Centro relazioni e famiglie

L’esperienza dei laboratori per separati di Torino

di Giuliana Ferreri su Rivista di mediazione familiare sistemica n.3/4 – 2005/2006

L’esperienza della separazione è ormai segnalato come fenomeno sociale: visto con apprensione ed allarmismo per il crescente numero di divorzi, ha costretto più operatori ad interrogarsi su come intervenire nel “qui ed ora “ contestualizzando le conseguenze che i conflitti coniugali possano provocare a più livelli, dall’individuo angosciato alla realtà sociale che fa da contorno.

La questione principale che ha mosso alcuni di noi ad ipotizzare un progetto di LABORATORIO per SEPARATI proveniva proprio dalle esigenze che spesso portavano le persone in consulenza in seguito a crisi coniugali: lamentavano medesime emozioni connotate con la parola “sofferenza” per sé e per i propri figli.

Persone di diversa appartenenza sociale e inseriti in contesti molto differenti tra loro, sia uomini che donne,erano accomunati dalla denuncia di un sentimento particolare che provavano nel momento in cui si erano separati: la solitudine!

Questa espressione veniva esplicitata sia in termini personali “ Ora sono solo! “ che in termini sociali “Sono rimasto da solo; dopo che ho detto che mi son separato si è creato il vuoto intorno a me“.

Il fatto che la separazione fosse intesa come fatto sociale oltre che familiare è infatti stato evidenziato da ricercatori e terapeuti familiari: ma valeva la pena proporre un confronto di gruppo tra persone separate per non ridurre la separazione ad un fatto personale o di coppia ?

A distanza di tempo, siamo all’ VIII° laboratorio di gruppo per persone separate ed il I° è stato avviato nel 1998, ci sembra di poter rispondere in modo positivo.

L’obiettivo principale della costituzione di un gruppo per persone separate non era solo quello di contrastare l’isolamento in cui si venivano a trovare i singoli, con il rischio di proporre un momento immaginario di incontro per costruire nuovi accoppiamenti (tipo agenzia matrimoniale!)

Si voleva soprattutto, “sostenere “ le persone coinvolte nella separazione, anche nel cercare di tener vivo e lucido il rapporto relazionale con l’ex coniuge e la famiglia di origine, sia per la costruzione di sé che per la crescita dei figli!

Cigoli in “Psicologia della separazione e del divorzio” ed. Il Mulino afferma che “…nel nostro vivere sociale il rito di separazione – divorzio ( tagliare certi legami riconoscendone peraltro la storia) è affidato alla giustizia. D’altronde tale rito rischia di essere vuota cerimonia se non è sostenuto da una concreta coralità di impegno sociale. Una società viva non rimanda solo a corpi specialisti separati (tribunale, avvocati, psicologi) il compito di “riparare danni”, come se il divorzio fosse qualcosa di anomalo che non la riguarda. Né si rifugia nell’imbroglio della ‘normalità’ del divorzio in quanto assai diffuso nel corpo sociale. Piuttosto riconosce di essere parte in causa del problema e si dispone a fornire sostegno.” (op.cit.pag.14)

Richieste – Bisogni – Aspettative delle persone separate

“…Si sposarono e vissero felici e contenti” La vita Matrimoniale nella realtà non è così facile come appare nelle favole e può non durare per sempre. L’esperienza della separazione è dolorosa e porta con sé solitudine, paura e disorientamento…

Scrive Delia Munari separata con figlio piccolo che ha frequentato il I° Laboratorio per separati:

“Il desiderio mio e di chi ha aderito all’iniziativa del Gruppo per Separati era quello di conoscere persone segnate dal fallimento del proprio matrimonio per poter condividere e confrontare timori e speranze, fatiche e desideri e per imparare a non subire questa situazione, ma ad affrontarla attivamente per il bene dei nostri figli”

Le aspettative delle persone che si iscrivono al Laboratorio sono loro stessi che le dichiarano sia nei colloqui che nel primo incontro di gruppo:

  • poter fare un cammino con altre persone per poter ‘crescere ‘nella realtà quotidiana
  • poter avere strumenti idonei per affrontare meglio le relazioni future
  • costruire la forza di accettazione di essere separati
  • essere aiutati e sostenuti perché “ se non funziona da soli non si riesce ad aggiustare la situazione “( come se si fosse rotto qualcosa )
  • nel confronto ci sono più occasioni per “ tirar fuori” ciò che abbiamo dentro (questione di chiusura interiore )
  • riuscire ad avere più serenità per chiarire le situazioni difficili (lucidità nel conflitto)
  • gestione dei figli e confronto sul comportamento da adottare nell’affrontare la separazione
  • come fare con i commenti negativi del partner nei vissuti della separazione (questione della relazione con l’altro genitore)
  • avviare una crescita personale con esperienze diverse per diventare “una persona migliore “ ( vissuto di fallimento)
  • riscoprire valori come quelli dell’amicizia
  • avere dagli scambi di opinioni momenti di benessere che al momento non si hanno più

I destinatari del progetto sono persone separate con figli, affidati e non, ma anche senza figli che in un primo momento del progetto non erano state prese in considerazione. Perciò sono state incluse tutte le persone in situazione di separazione per il fatto che nei colloqui iniziali, i vissuti comunque erano simili:

senso di abbandono, di lutto, depressione, rabbia, frustrazione, ansia…fino a somatizzare sintomi, a volte con accessi incontrollati di pianto, attacchi di panico, malattie…

A livello emotivo, la persona separata,proprio nel momento di crisi, evidenzia instabilità, confusione, ambiguità, paralisi o eccitazione…fino a buttarsi a volte, in una nuova relazione, precipitosamente: in realtà non avendo rielaborato in modo adeguato i vissuti precedenti, tende a replicare una ‘storia’ fallimentare.

