Università
degli Studi del Piemonte Orientale
Facoltà di scienze politiche
Master
Economia dell’Ambiente e della Sanità
Anno 2004
Viaggiare a metano conviene?
Implicazioni
economiche sottese all’utilizzazione del metano nell’autotrazione
Valutazioni e verifiche sulla diffusione di un carburante a basso impatto ambientale
Luisa Gatti
Indice
1. Considerazioni introduttive
1.1. Il degrado dell’ambiente ed il traffico
1.2. Obiettivi della ricerca
1.3. Cenni ai costi sociali del degrado ambientale
1.4. Sviluppo economico ed inquinamento
1.5. Disposizioni normative in materia di inquinamento e di
incentivi
2. I vantaggi ambientali offerti dal metano
2.1. Riduzione delle emissioni di gas serra
2.2. Riduzione dei composti nocivi prodotti dalla combustione
2.3. Riduzione della formazione di ozono troposferico
2.4. Valutazione riassuntiva dei vantaggi ecologici del gas
naturale
3. Riduzione dei costi di esercizio dei veicoli
3.1. La comparazione dei costi per le autovetture
3.2. I risultati di esercizio per i veicoli industriali
3.3. I costi di manutenzione
4. Qualche riflessione sulla formazione dei prezzi dei carburanti
5. Le riserve mondiali e le prospettive delle disponibilità di metano
6. Il metano è conveniente, eppure non decolla
7. Le carenze della rete di distribuzione
8. Caratteristiche da migliorare del veicolo a metano
9. Classificazione dei veicoli nell’ottica dell’inquinamento
prodotto
10. Linee di intervento per incentivare l’autotrazione
a metano
10.1. Sviluppo della rete e degli impianti di rifornimento
10.2. Sviluppo di nuovi autoveicoli
10.3. Incentivazioni e finanziamenti
10.4. Le limitazioni alla circolazione
10.5. L’informazione
11. Implicazioni economiche degli interventi
1. Considerazioni introduttive
1.1. Il degrado dell’ambiente ed il traffico
Il peggioramento delle condizioni generali dell’ambiente è provocato
da molteplici fonti di inquinamento; queste sono per lo più legate ad
attività dell’uomo che si sviluppano in ogni parte del globo terrestre
ad un ritmo crescente, e spesso disordinato, sul quale non è pensabile
di mettere un freno. Le conseguenze dell’inquinamento sono palesi e vengono
testimoniate da segnali che tutti sono in grado di avvertire, perché
spesso si manifestano in forma vistosa, quale è quella dei mutamenti
climatici e degli sconvolgimenti meteorologici.
In modo particolare è interessata la qualità dell’aria che
tutti respiriamo, perché nell’atmosfera vengono immesse quantità
molto elevate di vapori e di gas che in molti casi hanno un effetto nocivo diretto
sulla salute o una ricaduta indiretta attraverso le alterazioni ambientali e
climatiche indotte, che a loro volta si riflettono sul nostro organismo.
Il quadro poco confortante delle condizioni generali dell’ambiente costringono
a riflettere su modi e metodi possibili per affrontare questo complesso problema.
Una notevole attenzione è già maturata in parecchie sedi qualificate;
peraltro si ha la sensazione che, mano a mano che si scende sino all’uomo
della strada, tale problema venga percepito come un fatto remoto che poco tocca
personalmente; il singolo individuo avverte semmai di essere coinvolto in un
contesto di degrado ambientale sul quale nulla possono i suoi comportamenti.
Eppure ognuno di noi è in qualche misura un inquinatore, il più
delle volte senza esserne consapevole. Non mancano anche casi nei quali vi è
coscienza del danno arrecato; ma ad essa si accompagnano indifferenza o peggio
una colpevole determinazione a far prevalere il proprio interesse particolare
sull’interesse generale.
Questa è una fotografia realistica ed allarmante, che ci indica che devono
essere adottati con urgenza provvedimenti capaci di arrestare il progredire
del degrado e di invertire questa tendenza, pena una ricaduta già chiaramente
accertata e sempre più preoccupante sulla salute umana e più in
generale sulla qualità della vita. Perciò, prendendo come punto
di partenza le manifestazioni più evidenti e misurabili dell’inquinamento,
è necessario individuare le direttrici lungo le quali ci si deve muovere
per ottenere risultati concreti ed incisivi in tempi ragionevolmente brevi.
Della situazione accennata vi è diffusa conoscenza tra gli studiosi dei
fenomeni atmosferici e dei problemi ambientali. Se ne ha altresì piena
coscienza a livello degli organismi sanitari mondiali e dei governi nazionali,
che con azioni specifiche di indirizzo e con atti legislativi stanno cercando
di mettere sotto controllo lo stato di inquinamento. Ma, ciò nonostante,
nessuno è riuscito fino ad ora a dar corpo ad azioni sufficientemente
incisive tali da produrre risultati apprezzabili o che almeno pongano un freno
efficace al ripetersi di situazioni critiche che possono preludere a vere e
proprie emergenze.
Il presente studio prende lo spunto dalle considerazioni prima esposte e si
focalizza su una componente rilevante dell’inquinamento atmosferico, quella
generata dal traffico veicolare, che ha molta importanza soprattutto negli ambienti
urbani, dove la circolazione si addensa maggiormente e dove è più
difficile far disperdere dalla ventilazione naturale le emissioni solide e gassose
dei motori, i prodotti che da queste vengono generati attraverso reazioni chimiche
e fotochimiche, nonché le polveri originate dall’usura degli organi
meccanici e dall’abrasione della pavimentazione stradale.
La quantità maggiore e più nociva degli inquinanti menzionati
è dovuta alla combustione non perfetta dei carburanti ed alle impurità
contenute in questi ultimi. Il miglioramento della qualità dei carburanti
fossili liquidi e dei processi di combustione ha prodotto giovamenti apprezzabili,
ma malgrado tutto troppo limitati, in fatto di riduzione dell’inquinamento.
I miglioramenti tecnici introdotti sui veicoli e la riduzione delle impurità
inquinanti dei carburanti che si sono ottenuti in questi ultimi anni lasciano
aperta la porta della speranza per il futuro prossimo; l’evoluzione su
queste materie non è ancora arrivata al capolinea e sono in atto continui
sforzi di ricerca per ottenere ulteriori progressi e per esplorare altre strade
che consentano di sostenere una richiesta di mobilità che non è
certo orientata a diminuire.
In fatto di carburanti le alternative ecocompatibili, quali il biodiesel di
origine vegetale, il biometano ottenuto dal trattamento di biomasse oltre che
dalle deiezioni animali e il gas naturale hanno avuto fino ad ora applicazioni
molto limitate per motivi sui quali si ritornerà nel seguito. Altre soluzioni
più avanzate, che attraverso l’utilizzazione dell’idrogeno
come combustibile promettono un drastico abbattimento delle emissioni, compresa
l’eliminazione del rilascio di anidride carbonica, si collocano in una
prospettiva ancora lontana, perché richiedono sviluppi tecnologici non
indifferenti per rendere economica la produzione di tale gas e per trasformare
gli attuali prototipi di laboratorio in veicoli che possano essere prodotti
a livello industriale.
Le caratteristiche energetiche del metano sono del tutto adeguate alle necessità
dell’autotrazione ed offrono la possibilità di far compiere un
salto importante in direzione del miglioramento dell’ambiente, come si
vedrà più avanti. Buone soluzioni applicative per impiegarlo nell’alimentazione
dei motori a scoppio sono state sviluppate da tempo ed ampiamente collaudate
su veicoli con le dimensioni e le destinazioni d’uso più diverse.
Pertanto tale soluzione è per molti aspetti pronta per fare il suo ingresso
in forze sul mercato dell’autoveicolo o è vicinissima ad esserlo.
In parallelo a questi fattori positivi si prospettano nuove opportunità
anche per altri aspetti strategici e pratici, tra i quali la possibilità
di diversificare maggiormente le fonti di approvvigionamento energetico, perché
i giacimenti di metano sono più numerosi e meglio distribuiti geograficamente
con riserve che sono stimate esser abbastanza ampie.
Fatte queste premesse, lo sviluppo di uno studio sull’utilizzazione del
gas naturale deve in primo luogo dare risposta alla domanda contenuta nel titolo
di questo lavoro. Perché tale risposta costituisca un contributo significativo
di analisi al riguardo delle problematiche e dei vincoli che stanno alla base
di una mobilità sostenibile, oltre a dare un’indicazione sulle
azioni necessarie per perseguirla, è opportuno cercare di far emergere
tutti gli aspetti della convenienza del metano. Per questo la domanda di partenza
deve essere articolata in modo più ampio.
Innanzi tutto ci si deve chiedere se attraverso l’utilizzazione diffusa
del gas naturale nel campo dell’autotrazione si arriverà effettivamente
ad una riduzione significativa dell’inquinamento atmosferico. In seconda
battuta devono essere prese in considerazione le ricadute economiche che ne
possono derivare, verificando in particolare se e quanto risparmio nei costi
di esercizio può essere ottenuto.
L’obiettivo di questa ricerca è dare risposta agli interrogativi
ora posti, presentando un panorama completo dei vantaggi che l’uso del
metano è in grado di offrire, attraverso l’interpretazione dei
dati ricavati da applicazioni di questo gas già operative e da studi
effettuati nel settore, senza sottacere che a prima vista alcune caratteristiche
del veicolo a metano appaiono penalizzate da fattori tecnici di non facile eliminazione
e che non è disponibile una gamma di prodotto con caratteristiche sufficientemente
articolate per rispondere alle molteplici necessità dei potenziali utilizzatori.
Questi motivi per l’appunto potrebbero dare una spiegazione, almeno parziale,
della diffusione limitata della categoria di autoveicoli in esame.
Per completare il quadro occorre anche valutare se sussistono fattori di origine
esterna, non dipendenti dal veicolo, che impediscono di far prendere piede all’uso
del gas naturale. In proposito è d’obbligo la domanda: vi sono
strutture adeguate per rendere agevole il rifornimento di questo carburante?
Da ultimo, per ritornare ancora su temi economici, tenuto conto che vengono
messi a disposizione dei fondi per incentivare l’acquisto di automezzi
a gas, si deve fare qualche riflessione al riguardo della idoneità di
tali strumenti, perché potrebbero essere erogati con modalità
ed in misura non adeguate e quindi non sortire l’effetto di orientare
sul metano il naturale ricambio del parco veicolistico.
1.3. Cenni ai costi sociali del degrado ambientale
Una larga messe di studi ha dimostrato che il degrado dell’ambiente influenza
negativamente la vita di tutti gli esseri viventi determinando l’insorgere
di specifiche patologie ed agisce anche in modo indiretto, ad esempio aumentando
la predisposizione alle alterazioni genetiche o inducendo modificazioni nella
catena alimentare degli animali, per le quali ancora non si sanno valutare le
conseguenze. Nell’uomo le manifestazioni patologiche assumono forme diverse,
secondo la sensibilità individuale alle malattie ed all’età;
si constata infatti che sono interessati tanto i bambini quanto gli anziani,
con l’aggravamento di affezioni tipiche per ciascuna fascia di età.
Non soltanto, ma spesso si hanno anche risvolti psicologici, perché le
alterazioni climatiche, ad esempio, possono generare stati di ansia e meteopatie
di vario genere. Il rischio di essere colpiti da queste conseguenze negative
appare esaltato nelle aree metropolitane, dove il livello di inquinamento, particolarmente
per l’apporto del traffico, ed i disagi correlati sono avvertiti in modo
più acuto. In sintesi si può dire che a causa dell’inquinamento,
al di là delle manifestazioni patologiche palesi, che costituiscono l’aspetto
più preoccupante per la gravità e la frequenza che talvolta assumono,
si viene a determinare un generale abbassamento della qualità della vita
del quale tutti risentono diffusamente.
Perciò se si vuole tracciare un quadro completo della situazione e si
vogliono fare delle valutazioni quantitative dei costi indotti dall’inquinamento
che ricadono sulla collettività occorre non soltanto prendere in considerazione
le patologie che con maggiore evidenza a questo si ricollegano, ma anche parecchi
effetti collaterali.
Tali valutazioni esulano dallo scopo di questo studio, ma a titolo di esempio
si riportano alcuni dati epidemiologici che sono stati raccolti dal Centro Europeo
Ambiente e Salute di Roma per le città di Torino, Genova, Milano, Bologna,
Firenze, Roma, Napoli e Palermo; tali dati, relativi al 1998, sono riferiti
soltanto alla morbilità dovuta alle polveri sottili presenti in atmosfera;
sono stati calcolati:
- 3500 decessi
- 1900 ricoveri per disturbi respiratori
- 2700 ricoveri per disturbi cardiovascolari
- 31500 attacchi acuti di asma nei bambini.
Per completare il quadro dei costi sanitari imputabili all’inquinamento
generato dal trasporto su gomma, alla casistica accennata devono ancora esser
aggiunte le insorgenze di forme cancerose di vario tipo dovute, oltre che alle
polveri, al benzene ed a altri inquinanti ad azione oncogena.
Inoltre per fare una quantificazione economica completa devono essere messe
in conto quelle componenti del costo del trasporto che non ricadono direttamente
su chi trae vantaggio da esso, i cosiddetti costi esterni, ma che comunque ricadono
sulla collettività. Per l’Italia uno studio dell’Unione Europea
ha stimato in 157 lire al chilometro percorso i danni provocati complessivamente
dal trasporto su gomma, comprendendovi salute, rumore, cambiamenti climatici,
incidenti stradali.
1.4. Sviluppo economico ed inquinamento
Pur consapevoli dell’esistenza e della gravità dei problemi ambientali,
molti Paesi rifiutano nella sostanza di tenerne conto e mettono davanti ad ogni
altra considerazione l’ineludibile necessità di lasciar sviluppare
le loro economie senza vincoli eccessivi, trascurando le conseguenze, compreso
l’aumento dell’inquinamento. Basti pensare al rifiuto opposto da
Stati Uniti e Giappone al protocollo di Kyoto, accordo multinazionale sull’inquinamento
atmosferico e sull’effetto serra al quale sarà fatto cenno poco
oltre, ed ai lunghi tentennamenti della Russia per accettarlo. Tali resistenze
mettono in luce per l’appunto la preoccupazione per le implicazioni di
ordine economico che possono riflettersi sullo sviluppo di qualsiasi Paese,
in conseguenza dell’imposizione di limiti troppo restrittivi al rilascio
di inquinanti. A maggior ragione può essere compreso l’atteggiamento
dei Paesi ad economia meno avanzata che per compiere il loro faticoso cammino
verso il benessere si avvalgono di tecnologie e di processi per noi obsoleti
ed eliminati anche in ragione della loro scarsa compatibilità ecologica.
Ma è proprio esatta l’equazione che lega con una proporzionalità
diretta la crescita dell’economia e quella dei problemi ambientali? È
per lo meno da pensare che la relazione non sempre sia così semplice
ed assiomatica; probabilmente caso per caso è possibile individuare tra
i suoi termini dei parametri sui quali intervenire senza creare effetti negativi
non sopportabili. Al contrario non infrequentemente si intravede la possibilità
di ottenere ricadute positive da appropriate forme di controllo dei processi
e di derivarne nuove opportunità economiche.
Ad esempio, per rimanere al tema di questa ricerca, l’impiego del metano
nel campo dell’autotrazione con una eliminazione parziale degli altri
tipi di carburante, che a prima vista appare di difficile attuazione, se non
altro per l’ingente fabbisogno di capitali d’investimento, porta
vantaggi certi non soltanto per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico,
ma riduce anche in misura sensibile il costo di esercizio dei mezzi di trasporto,
come sarà ampiamente dimostrato dai dati che sono stati raccolti. In
prospettiva possono esservi altri ritorni: ai costruttori viene offerta un’occasione
di accrescere il volume della loro attività sviluppando e producendo
nuove gamme di veicoli; si crea anche la necessità di estendere, specializzandola
per questo nuovo servizio, la rete di distribuzione del gas naturale e di realizzare
un sistema di punti di rifornimento oggi di fatto inesistente.
Il rapporto tra vantaggi ottenibili ed eventuali conseguenze negative sull’economia
deve essere misurato sui singoli casi specifici; cercare delle regole o dei
principi sempre applicabili sarebbe improduttivo e soprattutto avrebbe poca
utilità. Il caso della circolazione stradale presenta molteplici aspetti
che è opportuno ponderare con criteri differenti; perché se è
vero che qualsiasi veicolo, per il fatto stesso che brucia un combustibile,
è fonte di emissioni nocive, è altrettanto vero che non tutti
inquinano nella stessa misura, non tutti vengono utilizzati in ambienti particolarmente
critici, non tutti supportano attività con valenza economica di pari
livello. Per esemplificare, un’autovettura ad uso individuale o familiare,
un mezzo di trasporto collettivo e un autocarro hanno funzioni completamente
diverse e ben differente sarebbe l’impatto economico diretto ed indiretto
di un’eventuale limitazione della loro possibilità di circolare.
Basti pensare a questo proposito che attualmente il 70% della movimentazione
delle merci avviene su gomma e che si valuta che l’apporto complessivo
dei trasporti al PIL sia del 5%. Appare chiaro che andare ad incidere su questo
specifico settore avrebbe conseguenze tutt’altro che trascurabili sull’economia
nazionale. Perciò gli interventi che si dovranno effettuare perché
questa attività riduca il suo contributo all’inquinamento atmosferico,
oggi troppo alto, dovranno essere prudenti e graduali.
1.5. Alcune disposizioni normative in materia di inquinamento
Che gli equilibri della natura siano compromessi dall’inquinamento e
che questo sia in continua crescita sono fatti che colpiscono l’attenzione
di chiunque. Presso gli organismi di ogni livello, nazionale e mondiale, che
si occupano di ambiente e di sanità vi è diffusa coscienza delle
ricadute che si hanno sulla salute umana nonché dei conseguenti costi
sanitari e sociali.
Appare chiaro che le politiche di contrasto del degrado devono muoversi in un’ottica
sovranazionale, perché l’inquinamento, soprattutto quello atmosferico,
non rispetta i confini geografici. Da parte di molti Paesi si cerca di dar corpo
ad azioni che, muovendo lungo percorsi comuni, puntino agli stessi obiettivi.
I documenti con le linee di indirizzo generale emessi dagli organismi sovranazionali,
i trattati, le disposizioni di legge, i decreti attuativi che regolamentano
la complessa materia dell’inquinamento in tutte le sue forme sono ormai
numerosi. Quanto siano applicati di fatto, al di là delle solenni dichiarazioni
d’intento, è tutt’altra faccenda.
Si richiama qui il Protocollo di Kyoto che, guardando ai cambiamenti climatici,
punta l’attenzione sul contenimento dei gas ad effetto serra; a questo
proposito impegna i Paesi aderenti a fare in modo che entro il 2010 la presenza
in atmosfera di tali gas sia ridotta del 6,5% rispetto ai livelli esistenti
nel 1990.
