Venerdì 17 settembre 1999
ore 17
- Chiesa di San Filippo

Coro e Orchestra dell'Accademia del Santo Spirito

Grazia Abbà
soprano
Brigitte Ravenel
contralto
Mario Cecchetti
tenore
Enrico Bava
basso
Sergio Balestracci
direttore

Il Coro dell'Accademia del Santo Spirito è stato fondato nella primavera del 1985 e si dedica principalmente allo studio e all'esecuzione della musica inedita (prevalentemente concertata con strumenti) di autori italiani del '600 e del '700 (Marcello, Chiti, Lapini, Bianciardi, Gastoldi, Stradella, Alessandro Scarlatti, Cavalli, Vivaldi) con particolare riferimento gli autori piemontesi dello stesso periodo (Carisio, Fiorè, Montalto, Fergusio). Diretto fin dalla sua fondazione da Sergio Balestracci, ha tenuto numerosi concerti in Italia e ha partecipato a tutte le edizioni di Settembre Musica. Lo studio degli antichi autori italiani non ha comunque escluso i classici della coralità dal repertorio della formazione, che ha inciso per la Stradivarius due cantate sacre di Alessandro Stradella (1994) e, nel 1998, una raccolta di composizioni inedite di autori piemontesi dedicate alla Sindone.

L'Orchestra dell'Accademia del Santo Spirito, formatasi nel 1986 in occasione delle celebrazioni per il terzo centenario della nascita di Andrea Stefano Fiorè, è composta da giovani strumentisti che operano nel campo della musica barocca con strumenti originali, tornati a svolgere l'attività musicale in Italia dopo essersi specializzati nei più importanti centri musicali europei.

Michele Balmamion, Paolo Cantamessa, Adriano Coluccio, Alessandro Conrado,
Laura Corolla, Efix Puleo,
violini
Elena Saccomanni, Alberto Simonetti,
viole
Daniele Bovo, Marco Mosca,
violoncelli
Roberto Bevilacqua,
violone
Alberto Santi,
fagotto
Terrel Stone,
tiorba
Andrea Banaudi,
organo

L'organo dell'Accademia del Santo Spirito è progettato, costruito e accordato dalla ditta Brondino Vegezzi-Bossi di Centallo.

Grazia Abbà ha studiato canto con E. Cassardo e si è diplomata in Musica corale e Direzione di coro presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino. Ha perfezionato i suoi studi con G. Simpson e J. Cash (canto), G. Acciai (paleografia musicale) e F. Corti (direzione di coro). Nel 1995 ha frequentato l'Accademia Internazionale di Musica di St. Bertrand de Comminges (Francia) sotto la guida di Denise Duleix, con la quale ha approfondito in particolar modo il repertorio vocale barocco francese, e di Jean Saint Arroman, con il quale ha studiato musicologia. Sempre privilegiando il repertorio del '600 e del '700 italiano e francese ha tenuto concerti sia in qualità di solista sia in gruppi da camera, partecipando a importanti manifestazioni quali, tra le altre, il Festival Internazionale delle Arti barocche, il XVIII Festival di Musica Antica, oltre all'inaugurazione del Teatro della Reggia di Caserta. Collabora attivamente con l'Accademia del Santo Spirito e con il gruppo vocale e strumentale Fontegara di Torino.

Enrico Bava ha studiato canto con Laura Bracco; tra il 1990 e il 1992 ha collaborato con il Coro della RAI di Torino e nell'ambito della musica rinascimentale e barocca è attivo con i gruppi vocali Daltrocanto, Metamorphoses di Parigi (del quale è direttore aggiunto), Delitiae musicae, Cappella Ducale di Venezia e l'Accademia del Ricercare. Ha tenuto corsi di canto per l'Assercam di Lille in Francia e attualmente studia a Genova con il soprano Rosetta Noli. Per il Teatro Regio di Torino ha partecipato agli spettacoli Tosca, Pelleas et Melisande e Romeo et Juliette. Nel luglio scorso ha ricoperto il ruolo del Dottor Grenvil in Traviata a Brescia e partecipato alla stagione 97/98 dei concerti del Teatro alla Scala tenuti nella Cattedrale di San Marco a Milano. Nella stagione dei concerti 98/99 del Teatro Regio ha partecipato all'esecuzione in forma di concerto del Convitato di Pietra di Giuseppe Gazzaniga. Dal 1993 fa parte del Coro del Teatro Regio.

