Disabilità sensoriali

«Il lavoro per un cieco è luce che ritorna», un’analisi su disabilità e occupazione

«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro»: lo sancisce in maniera chiara ed esplicita l’articolo 1 della Costituzione Italiana, ovvero il primo articolo della Legge fondamentale del nostro Stato a cui i nostri governanti, i rappresentanti delle Istituzioni, coloro che a vario titolo sono impiegati nella Pubblica Amministrazione e, più in generale, tutta la cittadinanza, dovrebbero attenersi scrupolosamente in maniera sia formale, ma soprattutto sostanziale.
In ossequio a tale articolo, ma possiamo dire a tutta la nostra Carta Costituzionale, nel corso dei decenni il Parlamento ha scritto leggi importanti che hanno consentito anche alle persone con disabilità di inserirsi nel mondo del lavoro e così di realizzarsi come uomini e come cittadini, contribuendo in tal modo alla crescita del nostro Paese.
«Il lavoro per un cieco è luce che ritorna», affermava molti decenni orsono Paolo Bentivoglio, uno dei Presidenti dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), proprio a significare che le persone con disabilità visiva non devono essere oggetto della sola assistenza, bensì devono poter sviluppare le proprie attitudini ed esprimere le proprie potenzialità attraverso il lavoro, alla pari degli altri cittadini.

Purtroppo ormai da molti anni, da troppi anni, le leggi in materia di collocamento mirato e obbligatorio vengono puntualmente disattese ed eluse da enti pubblici e aziende private, con la complicità più o meno consapevole delle Istituzioni preposte a vigilare sul rispetto delle norme in tali materie.
Penso ad esempio alla Legge 113/85 in materia di assunzione obbligatoria dei centralinisti telefonici privi della vista; essa infatti, pur se vigente a tutti gli effetti, viene disattesa da troppi enti con scuse più o meno banali: non serve il centralinista, abbiamo installato il VoIP [Voice Over IP, N.d.R.], non possiamo assumere un disabile visivo per problemi logistici.
Tutte giustificazioni, queste, che in un Paese normale dovrebbero essere facilmente smontate con il solo disposto normativo: quando esiste cioè un centralino dotato di posto per operatore, il 51% degli addetti dovrebbe essere privo della vista. Per le aziende private, invece, l’obbligo c’è per i centralini con almeno cinque linee urbane. Dunque nulla di più chiaro e nulla di più facilmente verificabile, ma sempre se vivessimo in un Paese normale, in cui le leggi vengono scritte per essere applicate e non per essere ignorate, o peggio eluse.
Purtroppo, nell’Area Metropolitana di Napoli, da molti, troppi anni ormai le aziende private non assumono più persone con disabilità visiva, e tante Amministrazioni Pubbliche cercano in tutti i modi di ignorare il disposto di questa normativa. Quel che è peggio è che gli enti preposti alla vigilanza se ne lavano le mani.
Eppure il Ministero del Lavoro, considerando l’evoluzione tecnologica, con il Decreto del 10 gennaio 2000, ha introdotto diverse figure equipollenti a quella del centralinista, quali l’operatore telefonico addetto alle pubbliche relazioni, alla gestione di banche dati, al telemarketing e al telesoccorso, tutte mansioni a cui una persona con disabilità visiva, adeguatamente formata, può essere adibita e se ci fosse solo un po’ di buona volontà e di attenzione, forse tanti ciechi e ipovedenti potrebbero essere occupati.
Lo stesso si può dire per le mancate assunzioni dei fisioterapisti privi della vista, di cui le Aziende Sanitarie Pubbliche e i Centri di Riabilitazione privati ritengono di poter fare a meno, nonostante l’obbligo sancito dalla Legge 29/94, anch’essa pienamente vigente.

Fin qui ho fatto riferimento soltanto alle professioni per cui esistono specifiche norme che ne disciplinano il collocamento obbligatorio e non ho esaminato le molteplici possibilità derivanti dalle disposizioni sul collocamento mirato, per intenderci dalla Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), né dalle opportunità offerte dallo sviluppo delle nuove tecnologie che, adeguatamente utilizzate, possono contribuire all’inserimento lavorativo dei ciechi e degli ipovedenti.
Probabilmente di tutte queste possibilità i rappresentanti delle Istituzioni non hanno contezza e in molti casi, purtroppo, ignorano un’altra disposizione fondamentale della nostra Costituzione secondo cui «tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge ed è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (articolo 3).

Nelle prossime settimane saremo tutti concentrati ad affrontare la “fase 2” dell’emergenza da Covid-19, ma mi farebbe davvero piacere che quanto prima al centro dell’agenda politica potesse esserci il tema dell’inserimento lavorativo, anzi il rispetto delle norme vigenti in materia di lavoro per le persone con disabilità.

* Mario Mirabile,
Presidente dell’UICI Provinciale di Napoli (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti).

Fonte: superando.it