Alcune direttive emanate dalla Comunità Europea stabiliscono limiti alla
quantità di inquinanti pericolosi per metro cubo di aria e pongono traguardi
temporali per rientrare nei limiti stessi e per ricuperare le situazioni più
degradate. Gli Stati dell’Unione Europea sono chiamati a recepire nella
legislazione nazionale le indicazioni delle direttive e a dotarsi di strumenti
per rilevare le quantità dei diversi inquinanti secondo regole uguali
per tutti, allo scopo di governare la situazione e di darne conto all’opinione
pubblica, nonché alla stessa Comunità. Per citare qualche esempio
la direttiva 99/30/CEE tratta di ossidi di azoto, di anidride solforosa, di
piombo e di polveri sottili; la direttiva 00/69/CEE si occupa di benzene e di
ossido di carbonio; la direttiva 02/3/CEE di ozono.
La legislazione italiana ha recepito tali direttive con qualche ritardo; in
particolare a partire dal 1991 sono state emanate nuove normative, con vigore
dal 1993, per limitare le emissioni dei veicoli; queste impongono che in sede
di omologazione di nuovi modelli vengano eseguite prove con modalità
specifiche e su percorsi di varie caratteristiche. Nella tabella 1 vengono indicati
i limiti ai quali si è fatto cenno.
Tabella 1. Normativa sulle emissioni delle auto di nuova omologazione dal 1991 al 2005
Tabella 1. Normativa sulle emissioni delle auto di nuova omologazione dal 1991 al 2005 |
||||||
Veicoli omologati |
Direttiva di riferimento |
CO (g/km) |
HC (g/km) |
NOx (g/km) |
HC + NOx (g/km) |
PM (g/km) |
da 7/1992 (tutti) |
91/441 ( EURO 1) |
2,72 |
n.p. |
n.p. |
0,97 |
n.p. |
da 1/1996 (benzina) |
94/12 ( EURO 2) |
2,2 |
n.p. |
n.p. |
0,50 |
n.p. |
da 1/1996 (gasolio) |
94/12 ( EURO 2) |
1 |
n.p. |
n.p. |
0,7/0,9 |
0,08/0,1 |
da 1/2000 (benzina) |
98/69 ( EURO 3) |
2,3 * |
0,20 |
0,15 * |
0,35 * |
n.p. |
da 1/2000 (gasolio) |
98/69 ( EURO 3) |
0,64 * |
n.p. |
0,50 * |
0,56 * |
0,05 * |
da 1/2005 (benzina) |
98/69 ( EURO 4) |
1* |
0,10 |
0,08 * |
0,18 * |
n.p. |
da 1/2005 (gasolio) |
98/69 ( EURO 4) |
0,5* |
n.p. |
0,25 * |
0,30 * |
0,025 * |
A loro volta le amministrazioni comunali delle maggiori città deliberano,
ai fini del contenimento dell’inquinamento, restrizioni periodiche della
circolazione nell’ambito del territorio di loro giurisdizione in applicazione
delle disposizioni legislative nazionali.
Parallelamente nel quadro generale della produzione di energia, altre leggi
promuovono l’impiego di combustibili alternativi ai derivati del petrolio,
oltre che il ricorso a fonti rinnovabili e a mezzi di generazione innovativi;
al riguardo degli autoveicoli indicano che il metano, il gpl ed i biocarburanti
devono trovare un’applicazione crescente, imponendone anzi l’utilizzazione
in certuni settori del parco circolante. Ad esempio il decreto Ronchi (Mobilità
sostenibile nelle aree urbane, 27/03/1998) fa obbligo ai Comuni di convertire
progressivamente le proprie flotte in modo da inserire in esse una quota di
automezzi ecocompatibili pari almeno al 50% della consistenza entro il 2003.
Per lo scopo predispone strumenti di concorso finanziario dello Stato per facilitare
l’acquisto di veicoli per il trasporto passeggeri e di altri mezzi destinati
a servizi urbani di pubblica utilità.
Nella stessa ottica sono stati emanati e più volte rifinanziati altri
decreti (si veda il decreto 28/05/1999 “Concessione di mutui agli enti
locali….per il finanziamento degli interventi in campo ambientale…”)
che offrono concorsi alla spesa di acquisto di sicuro interesse (nel caso citato,
il 25% se il veicolo è alimentato esclusivamente a metano, il 10% per
l’alimentazione ibrida).
A fianco delle disposizioni che promuovono la domanda di veicoli a gas operano
anche normative fiscali che, differenziando l’imposizione sui diversi
tipi di carburante, incentivano il consumo di quelli ecologici. In altre parole
su benzina e gasolio il carico impositivo viene mantenuto più alto di
quanto non lo sia sul metano e sul gpl. Ad esempio la direttiva 03/96/CEE è
stata emanata per armonizzare la tassazione sui prodotti energetici in ambito
comunitario e fa obbligo ai governi nazionali di adottare livelli minimi di
imposizione a partire dall’inizio del 2004 per evitare eccessive disparità
nei prezzi minimi dei combustibili, ma non pone alcun limite al valore massimo
dell’accisa. Or bene la tabella 2, estratta dall’allegato A della
direttiva prima richiamata, mette in evidenza il forte divario di cui si è
detto e indica, tra le altre cose, che tale divaricazione è destinata
a crescere in corrispondenza di una prossima scadenza fissata per il 2010.
Tabella 2. Livello minimo di imposizione fiscale sui carburanti (euro/litro)*
Tabella 2. Livello minimo di imposizione fiscale sui carburanti (euro/litro)* (03/96/CEE) |
||
|
01/01/2004 |
01/01/2010 |
Benzina senza piombo |
0.359 |
0.359 |
Gasolio |
0.302 |
0.330 |
Gpl |
0.125 |
0.125 |
Gas naturale |
0.0026 |
0.0026 |
*IVA esclusa
Fonte: Allegato A, direttiva 03/96/CEE
2. I vantaggi ambientali offerti dal metano
L’impiego del metano nel campo dell’autotrazione presenta tre aspetti vantaggiosi nei confronti di quello degli altri carburanti correntemente usati: nella combustione viene prodotta un quantità inferiore di anidride carbonica e di altri gas serra, il rilascio di sostanze inquinanti è contenuto a livelli molto bassi, vengono ridotti sensibilmente i costi di esercizio dei veicoli. Questi fattori verranno esaminati in dettaglio nei paragrafi che seguono.
2.1. Riduzione delle emissioni di gas serra
Il primo aspetto, quello delle proprietà di questo gas, è illustrato
dalla scheda tecnica riportata nella pagina 14 (tabella 3) nella quale sono
condensate le caratteristiche che hanno rilevanza per l’alimentazione
dei motori a scoppio.
La sua molecola è composta da atomi di carbonio e di idrogeno che si
ossidano entrambi nella reazione di combustione, generando un quantità
di calore superiore a quella ottenibile, a parità di peso, dagli altri
carburanti che vengono utilizzati per l’autotrazione. Infatti da un chilogrammo
di metano si ottengono 11600 chilocalorie, a fronte di 10300 kcal ricavabili
da uguale peso di benzina, di 10200 kcal nel caso del gasolio e di 10000 kcal
del gpl (gas di petrolio liquefatto). Il maggior contenuto energetico, la facilità
di miscelazione con l’aria ed il suo alto punto di infiammabilità,
al quale corrisponde un numero di ottani convenzionale pari a 120, ben superiore
a quello della benzina normalmente commercializzata, permettono di ottenere
un rendimento più che soddisfacente dal ciclo termodinamico di utilizzazione.
Come è facile osservare, la reazione chimica di ossidazione
CH4 + 2O2 ? CO2 + 2H2O
genera come prodotti della combustione anidride carbonica ed acqua allo stato
di vapore. Senza entrare nel merito di valutazioni quantitative attraverso un
preciso calcolo stechiometrico, risulta chiaro che il modesto contenuto di carbonio
della molecola del metano si traduce in una produzione di anidride carbonica
significativamente inferiore rispetto ad altri carburanti, a parità di
energia resa. In termini pratici gli effluenti scaricati dai motori a gas naturale
hanno un contenuto di CO2 inferiore del 30% rispetto al gasolio, del 22% rispetto
alla benzina, e del 12% rispetto al gpl. È perciò evidente che
l’impiego del metano offre innanzi tutto il vantaggio di una produzione
ridotta di anidride carbonica che è la principale responsabile dell’effetto
serra.
La presenza di idrocarburi liberi in atmosfera concorre a generare effetto serra;
perciò gli incombusti che vengono rilasciati dai motori, l’evaporazione
delle frazioni leggere del petrolio e dei suoi derivati, le eventuali fughe
di gas devono essere tenute sotto controllo al pari dell’anidride carbonica.
I metodi di comparazione dell’emissione complessiva di gas serra per motori
alimentati con i diversi tipi di carburante utilizzano un indicatore (GWI, Global
Warming Index) che è stato adottato per effettuare le valutazioni con
criteri omogenei tenendo conto di tutti i fattori in gioco. Attraverso tale
indice è stato rilevato che l’impatto dell’alimentazione
a gas naturale risulta complessivamente inferiore del 18% rispetto alla benzina,
del 14% rispetto al gasolio e del 5% rispetto al gpl. L’istogramma di
figura 1 rappresenta graficamente tali differenze.
Figura 1
Tabella 3
Tabella 3 Proprietà chimico-fisiche del metano |
|
Formula chimica |
CH4 |
Caratteristiche fisiche generali | gas incolore, infiammabile, chimicamente stabile, con un leggero odore agliaceo |
Densità riferita all’aria a 0 °C |
0,55 |
Massa a temperatura 20°C e a pressione atmosferica |
0,7174 kg/m3 |
Temperatura di liquefazione a pressione atmosferica |
- 161.52 °C |
Pressione critica di liquefazione alla temperatura critica |
45,96 bar |
Solubilità in acqua |
scarsa |
Potere calorifico |
11600 kcal/kg |
Temperatura di infiammabilità a pressione atmosferica |
580 °C |
Limite di infiammabilità della miscela aria-metano a 20 °C |
5 / 15 % |
Tossicità |
assente |
Corrosione dei metalli |
assente (gas inerte) |
Produzione | estrazione da giacimenti naturali |
Fonte: Sito Università di Firenze
Nota. I dati della tabella sono relativi al metano chimicamente puro. Per l’autotrazione si utilizza il gas che viene estratto dai pozzi senza sottoporlo ad alcun trattamento volto a modificarne la composizione e le caratteristiche. Il gas naturale, oltre al metano che costituisce la frazione di gran lunga preponderante (circa 85-99% secondo i giacimenti di provenienza), contiene anche piccole quantità di altri gas combustibili (etano e propano principalmente) e tracce di incombustibili (azoto, anidride carbonica, idrogeno solforato). Le caratteristiche chimico-fisiche del gas erogato dai distributori possono presentare alcune diversità, di fatto ininfluenti ai fini dell’utilizzazione. Per tale motivo nel testo i termini metano e gas naturale vengono usati come sinonimi.
2.2. Riduzione dei composti nocivi prodotti dalla combustione
In tutti i processi di combustione si verifica una formazione di residui come
prodotto della reazione di ossidazione, tanto più se questa avviene in
modo non completo, che possono anche essere il risultato di reazioni secondarie
irrilevanti dal punto di vista della produzione di calore e in quanto tali non
desiderate. Tutti questi residui si disperdono nell’atmosfera e fanno
crescere l’inquinamento dell’aria che a sua volta provoca effetti
nocivi sulla salute ed alterazioni climatiche.
Nel seguito vengono passati in rassegna i più importanti effluenti prodotti
dalla combustione dei tipi di carburante normalmente usati, facendo un esame
compartivo di questi ultimi dal punto di vista del loro potenziale di inquinamento.
PM 10
Con questa sigla vengono individuate le polveri formate da granuli con diametro
di 10 ?m o inferiore (polveri sottili), che sono sospese nell’atmosfera;
la quantità maggiore viene generata nella combustione (motori, impianti
termici) ed in parte sono dovute all’usura degli pneumatici, dei freni
e delle frizioni. Le quantità misurate dalle apparecchiature di monitoraggio
dell’aria comprendono anche le frazioni risollevate da terra dalla turbolenza
locale. I fenomeni di inversione termica, tipici della stagione invernale, ne
limitano fortemente la dispersione, aggravandone gli effetti. Le polveri sono
liberate principalmente dai motori a gasolio, anche quando sono dotati di dispositivi
filtranti sui condotti di scarico, e dai motori a due tempi. La diffusione sempre
maggiore dei primi in tutte le applicazioni su veicolo è perciò
motivo di allarme, anche perché il particolato prodotto dai motori va
ad aggiungersi a quello degli impianti di riscaldamento e di molte attività
industriali. Per questi motivi è necessario un attento monitoraggio delle
quantità presenti nell’aria specialmente nelle città.
Le polveri sottili penetrano negli alveoli polmonari con potenziali effetti
cancerogeni, oltre ad essere responsabili di forme asmatiche e di irritazioni
delle vie respiratorie. La loro concentrazione è maggiore in prossimità
del suolo e per questo i bambini possono risentirne in misura pronunciata; in
generale sono pericolose per tutti i soggetti con insufficienza respiratoria.
Nei processi di combustione del metano la formazione di polveri è quasi
del tutto assente; questo risolve a suo favore il confronto con gli altri tipi
di carburante.
NO x
Gli ossidi di azoto derivano da processi di combinazione chimica che si verificano
ad alta temperatura durante la combustione; della loro formazione sono responsabili
non soltanto i veicoli, ma anche numerosi processi industriali e gli impianti
di riscaldamento. Il miglioramento delle caratteristiche dei combustibili e
dei processi che li utilizzano ha determinato in questi ultimi anni una lieve
riduzione delle quantità di NOx immesse in atmosfera. Ciò nonostante
i valori medi oggi rilevati risultano almeno doppi del limite fissato come obiettivo
per il 2010; nell’attuale situazione, i trasporti pesano per circa la
metà delle quantità emesse.
Gli ossidi di azoto nell’atmosfera si trasformano facilmente in ammoniaca,
gas irritante per le vie respiratorie, e sono precursori dell’ozono in
conseguenza di processi fotochimici che coinvolgono anche altri componenti organici
(COV) emessi dai motori.
Nei residui di combustione del metano la presenza di ossidi di azoto risulta
di fatto trascurabile.
Benzene
Si ritiene che il benzene ed alcuni altri idrocarburi policiclici aromatici
siano sostanze ad alto potenziale cancerogeno. Il primo, quantitativamente più
importante, è presente soprattutto (95%) negli effluenti di scarico dei
veicoli come incombusto o come prodotto di reazione di altri idrocarburi; ma
è anche rilasciato per evaporazione dai carburanti liquidi durante lo
stoccaggio e nelle operazioni di distribuzione. La quantità presente
nell’atmosfera, secondo i rilevamenti di questi ultimi anni, ha valori
medi circa doppi del limite di 5?g/m3 fissato per il 2010. La benzina ne è
la fonte principale, ma anche il gasolio ed il gpl danno contributi apprezzabili.
Il gas naturale contiene benzene in quantità molto limitate e, grazie
alle tecniche sofisticate di combustione adottate sui motori moderni, gli scarichi
risultano praticamente privi di residui di questo tipo.
Ugualmente assenti sono altri idrocarburi aromatici che possono dare origine
ad aldeidi (formaldeide, acetaldeide) irritanti per l’apparato respiratorio.
Anidride solforosa
L’anidride solforosa, ed in misura minore gli ossidi di azoto, sono responsabili
delle piogge acide che provocano danni di tutto rilievo alla vegetazione, fenomeni
resi evidenti da vistosi casi di defoliazione verificatisi in più parti
del mondo, ed alla fauna, come conseguenza della riduzione delle fonti di cibo
compromesse per l’appunto da tali precipitazioni.
In tutti i combustibili fossili sono presenti componenti solforose ed anche
nel petrolio se ne trovano presenze non trascurabili, specialmente nelle sue
frazioni più pesanti. Tra i carburanti liquidi il gasolio ne contiene
la quantità maggiore; perciò le aziende petrolifere sono oggi
impegnate nella messa a punto di processi di raffinazione capaci di dare un
prodotto adeguatamente depurato da questi inquinanti per poter soddisfare i
limiti previsti dalle prescrizioni legislative.
Nel caso del metano il problema è del tutto trascurabile, come risulta
da prove comparative effettuate da diversi laboratori; infatti né il
biossido di zolfo né altri composti solforati sono presenti in quantità
apprezzabile all’estrazione e pertanto il gas non necessita di processi
di depurazione.
Monossido di carbonio
Il monossido di carbonio deriva da una combustione imperfetta; perciò
è un effluente tipicamente presente nello scarico dei motori a scoppio
quando funzionano a basso regime, come avviene nelle situazioni di traffico
intenso e rallentato. I propulsori a benzina ne sono i maggiori produttori;
fatta 100 la quantità generata da questi ultimi, l’alimentazione
a metano a parità di condizioni riduce l’emissione a 25, dato che
questo gas si miscela facilmente con l’aria e perciò brucia pressoché
completamente.
Il monossido di carbonio è un gas che, sostituendosi all’ossigeno
nei processi della respirazione, può provocare insufficienza respiratoria.
I bambini sono i soggetti maggiormente a rischio, perché il CO tende
a depositarsi negli strati bassi dell’atmosfera.
Incombusti
Vengono comprese tra gli incombusti rilasciati in atmosfera tanto le frazioni
dei diversi idrocarburi che sono presenti negli scarichi dei motori, quanto
le eventuali perdite dei loro impianti di alimentazione. Tutti i carburanti,
soprattutto se contengono molte frazioni leggere del petrolio, come la benzina,
danno luogo a rilascio di idrocarburi in atmosfera per evaporazione. Alcuni
di questi possono avere effetti tossici; tutti, comunque originati, danno un
contributo non trascurabile all’effetto serra, come è già
stato accennato.
Il metano, stabile e scarsamente reattivo sia in atmosfera sia nei confronti
dell’organismo, risulta non tossico e come tale non viene considerato
tra gli inquinanti sorvegliati dalla normativa statunitense. Nell’uso
per autotrazione se ne riscontrano quantità ininfluenti nei gas di scarico,
mentre è inevitabile che qualche perdita faccia salire i numeri dell’incombusto
totale. L’analisi comparativa relativa alla prima frazione, i veri incombusti,
vede ancora il motore a benzina come maggior imputato. Fatta 100 la sua emissione,
il metano si colloca sul gradino più basso della classifica dei carburanti
con un peso del 18%.