Mario Cecchetti, dopo l'esordio giovanile come violoncellista in complessi cameristici, si è dedicato all'attività vocale, diplomandosi presso il Conservatorio di Pesaro. Si è specializzato nella vocalità e nel repertorio barocco, collaborando, tra gli altri, con direttori quali G. Acciai, S. Balestracci, F. Bonizzoni, A. Curtis, A. De Marchi, R. Clemencic, G. Garrido, e per il repertorio classico con Gavazzeni, Peter Maag e Bruno Campanella. Ha effettuato tournée all'estero toccando, fra l'altro, il Teatro Châtelet di Parigi, Metz, il festival Internazionale di Musica Antica di Saintes, il Musikverein e le Wiener Fest Wochen, oltre a tenere concerti a Lisbona, Ginevra, Lugano, Innsbruck e Seoul.

Brigitte Ravenel, mezzosoprano, inizia i suoi studi di canto al Conservatorio di Losanna nel 1983. Nel 1988 consegue il diploma nella classe professionelle e, nello stesso anno vince la borsa "Burrus Jeunes Espoirs". Prosegue gli studi con Philippe Huttenlocher e, ad Amsterdam, con Martin Koenigsberger e Margreet Honig, conseguendo poi il diploma di virtuosité al Conservatorio di Losanna nel giugno del 1990. Nel settembre 1990 studia canto a Ginevra con Audrey Michael, partecipando parallelamente all'Opera Studio di Losanna dove segue corsi di eutonia (metodo Gerda Alexander) e di danza. Attualmente continua lo studio del canto con Lise Rapin e la pratica del metodo Alexander. Partecipa a corsi di interpretazione e di messa in scena con Christa Ludwig, lo scenografo François Rochaix e il direttore Roderick Brydon. Dopo aver fatto parte del coro professionale del Grand Théatre di Ginevra, è attiva in Svizzera e all'estero, soprattutto nel repertorio sacro.

Dopo aver iniziato gli studi di musica al Conservatorio di Piacenza, Sergio Balestracci ha studiato flauto diritto con Edgar Hunt, diplomandosi successivamente in questo strumento al Trinity College of Music di Londra. Laureatosi in Storia Moderna all'Università di Torino, ha iniziato molto presto l'attività concertistica come strumentista e come vocalista nel campo della musica rinascimentale e barocca, con-tribuendo, tra i primi in Italia, alla riscoperta di quel repertorio. Direttore dell'Accademia Fontegara di Torino fin dalla sua fondazione nel 1971, ha partecipato nel 1985 alle celebrazioni di Gabrieli con il Consort of Music per la Biennale di Venezia, ha diretto l'orchestra dell'Università di Padova e l'European Baroque Ensemble. Fondatore dell'Accademia del Flauto Dolce di Torino, attualmente è direttore del Coro e dell'Orchestra dell'Accademia del Santo Spirito nella stessa città. Già insegnante di Letteratura poetica e drammatica al Conservatorio di Alessandria, attualmente insegna Flauto dolce al Conservatorio di Padova. Nella veste di musicologo, è stato docente presso la Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo e l'Accademia Filarmonica Trentina ed è tuttora docente di Storia della prassi esecutiva presso il Conservatorio di Milano. È impegnato non solo nel recupero delle opere musicali barocche italiane, ma anche nello studio della trattatistica rinascimentale e barocca: nel 1992 ha pubblicato la prima traduzione italiana del Trattato sul flauto traverso di Quantz. In ambito discografico ha all'attivo incisioni di musiche di Stradella, Benedetto Marcello, Willaert e Dieupart.

