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Utero in affitto e l’altalena (giudiziaria) sui figli dell’Est

L’altalena di sentenze non si arresta sui coniugi italiani (tra cui molti milanesi) che vanno in Paesi, come l’Ucraina, che consentono la maternità surrogata omologa vietata in Italia, e là si accordano con una donna disponibile a rimanere fecondata dal marito della coppia e a condurre la gravidanza, poi consapevole che la coppia italiana farà trascrivere in Italia i certificati di nascita formati dall’autorità ucraina.

UTERO IN AFFITTOIn estate il gip Sofia Fioretta, nel bocciare l’archiviazione chiesta dal pm Luisa Baima Bollone per una coppia, aveva evocato anche le parole della professoressa Emanuela Bilotti: «Se la domanda che si fa il bimbo adottato è: “Cos’è che in me non va bene al punto da essere stato abbandonato?”, la domanda che si pone il nato da surrogazione di maternità è ancora più terribile: “Cos’è che in me non va bene al punto che perfino la natura mi avrebbe rifiutato?”».

«Il fatto non sussiste»

Ma giovedì anche la nuova giudice, Maria Vicidomini, proscioglie i genitori «perché il fatto non sussiste». E condivide lo studio in base al quale il pm Baima aveva preso atto che la maternità surrogata omologa è ammessa in Ucraina; che non possono essere «alterazione di stato» le dichiarazioni (pur incidenti sullo stato civile del neonato) successive alla formazione degli atti di nascita; e che in astratto sarebbero configurabili «false dichiarazioni a pubblico ufficiale», le quali però, essendo reato comune commesso all’estero e sotto i 3 anni, non sono procedibili in assenza della richiesta del ministro della Giustizia. Tutto chiaro. Almeno fino alla prossima puntata.

Fonte: milano.corriere.it

  • Aggiornato il 28 Ottobre 2016