Venerdì 17 settembre 1999
ore 21
- Auditorium Giovanni Agnelli Lingotto

Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Myung-Whun Chung - direttore

L'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, composta da circa 90 elementi, si è costituita nel 1908 ed è stata la prima orchestra italiana a dedicarsi esclusivamente al repertorio sinfonico. Direttori stabili dell'Orchestra sono stati Bernardino Molinari, Franco Ferrara, Fernando Previtali, Igor Markevitch, Thomas Schippers, Giuseppe Sinopoli, Daniele Gatti e attualmente Myung-Whun Chung. Dal 1983 al 1990 Leonard Bernstein ne è stato il Presidente onorario. L'Orchestra ha tenuto concerti in tutto il mondo; negli ultimi anni ha partecipato al Festival bruckneriano di Linz, con Georges Prêtre e alle manifestazioni per il bicentenario dell'Australia con Giuseppe Sinopoli (1988), al Festival dello Schleswig-Holstein con Leonard Bernstein e alle manifestazioni di "Italia Viva" in Brasile e Argentina con Lorin Maazel (1989), al Festival di Musica Contemporanea di Vienna con Luciano Berio (1990) e al Pacific Music Festival di Sapporo con Christian Thielemann (1993). Con Daniele Gatti ha partecipato, in rappresentanza per l'Italia, al Festival Europamusicale a Monaco di Baviera nel 1993 e ha effettuato una tournée in Sud America nel 1994; nel 1995 ha tenuto una serie di concerti in alcune importanti città italiane, ha partecipato al Festival delle Notti Bianche di San Pietroburgo, alle manifestazioni per i 100 anni dei PROMS e nel giugno del 1997 ha eseguito a Dresda il Requiem di Verdi. Con Myung-Whun Chung ha tenuto, nel giugno del 1996, concerti in Spagna, Portogallo e Belgio; nell'ottobre del 1997 in Corea, Cina e Giappone dove, tra l'altro, ha partecipato per la seconda volta (luglio 1998) al Sapporo Music Festival. L'attività discografica dell'Orchestra e del Coro di Santa Cecilia, dopo una lunga pausa seguita alle memorabili incisioni con la Decca, è stata in questi ultimi anni molto intensa: ha inciso per etichette prestigiose (oltre a Decca, Deutsche Grammophon, Philips, Sony) il Rigoletto diretto da Sinopoli, Il Trovatore diretto da Carlo Maria Giulini, musiche di Debussy con Bernstein, i tre poemi sinfonici di Respighi con Daniele Gatti e duetti celebri diretti da Myung-Whun Chung con Cecilia Bartoli e Bryn Terfel. Insieme al Coro ha inciso la Bohème diretta da Leonard Bernstein e, con il Maestro Chung, musiche di Beethoven, un disco celebrativo per il 2750° anniversario della fondazione della città di Roma e due cd di musica sacra, primi di una serie dedicata al Giubileo del 2000. Di recente pubblicazione, i Requiem di Fauré e Duruflé, premiati con il prestigioso "Diapason d'or" e la Misa Tango di Luis Bacalov con Placido Domingo.

Myung-Whun Chung, nato in Corea nel 1953, inizia giovanissimo lo studio del pianoforte debuttando all'età di sette anni con la Seoul Philharmonic Orchestra e proseguendo a New York, gli studi di pianoforte e direzione d'orchestra. Come pianista, Chung vince il secondo premio al Concorso Cajkovskij di Mosca nel 1974. Mentre nel 1978 diventa Assistente e poi Direttore associato di Carlo Maria Giulini alla Los Angeles Philharmonic. In Europa, Chung ricopre i ruoli di Direttore musicale e Direttore principale dell'Orchestra della Radio di Saarbrüken dal 1984 al 1990, Direttore ospite Principale del Teatro Comunale di Firenze dal 1987 al 1992 e Direttore musicale all'Opéra di Parigi dal 1989 al 1994. Fra le più prestigiose orchestre europee e statunitensi con cui ha collaborato figurano i Berliner Philarmoniker, il Concertgebouw di Amsterdam, la London Symphony e la London Philharmonic, i Münchner Philarmoniker, l'Orchestre National de France e l'Orchestre de Paris, l'Orchestra Filarmonica della Scala, i Wiener Philarmoniker, la Boston Symphony, la Chicago Symphony, la Cleveland Orchestra, la New York Philharmonic e la Philadelphia Orchestra. Tra i numerosi i riconoscimenti della critica a lui assegnati, il "Premio Abbiati" dalla critica italiana e il Premio "Arturo Toscanini", mentre nel 1992 il governo francese gli ha conferito la Legion d'Onore per il contributo dato all'Opéra di Parigi. Un tour in Estremo Oriente nel settembre 1995 con la Philharmonia Orchestra ha rappresentato il suo debutto in Giappone: questi concerti sono stati definiti "Migliori concerti dell'anno" dalla stampa giapponese, così come quelli del novembre '96 quando Chung è tornato con la London Symphony Orchestra. Dal 1990 il Maestro Chung ha un contratto esclusivo con la Deutsche Grammophon, recentemente rinnovato fino al 2002. Oltre a produzioni di musica sinfonica e lirica, è in corso di realizzazione una serie di registrazioni dedicate alla musica sacra che lo vedranno impegnato insieme all'Orchestra di Santa Cecilia di cui Chung è Direttore principale dall'ottobre del 1997. Già precedentemente ospite abituale dell'istituzione romana, ne ha diretto il Coro a Parigi in occasione delle "Giornate Mondiali della Gioventù" e l'Orchestra in due acclamate tournée in Estremo Oriente. Molti gli impegni futuri con l'Accademia: ai progetti discografici e ai concerti nelle stagioni dell'ente, si aggiungeranno numerose tournée in tutto il mondo, i festival monografici e il Festival di Pasqua, oltre ai numerosi appuntamenti con la grande musica sacra legati alle celebrazioni per il Giubileo del 2000. Parallelamente alla sua attività musicale, Myung-Whun Chung è molto impegnato sul fronte umanitario e dell'ecologia. Dal 1992 è Ambasciatore per il "Drug Control Program" alle Nazioni Unite (UNDCP). Nel dicembre 1995 è stato nominato "Man of the Year" dall'UNESCO e nel 1996 il governo della Corea gli ha conferito il "Kumkuan", il più importante riconoscimento in campo culturale del suo paese. Dal 1994 ha lanciato una serie di progetti mirati a stimolare l'interesse dei bambini coreani alle problematiche ambientali attraverso i festival musicali. Attualmente ha l'incarico di Ambasciatore onorario per la Cultura per la Corea, il primo nella storia del suo paese.