Il tempo di separazione abbiamo notato che non ha la stessa conseguenza per tutti: si iscrivono al laboratorio persone che si sono separate anche da tanto tempo (qualcuno è da dieci anni separato già con sentenza di divorzio ) ma con lo stesso vissuto di coloro che si stanno separando al momento di frequentare il gruppo.

E’ con la narrazione che si rinverdisce tutto il vissuto emozionale, indipendentemente dal tempo di separazione trascorso! Nella condivisione dei racconti, si può solo notare una differenza di intensità di vissuti, che si traduce in confronto con gli altri membri del gruppo e sostegno condiviso con i conduttori.

Altro fattore particolare è il tempo di quanto sono stati sposati prima della separazione: molto vario da persone che hanno 30 anni di matrimonio alle spalle a quelli che dopo un anno circa di convivenza si sono separati. Vedremo come questi tempi siano rilevati dal gruppo come momento di nuova condivisione e non di diversità !

Un ulteriore elemento caratterizzante delle persone che si iscrivono ai Laboratori è la questione della separazione in termini di chi l’ha richiesta e di chi l’ha subita: questa distinzione permette di strutturare le attività di gruppo con visione più amplificata, avendo le due “ parti “ a confronto per la ristrutturazione dei vissuti! (vedi nelle tematiche delle attività)

Cronistoria dell’ attivazione del Laboratorio per persone separate

Sintesi del Progetto

“Separati ma… sempre Famiglia “

Alcuni Consulenti sistemici di Torino che facevano capo alla scuola di formazione di Eteropiesi di Torino, alla fine del 1997 si erano trovati a partecipare ad un percorso di studio nell’ambito dell’organizzazione di Progetto Famiglia promosso da PUNTO FAMILIA di via Casalis 72 di Torino ( Con suor Germana e Padre Muraro ) con la conduzione supervisione a cura del dottor Pasquale Busso.

Secondo la filosofia dell’associazione Punto Familia si voleva investire su nuove iniziative per la Famiglia, “in quanto luogo insostituibile di formazione umana e cristiana in un cammino permanente”, offrendo servizio e sostegno alla persona, dal singolo alla coppia e a tutta la parentela, “dal neonato, ai nonni, nei vari momenti del ciclo di vita familiare”

(dal Progetto) “…Delicata infatti appare la situazione di quei separati che anche per le loro convinzioni religiose, vivono in questo frangente il principio dell’indissolubilità matrimoniale come la condanna certa ad una vita futura vuota di affetti e di prospettive…Il Progetto propone una nuova cultura della separazione, che mantenga viva la famiglia nella relazione genitoriale e in quei legami che restano anche al di là della separazione coniugale (famiglia allargata ecc.)”

Perché l’uso del termine LABORATORIO?

Inteso come ‘luogo convenientemente disposto per fare preparazioni o ricerche scientifiche…officina annessa ad una bottega, ad un negozio o simile, opificio’ (dal Dizionario Lingua Italiana) il termine LABORATORIO, per i consulenti che lo hanno attivato ha il significato di “spazio strutturato” per (dal Progetto): “elaborare in gruppo la realtà della separazione utilizzando il metodo del lavoro di gruppo come modalità dell’apprendere…

In questo progetto si utilizza come cornice di riferimento concettuale il Modello Sistemico Relazionale perché questo appare intrinsecamente congruo per la gestione del conflitto familiare…senza voler fare la storia del Modello Sistemico, occorre però dire che tra tutti i modelli teorici, questo ha posto la propria attenzione sulla famiglia,ponendola al centro dei propri interessi come oggetto privilegiato di indagine. L’aver scelto la famiglia piuttosto che il singolo individuo, ha generato nell’analisi una serie di correlazioni significative: ci si è dedicati allo studio approfondito della comunicazione e alle regole ad essa sottese, ne sono state analizzate le risorse,se ne sono studiate le dinamiche e i conflitti.

Dobbiamo all’analisi dei sistemici i concetti di ‘ ciclo vitale della famiglia’, di confini familiari ’, di ecologia del conflitto ecc.”

Dimensione Gruppo nel Laboratorio per Separati

Gruppo, evento separazione e ritualità

Il gruppo e quindi tutte le forme di gruppalità sono di basilare importanza nell’evento “separazione”.

La scelta di intervenire su un gruppo di persone più che sul singolo scaturisce dal fatto che insieme:

  • si possono rimettere in circolo idee, sentimenti emozioni tra i partecipanti
  • ci si può aiutare a vicenda contenendo ansie ed inventando soluzioni creative
  • si riconoscono i punti di vista degli altri attraverso lo scambio di idee
  • si possono prendere le giuste distanze dalla propria situazione,vedendola riprodotta in altre

Si è trattato di avviare in gruppo un percorso formativo non specificatamente didattico un gruppo che abbia una propria organizzazione con tempi, modi e obiettivi degli incontri specifici per ogni gruppo precisando quale fosse il ruolo dei conduttori,in qualità di mediatori costituendo un contratto chiaro fin dall’inizio, anche se non rigido, quindi suscettibile di alcune modifiche co-costruite con i partecipanti.

Quando c’è “separazione o divorzio” ( come riferisce Cigoli op.cit. ) viene a ‘mancare la dimensione corale’ cioè manca la partecipazione collettiva fatta di norme e rituali che diano la possibilità a chi sta vivendo il momento, di ricercare sostegno, conforto, ma anche di rispondere a interrogativi e critiche,comunque meglio di silenzi imbarazzanti ed evitanti !

