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«I figli della notte», ritratto di una generazione senza genitori

TORINO – L’unico titolo italiano in concorso al Torino Film Festival è I figli della notte di Andrea De Sica,

figli-notte-ktod-u432501725042919ei-1224x916corriere-web-sezioni-593x443figlio di Manuel e nipote di Vittorio, insolito romanzo di (de)formazione dove l’adolescente Giulio (Vincenzo Crea) è messo dalla madre, vedova e business-woman, in un collegio che dovrebbe formare la «futura classe dirigente» e che metterà il ragazzo di fronte a un intreccio di solitudini, rigidità, nonnismo e voglia di trasgressione.

Ma al di là di qualche ingenuità tipica degli esordi, con le «inevitabili» citazioni cinefile dall’Overlook Hotel di Shining o dallo Steve McQueen che gioca con la pallina in La grande fuga, la bella idea di De Sica è quella di intrecciare l’atmosfera astratta e soffocante del collegio con le ambizioni semi-orrorifiche della favola nera (per evadere dalla rigidità quotidiana, Giulio fugge di notte attraverso un bosco sospeso tra incubo e sogno) e la concretezza carnale di una casa dove tutto sembra sciogliersi nelle più volgari delle tentazioni.

Niente però è davvero come sembra, né la sicurezza trasgressiva dell’amico Edoardo (Ludovico Succio) che si spinge verso la libertà facendosene poi atterrire, né la scoperta dell’amore con la sensuale Elena (Yuliia Sobol), che ai sentimenti preferirà sempre il proprio concreto interesse. Ne esce così un film insolitamente duro, che invece di compatire le solitudini affettive e morali dei suoi protagonisti preferisce spingerli verso scelte sempre più radicali e che, in controtendenza con un cinema italiano tanto garrulo quanto vacuo, vuole offrire un ritratto per niente consolatorio di una gioventù «senza» genitori (non se ne vede uno), lasciata sola davanti alle sue solitudini e alle sue debolezze.

Più tradizionale, come ci ha insegnato la Hollywood mainstream, è invece Free State of Jones di Gary Ross (fuori concorso) ricostruzione puntigliosa e partecipe di un «libero stato» nato durante la Guerra di Secessione, dove principi comunitari pre-socialisti si univano al rigetto di ogni tentazione schiavista. A «fondarlo» e guidarlo Newton Knight (un convincente McConaughey) che nel 1862 diserta dall’esercito sudista, si rifugia con alcuni schiavi tra le paludi del Mississippi — la contea di Jones del titolo — e accende la fiamma della ribellione. Anche se le vittorie di quegli anni finirono schiacciate dal razzismo endemico degli stati del Sud, come ci mostra un tragico epilogo 85 anni dopo, quando un uomo con un ottavo di sangue nero non poteva sposare una donna bianca.

Fonte: corriere.it

  • Aggiornato il 23 Novembre 2016