IL PROGRAMMA

Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
Quarta Sinfonia in si bemolle maggiore op. 60
Adagio - Allegro vivace
Adagio
Allegro vivace
Allegro ma non troppo

Quinta Sinfonia in do minore op. 67
Allegro con brio
Andante con moto
Allegro
Allegro

Ludwig van Beethoven
Quarta Sinfonia in si bemolle maggiore op. 60
La Quarta Sinfonia fu composta tra l'estate e l'autunno del 1806 e dedicata al conte Oppersdorf, che ne fu anche il committente. Schumann la paragonò a "una slanciata fanciulla greca tra due giganti nordici", per il suo singolare e non del tutto felice destino di occupare la posizione intermedia tra l'Eroica e la Quinta.
Scritta di getto, questa sinfonia "... è un puro fiore che conserva il profumo dei giorni più calmi della sua vita. ... Ignaz von Seyfried e Grillparzer dicono ch'egli, in quel periodo, appariva pieno di brio, vivo, giocondo, spiritoso, cortese, paziente con gli importuni, vestito in maniera ricercata, così abile che nessuno quasi, poteva accorgersi della sua sordità e che, a parte la debolezza della vista, si presentava assai bene. È così che appare in un ritratto, d'una eleganza romantica e un po' affettata, dipinto da Maethler. Beethoven vuole piacere e sa di piacere: il leone è innamorato e tien nascosti gli artigli. Ma sotto gli scherzi, sotto le fantasie e la tenerezza della Sinfonia in si bemolle si scoprono la forza terribile, l'umore capriccioso e gli scoppi di collera" (Romain Rolland).
Pur rappresentando un momento di distensione, emotivo e lavorativo, dopo le fatiche di un furore creativo che aveva dato alla luce la Terza Sinfonia, l'Appassionata, i Quartetti Razumovskij e i due primi movimenti della Quinta (allora già composti), la Quarta è lungi dall'essere un lavoro minore. Lo stile e il linguaggio sono ormai assolutamente personali, affrancati da ogni ombra e insidia settecentesca, anche se l'atmosfera generale e il recupero dell'equilibrio tipico del classicismo più maturo la avvicinano molto alle sue due prime sinfonie.
Il procedere per "coppie" di opere dal carattere contrastante (la n. 4 e la n. 5, la n. 7 e la n. 8, la n. 9 e l'ipotetica n. 10) ha fatto sì che nell'Ottocento le sinfonie con numeri pari venissero sottovalutate. "Beethoven veniva considerato troppo unilateralmente come l'uomo dell'Eroica, dell'Appassionata. Ma le sinfonie pari sono altrettanto autenticamente beethoveniane, rispecchiando in modo ugualmente fedele e significativo la sua personalità" (Paul Mies).
Beethoven, dopo e nonostante la Terza, seppe rinunciare con la Quarta Sinfonia alla grandiosità e al titanismo eroico in favore di una leggera trasparenza, un elegante gioco strumentale, una sensibilità sottile e acuta, un'affabilità tutta interiore.
Nell'orchestrazione della Quarta si consolida tra l'altro uno dei tratti più caratteristici del sinfonismo beethoveniano: i temi vengono costruiti ed elaborati frammentariamente dai vari strumenti e questi non hanno più ruoli fissi, convenzionali (melodia, ripieno, basso), ma ciascuna famiglia viene impiegata liberamente secondo ragioni strutturali o poetiche (l'esempio estremo è rappresentato dai timpani, spesso impiegati anche in funzione tematica). Nel caso di questa sinfonia sono i fiati ad avere un ruolo e un peso decisamente evidenti all'interno di ciascuno dei quattro movimenti. A partire dall'Adagio iniziale, chiaro omaggio a Haydn, e quindi nell'Allegro vivace che segue, dove clarinetti e fagotti accompagnano il primo tema dei violini e lo sviluppo è risolto dal rincorrersi dei legni. L'Adagio è un vero e proprio omaggio ai clarinetti, cui è affidata la seconda idea tematica, qui trattati con una sensibilità tutta romantica, mentre troviamo evocazioni bucoliche dei legni nel trio del terzo tempo.