IL PROGRAMMA

Niccolò Jommelli
(1714-1774)

Barbara poena afflicta
mottetto per soprano, archi e basso continuo

Requiem in mi bemolle maggiore
per soli, coro e orchestra

Niccolò Jommelli (1714-1774) appartiene alla seconda generazione della scuola napoletana del Settecento. Il suo nome resta legato a una vasta produzione, sia nel campo del melodramma sia nell'ambito della musica sacra. Studiò dapprima ad Aversa, quindi a Napoli con i più illustri maestri del tempo, in un ambiente musicale dominato dalle figure di compositori quali Hasse e Leo. Le prime esperienze di Jommelli furono nel campo del teatro, in cui cominciò a riscuotere quei primi successi che lo portarono, dopo Napoli, in altri grandi centri teatrali italiani, quali Roma e Bologna. In quest'ultima città l'autore napoletano divenne allievo di Padre Martini ed entrò a far parte della famosa Accademia Filarmonica che avrebbe accolto, dopo pochi anni, il piccolo Mozart tra i suoi membri. Fu lo stesso Hasse a raccomandarlo, nel 1743, per la direzione dell'Ospedale degli Incurabili di Venezia, ed è di questo periodo la produzione di numerose composizioni sacre, tra le quali si colloca verosimilmente il mottetto qui in programma.
Nel 1747 Jommelli lasciò Venezia per Roma, per lavorare nella cappella papale, entrando nell'Accademia di Santa Cecilia. Qui ebbe modo di ampliare il suo repertorio sacro senza peraltro trascurare la produzione teatrale, nella quale si distinse per le sue numerose innovazioni, tra cui merita di essere segnalata la moderna concezione della "sinfonia avanti l'opera", trattata da quest'autore non più come mero pretesto per iniziare la rappresentazione scenica, ma come una forma autonoma in sé compiuta. Proprio quest'aspetto esercitò una notevole influenza sul nascente sinfonismo di Mannheim e in particolare sulla produzione di Johann Stamitz. Dopo un intenso periodo creativo nel campo teatrale, durante il quale fu attivo anche a Vienna, negli anni migliori del Metastasio, fu chiamato a Stoccarda dal duca Carlo Eugenio del Württemberg, dove assunse ufficialmente il posto di Oberkappelmeister nel 1754. Qui Jommelli rimase fino al 1769, dedicandosi alla produzione di opere per il nuovo teatro inaugurato nel 1750, creando una delle migliori orchestre europee e attirando nella capitale tedesca i migliori cantanti, registi e coreografi del tempo; furono anni di grande creatività se si pensa che per giunta, in base agli accordi con il duca, il compositore napoletano ebbe la possibilità di assentarsi più volte da Stoccarda per seguire la rappresentazione di alcune sue opere nei teatri italiani.
Il Requiem appartiene a questo periodo e fu composto per la morte della madre di Carlo Eugenio, Maria Augusta, avvenuta il 1° febbraio 1756. Dal 1768 Jommelli entrò in contatto con la corte di Lisbona; qui il musicista non si recò personalmente, ma si impegnò a scrivere un'opera seria e un'opera buffa ogni anno in cambio di una pensione. Il ritorno a Napoli l'anno seguente non diede al nostro compositore l'opportunità di ritrovare il gusto di quel pubblico: lo stesso Mozart, nel giudicare l'Armida abbandonata di Jommelli l'aveva trovata bella ma troppo elaborata e ormai fuori moda per il teatro. Così gli ultimi anni di vita videro al tempo stesso un certo distacco dalle scene e un ultimo impegno nel campo della musica sacra, che il musicista aveva parallelamente sempre coltivato in tutta la sua vita componendo oratori, passioni, cantate sacre, messe, salmi, inni, lezioni per la Settimana Santa e vari mottetti.
Tra quelli scritti per l'Ospedale degl'Incurabili, Barbara poena afflicta è conservato manoscritto presso la Biblioteca dei Padri Filippini di Chioggia. Sul frontespizio si dice esser stato cantato dalla "signora Caterina", una delle "putte" di questa istituzione di cui si conserva memoria, così come delle varie Francesca, Clara, Cecilia ed Elisabetta citate negli altri mottetti di questo periodo. Il testo è di generica edificazione, non reca il nome dell'autore ed è musicato secondo una struttura non diversa da quella di molte cantate profane: un'aria iniziale è introdotta e seguita da una sezione strumentale; segue un recitativo accompagnato di grande intensità espressiva (forma nella quale Jommelli era famoso innanzi tutto come operista); un'altra aria con il da capo e l'Alleluja finale.
