivamente, Ravel e Bartók. Il mattino, che nella versione di Ellington è addirittura più dolciastro dell'originale, si trasforma per noi in Mattino africano.
Il carattere di sintesi delle elaborazioni si riflette anche nell'organico, che riunisce in sé alcune caratteristiche della band jazzistica e altre più evidentemente derivate dalla tradizione cameristica classica e contemporanea, in particolare l'assenza del basso e l'uso di strumenti riuniti a coppie (due fiati, due strumenti a corda e due percussioni). Ne risulta uno stile esecutivo inusuale, che fonde il "respiro" cameristico all'impulso dinamico jazzistico, il rigore quasi contrappuntistico della scrittura alla libertà improvvisativa.
Credo che sia a questo punto superfluo illustrare nel dettaglio tutti i singoli brani di "The Ellington Path". Un breve discorso a parte meritano comunque alcuni numeri di Such sweet thunder, composizioni originali di Duke che mostrano a mio parere notevoli influenze della tradizione classica. Madness in great ones ("La pazzia nei grandi"), ispirato alla pazzia di Amleto, utilizza a profusione gli effetti di "straniamento" e di rottura della logica musicale tipici delle più note scene di follia dell'opera lirica, come quella celebre in Lucia di Lammermoor; Half the fun, ispirato all'amore di Antonio e Cleopatra, è chiaramente modellato su La puerta del vino, lo splendido Preludio di Debussy citato dal pianoforte al termine della mia elaborazione: stessa tonalità, stesso ritmo ostinato di habanera, perfino alcuni elementi melodici comuni. Questo evidente richiamo mi ha spinto a realizzare un accostamento piuttosto audace: il brano successivo non è infatti di Ellington, ma di Debussy. È una rielaborazione dell'unico Preludio dedicato a un personaggio shakespeariano, Puck (nella mia versione appare anche il tema del brano di Ellington dedicato allo stesso personaggio, Up and down); un "omaggio nell'omaggio", l'evocazione di uno dei musicisti che Duke amava di più e che, per sua stessa ammissione, aveva avuto grande influenza sulla sua concezione musicale.


Giovanni Bietti



 

Condizioni d'uso, privacy e cookie