La rassegna prima presentata degli inquinanti regolamentati dalle disposizioni legislative nazionali e dei gas serra emessi dai motori mette in evidenza che i propulsori a metano possono far decrescere sensibilmente le concentrazioni di sostanze nocive presenti nell’atmosfera. L’istogramma di figura 2, tratto dalla pubblicazione Il Metano (Fiat), confronta in modo sintetico le emissioni prodotte dal gas naturale e dalla benzina, mostrando graficamente le differenze che vi sono nei due casi per ciascuna delle componenti.
Figura 2
2.3. Riduzione della formazione di ozono troposferico
L’ozono presenta due facce: quella buona dello strato presente ai limiti
superiori dell’atmosfera, che protegge dai raggi ultravioletti, e quella
cattiva del gas che ristagna vicino al suolo. Quest’ultimo non è
un prodotto diretto della combustione, perciò è presente negli
scarichi dei motori soltanto frazionalmente. La quantità maggiore viene
prodotta da trasformazioni chimiche che si verificano sugli ossidi di azoto
e su composti organici volatili per azione della luce solare. In questo senso
l’ozono deve essere considerato come un inquinante secondario che deriva
da precursori generati in larga parte dalla combustione dei carburanti.
L’ozono che si forma nella troposfera è fortemente nocivo per tutti
gli esseri viventi; la sua azione risulta particolarmente pericolosa nelle aree
urbane dove più facilmente raggiunge concentrazioni elevate.
Elaborazioni effettuate mettendo a confronto le quantità di precursori
dell’ozono prodotte dai carburanti ordinari e quella rilasciata dal metano
indicano che, fatta 100 l’emissione della benzina, se viene impiegato
gas naturale tale valore si abbassa al 5%. Altre valutazioni (TNO, Road Vehicle
Research Institute) del potenziale di formazione di ozono riferite alla percorrenza
dei veicoli forniscono i dati del quadro qui di seguito riportato (tabella 4),
dal quale emergono i risultati più favorevoli del metano.
Tabella 4 |
|||
Benzina | Gasolio | Gpl | Metano |
160 mg/km | 80 mg/km | 90 mg/km | 35 mg/km |
Fonte: Atti del convegno ISSI 2003 Roma
2.4. Valutazione riassuntiva dei vantaggi ecologici del gas naturale
La rassegna delle principali sostanze inquinanti presenti negli scarichi dei
motori ha messo in chiaro gli ampi vantaggi offerti dal metano; si è
visto infatti esaminandole una per una che la combustione del gas naturale ne
produce quantità significativamente inferiori rispetto a quanto si verifica
per gli altri carburanti o non ne genera affatto.
L’esame condotto nel paragrafo precedente, essendo analitico, non fornisce
un quadro organico delle variazioni dello scenario ambientale che si possono
ottenere intervenendo a livello locale sulla composizione del parco dei veicoli
in circolazione. È chiaro che queste ultime indicazioni non possono essere
ricavate da operazioni eseguite dal vero, modificando effettivamente la tipologia
o la quantità degli automezzi attivi; è possibile invece fare
delle simulazioni con il calcolatore. Di regola si opera prendendo come oggetto
di studio famiglie di autoveicoli, correntemente designate con il termine flotta,
che vengono sistematicamente utilizzate in modo omogeneo per svolgere un servizio
di caratteristiche ben note, in un contesto territoriale altrettanto definito.
Ad esempio le figure 3 e 4 rappresentano i risultati elaborati dal Centro Studi
sui Sistemi di Traffico (CSST) per attività sviluppate nella zona urbana
di Torino.
Figura 3
Nel primo caso (fig. 3) tali valutazioni fanno riferimento all’ipotesi
di sostituzione dell’intero complesso delle flotte circolanti con veicoli
di pari tipo alimentati a metano, mentre nell’altro (fig. 4) vengono rappresentate
le stime relative ai differenti effetti di un rinnovamento attuato rispettivamente
in misura del 25%, del 50% e del 100% delle flotte dei taxi e dei veicoli commerciali
operanti nell’area urbana.
Tra i riflessi positivi che una più ampia diffusione della trazione a
metano può avere sull’ambiente, non deve essere dimenticato che
la distribuzione e l’erogazione del gas ai veicoli avviene con modalità
che non presentano rischi ambientali, perché sono completamente diverse
rispetto a quelle utilizzate per i carburanti liquidi. In quest’ultimo
caso il rifornimento delle stazioni di servizio implica la circolazione di mezzi
di trasporto specializzati, quali le autobotti, e numerosi travasi da un serbatoio
ad un altro lungo il percorso per trasferire il prodotto dal pozzo di origine
al distributore; il procedimento è simile anche per il gpl. Di conseguenza
l’intera movimentazione dei carburanti è causa di inquinamento
ed ha un’incidenza direttamente proporzionale al loro consumo tanto a
causa gli scarichi generati dai motori delle flotte di distribuzione, che oggi
contano circa 35.000 veicoli in circolazione, quanto per il verificarsi di dispersioni
del materiale trasportato, cosa che non accade solo episodicamente in circostanze
eccezionali.
Al contrario il gas naturale viene estratto dai pozzi e immesso nei metanodotti
praticamente senza dover subire alcun trattamento; il trasporto e la distribuzione
avvengono attraverso una rete di tubazioni fisse che, essendo quasi interamente
sotterranea, risulta ben protetta da fatti accidentali. Per l’immissione
nel serbatoio degli automezzi, che è fatta a pressione elevata, vengono
utilizzati impianti a tenuta stagna e con dispositivi di sicurezza che impediscono
fughe anche in caso di incidenti imprevisti. L’intero processo “dal
pozzo alla ruota” ha perciò probabilità molto ridotte di
dar luogo ad eventi di rilevanza ecologica.
Per completare il quadro delle caratteristiche positive di basso impatto ambientale
che sono state prese in esame più sopra, è opportuno ricordare
che le proprietà fisiche del metano (peso specifico inferiore a quello
dell’aria, alto punto di infiammabilità) rendono possibile una
facile dispersione di questo gas nell’atmosfera e riducono a livelli molto
bassi il rischio di formazione di miscele esplosive negli ambienti sufficientemente
aerati. Per queste ultime proprietà il metano risulta complessivamente
non pericoloso; di conseguenza viene consentito il parcheggio dei veicoli che
lo utilizzano nelle autorimesse sotterranee senza alcun condizionamento, a differenza
di quanto avviene nel caso del gpl.
Figura 4
Dopo aver messo a confronto il gas naturale con i carburanti derivati dal petrolio,
per completare la rassegna dei combustibili che possono trovare applicazione
nel campo dell’autotrazione è necessario fare un breve cenno ai
biocarburanti liquidi di origine vegetale, dei quali si dirà più
sotto; al biometano, del tutto identico al gas di giacimento, che viene ricuperato
con varie tecniche dai processi di decomposizione di sostanze organiche e dalla
digestione anaerobica dei reflui zootecnici; al biogas, sostanzialmente CO,
ottenuto dalla gassificazione di scarti vegetali di diverse provenienze, utilizzabile
anche nei motori.
In tutti i casi citati i materiali primari hanno costo praticamente nullo o
comunque molto basso, anche quando sono ottenuti da coltivazioni agricole effettuate
appositamente, che spesso creano problemi non piccoli di smaltimento come rifiuti
e che invece possono essere altrettante fonti energetiche alternative al petrolio.
I biocarburanti liquidi vengono ottenuti da processi di fermentazione di materiali
vegetali, per lo più scarti agricoli, o dal trattamento dei semi di piante
oleaginose appositamente coltivate. La produzione di questi carburanti richiede
impianti relativamente complessi per il trattamento della materia prima e per
la depurazione; il costo del prodotto è determinato principalmente da
tali processi, mentre l’incidenza dei materiali di partenza risulta poco
influente. Di fatto il loro prezzo risulta competitivo soltanto nei periodi
di crisi petrolifera. Tuttavia nel bilancio economico della produzione possono
avere rilevanza anche taluni sotto prodotti pregiati (ad esempio glicerina nel
caso del biodiesel) che vengono a loro volta commercializzati a condizioni vantaggiose.
Dal punto di vista ecologico i biocombustibili danno ottimi risultati e questo
è il loro vero punto di forza. Infatti bruciando danno origine a emissioni
di sostanze nocive in quantità assai inferiore rispetto ai carburanti
tradizionali. Non contribuiscono all’effetto serra perché restituiscono
all’aria la quantità di anidride carbonica utilizzata dai vegetali
d’origine nel corso della loro crescita.
Le due tipologie principali dei biocombustibili di origine vegetale sono:
- l’alcool etilico, ottenuto da colture di piante zuccherine (canna da
zucchero, mais, cereali in genere), oppure un suo derivato chimico denominato
MTBE;
- oli estratti da piante quali colza, girasole, soia, palma, che trattati chimicamente
(processo di transesterificazione) danno origine al biodiesel, direttamente
sostituibile al gasolio con pari potenziale energetico.
Nel campo dell’autotrazione i bioconbustibili possono essere utilizzati
mescolati con altro carburante minerale (etanolo con benzina, biodiesel con
gasolio) o allo stato puro, ferma rimanendo la necessità di adottare
di caso in caso tarature specifiche del motore. Soltanto il biodiesel può
sostituire il gasolio senza necessità di modificare le regolazioni. Pertanto
la commercializzazione di questi carburanti alternativi presuppone un sistema
di distribuzione distinto da quello disponibile per benzina e gasolio, che deve
essere giustificato da un impiego abbastanza diffuso, come avviene in determinate
aree geografiche, ad esempio in Brasile proprio per il biodiesel; fatta questa
eccezione, nel loro insieme finiscono per essere poco competitivi nei confronti
degli altri d’uso ordinario.
Per contro può risultare conveniente il loro sfruttamento per alimentare
impianti fissi, meglio se prossimi al luogo di produzione, per generare energia
elettrica ed energia termica ad uso industriale o anche in piccoli impianti
di riscaldamento, sfruttando il loro ottimo potere calorifico ed il loro basso
impatto ambientale.
3. Riduzione dei costi di esercizio dei veicoli
Per esaminare sotto un altro aspetto le opportunità offerte dal gas
naturale occorre entrare del merito dei vantaggi economici che possono essere
ottenuti dal suo uso, prendendo come riferimento il costo per chilometro percorso
dall’autoveicolo.
Il maggior potere calorifico del metano intuitivamente porta a pensare che per
percorrere una determinata distanza sia richiesta una quantità inferiore
di questo combustibile rispetto agli altri. Ed è senz’altro vero,
ma si deve ricordare che, a parità di contenuto energetico, il gas naturale
occupa un volume più alto di quello dei carburanti liquidi. Questo comporta
un minore rendimento volumetrico del motore ed una conseguente perdita di prestazioni
di circa il 10%.
I dati disponibili nei siti Internet che trattano l’argomento o ricavati
dalla stampa specializzata, che sono stati utilizzati per sviluppare le considerazioni
esposte nel seguito, riguardano paragoni fatti su normali autovetture di uso
personale e/o familiare nonché veicoli industriali da trasporto, facenti
parte di flotte organizzate per fornire servizi di pubblica utilità.
I parametri che sono stati utilizzati come riferimento per elaborare le conclusioni
che verranno presentate più avanti sono il prezzo alla pompa dei diversi
carburanti ed i consumi per unità di percorso. Non sono stati trascurati
i costi di manutenzione; per questi ultimi si cercherà di dimostrare
attraverso considerazioni induttive che risultano più contenuti nel caso
di alimentazione a gas naturale, perché gli stessi non sono semplici
da quantificare in quanto vengono molto influenzati da fattori tra di loro disomogenei
(destinazione d’uso e cura del mezzo, modo di conduzione).
I prezzi alla pompa utilizzati per sviluppare i calcoli necessari per fare i
confronti sono stati rilevati contestualmente per tutti i tipi di carburante
in periodi di relativa stabilità, comunque ben maggiore rispetto a quella
della situazione più recente.
3.1. La comparazione dei costi per le autovetture
Nel caso delle autovetture, al fine di sviluppare un confronto su basi omogenee,
il valore dei consumi è stato scelto tra quelli tipici di veicoli di
media cilindrata con caratteristiche e prestazioni molto simili quando non identiche,
come vengono dichiarate dal costruttore sulla documentazione tecnica per percorrenze
di 10000 km, relativamente alle versioni alimentate con i diversi carburanti.
Con il metodo adottato viene fatto un paragone tra costi effettivi nei quali
rimangono comprese e tenute in conto le differenze di rendimento alle quali
è stato precedentemente fatto cenno.
La tabella 5, ricavata dal sito www.metano.it, porta ad evidenza il divario
di costo chilometrico con le quattro modalità di alimentazione. In assoluto
il metano risulta il carburante più economico; in termini percentuali
si vede che esso dà luogo ad un minor costo di circa il 62% rispetto
alla benzina, del 41.8% rispetto al gasolio, del 42.3% rispetto al gpl. A conti
fatti, utilizzando i dati della tabella, si vede che 1 kg di metano equivale
a 1.56 litri di benzina e a 1,2 litri di gasolio a parità di chilometri
percorsi.
I numeri sopra riportati hanno una propria eloquenza e non richiedono altri
approfondimenti. Le differenze sono sufficientemente ampie per non perdere il
loro significato anche se venissero modificati in qualche misura i dati di partenza
dei calcoli, specificamente i consumi al chilometro che possono essere leggermente
diversi da un modello di veicolo all’altro nell’ambito della stessa
classe, oppure intervenissero ragionevoli variazioni dei prezzi alla pompa dovute
alle fluttuazioni del mercato. Ma su quest’ultimo aspetto vale la pena
di ritornare con qualche riflessione; se ne riparlerà nel capitolo 4.
Tabella 5 Comparazione dei costi chilometrici per le autovetture |
||||
Benzina | Gasolio | Gpl | Metano* | |
km/ litro medi | 12,0 | 15,6 | 9,6 | 18,72 |
litri consumati | 833 | 641 | 1042 | 534 |
prezzo unitario (euro) | 1,067 | 0,902 | 0,56 | 0,63 |
spesa complessiva (euro) | 889 | 578 | 583 | 337 |
costo per km (euro) | 0,089 | 0,058 | 0,058 | 0,034 |
*Per il metano le unità di misura sono rispettivamente km/m3, kg ,
euro/kg; il gas alla pompa è venduto a kg
Fonte: Sito www.metano.it/Metano per auto
Per ulteriore conferma delle valutazioni prima esposte, si può restringere
la comparazione a specifici modelli di vettura, nella fattispecie la Fiat Punto
e la Fiat Multipla, disponibili in versione con doppia alimentazione a benzina
e a gas naturale, che, secondo i dati forniti dal costruttore, nelle due modalità
di funzionamento offrono prestazioni non dissimili di velocità ed accelerazione
( la differenza è a sfavore del gas, ma comunque contenuta nel 5% circa
per la velocità massima e nel 15% circa per l’accelerazione); per
questi veicoli si hanno i costi chilometrici sotto riportati su percorso misto
(ciclo combinato):
Punto
- consumi benzina 6.3 litri /100 km metano 4.3 kg /100 km
- costo benzina 8 euro /100 km metano 4 euro /100 km
Multipla
- consumi benzina 9.2 litri /100 km metano 6.3 kg /100 km
- costo benzina 12 euro /100 km metano 5 euro /100 km
Occorre sottolineare che i motori regolati per poter funzionare con due diversi carburanti (bifluel) hanno prestazioni inferiori a quelli ottimizzati per l’una o per l’altra alimentazione. La differenza può essere rilevata paragonando, sempre sulla scorta dei dati del costruttore relativamente alle stesse condizioni di prova, la versione Bipower della Multipla, utilizzata per il precedente confronto, con quella Blupower alimentata esclusivamente a metano. Quest’ultima motorizzazione permette di ottenere prestazioni migliori tanto in termini di velocità quanto di accelerazione con un consumo più contenuto, che scende ancora di un buon 5% rispetto a quanto si è visto sopra.
3.2. Alcuni risultati di esercizio per i veicoli industriali
L’insieme dei mezzi di trasporto che correntemente viene identificato
con la dicitura veicoli industriali include una gamma di modelli molto ampia
che va dai grandi carri destinati al trasporto delle merci su lunga distanza,
agli autobus per servizi passeggeri, ai furgoni di varia taglia usati per la
distribuzione a piccolo e medio raggio, comprendendo in questa fascia anche
i mezzi derivati dalle autovetture. Si tratta perciò di categorie molto
eterogenee per destinazione d’uso e modo di impiego, che richiedono di
essere ulteriormente scomposte per essere analizzate; infatti proprio le condizioni
di esercizio possono essere determinanti dal punto di vista dei consumi e perciò
rendere validi o inficiare i raffronti di convenienza tra alimentazioni con
carburanti diversi.
Innanzi tutto va detto che oggi nel campo in esame il motore diesel è
adottato su qualsiasi tipo di mezzo, mentre sono usciti quasi completamente
dall’uso i propulsori a benzina, presenti soltanto su un ridotto numero
di unità di vecchia immatricolazione; il gpl non ha trovato applicazioni
di rilievo; il metano sta affermandosi in talune applicazioni specifiche, che
al momento non costituiscono un modello che possa essere generalizzato. In particolare
non sono a tutt’oggi commercializzati mezzi pesanti a gas, anche se sono
stati messi a punto motori con la potenza necessaria; per altro sono disponibili
veicoli adatti alla movimentazione di carichi medio-piccoli, mezzi per il trasporto
urbano collettivo sui quali trovano impiego i propulsori della gamma più
alta, nonché veicoli speciali adibiti a servizi di pulizia e di raccolta
rifiuti, sempre in ambito urbano.
Per tali ragioni i dati disponibili sull’uso del gas naturale nel settore
dei veicoli industriali sono limitati e per lo più sono frutto di stime,
piuttosto che di elaborazioni di consuntivi tratti dall’esercizio effettivo
degli automezzi.
Alcune delle informazioni che qui si riportano, relativamente a furgoni di piccola
taglia dotati di alimentazione alternativa benzina/metano, sono state tratte
dal catalogo del costruttore (consumi nel ciclo urbano); nel secondo caso considerato
si può anche fare il confronto con i costi di esercizio del veicolo nella
versione a gasolio.
Fiat Doblò
- consumi benzina 11.9 litri /100 km metano 8.2 kg /100 km
- costo benzina 12 euro /100 km metano 5 euro /100 km
Fiat Ducato
- consumi benzina 16.7 litri /100 km metano 6.3 kg /100 km
- costo benzina 16.8 euro /100 km metano 7 euro /100 km
gasolio 11 euro /100 km metano 7 euro /100 km
Risulta particolarmente significativo l’ultimo confronto perché
fa riferimento alla motorizzazione a gasolio, ovvero all’equipaggiamento
tipico del furgone Ducato; il risparmio che si ottiene è 4 euro ogni
100 chilometri, pari al 38% circa, cosa non di poco conto per un motore di cilindrata
relativamente piccola (2400 cm3 ).
