Centro relazioni e famiglie

Perché abbiamo paura di parlare del sesso

Di Roberto Saviano da espresso.repubblica.it, 11 ottobre 2016

Con il tempo mi sono fatto l’idea che ci siano degli argomenti verso i quali si prova quel genere di imbarazzo che viene prima e che va oltre ogni possibile ragionamento. E tutto ciò che crea imbarazzo è sempre in qualche modo connesso a quello che in un dato momento viene percepito come tabù.

Analizzando ciò che per culture diversissime è considerato tabù (lo faccio qui velocemente, ma ne hanno scritto tra gli altri, e in maniera esaustiva Mircea Eliade e James Frazer), mi rendo conto che esistono tabù più universali di altri (l’incesto e il cannibalismo) e tabù in qualche modo “derivati”, che da soli non si reggono, che non valgono a ogni latitudine e che soprattutto in luoghi ed epoche diverse sono stati messi in discussione. L’incesto, ad esempio, non è solo un tabù, ma anche e soprattutto un reato. Invece l’omosessualità, che è normale orientamento sessuale, è considerata in alcune culture tabù, in 72 Paesi reato e in 8 di questi è punita con la morte.

Poi ci sono tabù che incidono sui comportamenti sociali in senso stretto: se sia lecito o meno ruttare in pubblico, defecare, pisciare, sputare, scorreggiare. Aggiungerei bestemmiare. E fare l’amore.

Sì, perché, parlando di tabù una cosa è chiara: ogni tabù ha a che fare con il corpo e con il sesso e, in prima istanza, corpo e sesso sono considerate cose sporche, da coprire, nascondere, da tenere per sé, per la propria sfera intima. Ne consegue che tutto ciò che ha a che fare con corpo e sessualità e che, al contempo, riguarda la sfera pubblica e il dibattito politico, spesso sconta preconcetti da cui difficilmente ci si riesce a liberare.

Ed ecco che quando si parla di fertilità, di infertilità, di tecniche per la procreazione assistita, di fecondazione eterologa, di terza persona che entra in un rapporto a due, fosse solo per una cellula uovo o uno spermatozoo, quando si parla di stepchild adoption o di unioni gay, niente può essere affrontato con serenità perché alla base, anche se non ce ne rendiamo conto, anche se fingiamo che non sia così, quello che viene toccato è il tabù del sesso e del corpo nudo. E quindi, in fondo, la domanda prima è: perché parlarne? Tutto ciò che non può essere descritto come sessualmente lineare diventa argomento di cui si preferirebbe non parlare, soprattutto in quei Paesi, come l’Italia, che scontano la presenza insistente di una chiesa sempre pronta a bacchettare, anche attraverso quei rappresentanti che sembrerebbero illuminati. In questo contesto, dove con il sesso e con il corpo nudo si ha un rapporto profondamente ambiguo (sì a culi e seno di donne che definiamo “puttane”, mentre le “nostre donne” stanno a casa e sono sante) le parole del Papa sulla teoria del gender, che penalizzerebbe matrimoni e famiglia, giungono come polemica inattesa e credo controproducente.

L’introduzione nelle scuole di momenti (supportati da libri di testo) che promuovono l’educazione alle differenze e al rispetto dell’espressione della personalità di ciascuno sono spazi di condivisione e l’unico modo per superare sessismo e omofobia. Sono il vero antidoto alla sopraffazione.

Il passo successivo, estremamente interessante se parte di un percorso formativo, sarebbe spiegare cosa significa esattamente “convenzione sociale”: sarebbe importante per evitare quelle sterili contrapposizioni tra ciò che è percepito come naturale e ciò che non lo sarebbe. Difatti quello che più spaventa della teoria del gender è che considera le identità maschili e femminili costruzioni sociali. Prova di questo è l’uso di parole che assumono connotazioni negative se volte al femminile: cagna, maiala, scrofa, papera, cavalla, sorca. Il linguaggio è una convenzione e convenzione è l’uso che se ne fa. Questo dovrebbe farci riflettere sulla natura dei nostri tabù e su come ci impediscano un dibattito politico scevro da resistenze.

La notizia sorprendente del bambino con tre genitori, un passo avanti immenso nella ricerca scientifica, in Italia sarà l’ennesimo scandalo. È nato in Messico, con patrimonio genetico della madre, del padre e di una donatrice, che ha fornito i mitocondri. Di questa tecnica, assolutamente in fase di sperimentazione, ha parlato il “New Scientist” perché potrebbe salvare vite a bambini con genitori che hanno malattie genetiche rare.
Già immagino cosa dirà in Italia chi usa contrapporre ciò che crede naturale a ciò che ritiene non esserlo: “Spacciatelo pure per progresso, per me è solo un ménage à trois”.

  • Aggiornato il 12 Ottobre 2016

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La madre, il padre, il figlio, la scuola. Sono gli archetipi su cui si fonda la nostra società. Massimo Recalcati racconta questi ruoli esponendo tesi e suggestioni proprie della psicoanalisi, punteggiate e arricchite da interviste, contributi filmati, letture di testi, citazioni cinematografiche.

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