Disabilità sensoriali

Ora ci sono occhiali per i daltonici

Non curano il difetto visivo e non funzionano in tutti i casi, ma aumentano la sensibilità al colore perché riducono la confusione fra le tinte.

C’è chi vede il mondo, letteralmente, in un altro modo: per qualcuno una rosa rossa è un fiore marroncino, una zucchina è una strana verdura grigiastra. Colpa della discromatopsia, ovvero l’incapacità di percepire tutte le sfumature dei colori, chiamata comunemente (con un po’ di imprecisione) daltonismo.

Un cambiamento di vita.
Un paio di occhiali potrebbe migliorare la vita di chi ne soffre: ne ha parlato di recente sul New Scientist Frank Swain, giornalista daltonico che si è deciso a provarli dopo aver visto i commoventi video dei pazienti che li inforcano per la prima volta. Qualcuno piange, altri restano imbambolati, c’è pure chi proprio non si capacita che il mondo sia così diverso da quanto ha davanti agli occhi ogni giorno. Va detto che gli occhiali per vedere di nuovo i colori non curano la discromatopsia e funzionano in quattro casi su cinque; tuttavia sono un’opportunità che può cambiare la vita ai tanti daltonici. Perché la cecità ai colori non è affatto rara: le stime parlano di circa l’8 per cento della popolazione. «Ma i soggetti che non vedono perfettamente i colori sono probabilmente più numerosi, le anomalie cromatiche lievi possono rimanere del tutto ignorate», sottolinea Pasquale Troiano, direttore dell’unità di Oculistica al Fatebenefratelli di Erba (CO) e preside nte del Comitato Tecnico Scientifico della Società Oftalmologica Italiana. Basti pensare a quante volte capita di non trovarsi d’accordo sul colore di qualcosa, con uno che sostiene che un abito è verde e l’altro che è blu: è possibile che uno dei due abbia una difficoltà nella visione dei colori.

I daltonici vedono i colori ma solo «puri».
Ma che cosa si inceppa nell’occhio dei daltonici? «Nella retina abbiamo i bastoncelli, recettori che servono alla visione con poca luce, e i coni, per vedere i colori in piena luce: sono di tre tipi, per reagire ai tre colori fondamentali rosso, verde e blu — spiega Troiano —. Nella discromatopsia un’anomalia dei coni non consente la visione di uno o più colori, rendendoli perciò indistinguibili fra loro quando sono mescolati: in altri termini anche un daltonico riconosce il colore puro a cui non è sensibile, sebbene non lo veda come chi ha coni senza difetti, ma quando nella tinta ci sono componenti diverse non riesce più a discriminarle». Ciascun cono sensibile a rosso, verde o blu invia al cervello un segnale con la quantità di luce ricevuta per quel colore: a parte i colori puri, tutti quelli che vediamo sono infatti sfumature in cui c’è una parte più o meno rilevante di due o tre delle tinte primarie. Nella discromatopsia i coni sono poco o per nulla sensib ili a uno o più colori e si sovrappongono nel segnale, così arrivano dati confusi al cervello, che non riesce a capire quanto verde o quanto rosso ci sia, per esempio, in una fragola che ha davanti agli occhi, così diventa difficile distinguere fragole con tonalità diverse o capire se una sia più matura, e quindi rossa, di un’altra. Il risultato è una visione molto più omogenea, con colori più piatti e simili fra loro: chi non ha problemi vede da uno a sette milioni di sfumature, chi ha una discromatopsia ne vede 10mila, 100mila.

Quasi solo maschi.
«L’anomalia più diffusa è un difetto nella capacità di riconoscere rosso e verde, più o meno esteso verso l’uno o l’altro colore. Pochissimi invece sono i pazienti con acromatopsia, che vedono in bianco e nero perché i loro coni non rispondono ad alcun colore; in genere però questo disturbo è associato ad altri problemi oculari», puntualizza Troiano. Le sfumature di discromatopsie sono tante quante quelle dei colori: c’è la protanopia in cui si è insensibili al rosso, ma anche la protanomalia di chi il rosso lo vede, ma poco; la stessa gradazione è possibile per la deuteranopia, in cui non si vede il verde, e la tritanopia, dove a sparire è il blu. «Il difetto dei coni si eredita con il cromosoma X: per questo le donne con discromatopsie sono molto rare e il problema è quasi solo maschile — osserva l’oculista —. L’uomo ha infatti un’unica copia del cromosoma X, per cui se c’è l’alterazione genetica questa si manifesta; la donna, che ne ha due copie, può essere portatrice ma avere una visione cromatica regolare, se l’altro cromosoma X è normale. Peraltro le donne hanno in media una capacità di discriminazione dei colori maggiore rispetto agli uomini, anche non daltonici: evolutivamente parlando ha senso, perché le donne primitive raccoglievano bacche e frutti come cibo, a quei tempi una sfumatura poteva fare la differenza fra la vita e la morte».