I raffronti al riguardo dei veicoli equipaggiati con motori di maggiori dimensioni
(la gamma del costruttore IVECO comprende quattro diverse taglie, dal modello
da 2,8 litri per il Daily a quello di 9,5 litri per gli autobus articolati)
possono essere fatti soltanto tra l’alimentazione a gasolio e quella a
metano. Le informazioni reperite fanno riferimento ai costi di esercizio degli
autobus urbani; la convenienza del gas naturale viene pienamente confermata
e dal paragone con i veicoli precedentemente considerati si può trarre
l’indicazione che di massima il risparmio cresce con l’aumento della
cilindrata.
Il Comune di Firenze ha valutato che una flotta composta da 64 autobus medi
alimentati a metano, in servizio per il trasporto urbano di passeggeri, a fine
settembre 2003 avesse percorso complessivamente 10 milioni di chilometri; il
risparmio rilevato sui costi di esercizio, essenzialmente costituiti dalla spesa
per il carburante, è risultato di 850.000 euro, ossia 8,5 euro/100 km,
approssimativamente il doppio di quanto viene dichiarato per il furgone Ducato.
Il Gruppo Torinese Trasporti (GTT) calcola che un autobus della rete cittadina
compia un percorso effettivo di circa 51.100 chilometri all’anno e che
su tale distanza il risparmio sui costi di carburante assommi a 4212 euro per
vettura. Questo importo è sufficiente per coprire con qualche margine
sia l’ammortamento annuale del maggior costo del veicolo (2000 euro rispetto
al pari modello a gasolio), sia quello degli impianti occorrenti per effettuare
in azienda il rifornimento di gas. Tenuto conto della possibilità di
ottenere finanziamenti d’incentivazione attraverso il Progetto Metano
(si veda il paragrafo 10.3) e dalla Iniziativa per lo sviluppo dei Carburanti
a Basso Impatto ambientale (I.C.B.I.), il margine di risparmio effettivo sale
a 3214 euro per vettura all’anno.
I dati prima riferiti riguardano l’utilizzazione dei veicoli in ambiti
tipicamente urbani, nei quali, a causa dell’andamento discontinuo del
traffico con frequenti arresti/ripartenze, per un verso crescono i consumi a
parità di percorso e per un altro aumentano le emissioni di inquinanti;
rimane perciò ancora più evidente la grande convenienza dell’uso
del gas naturale sotto il duplice aspetto dell’economia di esercizio e
della protezione dell’ambiente.
Anche se scarseggiano riscontri quantitativi sui costi di esercizio relativamente
ad altre categorie di veicoli industriali, dagli esempi che sono stati portati
si può estrapolare che non vi sono ragioni perché gli stessi vantaggi
economici non debbano essere confermati in tutte le applicazioni dei motori
alimentati a metano, fermo rimanendo che la misura del risparmio sarà
variabile secondo la loro cilindrata e l’utilizzazione che viene fatta
del veicolo.
I dati di esercizio dei motori alimentati a gas naturale finora raccolti mostrano
che di regola è necessaria una manutenzione meno frequente degli organi
meccanici e che la sostituzione dei fluidi lubrificanti può essere eseguita
ad intervalli più lunghi.
Queste indicazioni sono di conforto ad alcune deduzioni che possono essere fatte
esaminando le caratteristiche del gas naturale.
Per il fatto di essere gassoso e facilmente miscibile con l’aria il metano
riesce a realizzare una buona carburazione e la miscela ottenuta può
raggiungere la combustione completa in qualsiasi condizione di esercizio del
motore, in particolare quando sono necessari ripetuti avviamenti a freddo o
con temperature di funzionamento che si mantengono al disotto di quelle ottimali,
casi che si verificano con una certa frequenza qualora si operi prevalentemente
in ambito urbano.
Grazie a queste caratteristiche si forma una quantità trascurabile di
particelle carboniose a tutto vantaggio delle parti meccaniche direttamente
a contatto con il processo di combustione (rivestimento dei cilindri, fasce
elastiche, testate dei pistoni). Inoltre l’olio lubrificante subisce un
inquinamento minore, e non si verificano fenomeni di diluizione ad opera del
carburante (nel caso della benzina e del gasolio vengono immessi nel cilindro
liquidi polverizzati, non gas) e di conseguenza l’olio mantiene più
a lungo le sue caratteristiche di viscosità e diminuisce l’intasamento
del filtro.
Quelli ora richiamati sono fattori che indicano chiaramente che il funzionamento
del motore avviene in condizioni più favorevoli, che fanno diminuire
l’incidenza dei guasti. Un altro vantaggio è rappresentato dall’assenza
del “battito in testa” ovvero dall’eliminazione delle sollecitazioni
anomale dovute ad accensioni fuori fase, grazie all’elevato potere antidetonante
proprio del metano. È altrettanto evidente che allungare gli intervalli
di sostituzione del lubrificante e del relativo filtro costituisce una sicura
riduzione delle spese.
Come è già stato accennato, quantificare esattamente il risparmio
sulla manutenzione risulta difficile perché la frequenza ed il peso degli
interventi può dipendere da innumerevoli fattori anche di origine esterna,
ma si evince comunque che anche da questo punto di vista l’uso del gas
naturale concorre a ridurre i costi di esercizio.
4. Qualche riflessione sulla formazione dei prezzi dei carburanti
Il prezzo di vendita dei combustibili è somma di tre addendi: il costo industriale, l’accisa, ovvero l’insieme delle imposizioni fiscali che gravano in misura diversa secondo il tipo e l’uso al quale gli stessi sono destinati, infine l’IVA. In base ad un’analisi pubblicata recentemente su La Stampa, per la benzina venduta a 1,158 euro al litro la prima componente assomma a 0,406 euro, le imposte gravano per 0,559 euro, l’Iva per 0,193 euro. Il quadro di quanto avviene negli altri Paesi europei non mostra sostanziali differenze al riguardo del costo industriale, ma mette in evidenza che il prezzo finale dipende largamente dal trattamento fiscale che viene applicato. A livello comunitario queste differenze sono state ritenute una possibile causa di distorsione del mercato e della concorrenza e per questa ragione è stata emanata una direttiva, la 03/96/CEE già richiamata nel paragrafo 1.5, che fissa il livelli minimi di tassazione dei combustibili. Qui viene di proposito mettere a paragone i dati della tabella 2 (pag. 11) con l’attuale consistenza delle accise italiane (tabella 6) per fare qualche riflessione a conforto della convenienza economica del gas naturale.
Tabella 6 Accise sui carburanti (euro/litro) |
||
Minimo CEE dal 2004 | Livello corrente | |
Benzina senza piombo | 0,359 | 0,55864 |
Gasolio | 0,302 | 0,40321 |
Gpl | 0,125 | 0,15662 |
Gas naturale | 0,0026 | 0,01085 |
Fonte: Allegato A, direttiva 03/96/CEE e Rivista Ecomobile. A tutto gas.
La constatazione più immediata è che il prezzo alla pompa dei
carburanti di più largo consumo è costituito in gran parte dai
gravami fiscali. Se si prende nuovamente in considerazione il caso della benzina
già precedentemente utilizzato si vede che il costo industriale del prodotto
pesa sul totale soltanto per il 35%.
Tra l’altro paragonando i numeri della tabella 6 balza all’occhio
che le accise praticate sono ben al di sopra del minimo comunitario. Questo
ha due significati: lo Stato per ragioni di cassa non esita a calcare la mano
sui carburanti e non vi è motivo di prevedere che la pressione venga
alleggerita in futuro; e si vede anche che un margine di imposizione così
ampio dà la possibilità di far avvenire sostanziali stravolgimenti
nei rapporti di prezzo tra i diversi carburanti per decisione politica.
Tuttavia se si fa riferimento ai numeri in assoluto, ci si sente autorizzati
a concludere che, per quanto possano essere modificate al rialzo le accise sul
metano con variazioni che rispettino le logiche di mercato, il beneficio economico
ottenibile con l’impiego del metano non verrebbe intaccato significativamente.
Ma se, come si auspica, una buona parte del parco dei veicoli circolanti venisse
convertito a gas naturale, la diminuzione degli introiti fiscali oggi forniti
da benzina e gasolio potrebbe essere del tutto ininfluente sul bilancio statale?
E sarebbe pensabile di non doverla compensare con aumenti molto sostanziosi
della tassazione sul carburante gassoso? A questo proposito è lecito
nutrire più di un dubbio.
5. Le riserve mondiali e le prospettive della disponibilità di metano
L’esame condotto nei paragrafi precedenti porta a concludere che arrivare
ad un’utilizzazione estesa del metano nel campo dell’autotrazione
è nell’interesse generale.
Tuttavia non devono essere persi di vista alcuni aspetti che possono presentare
criticità tanto per il metano quanto per gli altri carburanti. Oggi l’economia
soffre perché il petrolio ed i suoi derivati scarseggiamo per il forte
aumento della domanda a livello mondiale; i prezzi di conseguenza puntano in
alto ed hanno raggiunto livelli inusitati, seguendo la più classica legge
del mercato. Per di più la disponibilità dell’oro nero è
diventata critica perché l’estrazione è per larga parte
effettuata in Paesi interessati da forti turbolenze politiche, sociali e belliche.
Inoltre l’importanza determinante di questa materia prima in campo energetico
ha fatto assumere alla stessa una valenza politica, prima ancora che strategica,
a livello planetario.
Negli ultimi decenni il petrolio è stato il combustibile per eccellenza,
facile da estrarre, facile da trasportare e da raffinare, facile da utilizzare
ed anche economicamente conveniente. La conseguenza è stata l’abbandono
dell’uso di altre fonti di energia, prima fra tutte il carbone, considerato
causa primaria di inquinamento ed antieconomico per i costi di estrazione. Ora
lo si sta rivalutando e si studiano metodologie nuove per poterlo bruciare con
danni limitati alla natura.
Parallelamente si cerca di correre ai ripari mettendo a punto tecnologie innovative
per rendere utilizzabili altre fonti di energia alternative ai combustibili
fossili. Ma il tempo perduto è difficile da recuperare e all’immediato
non si possono avere a disposizione risultati validi su larga scala.
L’uso del gas naturale in campo energetico si è affermato progressivamente
in sostituzione di altri combustibili, perché quest’ultimo può
essere attinto da giacimenti abbondanti e più distribuiti geograficamente;
inoltre è più facile da trasportare e da trattare ed è
meno inquinante. Tutte queste sono buone ragioni del suo successo che fanno
sì che la richiesta mondiale cresca ad un ritmo ancora più veloce
di quella del petrolio.
Ora vengono spontanee due domande: ci sarà metano in quantità
sufficiente per coprire tutti i fabbisogni? E per quanto tempo? Qualche numero
può dare un’idea della drammaticità di queste domande. Le
riserve mondiali di metano sono stimate in 183.000 miliardi di metri cubi; la
domanda mondiale nel 2001 è stata di 2500 miliardi di metri cubi e da
questo viene estrapolato, come si legge su taluni organi di stampa, che la copertura
dei fabbisogni dovrebbe essere assicurata per circa 70 anni. Ma una siffatta
proiezione è troppo semplicistica perché non tiene conto di tre
fattori: a) dell’espansione della domanda alla quale è stato fatto
cenno; b) del fatto che il petrolio dovrebbe esaurirsi parecchio prima con la
conseguenza di far riversare molta parte della richiesta di combustibile sul
gas; c) circa metà del consumo complessivo attuale viene assorbito da
Stati Uniti e Russia, che sono autoproduttori ma non hanno larghi margini di
estrazione oltre la copertura del proprio fabbisogno. L’Europa dal canto
suo non è molto ben messa: non possiede giacimenti di grandissima consistenza
e nelle classifiche mondiali compaiono almeno cinque Paesi europei che si collocano
tra i consumatori medio-grandi: Regno Unito, Francia, Germania, Olanda e Italia.
Tutto questo porta a non escludere che ci si potrebbe trovare in situazioni
di tensione dei prezzi non molto dissimili da quelle ricorrenti per il petrolio.
Anche dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti è opportuno
fare valutazioni prudenti ed evitare di mettere in conto condizioni sostanzialmente
migliori di quelle attuali. Tenuto conto che i Paesi grandi produttori guardano
prima di tutto alle proprie necessità, diventando facilmente grandi consumatori
perciò lasciando scarsi margini per l’esportazione, e che vi sono
molte economie emergenti con crescite del fabbisogno energetico molto forti,
uno sguardo alla geografia dei giacimenti fa vedere che si dovrà ancora
fare parecchio affidamento sugli stessi Paesi che già ci forniscono il
petrolio. La storia recente ci dice che da quella parte del mondo possono arrivare
parecchie nubi a velare il nostro orizzonte.
Allora è opportuna la spinta ad incrementare ulteriormente i consumi
per sviluppare l’autotrazione a gas naturale, se questo renderà
ancora più precario l’equilibrio della domanda e dell’offerta?
Per avere qualche spunto di riflessione si può tentare una valutazione
sulle variazioni che si verificheranno nei consumi, nell’ipotesi di una
progressiva conversione a metano del parco degli autoveicoli. In primo luogo
nei piani energetici, non soltanto italiani, è prevista una consistente
riduzione dell’uso del gas naturale negli impianti fissi, dove, ferma
restando la compatibilità ecologica, quest’ultimo può essere
sostituito facendo ricorso a combustibili di altra natura o ancor meglio con
lo sfruttamento di energie rinnovabili. Nel caso dell’Italia, 119.000
GWh di energia elettrica (42-43% del totale) nel 2003 sono stati ottenuti da
gas naturale; la previsione è ridurre l’incidenza al 19% del fabbisogno
energetico nel 2008, con una sensibile riduzione del consumo.
D’altro canto si può provare a quantificare con un calcolo teorico
la maggiore richiesta di gas che potrebbe derivare dall’uso del metano
nell’autotrazione e metterla a confronto con i consumi attuali del settore
e con quello nazionale complessivo.
Nella tabella 7 sono raccolti alcuni dati relativi al parco dei veicoli circolanti
nel 2003 ed ai relativi consumi di carburante, che verranno utilizzati nelle
successive elaborazioni. Altri riferimenti vengono presi dalla scheda tecnica
del metano di tabella 3 e dai rapporti di equivalenza energetica con benzina
e gasolio (paragrafo 3.1).
Tabella 7 |
||
. | Unità di misura | Quantità |
Totale circolante | N. | 44.078.935 |
Autovetture a benzina | N. | 25.521.673 |
Autovetture a gasolio | N. | 7.433.143 |
Autovetture a metano, gpl | N. | 1.355.630 |
Autoveicoli industriali | N. | 4.166.033 |
Motoveicoli | N. | 4.746.698 |
Altri veicoli | N. | 855.758 |
Consumo benzina autovetture | Migliaia di tonnellate | 15.431 |
Consumo gasolio autovetture | Migliaia di tonnellate | 7.850 |
Consumo metano/gpl autovet. | Migliaia di tonnellate | 1.209 |
Età media autovetture | Anni | 8,8 |
Fonte ANFIA/A.C.I.- Bollettino statistico
Tenuto conto che con buona approssimazione ad una tonnellata di benzina corrispondono
1430 litri in volume e ad una di gasolio 1330 litri, i consumi annuali indicati
nella tabella 7 possono essere espressi in termini di 22.100 milioni di litri
di benzina e 10.500 milioni di litri di gasolio rispettivamente, oppure, facendo
le conversioni a parità di chilometri percorsi (si veda il paragrafo
3.1), a 14.200 milioni di chilogrammi di metano i primi e a 8.750 milioni i
secondi per un totale di 23.200.000 tonnellate; se a questo si aggiunge il consumo
già presente, arrotondato in 1.400.000 tonnellate (tabella 7, si può
assumere che il dato di 1.209.000 tonnellate, relativo alle sole autovetture,
rappresenti la gran parte del consumo di gas, perché per l’anno
2003 quello dei veicoli industriali può essere considerato poco influente),
si perviene ad un assorbimento totale per l’autotrazione di 24.600.000
tonnellate di metano, con un incremento di circa 17,5 volte rispetto alla richiesta
corrente. A prima vista tale salto appare di non poco conto, ma deve essere
ricordato che, per motivi che verranno ripresi nei prossimi paragrafi, non tutti
gli autoveicoli potranno essere alimentati con il gas naturale e che, oltre
tutto, l’obiettivo per il breve-medio periodo è un circolante a
gas del 10% sul parco complessivo.
Lo stesso risultato può essere messo a confronto con il consuntivo dell’intero
consumo nazionale del 2003, che è stato di circa 72.000 milioni di metri
cubi. Varie fonti di informazione concordano su tale quantità, fornendo
soltanto il dato del volume utilizzato, senza alcuna indicazione sulla pressione
di riferimento; risulta pertanto impossibile effettuare correttamente la conversione
da volume a peso. Se si assume l’ipotesi che si tratti di un volume misurato
a pressione atmosferica, risulterebbero circa 51 milioni di tonnellate, quantità
doppia del consumo dei veicoli prima calcolato in 24,6 milioni di tonnellate.
In questi termini il paragone indicherebbe che l’ipotetico fabbisogno
per l’autotrazione risulterebbe compatibile con gli attuali consumi complessivi,
soprattutto se si tiene conto della riduzione prevista nella produzione di energia
elettrica.
Le cifre sopra esposte, calcolate con larga approssimazione per fissare l’ordine
di grandezza dei consumi che verrebbero raggiunti ipoteticamente nella prospettiva
di una conversione completa del parco circolante, non devono spaventare e non
dimostrano affatto che la diffusione del metano non debba essere promossa; inducono
tuttavia a riflettere sul fatto che le risorse naturali hanno dei limiti non
così lontani e che la richiesta di energia non potrà continuare
a crescere senza freni e senza prendere in attenta considerazione fonti rinnovabili,
come alternativa all’uso intensivo delle riserve fossili di tutti i tipi.
6. Il metano è conveniente, eppure non decolla
La tabella 7 riporta i dati più aggiornati attualmente disponibili,
che danno la fotografia della situazione del parco autoveicolistico italiano.
Ad essi si può aggiungere che l’incremento del circolante dal 2002
al 2003 è stato rispettivamente del 1.79% (604.293 nuove unità)
per le autovetture e del 5.57% (255.162 unità) per i veicoli industriali
(fonte ANFIA/A.C.I.- Bollettino Statistico). Per altro il numero di veicoli
nuovi di fabbrica immatricolati in entrambi i settori è stato molto più
elevato (complessivamente ben superiore a 2.000.000 di unità); di conseguenza
si deve dedurre che la parte maggiore del venduto è stato assorbito come
rotazione, andando a sostituire unità che per varie ragioni sono state
eliminate per rottamazione o per cessione fuori dai confini nazionali.