Alcuni autori hanno messo in risalto la mancanza nelle società occidentali, di un apparato rituale che sia di aiuto agli ex coniugi, nel passaggio dallo ‘status’ di sposati a quello di ‘separati’. Nel nostro contesto “la ritualità” è compito della procedura giudiziaria, ormai diventata l’unica celebrazione di una registrazione puramente burocratica.

Con la costituzione di un gruppo di persone separate, si è voluto colmare la carenza della ritualità, superando l’individualismo del vissuto della separazione, cercando di connotare il riconoscimento del nuovo stato coniugale; si è cercato di proporre in gruppo “ un’operazione mentale che comprenda l’interiorizzazione della fine della coniugalità o della convivenza, sapendo portare in salvo sia la fiducia nel legame (essere degni di legami, saper legare l’altro a sé )” ( Cigoli op.cit.) che il rapporto con i figli nello scambio di generazioni.

Crisi della coniugalità, conflitto e mediazione

Società e famiglia essendo in stretta “correlazione reciproca” mutano entrambe, compiti e funzioni in modo che avvenga un continuum evolutivo e trasformativo.

La famiglia ‘contemporanea ‘ ha connotazioni ambigue e ambivalenti per il fatto che (come riferisce Castelli op.cit.) il sistema familiare è “un gruppo sociale”, vale a dire gruppo di persone legate insieme da relazioni interpersonali, e nello stesso tempo è anche “istituzione sociale”, regolata da rigidi codici normativi che hanno a che fare con la dimensione legale, politica, morale ed economica vigente in un dato paese.

E’ così che si incontrano e si ‘scontrano’, soprattutto, bisogni privati e pubblici, elementi contrattuali e non!

La coppia nel tempo storico, è diventata quindi un’entità libera e abbastanza elastica, governata e regolata però da contratti privati che possono rimanere addirittura segreti, con caratteristiche emotive ed affettive molto personali.

L’attenzione posta sul dato sentimentale, ha elevato fortemente il livello delle aspettative reciproche e il conseguente rischio che aspettative tanto ‘elevate’,vengano deluse. Ecco la crisi coniugale per il probabile fallimento della vita a due!

L’esigenza di soddisfazione reciproca, in quanto individui all’interno della famiglia, diventa un punto centrale e irrinunciabile.

La famiglia entra in crisi non solo per le difficoltà di delineare il proprio ruolo come struttura, ma anche per i ruoli sempre nuovi e mutevoli assunti dai suoi singoli!

Questa famiglia ‘contemporanea’ è un sistema in conflitto come ogni sistema vivente!

Il suo sviluppo è dato dalla continua rinegoziazione degli interessi dei singoli componenti, sottoposti a spinte centrifughe che alimentano il conflitto, fino ad arrivare alla “scissione”!

La Mediazione rileva come, essendo il conflitto in ogni relazione umana, implicito e inevitabile, in tutte le sue forme,tenda a comprendere le ragioni per arrivare a degli accordi tra le parti, in modo che sia possibile una nuova convivenza !

Quando il conflitto diventa insanabile e il sistema relazionale non regge più, avviene che si attraversi una fase di riorganizzazione che richieda di fare i conti con nuove identità, con capacità di differenziazione e di autonomia.

Se il sistema è una famiglia, la mediazione ha di fronte, oltre ai due coniugi, molti altri soggetti e un orizzonte allargato che può includere la presenza non solo dei figli ma anche delle famiglie d’origine, eventuali nuovi partner, amicizie, colleghi di lavoro…

Separazione, lavoro di gruppo e conduzione di gruppo:

MEDIATORI FAMILIARI di GRUPPO ?

Derivato dal tardo latino mediare, nel senso di “dividere, aprire nel mezzo “, si vuole indicare un processo volto a far evolvere dinamicamente una situazione in conflitto, aprendo canali di comunicazione che si erano fino ad allora bloccati !

In pratica sono le parti che parlano fra loro e il mediatore non deve parlare al posto di qualcuno o nell’interesse di qualcun altro, con l’intenzione di far andare le cose in un certo modo piuttosto che in un altro… quanto cercare un obiettivo comune nella ripresa di un dialogo e di una esplorazione creativa nel campo dei problemi aperti.

La Mediazione più ampiamente nel significato del termine,costituisce uno sforzo per muoversi “mediamente e meditamente” nel tentativo di trasformare i desideri aggressivi e conflittuali in momenti di crescita costruttiva attraverso una presa di distanza paradossale che consenta di vedere le cose più da vicino (da Castelli op. cit.)

Le attività che si propongono nei Laboratori, vorrebbero far in modo che i vari conflitti che vengono evidenziati dai partecipanti, si riassorbano per un’eventuale nuova cooperazione prevedendo, attraverso una Mediazione sistemica di gruppo:

  • l’esplicitazione delle diversità ricercando e valorizzando le obiezioni
  • la costruzione di cornici comuni ristrutturando le differenze in risorse
  • il patto metodologico verso la convergenza, assumendosi la responsabilità del riconoscimento come persona
  • la proposta di cambiamento per un futuro diverso su “ chi fa cosa e quando “

(da Busso vedi “ Animazione Sociale “ n 10 2001)

Ed è in qualità di CONDUTTORI – MEDIATORI che nella conduzione del gruppo si deve tener conto dell’ ’obiettivo ampio ‘,di elaborazione di processi di senso e del suo raggiungimento.