Il Requiem in mi bemolle maggiore fu scritto in pochissimi giorni per poter degnamente commemorare la sovrana defunta citata qui sopra, e divenne immediatamente famoso come la più bella composizione sacra di Jommelli, il quale per far fronte a un compito così improvviso utilizzò diversi temi e idee musicali di composizioni precedenti. Possiamo ancora oggi giudicare della sua reputazione presso i contemporanei dall'altissimo numero di copie sia pure non complete che ne sono pervenute, disseminate in tutta Europa e particolarmente in Germania e in Italia, i paesi in cui l'autore fu attivo, nonché negli Stati Uniti. Nella produzione sacra di Jommelli, la diffusione di questo Requiem regge il confronto solo con quella del Miserere, il Salmo L tradotto in italiano (si ricordi il precedente di Benedetto Marcello), composto poco prima della morte nel 1774.
Secondo le ricerche di Wolfgang Hochstein, il massimo studioso dell'autore napoletano, l'intera mole delle opere sacre si può dividere fondamentalmente in quattro periodi: quello veneziano, fino al 1746; quello romano, di gran lunga il più ricco e importante, costituito dalle composizioni scritte nei numerosi soggiorni, anche brevi, nella città eterna, fino ai primi anni cinquanta; quello di Stoccarda e l'ultimo, quello napoletano.
Il tessuto connettivo del Requiem è dato dalle parti corali sostenute da un'orchestra d'archi con il basso continuo; ma ne esistono varie rielaborazioni, alcune con l'aggiunta di fiati, altre addirittura per sole voci con organo o per organo solo. Non vi sono recitativi e neppure arie solistiche vere e proprie, dal momento che gli interventi dei solisti, più o meno lunghi, si inseriscono sempre in mezzo a quelli corali, perlopiù senza soluzione di continuità. Nell'Introito, una lenta declamazione omoritmica del coro su un accompagnamento sincopato dei violini cede appena a due brevissimi incipit del soprano e del contralto. Il Kyrie si presenta come un fugato tra i solisti ripreso dal coro dopo il Christe. Il Dies irae è costituito da vari interventi solistici (Salva me, Juste judex) intervallati da inserti omoritmici del coro. Il sopraggiungere di Confutatis, declamato omoritmicamente da tutto il coro conferisce forza all'espressione, con veloci arpeggi d'archi.
Interessante l'episodio Pie Jesu costituito da un fugato in cui il tema è presentato con una declamazione ribattuta sulla stessa nota. L'omoritmia è largamente impiegata anche nell'Offertorio, in Domine Jesu Christe, mentre Quam olim Abrahe si presenta come un fugato dapprima dei solisti, poi del coro, dopo Hostias et preces.
Il Sanctus, presentato con accordi statici del coro con l'ornamentazione dei violini, si conclude con il tipico fugato corale dell'Hosanna. Il Benedictus è forse l'unico episodio che dà a una sola voce, il soprano, la possibilità di dispiegarsi in un largo arioso. Dopo l'Agnus Dei, infine, il Communio si presenta con un tema semplice costituito da una scala discendente trattato in modo fugato.
Anche nel Requiem appaiono ben visibili alcuni caratteri distintivi dell'arte di Jommelli: una profonda conoscenza del contrappunto e un senso della struttura derivato dal gusto tedesco per la complessità, unito a una cantabilità italiana, meglio ancora napoletana, e a un senso dell'ornamentazione in parte di derivazione francese. Si tratta in effetti di uno di quegli autori attivi in piena "epoca galante", ognuno dei quali tenta una propria personale sintesi degli stili nazionali inconciliabili fino ai primi anni del Settecento; tra questi Jommelli elabora un linguaggio che per molti versi ricorda la cantabilità cosmopolita di Hasse.
Certo, da una parte è difficile farsi un'idea adeguata del linguaggio del maestro napoletano senza una conoscenza dell'immenso repertorio teatrale mentre, d'altra parte, l'ascoltatore moderno sarà talora colpito da certe movenze profane facilmente riconoscibili in alcune pagine sacre, dovute all'impiego sostanziale di un solo linguaggio espressivo per i due ambiti, con una evidente tendenza a trasfondere in ambito sacro una certa leggerezza del melodramma. Questo presupposto dà i suoi risultati più efficaci proprio là dove, anche in ambito sacro è necessaria una vera e propria attitudine drammatica, quasi teatrale, per sottolineare certi momenti cruciali della liturgia. Si consideri, infine, che questo Requiem fu per molto tempo il più eseguito, essendo considerato il più importante e famoso nell'Europa del '700, prima di quello di Mozart.