In particolare, risalendo indietro negli anni, si rileva che nel contesto di
un andamento a crescita lenta della consistenza del parco autovetture, le immatricolazioni
dei veicoli a benzina si sono ridotte, mentre si è verificata una considerevole
impennata per quelli a gasolio. Inoltre appare pesante in termini percentuali
la contrazione delle autovetture a gas (oltre il 12% solo nel 2003) che è
stata soprattutto conseguenza del calo di richiesta per il gpl; il metano ha
avuto un andamento oscillante, rimanendo comunque su livelli molto modesti (minimo
delle immatricolazioni nel 2003 con 5837 unità, leggera ripresa nel 2004
che totalizza 7851 unità nei primi 9 mesi – fonte: tabelle elaborate
da UNRAE), evidentemente soffocato dalla concorrenza del gasolio.
Dai dati tabellari prima richiamati si deduce che gli automezzi a gas naturale
stanno contribuendo in misura pressoché trascurabile al rinnovamento
del parco circolante e si ha la conferma che il mercato dello specifico settore
non riesce a decollare.
È immediato trarre la conclusione che le caratteristiche degli automezzi
in esame non soddisfano le necessità né il gusto dell’utenza,
la quale, malgrado i vantaggi di economia di esercizio ed ecologici offerti
siano allettanti, non indirizza le sue scelte in quella direzione.
Per fare un’analisi volta a capire le ragioni dell’atteggiamento
del pubblico, è preferibile lasciare a parte, almeno in un primo momento,
le considerazioni sui benefici per l’ambiente, perché non tutte
le persone sono sensibili a tale argomento, e piuttosto guardare tanto alle
caratteristiche del prodotto, quanto al comportamento del mercato in casi relativamente
simili; da questi elementi si dovrebbe ottenere una spiegazione dell’apparente
indifferenza che si constata verso i vantaggi economici del gas. Per il settore
autovetture si può fare riferimento a ciò che è accaduto
nel recente passato al riguardo della richiesta di motorizzazioni diesel. Anni
addietro questo propulsore era ritenuto poco consono ad un’autovettura
per le sue prestazioni poco brillanti, soprattutto in fatto di accelerazione
ma anche di velocità massima; oggettivamente la sua utilizzazione poteva
anche presentare qualche difficoltà, per citarne una l’avviamento
a freddo. È chiaro che il peso negativo di tali caratteristiche riusciva
a sopravanzare ogni altra considerazione sulla maggiore economicità della
gestione, derivante dal miglior rendimento termodinamico del motore e dal minor
costo del carburante. Quando i progressi della tecnologia hanno allineato le
prestazioni del motore diesel a quelle del benzina, il primo ha cominciato a
conquistare spazi sempre più ampi sul mercato, malgrado il maggior costo
di acquisto dell’automezzo. Di qui si può estrapolare che taluni
fattori di penalizzazione effettivamente esistenti a carico del veicolo a metano
(si vedano il capitolo 8 ed il paragrafo 10.2) siano una delle cause che allontanano
gli automobilisti dal prodotto.
Ma viene di proposito anche un’altra osservazione. Ha potuto mettere radice
nel mercato, una vetturetta, esteticamente molto discutibile e fortemente limitata
come fruibilità, perché dotata di soli due posti passeggero, oltre
che priva di spazio per bagaglio, e per questo adatta soltanto all’uso
cittadino; per di più il suo prezzo di vendita non si può proprio
dire che sia concorrenziale, dato che non mancano modelli alternativi di dimensioni
altrettanto contenute, più fruibili e molto meno cari. Malgrado le sue
peculiarità non siano del tutto positive, circola in quantità
ben superiore a quella delle vetture a metano e dimostra che taluni vantaggi,
nel caso l’ingombro molto contenuto, possono far passare in secondo piano
delle limitazioni non di poco conto.
Queste due osservazioni, in qualche misura tra loro contraddittorie, suggeriscono
che non sono o non sono soltanto le caratteristiche dell’autoveicolo a
gas in sé che non incontrano le preferenze del pubblico; ad essere determinanti
sono fattori esterni che meritano di essere approfonditi.
Dall’osservazione dell’andamento del mercato del veicolo industriale,
non si ricavano indicazioni chiare che forniscano suggerimenti o spunti per
comprendere lo scarso interesse verso l’uso del gas naturale. In settori
molto specifici come il trasporto pubblico urbano vengono fatti acquisti di
qualche rilievo, motivati da obblighi di legge (paragrafo 1.5). Per il resto
del comparto è probabile che sulle consistenti possibilità di
economizzare nei costi di esercizio prevalgano in taluni casi ragioni tecniche
legate al veicolo (si vedano ancora il capitolo 8 ed il paragrafo 10.2) ed in
altri esigenze di flessibilità di esercizio, che allo stato delle cose
non possono essere assicurate quando si utilizza il gas naturale (capitolo 7);
da quest’ultimo punto di vista è anche possibile che la prospettiva
di non dover sottostare alle limitazioni della circolazione urbana non sia valutata
come fattore sufficientemente premiante. Per altro le motivazioni accennate
qui sopra non hanno ragione di essere applicate ai veicoli commerciali utilizzati
per la distribuzione delle merci in ambito urbano, che al contrario dovrebbero
trarre il massimo vantaggio dal non dover soggiacere a vincoli della libertà
di movimento.
Dalle considerazioni ora fatte si intuisce che anche per l’insieme dei
veicoli ad uso industriale e commerciale gli utilizzatori temono difficoltà
operative nell’esercizio e di conseguenza ritengono più prudente
avvalersi dell’alimentazione a gasolio o con altro carburante convenzionale.
Tenuto conto che all’atto pratico tali riserve possono essere create dalle
problematiche proprie dei veicoli soltanto in un certo numero di casi, con molta
probabilità sono le carenze delle rete di distribuzione del gas naturale
ad orientare le scelte in altra direzione, in tutta analogia con quanto è
già stato ipotizzato al riguardo delle autovetture.
7. Le carenze della rete di distribuzione
Può un automezzo trovare larga utilizzazione se non vi è modo
di rifornirlo agevolmente di carburante? È manifestamente poco probabile.
Ebbene in Italia mancano quasi del tutto gli impianti per erogare gas naturale
agli autoveicoli. Questa vistosa carenza è con ogni probabilità
un freno determinante alla diffusione dell’uso di questo carburante.
Sino ad oggi il numero dei distributori dotati di almeno una colonnina per il
gas è limitatissimo, anche se da qualche anno viene sviluppata un’azione
di promozione, sostenuta da incentivi economici, per favorire l’ampliamento
della rete e dare maggiore diffusione ai punti di rifornimento. Al momento attuale
ce ne sono meno di quanti erano in esercizio a metà degli anni Cinquanta.
Per fissare le idee sul numero dei distributori, a fine 2003 si contavano 420
impianti di distribuzione funzionanti, dei quali 7 in autostrada, a fronte di
23.000 per erogare carburanti liquidi.
I programmi di estensione della rete prevedono un incremento dei punti di rifornimento
al ritmo di alcune decine di unità all’anno. Appare subito evidente
che a queste condizioni un decollo dell’uso del gas naturale è
del tutto improbabile, anche perché i veicoli attualmente sul mercato
non hanno, per motivi tecnici dei quali si parlerà più avanti,
un’autonomia di percorrenza pari ai corrispondenti modelli alimentati
con carburanti liquidi.
Dalla combinazione della carenza di distributori e dell’autonomia limitata
deriva l’impossibilità pratica per la gran maggioranza degli automobilisti
di servirsi del metano. Non si tratta di difficoltà aggirabili sottostando
all’incomodo di fare rifornimento con maggiore frequenza; vi è
il concreto rischio di rimanere fermi per strada se non si fanno bene i conti
del consumo. Stando così le cose, l’ostacolo appare insormontabile.
I punti di rifornimento sono una rarità nei centri urbani; le poche unità
esistenti sono confinate nelle loro periferie, probabilmente perché sussistono
ragioni tecniche legate alle caratteristiche della rete di distribuzione del
gas e perché la disponibilità di aree sufficientemente ampie rende
più agevole realizzare gli impianti alle condizioni imposte dalle normative
di sicurezza. In realtà per l’installazione di una colonnina erogatrice
devono essere mantenuti 20 metri di distanza dai fabbricati, 8 metri rispetto
ad altri erogatori e 10 metri dai serbatoi di altri carburanti e dall’eventuale
recinzione perimetrale. È evidente che con simili limitazioni impiantistiche
risulterà impossibile aggiungere dei punti gas nella maggior parte delle
aree di rifornimento esistenti all’interno del tessuto urbano; sarà
necessario individuare nuovi spazi con le caratteristiche richieste e sopprimere
una parte degli impianti esistenti. La comodità del servizio è
perciò destinata a rimanere ad un livello di molto inferiore a quello
attualmente assicurato dai distributori di carburanti liquidi.
La disponibilità di impianti erogatori non migliora tanto lungo le strade
di viabilità ordinaria, quanto sulle autostrade. Con una difficoltà
impiantistica in più: mentre nelle città esiste una rete molto
ramificata per la fornitura di gas alle utenze domestiche ed alle industrie,
rete alla quale è possibile allacciarsi senza troppe difficoltà,
frequentemente negli spazi aperti le condutture di adduzione mancano del tutto
e perciò dovranno essere posate appositamente.
Perché la distribuzione del gas è stata tanto trascurata, se non
deliberatamente penalizzata? Ovvio, manca la richiesta di questo tipo di carburante.
Se si continua con gli interrogativi si cade nel circolo vizioso della primogenitura
dell’uovo e della gallina.
Dal punto di vista economico la mancanza di prospettive certe di ritorno in
termini di utili sui capitali impegnati non spinge a fare investimenti nella
rete. Conseguentemente questa rimane asfittica dove non vi sono altre utenze
e la difficoltà di rifornimento che ne deriva continuerà a rendere
poco attraente l’acquisto di un veicolo a metano.
La problematica della distribuzione è duplice: da un lato devono essere
promosse l’installazione di colonnine erogatrici e la realizzazione degli
allacciamenti alle dorsali di distribuzione nel pieno rispetto dei requisiti
di sicurezza degli impianti; dall’altro dovranno essere superate non improbabili
insufficienze della rete destinata ad alimentarle. Sul primo fronte sono coinvolti
i gestori degli impianti ed appare appropriata l’erogazione di finanziamenti
pubblici per concorrere alle spese, proporzionati alla complessità degli
impianti da realizzare ed alla tipologia delle sorgenti disponibili.
Molto maggiore è l’impegno, anche finanziario, che riguarda le
società distributrici chiamate a potenziare le reti ed a portare il gas
in zone scarsamente popolate, quasi a servizio esclusivo dei distributori di
carburante, con prospettive di redditività abbastanza modeste. Qui entrano
in gioco investimenti di notevole consistenza da valutare nell’ottica
di una strategia generale dell’intero sistema del traffico nazionale e
dei collegamenti internazionali, prima ancora che per i meri aspetti economici,
coinvolgendo di conseguenza non soltanto gli operatori del mercato, ma anche
lo Stato con compiti di indirizzo e di allocazione delle risorse. Entrare nel
merito dell’argomento e sviluppare analisi su tutti gli aspetti che ne
vengono implicati esula dalle finalità di questo lavoro.
Si vuole soltanto ribadire il concetto già enunciato e di per sé
evidente: la disponibilità di un sistema di distribuzione sufficientemente
diffuso e possibilmente adeguato alle abitudini dell’automobilista medio
è una condizione imprescindibile per avviare e sostenere lo sviluppo
dell’uso del gas naturale sugli autoveicoli.
8. Caratteristiche da migliorare del veicolo a metano
È stato accennato che il veicolo a gas naturale possiede caratteristiche
che per alcuni aspetti si presentano meno brillanti, o anche limitanti, rispetto
a quelle del mezzo a carburante liquido; la rilevanza di tali fattori può
essere più o meno significativa secondo la tipologia del mezzo e del
suo impiego. Queste ombre che appannano leggermente l’immagine del veicolo
a gas derivano da ragioni tecniche e costruttive e sono legate l’una all’altra;
principalmente si tratta:
- di una limitazione del volume utilizzabile per la presenza di bombole ingombranti
e pesanti, che sottraggono spazio al carico (persone e cose) in misura molto
maggiore di quanto accada con un serbatoio per il carburante liquido;
- di una penalizzazione piuttosto severa dell’autonomia di percorrenza,
perché la quantità di gas che può essere immagazzinata
a bordo del veicolo è limitata dall’ingombro delle bombole che
possono essere sistemate a bordo compatibilmente con le dimensioni dell’automezzo;
- di una leggera riduzione delle prestazioni in termini di velocità e
di accelerazione nei confronti delle vetture di pari taglia e cilindrata alimentate
a benzina o gasolio; questo è conseguenza del minor rendimento volumetrico
del motore.
Dal punto di vista strutturale le bombole devono avere necessariamente una forma
cilindrica con sezione relativamente piccola ed essere sviluppate in lunghezza,
per ottenere robustezza meccanica e sicurezza con un giusto equilibrio fra capacità
e peso, tenuto conto che il gas viene immagazzinato ad una pressione superiore
a 200 bar. Tale geometria le rende poco adatte all’inserimento nella struttura
di un automezzo, soprattutto se quest’ultimo è già disegnato
per ospitare un serbatoio per il carburante liquido, caso ricorrente nei veicoli
attualmente commercializzati. Benzina e gasolio a parità di contenuto
energetico occupano un volume minore rispetto al metano compresso e possono
essere immagazzinati in contenitori che si prestano ad essere sistemati in spazi
non diversamente utilizzabili, potendo avere una forma qualsiasi.
Per quanto si è detto le bombole difficilmente possono essere installate
su vetture di piccola taglia, le city car ad esempio, che per tale motivo rimarranno
in pratica escluse dall’uso del gas se non si vogliono adottare soluzioni
aerodinamicamente ed esteticamente poco accettabili, quali il serbatoio fissato
sul tettuccio. Ad esempio la vettura Fiat Punto, che tanto piccola non è,
nella versione ibrida deve sacrificare parzialmente il vano bagagli per ospitare
una bombola che le assicura un’autonomia di soli 260 chilometri.
Al contrario le vetture di categoria medio-grande, gli autobus ed i mezzi adibiti
al trasporto di merci si prestano a sistemazioni delle bombole sotto il pianale,
oppure in spazi già disponibili o che possono essere liberati per lo
scopo sul veicolo, grazie alle maggiori dimensioni di questo. Le soluzioni migliori
per alloggiare le bombole possono essere realizzate quando il veicolo viene
progettato in funzione di questo particolare equipaggiamento, fermo rimanendo
che l’ingombro delle bombole non è riducibile al di là di
certi limiti se si vuole fare salva un’autonomia accettabile immagazzinando
una quantità di metano adeguata. In termini pratici è poco probabile
che si arrivi a soluzioni tali da permettere le stesse percorrenze con un pieno
di gas naturale oppure con uno di carburante liquido.
Le difficoltà accennate spingono i costruttori a privilegiare l’equipaggiamento
ibrido benzina – metano per le autovetture e per i furgoni di piccola
portata, in modo da aumentare l’autonomia complessiva del veicolo e non
compromettere la facilità di rifornimento. Nei modelli che hanno versioni
a basso impatto ambientale, al momento presenti in un numero abbastanza limitato
di casi, i tipi con motore solo a metano, quando esistono, non vengono neppure
proposti nei listini commerciali. Sono evidenti i vincoli e le limitazioni di
operatività che sono determinati dalla carenza di distributori; di conseguenza
si fa affidamento sulla pompa della benzina, più facilmente a portata
di mano, piuttosto che sulla colonnina del gas naturale, il più delle
volte non disponibile. Come si è già detto parlando di consumi
e di inquinamento, la soluzione ibrida non è ottimale, ma questo compromesso
è l’unica strada che può essere seguita da chi vuole circolare
negli ambiti urbani servendosi del metano.
Per scendere a casi concreti, si osserva che attualmente alcuni costruttori
commercializzano vetture ibride, equipaggiate per lo più con quattro
o cinque bombole che consentono di percorrere soltanto poche centinaia di chilometri,
praticamente da 400 a 600 secondo il modello. Si è perciò assai
lontani dai 1000 chilometri che, facendo qualche attenzione nella guida, si
raggiungono con un pieno di carburante liquido.
I veicoli di dimensione media (ad esempio un Fiat Ducato) e grande (autocarri,
autobus) risentono in misura anche maggiore della limitazione dell’autonomia
e della correlata difficoltà di rifornimento; in molti casi devono essere
in grado di percorrere lunghe distanze, ma se venissero dotati di bombole troppo
ingombranti sarebbe pregiudicata la capacità di carico. Inoltre per gli
automezzi di queste categorie si incontra una complicazione in più: da
anni vengono equipaggiati quasi esclusivamente con motori a gasolio e di conseguenza
difficilmente si possono acquistare in versione con alimentazione ibrida; vi
è soltanto l’alternativa o gasolio o gas naturale. I veicoli con
le maggiori portate, avendo consumi più alti, non traggono vantaggi significativi
né dal poter installare a bordo con più facilità un numero
maggiore di bombole, né da un eventuale aumento della capacità
delle stesse. Nel caso degli automezzi destinati a percorrere lunghe distanze
la penalizzazione dell’autonomia assume un peso proibitivo, soprattutto
nella situazione di carenza di punti di rifornimento precedentemente descritta.
Piuttosto l’uso del metano pare appropriato per i veicoli che operano
su percorrenze limitate, segnatamente all’interno delle aree urbane, lungo
percorsi noti e ripetitivi, svolgendo servizi che offrono la possibilità
di programmare con buona approssimazione la cadenza dei rifornimenti.
Se i problemi dell’autonomia limitata e dell’ingombro delle bombole
rappresentano un’oggettiva penalizzazione della funzionalità di
tutti i veicoli a gas, quello delle prestazioni, che in pratica riguarda soltanto
le autovetture, sfuma nel soggettivo. Senza entrare in argomentazioni troppo
tecniche, è intuitivo che se a parità di contenuto energetico
il metano occupa un volume più alto di quello dei combustibili liquidi,
il motore avrà un minor rendimento volumetrico e le sue prestazioni subiranno
una riduzione. In concreto si tratta del 10% circa e una simile penalizzazione
appare abbastanza poco significativa se si pensa che vengono limati i valori
massimi di alcuni parametri (velocità, accelerazione); di fatto nella
guida corrente tali limiti non hanno grande interesse pratico perché
non vengono mai toccati. Per contro questo modesto scadimento è abbondantemente
compensato dagli altri vantaggi che vengono offerti dal metano, perché
al più può essere paragonato a quello che si riscontra sullo stesso
modello di vettura tra una versione con motorizzazione standard ed un’altra
equipaggiata con un propulsore più brillante con qualche cavallo in più
a disposizione.