Alcune professioni sono «vietate».
La diagnosi di daltonismo non è sempre tempestiva, anzi: se in famiglia non ci sono casi, perché la mamma è portatrice ma non daltonica, o il problema non è evidente perché l’anomalia è leggera, può passare molto tempo prima di accorgersi del disturbo. Chi ha sempre visto il mondo con i colori sballati se ne rende conto quando va dall’oculista e si trova davanti le tavole di Ishihara, in cui cerchietti di colore diverso ma dello stesso grado di luminosità formano numeri o percorsi che chi ha una discromatopsia stenta a individuare. «Esistono anche test più raffinati per capire quali sfumature si perdono — dice l’oculista Pasquale Troiano —. Con le discromatopsie tocca convivere, una cura non c’è anche se si stanno tentando approcci di terapia genica che forse saranno un’opportunità in futuro. La conseguenza è l’impossibilità a svolgere lavori in cui la discriminazione cromatica precisa è fondamentale. Nessun problema invece per la patente, perché i semafori e gli altri segnali stradali usano colori puri».

Gli occhiali.
Daltonici poi si può diventare se si sviluppano lesioni al nervo ottico per un trauma, per l’otticopatia alcolico-tabagica di chi fa uso smodato di alcol e sigarette o anche per colpa della cataratta, che riduce la capacità di distinguere il blu. Tuttavia la maggioranza non vede bene i colori dalla nascita: ecco perché inforcare gli occhiali per daltonici lascia tutti esterrefatti. «Le lenti filtrano alcune lunghezze d’onda della luce: è come se spegnessimo alcuni coni, riuscendo così ad aumentare la sensibilità al colore perché si riduce la confusione fra tinte che rende difficile discriminarle — spiega Troiano —. Si trovano da tempo anche in Italia e non serve la prescrizione medica, ma non è detto che siano risolutivi: i colori si vedono meglio, ma per capire quanto possano essere d’aiuto nella propria situazione occorre provarli. Chi non ha mai visto il rosso forse continuerà a non vederlo perfettamente, ma apprezzerà meglio il colore».

Nella corrida per il toro il rosso è irrilevante .
Daltonismo è un termine scorretto per indicare l’incapacità di vedere i colori: viene usato a prescindere dal tipo di difetto, ma in realtà si potrebbe chiamare così solo il tipo di discromatopsia di cui soffriva il chimico inglese John Dalton, che nel 1794 fu il primo a descriverne i sintomi. Dalton soffriva di deuteranopia: non discriminava bene il rosso e il verde, come succede nella maggioranza dei pazienti con disturbi nella visione cromatica. E il toro? È daltonico, anzi per la precisione ha un’acromatopsia: il fatto che si scagli come una furia sul drappo rosso del torero dipende infatti dall’istinto e dal fatto che lo vede muovere, perché il toro non ha coni e quindi non può vedere i colori. Non è l’unico animale a non vedere il mondo come lo vediamo noi: i cani e i gatti sono daltonici perché vedono male il rosso e, nel caso dei cani, anche il verde; compensano con una visione notturna molto migliore della nostra. I serpenti hanno invece una vista a rag gi infrarossi grazie a sensori termici, per riconoscere le prede, mentre api e farfalle ce l’hanno agli ultravioletti per vedere i dettagli dei fiori. Gli squali vedono i colori molto più saturi rispetto all’uomo; la visione cromatica migliore però è quella dei pappagalli, i cui piumaggi hanno sfumature visibili agli ultravioletti, e dei rapaci, che distinguono benissimo i colori.

Fonte: corriere.it