Quinta Sinfonia in do minore op. 67
Dopo la Terza Sinfonia che l'aveva inaugurato, lo stile "eroico" ricompare eloquente con la Quinta, dedicata al principe Lobkowitz e al conte Razumovskij.
Il più eseguito e conosciuto dei nove capolavori sinfonici beethoveniani ebbe una lunga gestazione: i primi schizzi risalgono al 1800, le prime pagine al 1804, ulteriori periodi di lavoro al 1806 e la stesura definitiva data tra l'aprile del 1807 e l'aprile del 1808. La prima esecuzione pubblica avvenne il 22 dicembre 1808 in un concerto memorabile diretto da Beethoven stesso al teatro An der Wien.
"Per quanto la si ascolti, nelle sale pubbliche o private, ogni volta la Quinta esercita su tutti, e a tutte le età, un fascino impressionante: come quei fenomeni della natura che per quanto frequenti, riempiono ogni volta di sorpresa e di sbigottimento" (Robert Schumann).
Tra le ragioni di un tale successo non intaccato dal tempo sta sicuramente il fatto che Beethoven con questa composizione portò il genere della sinfonia, congiuntamente alla propria tecnica compositiva, a un grado altissimo di maturità e di perfezione, tanto che la Quinta è considerata il paradigma del sinfonismo, non solo beethoveniano. In essa si trovano infatti tutti i tratti più distintivi e più innovativi del linguaggio musicale del maestro di Bonn, il cui merito più grande fu quello di mettere a frutto completamente le risorse espressive di un genere musicale senza stravolgerne la forma o il linguaggio armonico tradizionali.
Il tratto distintivo più noto e che emerge più evidente in questa sinfonia è la capacità di Beethoven di dare vita a temi ben delineati, ben riconoscibili, formati da brevissime cellule motiviche, di saperli elaborare all'infinito e di svilupparli per un intero movimento: il primo tempo della Quinta vive solamente in funzione del motivo ritmico di quattro note ("Così il Destino batte alla porta", scrisse l'autore), in ogni nuova formula melodica, ogni applicazione contrappuntistica, ogni raggruppamento strutturale, senza mai dare l'impressione di una ripetizione continua. Un altro elemento di novità rispetto ai predecessori, agli stessi Mozart e Haydn, è rappresentato dalla netta contrapposizione tra il primo e il secondo tema, che si trasformano quasi in due personaggi di un dramma: il secondo soggetto dell'Allegro con brio è dolce e cantabile e ben presto viene sopraffatto dal primo vigoroso e robusto.
Poi spiccano le dimensioni; il principio del contrasto e quello dello sviluppo si rivelano potenti risorse che per "sfogare" hanno bisogno di più ampie dimensioni, di limiti meno ristretti. Ciascun movimento si allunga notevolmente, senza mai perdere il senso delle proporzioni, senza mai sacrificare la coerenza e soprattutto acquistando una forte unità; decisivo in questo senso il nuovo ruolo assunto dal finale nel quale si risolvono tutte le tensioni accumulate precedentemente, quelle psicologiche, melodiche, armoniche e ritmiche. L'unità è inoltre raggiunta attraverso il richiamo e il ricorrere di cellule tematiche o ritmiche all'interno dei vari movimenti: il motto iniziale ricompare in punti cruciali del terzo e del quarto tempo, che tra l'altro si susseguono senza soluzione di continuità.
Massimo Mila aveva individuato una caratteristica della musica di Beethoven nella forza. Forza intesa non come violenza, ma come robustezza, incisività, capacità di sommuovere e trascinare. Come nella Terza Sinfonia, anche nella Quinta questa forza esplode in tutta la sua potenza e questo carattere "eroico", unito alle parole del compositore e alla natura dialettica della musica, hanno fatto sì che le sia stato attribuito il soprannome di "Sinfonia del Destino", simboleggiante la lotta vittoriosa (come dimostra il carattere gioioso del finale), dell'uomo sul fato.
La "Sinfonia in do minore" non è stata concepita dal suo autore secondo un programma ed ebbe forse ragione Igor Stravinsky nel rifiutare ogni connessione extra-musicale: "Ciò che conta è solo la musica. ... Si deve salvare Beethoven dalla tirannia ingiustificata degli "intellettuali". Bisogna consegnarlo a coloro che non cercano nulla nella musica oltre alla musica".

Marina Pantano


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