Non è credibile che una riduzione delle prestazioni così modesta
sia un motivo serio e tanto sentito da allontanare gli automobilisti dal gas
naturale, anche se velocità ed accelerazione sono miti di grande presa
su un certo pubblico sensibile alle mode e legato a stereotipi privi di un significato
concreto. Così pure non è pensabile che l’alimentazione
a metano possa richiamare per quegli stessi motivi l’immagine di una vettura
di serie B; manifestamente ad avere importanza sono le penalizzazioni sulle
quali ci si è soffermati precedentemente.
Un problema di prestazioni del tipo esaminato tanto meno può avere influenza
su chi deve acquistare un automezzo commerciale, da trasporto pesante o comunque
destinato ad usi diversi da quello personale o familiare. Come accennato, per
questa altra categoria di veicoli è piuttosto l’autonomia ridotta
che costituisce un vincolo spesso inaccettabile. Per evitare una penalizzazione
eccessiva occorrerà rivedere taluni standard di impostazione della struttura
dei veicoli, mettendo l’alimentazione a gas e le sue esigenze di spazio
al centro dell’attenzione dei progettisti.
Dalla rapida analisi prima esposta si trae la conclusione che indubbiamente
il veicolo alimentato a gas naturale è portatore di alcune limitazioni
oggettive di natura tecnica, che a volte possono assumere un peso tale da pregiudicare
in qualche misura la praticità di impiego del mezzo. Ma emerge altrettanto
chiaramente che la portata della principale penalizzazione, l’autonomia,
sarebbe notevolmente attenuata da un adeguato potenziamento della rete di distribuzione
del gas, che rimane la causa primaria e più condizionante per l’impiego
dei veicoli a metano.
9. Classificazione dei veicoli nell’ottica dell’inquinamento prodotto
Dopo avere identificato alcune cause, probabilmente le più importanti,
dello scarso successo dell’autoveicolo a metano e ancora prima di entrare
nell’argomento dei provvedimenti che possono incentivarne la diffusione,
è opportuno fare un esame del parco circolante per individuare i veicoli
che producono le emissioni più dannose, qualitativamente e quantitativamente,
e che sono per questo i maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico.
Nelle numerose classifiche che vengono regolarmente stilate da vari osservatori
che esaminano la situazione da diversi angoli visuali, si nota immediatamente
che i mezzi con immatricolazione più remota, in specie quelli antecedenti
al 1993, che erano stati progettati senza tenere conto di alcuna limitazione
delle emissioni, sono responsabili di gran parte dell’inquinamento. Tra
le altre cose, un motore vecchio e perciò usurato, soprattutto se è
carente di manutenzione, può avere difficoltà a carburare correttamente
e quindi con molta probabilità rilascia quantità particolarmente
elevate di incombusti e di sostanze nocive, non essendo tra l’altro dotato
di dispositivi di abbattimento dei residui.
La tabella 8, di fonte ARPAT, è un esempio di tali classificazioni; fa
riferimento ai principali inquinanti e mette a confronto le emissioni medie
di alcuni tipi di veicolo con quelle di un mezzo a benzina dotato di catalizzatore,
assunte uguali a 1.
Tabella 8 Fattori di emissione medi per tipologia di veicoli e di inquinanti (KAT = 1) |
||||
Emissione | Auto a benzina (non catalizzate) |
Diesel leggeri (auto e merci) |
Diesel pesanti (> 3,5 t) |
Ciclomotori (2 tempi) |
Polveri (PM10) | 30 | da 200 a 300 | da 500 a 1200 | 200 |
Benzene | 4 | da 0,6 a 1 | 6 | 15 |
Ossidi di azoto (NO x) | 5 | da 2 a 3 | da 10 a 40 | 0,1 |
Ossido di carbonio (CO) | 13 | da 0,4 a 0,6 | 2 | 7 |
Fonte: Atti del convegno ISSI 2003 Roma (da ARPAT)
L’emissione di particolato è il parametro più frequentemente tenuto sotto controllo e più utilizzato per formulare le classifiche dei mezzi inquinanti. La tabella 9 (fonte ISSI, Istituto Sviluppo Sostenibile Italia) dà conto delle emissioni di PM10 primario attribuite ad alcune fasce di veicoli, espresse in percentuale sul totale delle polveri generate dall’insieme del circolante.
Tabella 9 |
|
Tipo di veicolo | Quota % |
Diesel ante ‘93 | 22,8 |
Diesel ‘94-‘96 | 1,1 |
Diesel post ‘97 | 1,2 |
Benzina non catalizzato | 10,7 |
Benzina catalizzato | 0,3 |
Autobus | 4,3 |
Motocarri leggeri diesel ante ‘93 | 32,1 |
Motocarri leggeri benzina ante ‘93 | 3,0 |
Motocarri leggeri diesel post ‘93 | 3,0 |
Motocarri leggeri benzina post ‘93 | 0,1 |
Autocarri pesanti diesel totali | 6,4 |
Motocicli | 2,6 |
Ciclomotori | 12,4 |
Totale | 100 |
Fonte: Atti del convegno ISSI 2003 Roma (stima ISSI)
Da queste e da altre classificazioni di tipo simile si possono evincere criteri
per stabilire delle priorità per gli interventi correttivi: infatti alcuni
dei gruppi individuati nelle due tabelle rappresentano evidentemente casi per
i quali è necessario forzare l’eliminazione in tempi rapidi, contemperando
limitazioni della loro possibilità di circolare e incentivazioni per
la sostituzione con veicoli rispondenti alle normative ambientali.
Le tabelle 8 e 9 fanno emergere ad esempio che le maggiori emissioni sono rilasciate
da determinate tipologie di motore, precisamente i motori diesel vecchi e nuovi,
i motori a due tempi, i vecchi benzina non catalizzati, tutte categorie ben
individuabili attraverso i dati di immatricolazione, che devono essere oggetto
di azioni appropriate per limitare i loro effetti sull’inquinamento complessivo
ed in particolare su quello dell’ambiente urbano.
Gli apporti dei motori diesel sono stati molto ridotti dall’evoluzione
tecnica che ha migliorato le modalità di iniezione del carburante nei
cilindri ed ha reso disponibili catalizzatori molto efficaci. A quest’ultimo
proposito vi è da osservare che incominciano ad essere disponibili dei
filtri attivi molto efficaci che riescono ad eliminare in misura pressoché
completa il particolato dai fumi di scarico, consentendo il rispetto dei limiti
di emissione Euro 5 che entreranno in applicazione a partire dal 2010. Di conseguenza
vi è da prevedere che in un futuro non lontano il diesel perderà
la sua caratteristica più negativa e farà un passo non indifferente
verso il traguardo del motore pulito.
Ma finora il PM10 prodotto dall’insieme di tutti i diesel ha costituito
più del 60% del totale; ed anche il loro contributo alla formazione di
ossidi di azoto è stato tutt’altro che trascurabile. Il risultato
ottenuto dalle analisi sottolinea che vi sono ancora in circolazione molti veicoli
di vecchia data e che viene opposta molta resistenza alla loro eliminazione.
Appare sorprendente l’inquinamento prodotto dai ciclomotori. Il dato ha
risalto perché è derivato da rilevamenti fatti nei centri urbani,
dove questo mezzo di trasporto è parecchio utilizzato. Alla base vi sono
precisi motivi tecnici: il motore a due tempi, che viene tuttora adottato sui
modelli con potenza più bassa, non realizza una combustione perfetta
e per di più brucia anche una frazione di olio lubrificante. Di qui deriva
il risultato piuttosto scadente dal punto di vista ecologico, che probabilmente
pesa di più a livello locale di quanto influisca a tutti gli effetti
sull’inquinamento generale. È anche da tenere presente che questo
tipo di motore tendenzialmente viene sostituito dal quattro tempi, adottato
con frequenza sempre maggiore anche per le cilindrate più basse.
Tra i differenti modi di organizzare i raggruppamenti dei veicoli hanno particolare
interesse quelli che fanno riferimento a tipi di servizio ben definiti svolti
in un determinato ambito territoriale; si possono formare con tale criterio
griglie del genere categoria del veicolo / tipologia di servizio e studiare
su queste l’effetto di vari provvedimenti. Come esempio si ricorda la
figura 4, già utilizzata per mostrare come potrebbe essere ridotto l’impatto
ambientale dell’attività dei taxi e dei furgoni per la distribuzione
merci nell’area torinese, sostituendo i mezzi attualmente circolanti con
veicoli ecologici.
Attraverso l’applicazione dei criteri di classificazione accennati, l’insieme
dei veicoli che operano prevalentemente in ambito urbano per fornire servizi
per il trasporto di persone o per movimentare merci è stato individuato
come una delle fasce che richiede priorità di intervento. A simili attività
vengono adibiti gruppi di automezzi gestiti da aziende private o ad enti pubblici,
che operano in modo organizzato con orari di durata definita e su percorsi di
lunghezza nota. Le caratteristiche del loro ciclo di utilizzazione nella maggior
parte dei casi danno modo sia di superare le limitazioni di autonomia dei veicoli,
perché è sufficiente che venga coperta la durata di un turno di
lavoro, sia le penalizzazioni create dall’insufficiente disponibilità
di punti di rifornimento, attraverso l’installazione di impianti erogatori
nei siti di rimessaggio dei veicoli stessi.
Gli autobus in servizio nelle città sono un concreto esempio di un modo
di operare quale quello prima descritto. Per sostenere la conversione di questi
veicoli da gasolio a gas naturale sono stati emanati provvedimenti legislativi
(decreto Ronchi) o sono stati predisposti appositi strumenti di finanziamento
(decreto 28/05/1999). Alla stessa stregua si deve pensare di procedere nei confronti
di tutti i servizi di utilità pubblica e privata (ad esempio raccolta
rifiuti, pulizia delle strade, servizi di recapito e di presa merci), che oggi
sono supportati quasi esclusivamente da automezzi con motorizzazione diesel.
10. Linee di intervento per incentivare l’autotrazione a metano
Il quadro che emerge dai dati raccolti e dal lavoro di analisi fin qui sviluppato
appare abbastanza chiaro: utilizzare il metano come carburante è vantaggioso
per l’ambiente ed è conveniente dal punto di vista economico, dato
che è sensibilmente meno inquinante e viene venduto a prezzo di molto
inferiore rispetto alla benzina ed al gasolio.
Simili motivi dovrebbero essere sufficienti per attrarre una forte attenzione
sui veicoli a gas naturale ed orientare le preferenze del pubblico in questo
senso. Al contrario, si constata che la diffusione di questi ultimi è
molto limitata e non vi sono segnali di una loro prossima affermazione. Da questo
fatto si desume che vi sono degli ostacoli che scoraggiano l’acquisto
di tale tipo di automezzo. Se si riuscisse a rimuoverli si verificherebbe con
molta probabilità un cambiamento nella situazione di stallo delle vendite
e si avvierebbe il decollo del mercato.
Preso atto che il processo di sviluppo non si è avviato spontaneamente,
né è in procinto di farlo, non vi sono molte scelte. Se si vuole
ridurre l’inquinamento prodotto dal traffico, ed in particolare quello
degli ambienti urbani, la situazione deve essere forzata facendo ricorso a provvedimenti
ed iniziative specificamente studiati per fare incrementare le immatricolazioni
di veicoli a metano e per eliminare la maggior quantità possibile di
mezzi obsoleti.
Entrare nel merito del problema per individuare quali azioni svolgere e quali
modalità di intervento adottare presuppone di aver chiarito le cause
che condizionano il comportamento delle parti che possono determinare il successo
o l’insuccesso dell’autotrazione a gas, principalmente i costruttori
ed i destinatari dei veicoli oltre che le aziende che hanno il compito di assicurare
la disponibilità del carburante. Nel seguito, dopo aver identificato
alcuni motivi che si ritengono capaci di influenzare fortemente la situazione,
verranno prese in esame le linee di azione che possono essere seguite per correggere
le tendenze del mercato.
I provvedimenti che verranno indicati più avanti sono soltanto deduzioni
logiche che discendono dallo studio delle informazioni fornite da varie fonti
del mondo dell’autoveicolo e di altre che si occupano di ambiente. Non
si vogliono suggerire in questo contesto interventi definiti nei loro dettagli
applicativi, ma piuttosto offrire spunti per ulteriori riflessioni da tradurre
successivamente in provvedimenti operativi. In questo senso dovranno essere
approfonditi nelle sedi appropriate gli aspetti tecnici di tali misure, per
definirne la dimensione economica e finanziaria, oltre che per fissarne le modalità
applicative.
Le azioni che verranno proposte più avanti hanno la potenzialità
di spingere la quota di penetrazione del veicolo a gas nel parco circolante
ben oltre l’obiettivo minimo del 10% fissato per il 2010. Indipendentemente
dal risultato che potrà essere raggiunto, deve essere chiaro che gli
effetti benefici di tali misure si manifesteranno con una certa lentezza. Perciò
nell’immediato continuano a mantenere validità tutte le iniziative,
già in corso di attuazione o da promuovere, volte a ottenere un miglioramento
delle condizioni ambientali dei centri urbani, attraverso la fluidificazione
del traffico (sincronizzazione “intelligente” dei semafori lungo
i principali assi della circolazione, realizzazione di rotatorie negli incroci
più frequentati, divieti di sosta per evitare restringimenti della carreggiata
utile), nonché attraverso l’aumento dell’efficienza e della
fruibilità dei servizi pubblici di trasporto per frenare il ricorso ai
mezzi individuali.
10.1. Sviluppo della rete e degli impianti di rifornimento
Incentivare l’acquisto di automezzi a gas naturale attraverso varie forme
di promozione è di poca utilità se non si realizzano condizioni
idonee per consentire a questi veicoli di circolare in condizioni di parità
con i concorrenti a carburante liquido, senza essere penalizzati da grosse difficoltà
di rifornimento. Si è già detto, e qui si ribadisce ancora una
volta, che la mancanza di punti di distribuzione è un deterrente all’acquisto
di veicoli a gas naturale che ha un peso di grandissima rilevanza pratica ed
ha anche una sicura influenza psicologica sull’automobilista. Quella indicata
è una ragione molto evidente che rende imprescindibile un’azione
correttiva capace di incidere con forza sull’attuale carenza di impianti.
Occorre rendere disponibile un numero adeguato di distributori con diffusione
sul territorio paragonabile a quella che assicura l’erogazione di benzina
e gasolio nei centri abitati e lungo le strade; l’utente non deve essere
costretto a percorre chilometri inutili per trovare un punto di rifornimento,
spendendo tempo e sprecando carburante, né tanto meno deve avere l’assillo
di non trovare disponibile la colonnina del gas presso il primo distributore
che incontra.
Qualche cenno alla dimensione del problema ed alla necessità di investimenti
consistenti è già stato fatto nel capitolo 7. Per quanto concerne
la rete primaria, l’Italia dispone di un sistema di metanodotti parecchio
sviluppato, soprattutto al Nord, mentre la situazione è meno buona al
Centro ed al Sud. La rete secondaria marca ancora di più queste stesse
differenze. È necessario predisporre un piano pluriennale per l’estensione
della rete esistente, tenendo presente che l’adeguamento della distribuzione
non può essere proiettata su un numero di anni troppo elevato. Potrebbe
essere plausibile un piano quinquennale per raggiungere progressivamente una
copertura accettabile dell’intero territorio nazionale.
Anche dove la rete esiste deve essere verificato se il suo dimensionamento è
sufficiente per sostenere l’aumento di richiesta che dovrebbe esservi
nel medio e lungo periodo e che creerà probabilmente delle necessità
di un suo potenziamento. Non soltanto, ma fin da subito è necessaria
l’aggiunta di nuovi rami primari e secondari per alimentare i punti di
rifornimento da predisporre lungo strade ordinarie e autostrade, che, a differenza
dei centri urbani, non sono per nulla servite da tubazioni già esistenti.
L’adeguamento dell’insieme delle strutture allo sviluppo della richiesta
prospetta perciò un fabbisogno di investimenti non indifferente, da sostenere
eventualmente attraverso la costituzione di joint venture tra pubblico e privato,
e in tale ottica lo Stato deve riservarsi un ruolo di guida strategica e di
pianificazione delle iniziative per andare oltre l’atteggiamento di attesa
passiva tenuta dalle aziende che forniscono e distribuiscono carburanti.
Tra l’altro, in un’ottica di più lungo periodo, la disponibilità
di maggiori infrastrutture per il trasporto del metano potrà facilitare
la transizione da questo gas all’idrogeno. Si prevede infatti che tra
le fonti di produzione dell’idrogeno vi saranno impianti di trasformazione
di media grandezza alimentati a gas naturale, che sono ritenuti la migliore
opzione dal punto di vista dei costi economici ed energetici; perciò
simili installazioni non potranno essere concentrate in un numero ristretto
di siti, ma dovranno necessariamente essere realizzate in modo distribuito sul
territorio.
In secondo luogo, il numero delle colonnine da installare per pareggiare, o
anche soltanto avvicinare, quello degli erogatori in esercizio per i carburanti
liquidi è molto elevato. A questo riguardo gli sviluppi predisposti dal
Progetto Metano e da altri piani di incentivazione sono i primi passi su tale
strada. La tabella 10 di fonte Federmetano, che fornisce la situazione aggiornata
a novembre 2004 dei punti di rifornimento esistenti e in corso di costruzione,
mette in chiara evidenza che il numero finale sarà comunque esiguo. Inoltre
la copertura complessiva del territorio, sul quale si conta di rendere funzionanti
circa 570 impianti nel breve termine, è ben lontana dall’essere
sufficiente e lascia praticamente scoperte tutte le autostrade e la rete stradale
di intere regioni.
Tabella 10 Rete distributiva metano sul territorio nazionale |
|||||||
Regione |
Impianti in esercizio |
Impianti in costruzione |
|||||
Aziendali |
Stradali |
Autostradali |
Aziendali |
Stradali |
Autostradali |
||
Piemonte |
- |
23 |
- |
- |
13 |
- |
|
Liguria |
14 |
7 |
- |
- |
- |
- |
|
Lombardia |
3 |
42 |
- |
1 |
2 |
- |
|
Veneto |
1 |
71 |
1 |
- |
3 |
- |
|
Friuli V.G. |
1 |
4 |
- |
- |
- |
- |
|
Trentino A.A. |
1 |
4 |
- |
- |
- |
- |
|
Emilia Romagna |
5 |
83 |
2 |
- |
1 |
3 |
|
Marche |
2 |
53 |
- |
- |
1 |
- |
|
Abruzzo |
- |
14 |
- |
- |
2 |
- |
|
Molise |
- |
3 |
- |
- |
- |
- |
|
Toscana |
2 |
55 |
2 |
1 |
1 |
- |
|
Umbria |
2 |
17 |
- |
- |
- |
- |
|
Lazio |
- |
16 |
3 |
- |
5 |
1 |
|
Puglia |
- |
27 |
- |
- |
2 |
- |
|
Campania |
1 |
27 |
- |
1 |
6 |
- |
|
Basilicata |
- |
4 |
- |
- |
- |
- |
|
Calabria |
- |
3 |
- |
- |
- |
- |
|
Sicilia |
1 |
10 |
- |
- |
- |
- |
|
Totale |
20 |
463 |
8 |
3 |
36 |
4 |
Fonte: Federmetano
Per far nascere nuove stazioni di servizio e per l’adeguamento di quelle
esistenti si vede la necessità di un forte stimolo attraverso strumenti
di finanziamento di facile accessibilità, finalizzati a sostenere tali
interventi e a ridurre il rischio dell’investimento per il gestore delle
stazioni stesse. Gli attuali livelli di concorso alla spesa d’impianto
(allacciamento alla rete, installazione del compressore, installazione della
colonnina) sono di entità che potrebbe rivelarsi non sufficiente per
stimolare una risposta ampia e rapida quanto sarà necessaria per superare
l’ostacolo dei rifornimenti.
