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“Da quando ho scoperto che mio figlio è gay sono un uomo migliore”

«Da quando ho scoperto che mio figlio è omosessuale sono un uomo migliore». A raccontare a La Stampa la sua storia è Luca Iselli, assicuratore di 50 anni, padre di Filippo, ventenne studente di filosofia. Li incontriamo in occasione del convegno organizzato dalla Onlus Agedo (Associazione di genitori, parenti e amici di persone Lgbt), dal titolo Sapere, saper fare, saper essere. Genitori, insegnanti ed educatori di fronte all’adolescente inatteso, tenutosi presso l’Auditorium della Biblioteca di Via Valvassori Peroni 56 di Milano. Una giornata che ha voluto affrontare il fenomeno del coming out degli adolescenti e la loro relazione con i genitori dal punto di vista scientifico e sociale, attraverso i racconti di ragazzi, famiglie e professionisti del terzo settore.

«Non è stato tutto facile, però, anche se all’inizio a me sembrava quasi una passeggiata, perché avevo trovato l’amore ed ero spensierato», confida Filippo. «Ho avuto un po’ di problemi con me stesso, perché mi sono dovuto confrontare con un’omofobia latente che è emersa di fronte all’omosessualità di mio figlio – spiega Luca -. Pensavo che Filippo avesse qualcosa di sbagliato, che la sua vita sarebbe stata tutta in salita e che non avrebbe potuto vivere l’amore». Poi, grazie ad Agedo, che permette ai genitori di confrontarsi tra di loro e parlare con degli esperti, «ho elaborato quei concetti omofobici e oggi sento di amare profondamente mio figlio per quello che è. E oggi guardo in modo diverso anche tante persone omosessuali che ho conosciuto in questi anni. Sono più disponibile al dialogo e ho una visione più ampia».

«I timori dei genitori e quelle dei loro figli che scoprono un orientamento omosessuale o una diversa identità di genere sono molto più simili di quello che si può pensare: entrambi hanno paura dell’abbandono», spiega Enrico Maria Ragaglia, psicologo e formatore che collabora con Agedo. «Sui genitori pesano anche la paura dell’ignoto e l’improvvisa consapevolezza che non si può controllare la vita dei propri figli, il tutto influenzato dagli stereotipi che la nostra cultura ha ancora nei confronti dell’omosessualità. Ma è proprio da questi stereotipi che si può partire per fare un percorso insieme». Il sostegno della famiglia, del resto, in questo percorso è «fondamentale»: nel momento in cui l’adolescente si scopre omosessuale, capisce anche di essere «inatteso», se non addirittura «non previsto» dalla società in cui vive, «per questo è fondamentale avere attorno persone che gli fanno sentire che come persona ha valore, esattamente così com’è».

Tra i relatori del convegno c’è anche don Dario Colombo, parroco di Bergamo che, in venti anni di oratorio, si è confrontato con tanti ragazzi omosessuali e con le loro famiglie. «Molti genitori che frequentano la parrocchia si trovano in difficoltà di fronte all’orientamento sessuale del figlio, si sentono giudicati e si chiedono se hanno fatto qualcosa di male, se possono ancora frequentare la parrocchia. In questi casi bisogna per prima cosa aiutarli a superare i sensi di colpa. Non è il Vangelo stesso che dice di amare il prossimo come noi stessi?». Questi genitori diventano poi «preziosissimi all’interno dell’ambiente ecclesiale, perché, parlando con le altre famiglie, contribuiscono al cambiamento della Chiesa stessa dall’interno».

Parlare di fenomeno è l’arma migliore anche nelle scuole: «Dobbiamo metterci sempre più in un’ottica di prevenzione – spiega Ragaglia -. Parlando di omosessualità non solo combattiamo lo stigma e aiutiamo le famiglie che vivono questa esperienza, ma preveniamo anche il bullismo, che spesso è legato proprio a questioni di genere» «Non mettete la testa sotto al tappeto, affrontate l’omosessualità dei vostri figli con loro – consiglia Luca ai genitori che si trovano nella sua stessa situazione -. L’amore che provate per loro è più importante del loro orientamento sessuale». E Filippo aggiunge: «Se siete ragazzi che vivono questa situazione, apritevi alla vostra famiglia con consapevolezza: fare coming out è un atto d’amore verso se stessi».

Fonte: lastampa.it

  • Aggiornato il 2 Novembre 2016