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Nuove famiglie, ecco tutti i decreti

Approvati ieri dal Consiglio dei ministri regolamentano le unioni civili: dalle trascrizioni dei matrimoni all’estero alle deleghe del sindaco alla scelta del cognome del partner

Ecco le regole per le unioni civili:

Mancavano solo i decreti attuativi alle unioni civili diventate legge il 20 maggio scorso, la cosiddetta legge Cirinnà. E adesso anche il 14 gennaio può diventare una data storica per i diritti delle coppie omosessuali. Ieri, infatti, il consiglio dei ministri ha dato il via libera a questi decreti ai quali il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha lavorato in piena estate e che chiariscono alcuni punti che erano rimasti un po’ in dubbio. Tra questi la possibilità di trascrivere i matrimoni contratti all’estero sul registro delle unioni civili italiane, e questo anche se il matrimonio è stato contratto prima dell’entrata in vigore della legge in Italia. Viene anche chiarita, una volta per tutte , la possibilità di delega da parte del sindaco delle funzioni di ufficiale dello stato civile, così come già avviene per il matrimonio.

Il “si” su navi e aerei

Alla fine con i decreti attuativi approvati ieri dal Consiglio dei ministri gran parte del diritto internazionale è stato recepito nella legge delle unioni civili. Anche quella parte che riguarda i matrimoni celebrati in pericolo di vita, nelle acque o nei cieli internazionali. Quelli che abbiamo visto ogni tanto in qualche pellicola cinematografica, con risvolti alla fine truffaldini, di promessi sposi che approfittano del comandante di una nave in crociera o di un aereo in trasvolo internazionale per farsi unire in matrimonio. Bene, da ieri anche per le unioni civili tra persone dello stesso sesso vale la stessa regola: se in pericolo di vita si potrà essere uniti civilmente per mare o per cielo, magari anche per terra a bordo di uno treno dell’Orient Express.

Più facili i legami con stranieri

È stato a lungo un argomento di dibattito all’interno del governo: come regolarsi quando un italiano vuole contrarre un’unione civile con una persona dello stesso sesso straniera, di un Paese dove non vengono riconosciute le unioni civili? I decreti attuativi approvati ieri lo chiariscono senza ombra di dubbio: per poter contrarre l’unione civile è sufficiente che la persona straniera produca un certificato di stato libero e non un nulla osta del suo Paese. Non è un traguardo da poco. Ci sono molti Stati dove non soltanto non ci sono leggi per il matrimonio o per le unioni civili omosessuali , ma l’omosessualità è discriminata se non addirittura considerata un reato. Ed è qui che i nostri decreti attuativi hanno fatto anche un passo in più: qualora il Paese di origine della persona con la quale si vuole fare l’unione civile non rilasci nemmeno il certificato di stato libero, si può arrivare all’autocertificazione. Certo, bisogna tenere conto che questa dichiarazione di autocertificazione è sottoposta al controllo delle autorità italiane ed è un rimedio estremo. Ma è possibile. Non è stato l’unico dibattito che c’è stato nel governo riguarda alle vicende estere. Per un po’ di tempo, dopo l’approvazione della legge Cirinnà, ci si è chiesti se si poteva far valere in Italia un matrimonio omosessuale contratto all’estero. C’erano state molte polemiche quando alcuni sindaci d’Italia avevano deciso di trascrivere nei registri comunali i matrimoni omosessuali esteri. Adesso si potrà fare senza polemica alcuna, ma verranno ovviamente registrati come unioni civili, anche con valore retroattivo.

In tribunale come marito e moglie

In molti punti della legge sulle unioni civili si è discusso a lungo su come rendere diversa questa unione da quella più tradizionale del matrimonio. C’è sempre stata un’area cattolica che ha lavorato per frenare le somiglianze perché di equiparazione non ne voleva sentir parlare. E infatti i due istituti giuridici sono rimasti differenti e distinti, sebbene con i decreti attuativi approvati ieri dal Consiglio dei ministri siano stati fatti diversi passi verso l’equiparazione. Anche nel punto che riguarda la testimonianza in tribunale. Sono anni che la testimonianza fra coniugi è fonte di dibattito giuridico assai complicato e controverso. La Corte di Cassazione è stata chiamata più volte ad esprimersi in merito — ovvero per stabilire se la moglie o il marito siano soggetti incapaci di testimoniare in un processo dove è imputato il coniuge. Siano, cioè, testimoni attendibili del proprio coniuge. Ma al di là di questo dibattito e di questa corposa giurisprudenza, il fatto nuovo è che da ieri davanti al giudice di un tribunale, durante un processo saranno considerate equiparate in tutto alla posizione di un marito o di una moglie. E del resto andando a sfogliare le pagine dei tre decreti attuativi (parte civile, parte penale e parte internazionale) si troveranno molti punti di equiparazione tra l’istituto giuridico delle unioni civili e quello del matrimonio tradizionale. Ma non nel caso dell’adozione del cognome del partner: nel cado delle unioni civili è una scelta facoltativa. Anche se poi nel caso la scelta sia positiva ci si comporta esattamente come nel matrimonio.

Fonte: corriere.it

  • Aggiornato il 20 Gennaio 2017