Questa attenzione ci fa pensare che possiamo parlare di Mediatori di gruppo per il fatto che solo attraverso il conseguimento di apprendimenti specifici, quali:

  • riconoscere e accettare le proprie emozioni
  • riscoprire le emozioni e i punti di vista dell’altro attraverso quelli di altri partecipanti
  • attivare le proprie risorse (empowerment) nella riorganizzazione della propria esistenza e nelle relazioni con partner, figli, famiglia di origine, amici …
  • rispettare e favorire i nuovi ruoli genitoriali di entrambi
  • riconoscere, ascoltare e rispettare affetti, emozioni ed esigenze dei figli che in qualche modo stiamo operando in termini di MEDIAZIONE SISTEMICA!

Ogni persona che si iscrive al Laboratorio ha una propria visione della SEPARAZIONE ed è importante evidenziarla per poi socializzarla all’intero gruppo.

Ecco di seguito le rappresentazioni mentali di alcuni, sulla Separazione:

  • Un fallimento, una cosa dolorosa, un atto di coraggio
  • Un progetto di vita spezzato
  • E’ la lucida consapevolezza della fine di un sentimento e di una storia
  • E’ … Un punto di arresto.
  • Un punto interrogativo?
  • Un punto esclamativo!
  • Un…
  • E’ il miglior modo per distruggere l’esistenza dei figli e dell’altro che ama ancora
  • Un’esperienza di cui si farebbe volentieri a meno…un modo doloroso per costringersi a guardarsi dentro
  • Sconfitta dell’amore
  • Cercare di ritrovarsi dopo essersi persi…è la conseguenza di una perdita
  • Il pensare di trovare una via migliore alla quale si ha diritto (si pensa !) ma forse non è così!
  • Un qualcosa che si spezza, una rosa senza spine, un mare senza sole
  • Troppo di moda, troppo comoda, un’ingiustizia, uno squallore, la legalizzazione degli errori
  • Quando due persone non hanno più dialogo, stima, fiducia: insomma non si amano più e non credono nel loro rapporto
  • Tanto dolore per tutti
  • Un sogno che finisce
  • Senso di sconfitta e fallimento
  • Solitudine

Partendo da queste visioni personali ( che si ricorda rimangono anonime ), si avvia l’attività di gruppo in termini di Mediazione Sistemica: gli ingredienti sembra che ci siano e solitamente in ogni gruppo viene rimandata ai partecipanti una “connotazione positiva” sulle loro riflessioni così diverse tra loro, originali, ma proprio per questo, così arricchenti per permettere di vedere con gli occhi dell’altro e su ciò avviare la discussione !

I probabili momenti di conflitto che ne derivano in seguito alla discussione delle definizioni,permettono al gruppo di comprendere l’evoluzione della conflittualità e su questa porre ulteriori riflessioni su come ognuno di loro l’affronta; essendo in uno spazio in qualche modo ‘tutelato’ dalla presenza dei conduttori, ci si può permettere di confrontarsi, con intensità emotive sicuramente differenti, di quando si è coinvolti in prima persona con legami affettivi più significativi!

Così all’interno del gruppo ci si interroga anche sulla “conflittualità “!

Di seguito ecco altre definizioni:

il conflitto è …

  • perdere: io perdo sovente due idee contrastanti che non trovano un punto in comune ciò che si fa e ciò che si vorrebbe fare che a livello di pensiero genera contrasto due persone che non vogliono o non riescono a trovare una strada comune di comunicazione non disponibilità al confronto con gli altri, rifiuto, giudizio negativo con me stesso quando non mi capisco, quando non so cosa voglio
  • l’inizio della fine di un rapporto o se si vuole superare, un modo per ripartire in un rapporto di crescita
  • viaggiare su due posizioni-binari -idee -intenti- prospettive diverse, senza arrivare ad un compromesso o ad una motivazione comune
  • è lotta per la supremazia
  • un cattivo modo di gestire le divergenze di idee e di sentimenti
  • interruzione della comunicazione tra due persone

Con questi modi di pensare si vuole cominciare a costruire un linguaggio comune che permetta al gruppo di connotarsi con caratteristiche proprie in modo da riconoscersi in pensieri ed azioni nel percorso del Laboratorio.

Gruppi di persone separate

Composizione del gruppo

La costituzione del LABORATORIO per persone separate segue indicativamente il seguente percorso:

  • primo colloquio individuale, motivazionale e preliminare effettuato da un consulente familiare per l’accesso al gruppo: sono escluse ed invitate a consulenza individuale le persone che presentino segni di patologie psichiatriche o che manifestino atteggiamenti non compatibili con le attività di laboratorio
  • al momento di avere il numero sufficiente per costituire un gruppo( composto da 10/12 persone con la presenza maschile almeno di due elementi per gruppo) si incontrano le persone tutte insieme, nell’incontro 0 (zero) per stabilire il calendario degli incontri e modalità organizzative (comprese quelle economiche )
  • scelta di uno o due conduttori per gruppo,in base alle specificità personali e alle esperienze maturate nella conduzione di gruppi
  • programmazione in equipe degli incontri prevedendo di volta in volta,l’uso di tecniche specifiche quali il role-playning, simulate,schede prestampate, immagini, disegni,spezzoni di film, foto,narrazione ( Vedi in seguito )

Come si costruisce il gruppo

Cocreazioni di obiettivi

Già nel primo incontro, si chiede di dare sia delle definizioni in senso ampio del termine nella rappresentazione mentale di GRUPPO, che fornire delle aspettative rispetto a quel gruppo specifico: ecco un esempio di cosa propongono le persone.