L’opportunità di incentivare la messa in servizio di nuove colonnine
non deve essere presa in considerazione soltanto per andare incontro ai distributori
che fanno servizio per l’utenza privata. Le aziende, le cooperative, le
associazioni che si avvalgono di flotte di autoveicoli per le proprie esigenze
operative dispongono solitamente di aree attrezzate per il rimessaggio ed eventualmente
per la manutenzione di tali mezzi. Di regola vi è la possibilità
di realizzare in quelle stesse aree gli impianti necessari per l’erogazione
del metano che può essere attinto dalla rete urbana di distribuzione
e trattato localmente.
È evidente l’opportunità di favorire queste installazioni
perché molte flotte circolano principalmente in ambito cittadino e per
questa ragione dovrebbero essere oggetto tanto di incentivazioni per stimolare
la loro conversione al gas naturale, quanto di obblighi perché questo
avvenga in tempi ragionevolmente brevi. Tra le altre cose, una corretta politica
di gestione di una flotta implica di per sé la sostituzione periodica
dei veicoli per motivi tecnici; questa necessità funzionale dovrebbe
esser ragione e occasione per facilitare l’adozione del metano. In tale
ottica, non trova spiegazione ad esempio il comportamento di taluni grandi enti
di servizio pubblico, quali le Poste, che continuano ad immatricolare veicoli
a gasolio per destinarli ad usi prettamente urbani.
Il caso citato, ed altri se ne potrebbero aggiungere, fa nascere il sospetto
che a certi problemi venga riservata poca attenzione anche in sedi nelle quali
dovrebbe essere obbligatorio tenere conto delle esigenze collettive, ivi comprese
quelle collegate con i problemi ambientali. Si deve forse pensare che svolgere
un servizio di pubblica utilità sia un salvacondotto per far circolare
veicoli di tutte le dimensioni, inquinanti e talvolta anche decrepiti, al di
là di qualsiasi limitazione di traffico e senza tenere in alcuna considerazione
le disposizioni alle quali sono soggette tante altre attività ugualmente
necessarie? Simili comportamenti, oltre ad avere conseguenze oggettivamente
negative per l’ambiente, assumono una connotazione controproducente di
non poco significato sul piano dell’immagine, perché vanno palesemente
in direzione opposta a tutte le azioni promosse per salvaguardare la qualità
dell’aria.
Come ultima notazione deve essere ricordato che i problemi del rifornimento
vanno al di là dei confini nazionali. La necessità di rinforzare
le strutture di distribuzione è presente anche fuori d’Italia.
In un’era di traffici e comunicazioni globali è naturale che si
metta in conto anche l’eventualità di viaggi oltre confine o che
sia proprio l’attività che viene svolta a comportare spostamenti
in Paesi stranieri. È naturale che anche di qui possano derivare altre
difficoltà e nascere nuovi motivi per tenersi lontani dall’uso
del gas naturale. Appare evidente che il problema del rifornimento di gas ha
una dimensione transnazionale e che perciò deve essere affrontato nell’ottica
del comune interesse per la difesa dell’ambiente e per la salvaguardia
della qualità dell’aria.
10.2. Sviluppo di nuovi autoveicoli
La gamma dei veicoli che utilizzano il gas naturale offerta dal mercato ha
un’ampiezza piuttosto limitata. All’apparenza parecchi costruttori
cercano di tenersi pronti ad un’eventuale evoluzione della domanda verso
il metano, senza mostrare peraltro molta convinzione sulla capacità di
sfondare del prodotto. Al riguardo è sufficientemente eloquente il fatto
che sia stato sottoscritto un accordo tra Magneti Marelli (Fiat) e Siemens,
secondo una notizia di stampa recentissima (ottobre 2004), per sviluppare un
nuovo sistema di iniezione per motori diesel, destinato ad equipaggiare vetture
di fascia media a partire dal 2007/2008.
Le soluzioni che oggi vengono proposte privilegiano la doppia alimentazione
benzina – metano per i motivi di rifornimento già visti, anche
se non manca l’offerta di autovetture ed autocarri alimentati esclusivamente
a gas.
Il problema che i costruttori devono fronteggiare è la contrapposizione
tra esigenze che contrastano tra di loro in materia di autonomia di percorrenza
e di fruibilità del veicolo (abitabilità o utilizzabilità
dei vani di carico), piuttosto che le minori prestazioni dello stesso per quanto
concerne velocità ed accelerazione. Quest’ultima penalizzazione
può essere accettata senza troppe difficoltà da una larga fascia
di utenti alla luce delle considerazioni di convenienza economica già
analizzate. D’altra parte vi è ragione di pensare che la naturale
evoluzione della tecnologia che continuamente porta miglioramenti alle prestazioni
di tutti i tipi di motore riuscirà ad avvicinare sempre di più
le caratteristiche dei diversi propulsori.
La contrapposizione sopra accennata costituisce invece l’ostacolo di maggior
rilievo, perché aumentare il numero o la capacità delle bombole
va a detrimento della disponibilità di spazio per altri scopi. La soluzione
ovviamente può esser trovata solo con un compromesso tra le due opposte
esigenze.
Tuttavia su un veicolo che viene progettato tenendo conto della necessità
di alloggiare un certo equipaggiamento di bombole, che a loro volta potranno
essere costruite con dimensioni adatte alla specificità dell’impiego
su modelli differenti, è probabile che si trovino sistemazioni migliori
di quanto si può ottenere cercando soluzioni di ripiego su scocche e
telai già esistenti. La tendenza invalsa ad aumentare la dimensione delle
autovetture favorisce senza dubbio la capacità di stoccaggio per volumi
crescenti di gas e quindi di aumentare l’autonomia.
Nel caso dei veicoli che di norma vengono equipaggiati esclusivamente con motori
diesel si rende necessaria una scelta radicale: come carburante o si usa il
gasolio o si ricorre al gas. Non è tecnicamente possibile adottare una
soluzione ibrida.
Questo è il punto. Quale costruttore oggi deciderebbe a cuor leggero
di progettare e mettere sul mercato un automezzo con alimentazione soltanto
a gas, sostenendo i relativi investimenti, di fronte ai noti problemi del rifornimento?
Di certo nessuno è disposto ad affrontare un simile rischio se manca
un quadro con indirizzi strategici ben definiti, tanto a livello nazionale,
quanto a quello europeo. Uno stimolo potrebbe essere dato mettendo a disposizione
supporti finanziari che, coprendo almeno in parte l’onere della progettazione
o comunque riducendo in misura sensibile i rischi di esposizione di capitale,
consentano di affrontare con più tranquillità l’alea del
mercato. Ma per questa via si andrebbe a cadere in problemi di natura politica,
perché i finanziamenti pubblici, qualunque sia la modalità dell’erogazione,
sono ritenuti fattori che distorcono la concorrenza e come tali oggi non sono
più permessi.
La mancanza di offerta di veicoli si aggiunge alle altre cause che frenano il
mercato concatenandosi ad esse; con buona probabilità non è la
causa primaria, anzi può essere considerata come un fatto conseguente.
Se si vuole spezzare il circolo vizioso è necessario individuare un punto
di attacco; viene spontaneo pensare che l’ostacolo di maggiori dimensioni,
la scarsa possibilità di fare rifornimento, sia quello da rimuovere per
primo. Parallelamente gioverà incentivare l’acquisto di veicoli
nuovi con adeguati strumenti finanziari.
L’immobilismo dei costruttori e le prospettive generali tuttora incerte
dell’autotrazione a metano propongono un’altra domanda: quanti mesi
o anni saranno necessari per rendere disponibili veicoli progettati specificamente
e perciò con caratteristiche tali da renderli ben accetti alla clientela?
I tempi richiesti per mettere in produzione un automezzo con un’impostazione
innovativa della struttura generale non sono brevi e di certo vengono dilatati
dalla necessità di progettare non un solo modello ma un’intera
gamma.
Per tutti i motivi che sono stati visti, la scelta dei costruttori di adattare
alcune autovetture e taluni veicoli commerciali esistenti all’alimentazione
ibrida appare giustificata, anche se non è ottimale sul piano tecnico
e se risulta poco incentivante a tutti gli effetti per lo sviluppo del settore.
Al contrario appare chiara la necessità che i costruttori facciano la
loro parte ed in tal senso devono essere stimolati. Essere pronto a cogliere
le opportunità che possono derivare dall’apertura di un nuovo segmento
di mercato, che nella fattispecie non manca di prospettive favorevoli, è
un compito dell’imprenditore, al quale spetta di assumere a proprio carico
i rischi che ciò comporta. In altre parole deve essere disposto ad investire
fin da subito in nuovi modelli, perché la prontezza di risposta al momento
del decollo della domanda potrebbe rivelarsi premiante ed assicurare, almeno
per un certo periodo, quote consistenti del settore. La definizione di politiche
e di programmi almeno a livello nazionale, capaci di far svanire le incertezze
e di dare indirizzi concreti è con molta probabilità il segnale
che i costruttori attendono per mettersi in marcia.
10.3. Incentivazioni e finanziamenti
Nei due precedenti paragrafi sono state fatte alcune riflessioni sulle due
cause principali che impediscono al veicolo a metano di affermarsi; in entrambi
i casi si è concluso che le difficoltà sono tutt’altro che
insuperabili e che il mezzo per riuscirvi è stabilire strategie globali
che necessariamente implicano la disponibilità di risorse finanziarie
per rendere possibili gli investimenti e la riduzione del livello di rischiosità
degli stessi. Nella fattispecie si tratta di capitali ragguardevoli che può
essere difficoltoso reperire sui mercati finanziari, anche perché non
danno a priori prospettive certe di redditività. A tale riguardo non
verranno fatti approfondimenti per arrivare a formulare delle ipotesi sulle
fonti di approvvigionamento dei fondi né per quantificarli, perché
tali argomenti si collocano a lato del tema che qui si sta affrontando.
Piuttosto è opportuno concentrare l’attenzione su chi si serve
del veicolo e su come se ne serve, per studiare quali interventi sono necessari
da quella parte. Questo tema è stato toccato di sfuggita in più
di un punto; in sintesi, si è accennato che occorrono due azioni per
giungere rapidamente all’eliminazione dei mezzi che producono le emissioni
che per tipo e quantità costituiscono i maggiori rischi (si vedano le
tabelle 8 e 9): si deve stimolare energicamente la domanda di veicoli nuovi
a gas naturale e limitare con molta severità la possibilità di
circolare per quelli inquinanti.
Si è già detto dei finanziamenti agevolati e a fondo perduto che
sono stati concessi per rinnovare le flotte degli Enti Pubblici (autobus urbani
ed altri mezzi) con veicoli ecologici (decreto Ronchi 27/03/1998, decreto 28/05/1999)
e dell’opportunità che simili incentivazioni siano riservate a
tutte le aziende, anche private, che si avvalgono di automezzi singoli e/o di
flotte per prestare servizi nei centri abitati.
Dal punto di vista amministrativo, quando si tratta di aziende, il contributo
potrebbe essere fornito non soltanto attraverso un co-finanzimento all’acquisto,
ma anche in altre forme, ad esempio attraverso sgravi fiscali concessi a fronte
di investimenti in automezzi sostitutivi di altri inquinanti. Quale sia la modalità
di intervento ha poca importanza dal punto di vista dell’analisi che si
sta conducendo; hanno invece rilevanza la misura complessiva del concorso alla
spesa, che deve essere ragguagliato al costo del veicolo, e la garanzia di potere
circolare senza limitazioni durante i periodi con traffico regolamentato.
In termini abbastanza simili si pone il problema per i veicoli acquistati da
privati per scopi di mobilità individuale o di lavoro; con la differenza
che l’incentivazione deve essere riconosciuta esclusivamente all’acquisto
del mezzo per non introdurre difficoltà non semplici da gestire sul piano
amministrativo e/o fiscale.
Il principio delle incentivazioni dirette, erogate all’acquisto o in altre
forme, appare il più appropriato e di massima dovrebbe anche essere il
più efficace per orientare la scelta dei compratori verso automezzi a
basso impatto ambientale. A tale proposito oggi sono operativi due strumenti:
uno, predisposto dal Ministero delle Attività Produttive (decreto 2/07/1999)
ed esteso a tutto il territorio nazionale, assicura tanto ai privati cittadini
quanto alle persone giuridiche un concorso all’acquisto di 1500 euro per
le vetture a metano nuove di fabbrica e di 650 euro per le trasformazioni da
benzina a metano. Agli acquisti della Pubblica Amministrazione è riservato
un incentivo del 20% del prezzo del veicolo (con un massimo di 2582 euro).
Il secondo è l’Accordo di Programma, intervenuto tra Ministero
dell’Ambiente, Fiat e Unione Petrolifera (5/12/2001) per la realizzazione
di un piano nazionale per lo sviluppo dell’uso del gas naturale per l’autotrazione
nelle aree urbane e metropolitane, denominato Progetto Metano. L’accordo
focalizza l’attenzione sulle ventuno città italiane di maggiori
dimensioni e su altre aree, individuate dalle Regioni, che presentano livelli
di inquinamento superiori a quelli consentiti dalla normativa vigente. In esso
vengono previsti incentivi per le autovetture sino a 2500 euro e per i veicoli
commerciali sino a 6500 euro, oltre che per l’installazione di nuovi distributori.
Torino è capofila dei Comuni che hanno aderito all’Accordo e gestisce
l’erogazione dei fondi attraverso un ufficio dedicato a tale attività
(Ufficio Progetto Metano).
Al riguardo della congruità delle misure di incentivazione delle quali
si è detto, è opportuno fare qualche riflessione. Un criterio
per stabilire un adeguato concorso alla spesa potrebbe fare riferimento, ad
esempio, al fatto che il veicolo a metano attuale nella sostanza non ha caratteristiche
del tutto concorrenziali con gli automezzi similari a benzina o a gasolio; perciò
la quota del costo di acquisto che effettivamente rimane a carico del compratore
deve esser commisurata con il peso tali carenze, secondo una legge che è
sempre rispettata da qualsiasi mercato. Un concorso nella misura di 2500 o 6500
euro a fronte di prezzi di vendita attestati a quote dieci volte più
alte appare assai modesto e non proprio rispondente al criterio accennato.
Per concludere, occorre assegnare risorse finanziarie al sostegno degli acquisti
di veicoli alimentati con metano attraverso gli strumenti legislativi già
operanti e disponendone altri aggiuntivi o sostitutivi. Per essere di stimolo
per gli acquirenti potenziali gli aiuti richiedono una consistenza maggiore
di quelli oggi erogati. In ogni caso i criteri per assegnare i contributi devono
esser attentamente finalizzati al risultato di fare uscire prioritariamente
dalla circolazione gli automezzi che contribuiscono più pesantemente
all’inquinamento. Per ottimizzare l’impiego delle risorse finanziarie
gli incentivi dovranno essere eventualmente differenziati, evitando erogazioni
a pioggia, quali sono a tutti gli effetti quelle assicurate dal decreto 2/07/1999,
per non alimentare dispersioni poco produttive. Inoltre occorre cercare di sviluppare
nuclei di aggregazione della domanda di veicoli a metano proprio dove se ne
sente maggiormente la necessità dal punto di vista ambientale.
L’erogazione delle incentivazioni deve avvenire attraverso iter molto
semplici ed elastici con procedure facilmente adattabili alle necessità
di chi intende avvalersene. Si è già verificato che la rigidità
e la farraginosità delle procedure di spesa abbia frenato fortemente
il rinnovo delle flotte degli Enti Pubblici. Occorre evitare che simili ostacoli
burocratici allunghino inutilmente i tempi, perché i ritardi e gli inciampi
si ripercuotono direttamente sull’ambiente e sulla salute di tutti.
10.4. Le limitazioni alla circolazione
Imporre limitazioni alla circolazione dei veicoli in tutto o in parte del territorio
di un Comune è uno strumento di intervento rapido sul livello dell’inquinamento,
soprattutto quando l’interdizione è totale; di fatto si riesce
ad abbattere abbastanza rapidamente ed in buona misura la componente generata
dal traffico che nei centri urbani costituisce il 60% sul totale delle polveri
PM10 (a fronte di una stima del 30% a livello complessivo nazionale), il 60%
degli ossidi di azoto NOx e dei composti organici volatili, il 90% del monossido
di carbonio e del benzene. Naturalmente oltre a tutto questo si riducono le
emissioni di gas serra. In più anche il traffico residuo (mezzi pubblici,
servizi autorizzati) diventa molto fluido e perciò meno inquinante.
Il provvedimento si dimostra indubbiamente valido, a condizione che sia applicato
con continuità sull’arco di più giorni e non soltanto episodicamente,
ma ha un elevato impatto economico e sociale; per questo risvolto deve essere
utilizzato con cautela.
Vale la pena soffermarsi sul legame tra l’efficacia delle restrizioni,
la loro durata e la sistematicità della loro applicazione. I blocchi
di poche ore, anche se quotidiani, spostano le concentrazioni di traffico da
un momento all’altro della giornata, probabilmente peggiorando i livelli
medi dell’inquinamento. Per altro verso le domeniche a piedi a cadenza
mensile sono più un fatto di immagine che un aiuto di portata significativa
per l’ambiente. Sarebbe più efficace la chiusura al traffico delle
vie centrali più battute in tutti i giorni festivi per evitare gli inutili
caroselli di sfaccendati, le insistenti ricerche di un parcheggio che non si
trova, gli intasamenti che fanno salire alle stelle la concentrazioni degli
inquinanti. E perché non associare anche il sabato pomeriggio? Con buona
pace dei commercianti, che presto si accorgerebbero di non esserne affatto danneggiati.
Via Garibaldi, a Torino, docet.
La valenza degli interventi sulla libertà di circolare è duplice
perché, oltre ad avere una ricaduta positiva sulle condizioni ambientali,
induce alla sostituzione del mezzo inquinante chi si sente penalizzato in modo
serio dalle limitazioni alle propria necessità di movimento. Simili imposizioni,
in parallelo con le incentivazioni economiche sugli acquisti, possono perciò
essere utilizzate per accelerare il rinnovamento del parco veicoli ed anzi diventare
un mezzo di selezione facilmente applicabile attraverso il quale indirizzare
gli aiuti finanziari su obiettivi precisi.