Sergio Balestracci

I TESTI

Barbara poena afflicta

Barbara poena afflicta
plango suspiro, et gemo misera derelicta
quaero dilectum meum in colle in prato.
Veni caelestis Amor
veni solare me vultu beato beato.
Acerbissimae poenae nubes peccati mei
meum dilectum abscondi,
eum tota die quaesivi
in prato in colle errando anhelans.
Iam deficio et ultra deferre
pedes meos lassa non possum.
Quo quo fugis amor sancte?
Ah! vide iam doloris veniunt
a corde meo sincerae stillae
et rigant genas meas mestae pupillae.
Lacrymae amarae
doloris filiae
lacrymae carae
meum cor mundate
salvate me
et in vultu sereno
laetitia pleno
ostende te.
Alleluia.

 

Requiem
Introitus

Requiem aeternam dona eis Domine:
et lux perpetua luceat eis.
Te decet hymnus, Deus, in Sion,
et tibi reddetur votum in Jerusalem:
exaudi orationem meam,
ad te omnis caro veniet.
Requiem aeternam dona eis Domine:
et lux perpetua luceat eis.

Kyrie

Kyrie eleison,
Christe eleison,
Kyrie eleison.

 

Sequentia

Dies irae, dies illa,
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sybilla.
Quantus tremor est futurus,
quando iudex est venturus,
cuncta stricte discussurus!
Tuba mirum spargens sonum,
per sepulchra regionum,
coget omnes ante thronum.
Mors stupebit, et natura
cum resurget creatura
iudicanti responsura.
Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus iudicetur.
Iudex ergo cum sedebit,
quidquid latet apparebit:
nil inultum remanebit.
Quid sum miser tunc dicturus?
Quem patronum rogaturus,
cum vix iustus sit securus?
Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me fons pietatis.
Recordare Jesu pie,
quod sum causa tuae viae:
ne me perdas illa die.
Quaerens me, sedisti lassus:
redemisti crucem passus,
tantus labor non sit cassus.
Juste iudex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.
Ingemisco tamquam reus:
culpa rubet vultus meus
supplicanti parce Deus.
Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.
Preces meae non sunt dignae
sed tu bonus fac benigne
ne perenni cremer igne.
Inter oves locum presta,
et ab haedis me sequestra,
tuens in parte dextra.
Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis:
voca me cum benedictis.
Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis,
gere curam mei finis.
Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
iudicandus homo reus:
Huic ergo parce Deus.
Pie Jesu Domine,
dona eis requiem.
Amen


Offertorium

Domine Jesu Christe, Rex gloriae,
libera animas omnium fidelium defunctorum
de poenis inferni et de profundo lacu:
libera eas de ore leonis,
ne absorbeat eas Tartarus
ne cadant in obscurum:
sed signifer Sanctus Michael
repraesentet eas in lucem sanctam:
quam olim Abrahae promisisti,
et semini eius.
Hostias et praeces
tibi Domine laudis offerimus:
tu suscipe pro animabus illis,
quarum hodie memoriam facimus:
fac eas, Domine, de morte transire ad vitam.

 

Sanctus

Sanctus, Sanctus, Sanctus
Dominus Deus Sabaoth.
Pieni sunt caeli et terra gloria tua.
Hosanna in excelsis.
Benedictus qui venit in nomine Domini
Hosanna in excelsis.

 

Agnus Dei

Agnus Dei qui tollis peccata mundi:
dona eis requiem.
Agnus Dei qui tollis peccata mundi:
dona eis requiem sempiternam.

 

Communio

Lux aeterna luceat eis, Domine,
cum sanctis tuis in aeternum,
quia pius es.
Requiem aeternam dona eis Domine:
et lux perpetua luceat eis,
cum sanctis tuis in aeternum,
quia pius es.