Il gruppo nella storia della nostra vita personale ha avuto diverse valenze

  • più significativo del termine di membro di un gruppo
  • più complesso per i numerosi gruppi frequentati distinguendo gruppi che si scelgono da quelli in cui ci si trova anche senza aver dato la propria adesione
  • lo stare in gruppo domanda al soggetto di uscire allo scoperto
  • il gruppo è uno spazio in cui si impara sempre, almeno qualcosa di sé
  • il gruppo può essere un’esperienza difficile
  • fare gruppo è bello, ma quando?
  • lo stare in gruppo ripara dalla solitudine: quali sono i rischi?

Rispetto a questo gruppo mi piacerebbe…

  • Espormi, scoprirmi!
  • Avere la possibilità di arricchirmi (ciò che imparo dall’ascolto degli altri) e arricchire gli altri (per quello che posso offrire, permettendomi di uscire allo scoperto
  • Mi aiutasse a diventare più tollerante nei confronti di chi la pensa in modo diverso da me
  • Anche giocare e che ci fossero tutti fino alla fine degli incontri
  • Continuasse il movimento di scambio cominciato in questo incontro e potesse diventare per un po’, una palestra in cui apprendere ancora qualcosa su di me
  • Non mi aspetto nulla, sono qui e siamo qui e per ora è già molto: speriamo in qualcosa di positivo
  • Imparare a non farmi condizionare sempre dalle mie emozioni
  • Per ora mi va bene così com’è
  • Che si creasse un clima di reciproco scambio e arricchimento
  • E’ troppo presto per dirlo

E’ infatti nel I° incontro che si rimanda alle persone il fatto che si sta costruendo un gruppo e come ogni gruppo che si rispetti sono implicate alcune regole che vengono più o meno esplicitate:

  • doveroso mantenere la riservatezza di tutto quello che verrà detto nel gruppo
  • libertà piena nell’esprimere ciò che si vuole dire e anche nel mantenere il silenzio
  • libera scelta ed eventuale condivisione sull’uso del ‘tu’
  • parlare uno per volta e con interventi il più possibile contenuti per permettere a tutti di esprimersi
  • viene inoltre ribadito che l’obiettivo del Laboratorio non è riposto solo nel racconto di vicende personali ( contenuto ), quanto su ciò che si ‘prova ‘ e su ciò che ‘avviene’ o è ‘successo ‘( parte emozionale e processuale )

Condivisione del Metodo METALOGO

E’ a seguito dell’intuizione di Gregory Bateson che si era occupato di modalità comunicative e interrogative, che si è cercato di creare il medesimo spazio di scoperta per trovare capacità e risorse,per intervenire sulla quotidianità attraverso un confronto, sicuramente, evolutivo !

Si tratta del metodo METALOGO dove ci si incontra per il gusto della scoperta e per la messa a disposizione di vari punti di vista, al di fuori di pretese di cambiare l’altro o il contesto in cui si vive, in modo che si aprano connessioni da cui tutti ne possono uscire arricchiti, per poter ristrutturare la propria visione del mondo’ in modo da star bene con se stessi e con gli altri !

E’ un modo di apprendere, un’azione diremo, educativa che sviluppi capacità di apprendere ad apprendere per vivere ed agire nella complessità del presente!

(Da “Animazione sociale” n. 3 1996, Weber- Morelli)

Un esempio dell’utilizzazione del metodo Metalogo è fornito dalle libere espressioni sull’andamento del Laboratorio con le seguenti questioni:

  • gli incontri fatti finora a livello personale ritengo mi siano serviti …
  • gli incontri a livello di gruppo ritengo mi siano serviti…
  • Per sentirmi più sereno
  • A conoscere storie di persone, storie simili alla mia ma diverse: quindi a confrontarmi con esse rivedendo anche la mia storia…un aiuto a non sentirmi solo in questa situazione
  • Per dare una dimensione diversa ai miei problemi raffrontandoli a quelli degli altri
  • Ad imparare ad ascoltare e a capire veramente quanto la sofferenza sia comune ed uguale per tutti
  • Mi sono resa conto dei tanti motivi che mi hanno indotta alla separazione: in ogni storia ho riscontrato elementi di somiglianza con la mia
  • A capire meglio le motivazioni di tutti e due per questa situazione
  • E’ troppo presto per poter azzardare un’ipotesi di aiuto personale in un gruppo che è ancora abbastanza e ovviamente, guardingo, nei confronti degli altri.Tra noi non c’è ancora cameratismo, amicizia, conoscenze sufficienti per poter dire di aver avuto aiuto personale e di gruppo; solo col tempo e con l’affetto reciproco potrà esserci un esito…
  • A sentire solidarietà intorno a me, cosa che capita di rado
  • A sentire meno estranei gli altri, a condividere, a creare una maggiore confidenza
  • Non so bene cosa dire, per adesso penso di avere avuto, non so se ho dato
  • Ci ha reso più intimi, più solidali, più vicini, più sicuri di essere accettati; perché al di là delle diverse vicende individuali, i vissuti sono sempre gli stessi
  • A conoscersi e ad affiatarsi
  • Ho trovato solidarietà nel comprendere gli eventi, amicizia

Spunti per la narrazione

Ad ogni I° incontro è diventato di prassi, chiedere quali sono gli argomenti che le persone hanno piacere di affrontare nel percorso del Laboratorio: ecco di seguito alcuni elenchi tratti da due gruppi diversi.

La separazione è un dato acquisito: come si può vivere il distacco ancora con desideri di unione?