Tra l’altro con questo strumento diventa possibile esercitare una pressione
molto concreta su particolari categorie di persone, quali artigiani, piccoli
commercianti, rappresentanti che operano prevalentemente in ambito urbano, spesso
con una mobilità abbastanza elevata, e che ritengono sufficientemente
rispondenti alle loro necessità gli automezzi in loro possesso, ancorché
molto vecchi; donde una forte resistenza a sostituirli con veicoli non inquinanti
per evitare spese percepite come non indispensabili. Un effetto analogo si può
ottenere sui cittadini che per le loro necessità di mobilità privata
continuano a servirsi di automobili prive di catalizzatore senza darsi conto
dei danni che, inquinando, arrecano alla collettività.
Perché tutto funzioni a dovere occorrono severità ed assiduità
nei controlli sulla circolazione e non guasterebbe certo pubblicizzare con insistenza
e molto rilievo le sanzioni comminate per la violazione dei divieti.
Quante persone sono informate sui vantaggi offerti dall’impiego del gas
naturale come carburante o, più semplicemente, della possibilità
di avvalersene tanto per alimentare un’automobile quanto un veicolo industriale,
senza che per questo risulti sconvolta la funzionalità di tali mezzi
o il loro grado di utilizzabilità? È probabile che siano molto
poche, in pratica un numero trascurabile rispetto alla quantità degli
utenti potenzialmente interessati. Se poi si entrasse nel merito di conoscenze
un po’ più precise di quante possano essere fornite dall’informazione
generica, tale numero si ridurrebbe ulteriormente, restringendosi ai non molti
lettori di pubblicazioni specializzate. Ancor meno è conosciuta la correlazione
traffico-inquinamento-salute. La divulgazione delle caratteristiche del metano
attraverso i canali mediatici che raggiungono il vasto pubblico non trova alcun
spazio.
Neppure i costruttori hanno cura di far sapere che nella gamma dei loro veicoli
esistono versioni predisposte per essere alimentate con gas naturale e di conseguenza
non accennano al risparmio sui costi di esercizio, caratteristica di presa immediata
su un cliente potenziale; per darsene conto è sufficiente consultare
le pubblicità che riempiono i giornali; in esse di tutto si parla, di
prestazioni, di comodità, di finiture di lusso, ma nulla viene indicato
sull’eventuale opzione metano. Più che di informazione, obiettivo
principale della pubblicità, si potrebbe parlare di disinformazione.
L’informazione, qualunque sia la finalità, la destinazione e la
forma con la quale viene diffusa, deve essere sempre data completa e in modo
corretto sotto tutti gli aspetti, cosa che non sempre avviene, forse soltanto
per scarsa cura. Accade ad esempio di vedere sottolineato da una campagna dei
Ministeri dell’Ambiente, delle Attività Produttive e dei Trasporti
sul risparmio di carburante e sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica,
che il gasolio offre dei vantaggi a confronto con la benzina; cosa senz’altro
vera, ma si dimentica di precisare come si mette la faccenda se si vanno a guardare
le polveri, aspetto di rilevanza non proprio trascurabile. Se l’argomento
viene trattato con simile disinvoltura da fonti tanto autorevoli, il motore
diesel finisce di ricevere una patente di ecologicità che, per quanto
si è visto analiticamente, proprio non merita.
Senza dubbio l’uomo della strada riceve una sensibilizzazione molto più
forte al riguardo del potere nutritivo di certe merendine e del bianco smagliante
assicurato da alcuni detersivi, di quanto non gli accada per i problemi dell’aria
che respira e per i rimedi, magari non risolutivi ma non inutili, che sono alla
sua portata. Qualche seria campagna informativa, insistita quanto merita la
salute personale e della collettività, non sarebbe fuor di luogo e non
comporterebbe di certo investimenti da capogiro. I mezzi di diffusione più
idonei non sono gli opuscoli dedicati all’argomento o comunque le pubblicazioni
specifiche, che per lo più sfuggono al vasto pubblico; perché
il lancio di tali campagne possa raggiungere capillarmente quante più
persone è possibile, ci si deve avvalere di mezzi a larga penetrazione,
perciò della televisione, dei quotidiani e delle riviste più lette.
Non ci si può attendere che la causa del metano trovi attenzione ed adesione
senza promuovere il prodotto, senza dare enfasi alle sue caratteristiche positive,
senza rammentare all’opinione pubblica che i pericoli generati dall’inquinamento
minacciano tutti indistintamente, automobilisti o meno. Il potenziale della
pubblicità viene largamente sfruttato in tutti i campi per condizionare
le scelte delle persone in forma palese ed anche occulta; è perciò
ovvio pensare di utilizzarlo anche per far conoscere il gas naturale ed i suoi
impieghi.
Si dirà che simili iniziative spettano prima di tutto al Ministero dell’Ambiente;
è vero, ma anche gli Enti pubblici e privati che si occupano specificamente
di questo argomento dovrebbero attivarsi e fare la loro parte, ad esempio promuovendo
non soltanto la pubblicità, ma anche la produzione di materiale informativo
a vari livelli di contenuto da diffondere attraverso canali mediatici appropriati.
11. Implicazioni economiche degli interventi ipotizzati
Nel capitolo precedente sono state prese in considerazione alcune azioni che,
orientando una larga parte del rinnovo fisiologico del parco circolante verso
il gas naturale e forzando, in particolare, l’eliminazione dei mezzi più
vecchi e più inquinanti, possono portare ad una svolta nel mondo degli
autoveicoli.
Tutte le iniziative che sono state proposte hanno come denominatore comune la
necessità di fare degli investimenti e perciò richiedono la disponibilità
di capitali per raggiungere gli obiettivi desiderati. Tenuto conto che si deve
operare su largo raggio a livello nazionale, l’impegno finanziario assume
dimensioni non indifferenti.
In termini macroeconomici assegnare cospicue risorse a nuovi investimenti significa
sottrarne altrettante ad altre destinazioni, inducendo verosimilmente qualche
modifica nell’assetto dell’economia nazionale. Occorrono capitali
per opere strutturali di tipo strategico, quali sono gli adeguamenti della rete
dei metanodotti, che necessariamente richiedono il concorso dello Stato; devono
essere sostenuti gli investimenti per realizzare nuovi veicoli; è necessario
finanziare i provvedimenti a favore di chi, ente pubblico o privato cittadino,
vuole sostituire gli automezzi in suo possesso.
Quello accennato non è il solo aspetto problematico da affrontare e da
risolvere. Se limitare la libertà di circolazione ottiene risultati positivi
per la salubrità dell’ambiente, altrettanto non si può dire
per l’economia delle aree dove tali provvedimenti vengono applicati. Diminuire
in qualche misura l’utilizzabilità dei mezzi di trasporto significa
rallentare gli scambi commerciali, ostacolare le attività produttive
facendo crescere il loro costo, far venire meno l’efficienza di molti
servizi. Sicuramente l’impatto non è trascurabile a livello locale
e può anche esserlo ben al di là dei confini delle zone interessate
per gli effetti che vengono indotti. Non per nulla si è detto che gli
interventi sul traffico devono essere effettuati con cautela e con criteri selettivi
proprio per evitare che le conseguenze siano troppo pesanti sull’economia
ed anche sulla vita quotidiana di molte persone che verrebbero a subire una
limitazione della propria libertà di movimento.
Ad esserne più colpite sarebbero con ogni probabilità le aziende
piccole e piccolissime, molte imprese artigiane individuali, i rappresentanti
di commercio che formano un’imprenditoria per lo più insediata
all’interno delle città. Qualsiasi limitazione dell’uso del
mezzo, spesso unico, di cui dispongono potrebbe portare alla cessazione della
loro attività lavorativa. In questi casi il veicolo è prima di
tutto uno strumento di lavoro non facilmente surrogabile da mezzi di altro tipo
e non sempre l’onere di una sostituzione potrebbe essere assorbito facilmente,
data la poca consistenza del giro di affari. Esiste perciò un rischio,
da non sottovalutare, di compromettere il tessuto economico locale con interventi
non appropriati; di fatto queste piccole attività hanno una rilevanza,
anche sociale, molto superiore a quanto può essere valutato attraverso
la misura dei fatturati che vengono ricavati. Per parecchi casi del tipo accennato
e in generale per tutti i soggetti economicamente deboli sono necessari aiuti
che non possono consistere nella sola erogazione di finanziamenti, ed esaurirsi
in questa, ma che devono anche fornire supporti per riorganizzare le attività
che vengono colpite dai provvedimenti restrittivi.
Per altro verso anche le numerose famiglie che utilizzano autovetture tecnicamente
superate e che non hanno la possibilità di permettersene altre migliori,
subirebbero contraccolpi negativi sulle loro abitudini di vita da qualsiasi
intervento sulla libertà di circolazione.
Fatta salva l’importanza di queste considerazioni d’ordine economico
e sociale, non deve essere perso di vista che buona parte dei veicoli utilizzati
da queste fasce di piccoli operatori e dalle famiglie meno abbienti costituiscono
quel nocciolo del parco circolante che non partecipa, se non in minima misura,
alla rotazione e fa innalzare l’età media dei mezzi in circolazione
(8,8 anni secondo la tabella 7 per quanto riguarda le autovetture). Perciò
c’è e non può essere elusa una seria necessità di
sollecitare il ricambio anche ricorrendo ad azioni molto determinate, che nei
fatti, per quanto si è detto sopra, non potranno essere molto diverse
da coercizioni esercitate in varie forme.
I rapidi cenni alle implicazioni economiche delle azioni delineate nel capitolo
precedente mettono in evidenza un fabbisogno di risorse finanziarie di ampiezza
notevole, che in parte devono essere messe a disposizione dai bilanci dello
Stato e per il resto fanno carico ai vari soggetti economici ed industriali
coinvolti nell’azione intesa a fare crescere lo spazio del metano nel
campo dell’autotrazione. Per facilitare il reperimento di tali risorse
è necessario un quadro di riferimento certo nel quale siano definite
chiaramente le strategie di approvvigionamento energetico che l’Italia
intende seguire nei prossimi 20 anni.
L’aggravarsi dei problemi ambientali, che dal traffico automobilistico
ricevono un contributo di peso significativo, marcatamente nelle aree urbane,
mette in discussione la possibilità di sostenere la crescente richiesta
di mobilità di persone e di merci per mezzo di veicoli che non rispettino
limiti di emissione molto ristretti.
L’uso del gas naturale come carburante offre in prospettiva una riduzione
dell’inquinamento soprattutto per quanto attiene le componenti più
nocive per la salute. Non vi sono ostacoli tecnici che ne impediscano l’adozione
su larga scala perché i motori a metano possono competere sostanzialmente
alla pari con i concorrenti a benzina e a gasolio.
È stato dimostrato che adottare il metano per l’autotrazione non
porta soltanto vantaggi per l’ambiente, ma ha anche una significativa
convenienza economica per chi lo utilizza, in quanto il gas naturale ha un prezzo
di vendita inferiore, riduce i consumi a parità di percorso, rende meno
onerosa la manutenzione nell’arco della vita del motore.
Nonostante i veicoli alimentati a gas naturale offrano parecchi vantaggi, fino
ad ora non hanno riscosso un successo spontaneo neppure in settori di utenza,
tipicamente quello dei trasporti collettivi di persone e di movimentazioni delle
merci, nei quali la convenienza economica dovrebbe essere largamente premiante.
Per rinnovare i veicoli che hanno quelle destinazioni è stato necessario
predisporre appositi concorsi finanziari all’acquisto.
Sono state identificate alcune cause che di certo influiscono sul comportamento
del mercato, condizionandolo negativamente. Appaiano significative al riguardo:
- la poca conoscenza dello stretto collegamento che vi è tra inquinamento
atmosferico e rischi per la salute, oltre alla generale scarsa sensibilità
ai problemi dell’ambiente;
- l’ignoranza delle opportunità offerte dal metano;
- la disponibilità ampia ed articolata di veicoli a carburante convenzionale,
ottimizzati per l’uso al quale sono destinati, a fronte di una gamma di
modelli a gas piuttosto ridotta e penalizzata, in misura più o meno significativa
dall’ingombro e dal peso delle bombole, dall’autonomia di percorrenza
limitata, da un leggero scadimento delle prestazioni su strada;
- la mancanza di punti di rifornimento in quantità adeguata e con diffusione
territoriale sufficiente.
Anche se è fuor di dubbio che la difficoltà del rifornimento e
le limitazioni della funzionalità/fruibilità del veicolo costituiscono
gli inciampi più seri tra quelli elencati, per smuovere la situazione
come si presenta oggi appare necessario agire simultaneamente su tutte le cause
prima indicate e manovrare due leve: forti incentivazioni economiche, per creare
stimoli diretti e indiretti ad un ricambio in profondità del parco veicolistico
attuale, severe limitazioni della circolazione, mirate soprattutto alle categorie
di veicoli che inquinano di più.
Entrambe le azioni accennate presuppongono un intervento molto attivo da parte
della mano pubblica, che deve avere un ruolo trainante nei confronti dei soggetti
privati, facilitando e stimolando, quando del caso, il loro coinvolgimento come
parti attive. È evidente che sono compito esclusivo delle Autorità
competenti lo studio e l’emanazione delle disposizioni che riguardano
la regolamentazione del traffico ed i connessi provvedimenti di limitazione
della circolazione. Per iniziativa pubblica devono inoltre essere attivati a
livello centrale e periferico meccanismi economico-finanziari quali lo stanziamento
di fondi e l’uso di strumenti fiscali di incentivazione, oltre la promozione
di joint venture finanziarie tra pubblico e privato; così pure devono
essere stabiliti i criteri di finanziamento, orientate le erogazioni e regolati
i relativi flussi.
I soggetti privati che hanno il compito di fornire al mercato veicoli innovativi
e di estendere la rete dei distributori per rendere possibile la circolazione
dei veicoli stessi devono essere spinti a superare la loro attuale posizione
di attesa, perché in caso contrario diventerebbero un fattore di ritardo
capace di rallentare fortemente quel ricambio del parco circolante che si vuole
orientare all’impiego del gas naturale, dato che i loro tempi di risposta,
per motivi tecnici più che comprensibili, non possono essere abbreviati
oltre certi limiti. Per questa ragione i provvedimenti attuabili a loro favore
devono essere individuati e resi operanti con il grado di priorità occorrente.
Nel contesto degli interventi prima delineato, conviene continuare a riservare
una corsia preferenziale al sostegno dell’acquisto di mezzi a metano destinati
al servizio pubblico che si stanno dimostrando un buon punto di attacco per
promuovere la conversione a gas dei veicoli a prevalente uso urbano e che hanno
senza dubbio anche una funzione dimostrativa molto valida nei confronti del
più ampio e generale mercato del trasporto.
Chi ha letto i capitoli precedenti ha probabilmente ricavato l’impressione
che per incrementare l’uso del gas naturale non venga fatto affidamento
su azioni volte ad orientare il largo pubblico in tal senso con la persuasione,
ma piuttosto siano suggeriti interventi coercitivi. In particolare nel capitolo
10 si invocano esplicitamente provvedimenti di autorità per imporre limitazioni
alla circolazione, soprattutto nei confronti di quelle categorie di veicoli
che contribuiscono maggiormente all’inquinamento. Può anche essere
osservato che in fondo l’erogazione di incentivazioni a favore degli acquisti
di automezzi a metano è un modo di condizionare la libertà di
scelta. Ebbene la sostanziale mancanza di domanda di automezzi a gas sta proprio
ad indicare che è necessario forzare il mercato con azioni dall’esterno
allo scopo di raggiungere l’obiettivo di ridurre l’inquinamento.
Se a questo proposito si raffrontano due situazioni di rischio, entrambe legate
al traffico, viene da chiedersi perché debba essere imposto l’uso
delle cinture di sicurezza, che non hanno funzione diversa dal proteggere la
singola persona, mentre nulla possono per evitare gli incidenti o danni ai terzi
coinvolti, e perché non si debba usare altrettanta severità nel
salvaguardare la salute collettiva, impedendo ai mezzi inquinanti di circolare.
Le riflessioni sui diversi temi che sono stati affrontati devono fornire risposta
anche ad un ultimo interrogativo: nell’ipotesi che l’Italia sia
capace di raggiungere o, auspicabilmente, di superare gli obiettivi posti per
il 2010 ed il 2020, quale miglioramento si potrebbe verificare sull’inquinamento
globale? Il contributo di un singolo Paese, per quanto sia grande e trafficato,
di certo non produce variazioni sostanziali a livello planetario. Tuttavia non
deve essere dimenticato che moltissimi Stati si sono impegnati a far propri
gli stessi obiettivi di miglioramento dell’ambiente e si stanno adoperando
per ottenere gli stessi risultati; perciò si deve avere confidenza che
da questo intendimento comune qualche progresso verrà ottenuto.
Ad ogni buon conto ci si deve ricordare che l’inquinamento è primariamente
un fatto locale; perciò anche se i miglioramenti che si ottengono a vantaggio
della qualità dell’aria riguardassero soltanto l’ambiente
nel quale si vive e ci si muove quotidianamente, ben vengano. E se per uno scopo
così immediato e così importante il metano ci può “dare
una mano” certamente è conveniente per tutti.
Fonti di informazione e riferimenti bibliografici
Siti Internet:
www.comune.torino.it/progettometano
www.metano.it
www.ecogas.it
www.newmobility.fiatauto.it
www.iveco.italia.it
www.aci.it
www.snamretegas.it
www.anfia.it
www.ISSI.it
www.infrastrutturetrasporti.it
www.NVG System.it
www.energoclub.it
www.asml.it
www. arpat.toscana.it
www.cop9italia.org
www.626.cisl.it
www.europa.eu.it – Environment – Air pollution – Ambient Air
Quality
Pubblicazioni, riviste, giornali
Corso di tecnologia ed economia delle fonti energetiche.
Università degli Studi di Siena. Dipartimento di Chimica. (sito Internet)
Università degli Studi di Firenze. Dipartimento di Fisica. (sito Internet)
CSST Centro Studi sui Sistemi di Traffico
MET Trazione Azzurra (articoli vari)
NVG System (articoli vari)
Atti del convegno “Verso una mobilità sostenibile: il ruolo del
gas naturale” Roma, 5/11/2003
Mensile “Informa l’ambiente”, anno II, n. 8. Ministero dell’Ambiente
Articoli vari dalle riviste: Ecomobile a tutto gas; Emissioni Zero; Quattroruote;
Economy.
Articoli vari dal quotidiano La Stampa e dall’inserto Tutto Scienze e
Tecnologia