 

Tormentata da pena inumana
piango, sospiro, gemo; misera, derelitta
cerco il mio diletto per colli e per prati.
Vieni, Amore celeste,
vieni a consolarmi con volto lieto.
Acerbissime pene le nubi dei miei peccati:
mi son lasciata dietro la vera gioia,
tutto il giorno l'ho cercata anelante
errando per prati e colli.
Ormai mi sento mancare e non riesco,
me infelice, a procedere oltre.
Dove mi sfuggi, o amore santo?
Ohimé, per il dolore
sincere lacrime sgorgano dal mio cuore
e i miei occhi mesti già rigano le guance.
Lacrime amare,
figlie del dolore,
lacrime pur amate
purificate il mio cuore
salvandomi.
E tu, o Amore celeste,
mostrati nel volto sereno
pieno di letizia.
Alleluia.

 

Introito

L'eterno riposo dona a loro, o Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua.
A te si addice la lode, Signore, in Sion,
e a te sia sciolto il voto in Gerusalemme.
Ascolta la mia preghiera,
a te ritorna ogni anima mortale.
L'eterno riposo dona a loro, o Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua.

Kyrie

Signore, pietà,
Cristo, pietà,
Signore, pietà.

 

Sequenza

Giorno d'ira, quel giorno
distruggerà il mondo in faville,
com'è attestato da Davide e dalla Sibilla.
Quanto grande sarà il terrore
quando verrà il giudice
a valutare ogni cosa severamente.
Una tromba, con un suono mai prima udito
tra i sepolcri delle nazioni
tutti sospingerà davanti al trono.
Stupefatte saranno Morte e Natura
quando ogni creatura risorgerà
per rispondere a colui che giudica.
Sarà portato un libro scritto
in cui tutto è annotato
per giudicare il mondo.
Quando il giudice si sarà assiso
tutto ciò che era nascosto apparirà
e nulla resterà impunito.
Che dirò allora io, misero?
a quale avvocato mi appellerò
se a mala pena il giusto è sicuro?
Re di tremenda maestà
che salvi per la tua grazia,
salvami, o fonte di misericordia.
Ricordati, o pio Gesù
che io sono la cagione del tuo cammino:
fa' ch'io non mi perda quel giorno.
Cercandomi, ti sedesti stanco
e mi redimesti, soffrendo sulla croce:
tanto dolore non sia vano!
Giusto giudice vendicatore,
concedimi la grazia della remissione
prima del giorno della sentenza.
In quanto reo mi lamento,
il mio volto arrossisce per la colpa:
risparmia chi ti supplica, o Dio.
Tu assolvesti Maria
ed esaudisti il ladrone;
anche a me hai dato speranza.
Le mie preghiere non sono degne,
ma tu, clemente, fa benignamente
ch'io non arda in eterno nel fuoco.
Offrimi un posto tra le pecorelle
e separami dai caproni
ponendomi alla tua destra.
Confutati i maledetti
e condannatili alle fiamme ardenti,
chiamami tra i benedetti.
Ti prego, supplicando e prostrandomi,
il cuore ridotto quasi in cenere,
prenditi cura della mia fine.
Giorno di pianto quello
in cui risorgerà tra le faville
il colpevole, per essere giudicato.
Abbi pietà di costui, o Dio.
Pio Gesù, Signore,
dona loro l'eterno riposo.
Così sia.

 

Offertorio

O Signore Gesù Cristo, Re di Gloria,
libera le anime di tutti i fedeli defunti
dalle pene dell'inferno e dal profondo abisso:
liberale dalle fauci del leone
affinché non le inghiotta il Tartaro
e non cadano nell'oscurità:
ma il vessillifero San Michele
le riporti alla santa luce
che un giorno promettesti ad Abramo
e alla sua discendenza.
Sacrifici e preghiere in tua lode
ti offriamo, o Signore:
tu accettali per quelle anime
che oggi ricordiamo:
fa' che possano passare dalla morte alla vita eterna.

 

Santo

Santo Santo Santo
Il Signore Dio degli eserciti
I cieli e la Terra sono pieni della tua gloria
Osanna nell'alto dei cieli
Benedetto colui che viene nel nome del Signore
Osanna nell'alto dei cieli

 

Agnello di Dio

Agnello di Dio che togli i peccati del mondo,
dona loro il riposo.
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo,
dona loro l'eterno riposo.

 

Comunione

La luce eterna splenda ad essi, o Signore,
con i tuoi santi in eterno
poiché tu sei misericordioso.
L'eterno riposo dona loro, o Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua
con i tuoi santi in eterno
poiché tu sei misericordioso.

(traduzioni a cura di Sergio Balestracci)


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