Conoscenza dei vissuti degli altri membri del gruppo:

  • Sofferenza dei figli: come perdonarsi?
  • Nuove ‘ compagnie ‘: come gestirle ?
  • Immagini nuove nei figli, dei loro genitori e la loro visione futura di FAMIGLIA
  • Come arginare ciò che comporta la separazione… come ‘ digerirla’ ?
  • Come gestire gli elementi che aggravano il conflitto?
  • Come aiutare l’altro, il partner a vivere meglio il conflitto?
  • Come vivere la quotidianità come famiglia con un solo genitore?
  • Come trovare aiuto per capire i figli?
  • Come ritrovare la fiducia persa?
  • Fiducia, conoscenza, come superare i momenti di tensione?
  • Imparare a non “subire”
  • “Ripartire” dopo aver superato i problemi pratici
  • Condividere la “sofferenza” con visione a 360°
  • Come trovare ‘ canali ’ nuovi con altri in positivo?
  • Accettare il passato e pensare al futuro
  • Come pensare a se stessi e capire gli altri?
  • Ritrovarsi di nuovo figli …come gestire le relazioni parentali?

Ci si interroga sul fatto che la narrazione delle proprie storie personali abbia significati diversi per ognuno di noi e le persone spiegano così la loro curiosità di narrare e sentire narrare:

  • è un modo per conoscere le vicende individuali, aiuta a capire da dove provengono le affermazioni e le convinzioni di ognuno di noi, che cosa ha motivato, da che cosa è generato l’essere di oggi in ognuno e come una persona ha elaborato in sé una situazione così difficile
  • …è un modo per conoscerci meglio tra noi, per confrontarci riguardo le rispettive storie, per comprendere, almeno in parte, da dove provengono certe idee e sentimenti, per scoprire qualcosa in più del mio cammino nel ri- raccontare oggi
  • …per poter meglio comprendere gli interventi degli altri
  • …conoscerci un po’ meglio, sentirci meno estranei, penso faccia bene a tutto
  • …conoscere le varie vicende degli altri forse ci fa sentire accomunati, ma questo non deve creare una specie di ghetto; la curiosità è rivolta alle modalità che portano alla separazione; finora ho sentito esperienze talmente diverse ma tutte legate dall’impotenza di non poter far nulla, se non aspettare che l’intolleranza finisca
  • …raccontare la propria storia in gruppo è un ulteriore sfogo per raccogliere pareri
  • …può essere confortante sapere che altri hanno già passato o stanno vivendo questa fase dolorosa; inoltre è liberatorio, specie per chi sta vivendo la situazione adesso, può servire ad assumere ulteriore consapevolezza
  • …sapere a che punto della separazione sono gli altri amici è un po’ sapere il perché hanno dovuto o voluto scegliere la separazione come “medicina” alle incomprensioni e a quali incomprensioni; confrontarci insieme per vedere se il cammino è comune o se ci sono dei ‘ trucchi ’ per soffrire meno
  • … è la curiosità che spinge a conoscere le storie altrui per valutare la propria
  • …a volte conoscendo le altre realtà ci si sente più fortunati e meno tristi, a volte il dramma individuale diminuisce nei dispiaceri collettivi: mal comune mezzo gaudio, o no?

Perché lavorare sulla narrazione? contributo di Pasquale Busso

Alla base del lavoro sulla narrazione sta la convinzione che ogni mutazione nella struttura narrativa della storia vi sia pure una modificazione nel modo di percepire se stesso da parte di chi compie un simile lavoro.

Tale convinzione è maturata sia a livello esperienziale nella nostra pratica, sia confrontandoci con il pensiero scientifico- cognitivo che con l’esperienza di chi ha battuto strade diverse dalla nostra cultura occidentale, come potrebbe essere Castaneda o il pensiero buddista.

Uno dei principali ostacoli a livello psicoterapeutico lo si incontra quando una persona ti porta la sua narrazione del sintomo nella quale è difficile trovare spazi per un’alternativa. Narrazione e realtà hanno lo stesso grado di consistenza.

Per citare Castaneda: “la prima verità dice che il mondo è come sembra, eppure non lo è. Non è così solido e reale come la nostra percezione ci ha portato a credere però non è neanche un miraggio. Il mondo non è un’illusione, come è stato detto; è reale da una parte e irreale dall’altra… noi percepiamo sensorialmente, è un fatto innegabile: ma quello che percepiamo non è un fatto dello stesso tipo, perché impariamo cosa percepire” ( pag.47 )

(sulla Narrazione all’interno dei Laboratori per Separati si rimanda ad una seconda parte più approfondita )

METODOLOGIA del LABORATORIO per SEPARATI

Costruzione del “clima” di gruppo secondo vari modi di proporre le attività

Si intende “clima di gruppo” il modo di sentirsi “ rispettati e valorizzati con chiarezza di obiettivi “ sia in termini di interesse dei partecipanti alle attività proposte che il loro coinvolgimento in un percorso nel quale devono dare il proprio significato alle cose che vanno facendo in modo che ciò risponda in qualche modo, alle proprie aspettative: cioè quando si riesce a stabilire un legame tra ciò che si fa nel gruppo e ciò che serve nella vita ‘reale’!

E’ il cosiddetto FEEDBACK su ciò che si fa sul livello di soddisfazione e sulle difficoltà ancora da affrontare; anche in negativo,sono utili indicazioni per correggere gli interventi successivi in modo da rispondere più efficacemente ai bisogni del gruppo e quindi stabilire relazioni più produttive.

Seguono quindi i vari modi di proporre le attività.

Apertura degli incontri

Ogni incontro prevede un momento di accoglienza per ogni partecipante, a livello personale con saluto e benvenuto, poi a livello di gruppo ripetuto con una premessa breve su quello che si vuole proporre nell’incontro, ma con la domanda aperta di eventuali altre questioni rimaste in sospeso che si vogliono trattare prima di iniziare le attività.

Si ritiene questo momento molto significativo per la strutturazione del gruppo, giusto per rimandare una forma di ‘contenimento’ emozionale già in prima battuta e per avviare il lavoro di gruppo in un clima più accogliente possibile!

