Disabilità sensoriali

“Traduco per i sordi il bollettino, cerco di tutelare i piu’ deboli”

ROMA. E poi, alle 18, c’è lei, la presenza silenziosa che nello scadenzare lento dei giorni senza tempo affianca il commissario Borrelli traducendo i numeri dell’epidemia nella morbida lingua dei segni. Susanna di Pietra, 33 anni, novella signorina Buonasera, è diventata suo malgrado un’icona di questa stagione sospesa, la professionista a cui la Protezione Civile ha affidato il compito d’informare i non udenti ma anche, implicitamente, il volto normale che ci rassicura più dei messaggi chiusi in casa di tanti vip.

Gli italiani hanno imparato a conoscerla, i social parlano di lei con curiosità. Come si sente a rappresentare una certezza, sia pur simbolica, mentre tutto traballa?
«Sono una persona semplice e umile, mi hanno detto che la mia presenza è percepita come rassicurante e mi fa piacere. Mi lusinga pensare che possa alleviare anche solo un po’ la tensione. Avremmo bisogno di non pensare così tanto alla situazione, è dura. Ma vivo il mio ruolo con rigore, attraverso l’Ente nazionale sordi sono stata chiamata dalla Protezione Civile a tradurre il bollettino giornaliero del Covid-19 per le persone non udenti ed è una grande responsabilità, ce ne sono circa 70 mila in Italia, molti sono anziani».

Come mai ha studiato lingua dei segni fino a farne una professione?
«I miei genitori sono sordi, la lingua dei segni è stato il mio idioma materno, la mia prima forma di comunicazione. Mia mamma poi ha insistito perché mi specializzassi, ho studiato da interprete e da oltre dieci anni lavoro anche come mediatore nelle scuole».

Come fa a depurare dall’allarmismo le notizie cupe che descrive per i più indifesi?
«Il carico emotivo è enorme, ma cerco di far passare un messaggio di normalità. Il tono neutrale è anche lo stile degli interpreti. E i sordi hanno bisogno di sapere senza panico. Poi certo, uno ascolta i dati e pensa ai propri cari, al rischio di contagio, penso a mia madre che ha 56 anni e sta chiusa in casa, la vita è cambiata per tutti».
Gestisce con lo stesso equilibrio la sua tensione personale?
«Con mio marito stiamo a casa il più possibile, non abbiamo figli e, a parte il lavoro, leggiamo. E poi cucino. Avrei voluto cimentarmi con la pizza ma il lievito di birra non si trova».

Ai social non è sfuggita la cura con cui cambia ogni sera di abito, sobrio ma sempre diverso. Scelta o casualità?
Ride. «Ci penso. Preferisco il nero o i colori scuri perché rendono più chiari i gesti e più evidenti le espressioni facciali. Mi piace sistemarmi, lo faccio sempre, stavolta forse ancora di più, è una forma di rispetto nei confronti di chi mi segue».

Cosa saremo quando il Covid-19 avrà allentato la morsa?
«Me lo chiedo. Credo che certi comportamenti resteranno, la pulizia per esempio, l’igiene personale, sono gesti che abbiamo imparato e ripeteremo. E forse anche lo stare insieme senza guardare l’orologio».

di Francesca Paci

Fonte: lastampa.it

(c.a.)