ARTE IRREGOLARE

Il concetto di Art brut (in italiano, letteralmente, Arte grezza, ma tradotto anche come “arte spontanea”) è stato inventato nel 1945 dal pittore francese Jean Dubuffet per indicare le produzioni artistiche realizzate da non professionisti o pensionanti dell’ospedale psichiatrico che operano al di fuori delle norme estetiche convenzionali (autodidatti, psicotici, prigionieri, persone completamente digiune di cultura artistica). Egli intendeva, in tal modo, definire un’arte spontanea, senza pretese culturali e senza alcuna riflessione.

Il sinonimo inglese di Art Brut è Outsider Art, termine coniato nel 1972 dal critico d’arte inglese Roger Cardinal.
Mentre il termine del Dubuffet è abbastanza specifico, il termine inglese Outsider Art è applicato spesso più largamente, per includere gli autodidatti o i creatori di Arte naïve che non si sono mai istituzionalizzati. Generalmente, quelli identificati come Outsider Art hanno poco o nessun contatto con le istituzioni del mondo tradizionale d’arte; in molti casi, il loro lavoro viene scoperto soltanto dopo la loro morte. Molte opere di Art Brut o Outsider Art illustrano stati mentali estremi, idee non convenzionali, o mondi di fantasia elaborati.   (Wikipedia)

ARTE IRREGOLARE, OUTSIDER ART, ART BRUT.

Tre video di avvicinamento all’Arte Irregolare, Outsider Art, Art Brut con esempi dal progetto Mai Visti e Altre Storie di Tea Taramino, Gianluigi Mangiapane, Annamaria Cilento a cura delle associazioni Artenne e Forme in Bilico con il contributo della Fondazione CRT. 

ARTE SINGOLARE

Con Arte Singolare si intendono le opere realizzate individualmente, in maniera personale da ogni autore nonostante le influenze dell’atelier o in modo indipendente dai servizi.

Nella collezione sono custoditi migliaia di manufatti realizzati più di 150 autori tra cui spiccano alcune personalità interessanti per tematiche, soluzioni estetiche e procedure.
Permanenza nel tempo di schemi, ritmi e figure, preziose variazioni e rari cambiamenti, è quello che si può cogliere da tale inventario di segni. Forme e parole utili per dare senso alla comprensione di storie personali e allo sguardo operativo ad esse dedicato osservandone i fili conduttori, le insistenze e le trasformazioni.
Segni sottratti alla noncuranza del tempo e degli autori, raccolti con quotidiana premura da alcuni educatori dei diversi servizi, persone in grado di vedere in tali ripetizioni non solo l’impasse, ma il segno di una presenza, di un’identità spesso fornita di grande suggestione.
Alcuni degli autori sono avvicinabili e coinvolti in esperienze di arte contemporanea che guardano con interesse sia alla permeabilità dei confini fra normalità e follia sia alle diverse identità culturali che compongono la società attuale.

Tali opere, se significative come qualità estetica e contenuto, vengono proposte nei circuiti nazionali e internazionali dell’arte irregolare e/o dell’arte contemporanea e inserite nell’Archivio Mai Visti della Città di Torino.

Tali progetti e azioni sono volti a tutelare e valorizzare autori che per tipo di creazione sono riconducibili alle sigle art brut, outsider art o arte irregolare. Uomini e donne che producono principalmente per dettato interiore, spinti da necessità e impellenze personali che si esprimono in spazi fisici e mentali intimi o protetti. Sono autori molto diversi per autonomia e pratiche artistiche, con diversi gradi di consapevolezza o di presenza al mondo oppure non motivati a un rapporto produttivo con il mercato o a un confronto con la cultura artistica ufficiale, anzi evitano.

In altri casi c’è intenzione, ma non autonomia a causa di condizionamenti dovuti alla disabilità o a problematiche psichiche o sociali. La varietà di comportamenti, esigenze e strategie artistiche è così grande da renderli difficilmente inquadrabili in schemi precisi.

Occuparsi di tale valorizzazione è un’impresa impegnativa che richiede costanza. La collezione cittadina, ad esempio, costruita giorno per giorno dal 1982 (un fondo con più di trentamila opere), è potuta divenire premessa e avvio per il progetto Mai Visti e Altre Storie. Il progetto, condiviso da molti soggetti istituzionali pubblici e privati, è a dimensione regionale. E’ operativo dal 2015 con una mappatura, in continuo aggiornamento, di autori e contesti, che procede con il graduale studio delle biografie, raccolta e documentazione fotografica delle produzioni per l’inserimento nel sito: www.maivisti.it a cura di Arteco.

Con Arte Plurale si intendono le opere in cui prevalgono l’influenza della conduzione educativa e artistica oppure le opere realizzate mediante scambio e partecipazione di coppia o di gruppo.

Nel corso del tempo, grazie alle iniziative promosse dalla Città di Torino, molti artisti si sono dedicati all’educazione e molti educatori e operatori si sono avvicinati all’arte, scoprendo come alcune pratiche possano agevolare l’aggregazione, la cittadinanza attiva e la comprensione reciproca attraverso la piacevole esperienza del lasciare tracce di sé.

La manifestazione internazionale Arte Plurale (dal 1993 al 2013) espressione di una rete di arte relazionale ha sollecitato con continuità, per vent’anni all’interno di contesti educativi e terapeutici, un complesso processo di riflessione, ricerca e espressione coinvolgendo molte differenze sociali e culturali: servizi alla persona, associazioni, cooperative, scuola, musei e fondazioni.

Arte Plurale ha funzionato come spazio – di azione e di pensiero – in cui rimescolare le carte, dando più importanza ai processi piuttosto che alla definizione rigida dei singoli partecipanti e del loro ruolo o sindrome. Come esperienza partecipativa, fisica e psichica nello stesso tempo, si è necessariamente basata sul riconoscimento reciproco, sullo scambio di competenze, sull’incontro fra saperi differenti.

Un’occasione per far circolare energie nuove, sollecitando nei partecipanti uno spostamento dello sguardo per poter osservare il proprio lavoro, cose e persone, da angolazioni inesplorate, mettersi in discussione e, perché no, porre anche qualche interrogativo al sistema dell’arte ufficiale.

Un contenitore – reale e virtuale – per poter attingere all’immaginario individuale e collettivo, attraverso un continuo fluttuare tra pensiero logico e invenzione, tra dimensione singolare e plurale, abilità e disabilità, agio e disagio, per prodursi nella creazione di visioni del mondo, di rappresentazioni di sé e dell’altro. Questo altro che talvolta sembra risultare proprio “altro”… con tutta l’ambivalenza che il termine contiene: estraneità, esclusione da un contesto, nuovo o valore aggiunto, per esempio.

Ogni atto artistico condiviso lo si può considerare come una regione di confine in cui si costruisce di volta in volta una negoziazione fra soggetti e in cui, per tutti i convenuti, sono necessarie traduzioni: da un sentire all’altro, da una pratica all’altra, da un linguaggio all’altro, da un ambito all’altro. Tradurre implica cercare, saper capire e interpretare un linguaggio che può anche essere una visione del mondo diversa dalla propria, e si sa che la traduzione è un atto inevitabilmente imperfetto. Una certa imperfezione, però, può essere preziosa perché talvolta quello scarto di significato o quei vuoti, che si generano nel passaggio, possono far nascere il dubbio e il nuovo.

Le opere vengono valorizzate con iniziative di arte relazionale come Arte Plurale o L’arte di fare la differenza o esposte nella Pinacoteca del Centro Arte Singolare e Plurale.

ARTE PLURALE

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