Presentazione e conoscenza

Nei primi incontri dopo l’apertura, si ritiene di grande importanza presentare giochi di conoscenza di vario tipo, proprio per la proposta stessa inclusa nel termine, per conoscersi e conoscerci, per costruire il gruppo e strutturarlo in modo che ci sia un affiatamento e un ambiente familiare tali da poter proporre le attività senza ulteriori recensioni!

I tipi di giochi di conoscenza che vengono proposti sono:

  • ognuno si presenta con il proprio nome e un colore da abbinare all’ emozione di come ci si sente in quel momento nel gruppo (es. mi chiamo Simona e mi sento rossa per la rabbia che ho ancora dentro me…)
  • ancora ci si presenta con il proprio nome e si disegna col colore preferito un oggetto che lo rappresenti (Gino il nome scritto di giallo con il simbolo disegnato del SOLE perché “ voglio ritornare la persona solare che ero un tempo, prima della separazione”)
  • con una pallina di gomma, ci si presenta dicendo il proprio nome e qualcosa di significativo di sé, poi si lancia la palla ad un altro e così via: quando tutti hanno detto il loro nome si fa tirare nuovamente la pallina avendo cura però di dire il nome e la caratteristica della persona alla quale viene lanciata (per ricordarsi il nome di tutti i partecipanti
  • il medesimo gioco a volte lo si fa con un gomitolo di corda, invitando poi le persone quando si riavvolge a ricordarsi di dire il nome e la caratteristica di chi l’ha preceduto, prima di rilanciare il gomitolo

I Rompighiaccio

Per abituare i partecipanti a giocare in gruppo, nei primi incontri si propongono i “rompighiaccio” con rimandi del tipo: “Cerchiamo di rompere il ghiaccio come si suol dire con attività varie che apparentemente sembrano non legate a ciò che sono i vostri problemi e difficoltà, ma che ci aiuteranno a dialogare con le parti emotive di noi e a conoscere gli stati d’animo degli altri !”

Un esempio di “ rompighiaccio “ è la visione di vari paesaggi su fotografie – poster da poggiare alla rinfusa sul pavimento e poi da scegliere individualmente motivando la scelta e la sensazione provata alla visione (narrazione – evocazione emotiva) e in un secondo tempo spiegare quale paesaggio “non avreste scelto” e perché.

Un altro “rompighiaccio” è la distribuzione di foto di bambini in varie situazioni (giocose, tristi, in situazione normale …) e nuovamente la richiesta di scegliere qual è il bambino più vicino a sé e come mai proprio quel bambino è stato scelto: anche in questa attività si chiede quale foto non sarebbe stata scelta e la motivazione.

Si deve dire che a volte la parola ‘rompighiaccio’ non è gradita perché qualcuno ha fatto notare che presuppone un momento di freddura, come se il gruppo non sia ben attivato: allora si trasforma la proposta in momento di “aggregazione” e di ‘gioco di riscaldamento’ che abitui i partecipanti alle attività che verranno proposte in seguito, quasi una forma di esercitazione ad attivare il proprio sé, raccontando qualcosa del proprio vissuto!

Evidenziazione delle tematiche

Come è stato detto in precedenza, gli argomenti da trattare vengono esplicitati nel primo incontro e insieme al gruppo si cerca di dare una priorità, rispettando la volontà della maggioranza, a volte con una votazione per il fatto che più argomenti possono avere parità di urgenza!

In generale gli incontri sono distribuiti in modo che ci si occupi:

  • della persona e della costruzione della visione del mondo
  • delle relazioni e della comunicazione con gli altri
  • delle risorse personali e di come sfruttarle per ristrutturare il proprio futuro

La titolazione in genere degli incontri segue il seguente percorso, con variazioni secondo la specificità dei gruppi:

“Ci conosciamo”

“Le nostre storie”

“Come comunichiamo le nostre emozioni”

“Io bambino nella mia famiglia”

“ Uno sguardo sulla vita propria e dei figli”

“Lavoriamo sul presente: come star meglio sia noi che i nostri figli!”

“ Il percorso individuale e di gruppo”

“ Una porta verso il mondo”

“ Siamo ad un primo traguardo…”

Si tratta di una serie di argomentazioni all’interno delle quali si approfondiscono i vissuti, in modo da “risvegliare” in ogni partecipante le proprie autentiche risorse per farle divenire strumenti di ristrutturazione di vita!

Uso di schede, disegni, foto

I disegni e le immagini agiscono come contenitori per tutti i tipi di sentimenti soprattutto quelli dolorosi, opprimenti o caotici, offrendo ai partecipanti un’alternativa all’esprimerli a voce, al farli “esplodere” o esternarli in altro modo.

Bisogna tener conto che spesso diventa la prima volta per alcuni, il considerare l’esistenza di differenti modi di essere, ma si tratta di offrire un’opportunità di esprimere comportamenti emozionali più salutari che aiutano a scoprire modi creativi di pensare, sentire ed essere!

Nelle schede proposte ci sono immagini che ogni partecipante può elaborare, o con le parole o ampliando la metafora visiva, anche aggiungendo disegni, per ‘vedere’ quello che non è possibile verbalizzare, essendo libere dai vincoli del pensiero logico e del linguaggio sequenziale.

Produrre immagini di solito risulta più facile perché è un atto che gran parte del nostro pensiero fa durante il giorno ad esempio, o durante la notte, nei sogni, dove elaboriamo spesso immagini artistiche: i rimandi alle persone è di disegnare come a loro viene senza pensare di essere valutati per il tratto o l’esecuzione del disegno, ma di “ buttare giù “ come affiora alla mente l’immagine!

La fotografia permette di fissare in immagini alcuni aspetti di noi stessi e della nostra vita e a prescindere dall’età, fornisce a tutti un modo in più di vedere e di essere visti: è un bisogno umano di riflettersi e di questo se ne tiene conto per aiutare le persone nell’esperienza dell’essere ascoltato e compreso.

Le fotografie possiamo usarle per negare o confermare la realtà, per ridere o piangere, per conservare la nostra immagine ideale e alimentare le nostre illusioni.

Perciò le fotografie possono essere riviste, riprendendo i momenti essenziali della propria vita, partendo dall’infanzia, riconoscendo eventuali comportamenti ereditati dalla propria famiglia anche in fatto di sentimenti.

Con le fotografie si può rivedere il processo di crescita e di equilibrio personale, mostrando con più delicatezza e più efficacia delle parole, somiglianze, differenze di fondo delle personalità dei soggetti delle foto scelte.

Altro modo di attivarsi è proponendo le sculture corporee, dove si manifestano in modo chiaro, espressioni, posture, attraverso il linguaggio corporeo, per il legame inestricabile mente /corpo: prestando attenzione a queste immagini fisiche del “qui ed ora”, si forniscono informazioni anche emozionali trasformando in scultura vivente le varie problematiche.

Simulate, role playning

Spesso viene usata la metodologia del role – playning, in simulate, termine con il quale s’intende un particolare modo attivo di agire secondo diversi obiettivi stabiliti prioritariamente, che sfociano in rappresentazioni di forma teatrale.

Consiste nel chiedere ai componenti del gruppo di recitare, per un tempo limitato, ruoli, parti, liberamente o secondo regole o un “ canovaccio” comunicativo predisposto.

Gli altri componenti del gruppo fungono da osservatori dei contenuti dei messaggi e dei processi che la rappresentazione manifesta.

Questo consente una successiva analisi dei vissuti, delle dinamiche interpersonali, delle modalità di esercizio di specifici ruoli e più in generale dei processi di comunicazione agiti nel contesto rappresentato.

Nel gioco della simulata, si struttura una particolare situazione sociale, nella quale si possono apprendere e scoprire nuove abilità: il role-playning ha perciò validità anche in termini di ‘apprendimento’, in quanto poggia sulla funzione della simulazione intesa come mimesi della realtà agita pudicamente.

Impersonare il ruolo di altri permette di mettersi nei panni degli altri -cogliere il punto di vista dell’altro – rilevare le proprie e le altrui reazioni emotive.

A conclusione di ogni simulata è importante che il gruppo si fermi a discutere sulla esperienza, quale occasione di riflessione per comprendere meglio i diversi livelli che entrano in gioco nel role-playning.

Si tratta di rilevare il coinvolgimento in relazione al ruolo che ognuno ha recitato nella rappresentazione e alle interazioni che si sono create tra i partecipanti.

Come lasciare “ una finestra aperta “ per la continuità del lavoro di gruppo

Dal 1998, anno di avvio del primo Laboratorio per Separati, le persone partecipanti non si sono perse di vista, anzi!

Alcuni di loro hanno costituito un gruppo informale e fanno partecipare chiunque abbia avuto problemi di separazione ma soprattutto è rivolto a chi ha frequentato i Laboratori e si sono dati il nome di GRUPPO INSIEME, contrastando l’idea del gruppo ‘ghetto’ di persone separate, ma soprattutto dando un filo di speranza nell’affrontare i sentimenti di solitudine e connotandosi come gruppo ‘amicale’ che si sostiene a vicenda.

Il ruolo dei conduttori – consulenti familiari, all’interno di questo nuovo gruppo, è stato di affiancamento con l’obiettivo di rendere i partecipanti autonomi e liberi nelle attività che vanno via via a proporre ( ascolto di audiocassette, corso di ricamo, gite, escursioni con i propri figli, aiuti in traslochi, partecipazioni a convegni, a trasmissioni radiofoniche ecc.)

In occasioni di festività ancora adesso ci si incontra con le persone che sono in contatto, per momenti di aggregazione festosi ai quali partecipano comunque numerosi: in questi momenti informali le persone raccontano dei loro cambiamenti con spirito molto differente da quello che provavano quando frequentavano i Laboratori e tutto ciò da la possibilità a tutti di “ vedere” un futuro diverso!

BIBLIOGRAFIA

  • M.Sunderland “Disegnare Le Emozioni” Ediz. Erikson
  • Aa.Vv. “Gioco Dopo Gioco” Ediz. La Meridiana
  • Formenti-Gamelli “Quella Volta Che Ho Imparato” Editore Raffaello Cortina
  • Linda Barman “La Fototerapia In Psicologia Clinica” Ediz. Erikson
  • Farello-Bianchi “Laboratorio dell’autobiografia” Ediz. Erikson
  • Marmocchi-Dell’Aglio-Zannini “Educare Le Life Skills” Ediz. Erikson
  • White “La Terapia Come Narrazione” Ediz. Astrolabio
  • Cigoli “Intrecci Familiari” Ediz. Raffaello Cortina
  • Cigoli “ Psicologia Della Separazione E Del Divorzio Ediz. Il Mulino
  • Aggiornato il 20 Febbraio 2005

Lessico Famigliare su RaiPlay

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La madre, il padre, il figlio, la scuola. Sono gli archetipi su cui si fonda la nostra società. Massimo Recalcati racconta questi ruoli esponendo tesi e suggestioni proprie della psicoanalisi, punteggiate e arricchite da interviste, contributi filmati, letture di testi, citazioni cinematografiche.

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