Disabilità sensoriali

Le lingue dei segni scrigno culturale contro il silenzio

Le lingue dei segni per le persone sorde: un codice espressivo ancora misterioso per i più (soprattutto, ahinoi, in Italia) ma ricco di implicazioni, non soltanto linguistiche, che vanno sondate e conosciute, in modo sempre più approfondito. Per farlo, ricercatori e studiosi di alta specializzazione si sono riuniti, praticamente da tutto il mondo, nelle scorse settimane, a Como. Si è infatti chiusa da poco la Lake Como School of Advanced Studies 2018, che si è svolta negli spazio della Villa del Grumello. Organizzata dalla Fondazione Alessandro Volta di Como, l’attività seminariale si è tenuta dal 10 al 15 giugno, con corsi di formazione in dive rsi ambiti, seguendo il filo rosso delle lingue dei segni. Per sapere di più, abbiamo intervistato Carlo Cecchetto professore ordinario all’Università degli Studi di Milano-Bicocca e direttore di ricerca presso il Cnrs francese (Unità di ricerca “Structures Formelles du Langage” a Parigi). Cecchetto è uno dei coordinatori di “Sign Hub” un gruppo di lavoro inserito nel progetto progetto Horizon 2020.

Professor Cecchetto, perché giovani studiosi da tutto il mondo si sono riuniti sul lago di Como per conoscere meglio le lingue dei segni?
I ricercatori sono interessati, nello specifico a conoscere le lingue dei segni che, al contrario di quanto ancora credono in molti, sono lingue spontanee, usate dalle persone sorde.
Non si tratta quindi di codici predefiniti e uguali per tutti?
Assolutamente no. Si tratta di una pluralità di lingue al cui interno ci sono anche dialetti. Per esempio la lingua dei segni italiana (la Lis) ha una varietà lessicale sorprendente che si manifesta con differenze importanti da città a città.

Nella Scuola di Villa del Grumello, come avete affrontato questa ricchezza espressiva?
All’interno del seminario comasco, erano rappresentate almeno una ventina di lingue dei segni, a testimonianza di una pluralità notevolissima.

In uno scenario così vario, quali gli obiettivi dei corsi che avete organizzato?
Gli obiettivi sono molteplici. Si più partire da quello linguistico. Vogliamo arrivare alla creazione di grammatiche in senso proprio, che possano essere comparate tra loro, come avviene nel caso delle lingue parlate correntemente nel mondo. Il nostro progetto prevede la creazione di queste grammatiche almeno a livello continentale.

Il secondo passo?
Un ulteriore e importante traguardo riguarda l’ambito clinico. Anche tra le persone sorde, naturalmente, si possono verificare danni cerebrali, casi di ictus e di malattie che causano disturbi del linguaggio. Per queste eventualità, non esistono test diagnostici che possano testare se il coinvolgimento delle aree del linguaggio ha causato disturbi di produzione o comprensione nelle lingua dei segni. Quindi durante il corso a Villa del Grumello, alcuni studenti hanno perfezionato le proprie competenze cliniche.

Obiettivi molto specifici, dunque…
In realtà, si è puntato anche a conoscere il ricco mondo culturale che accompagna le lingue dei segni. Come per tutti gli altri idiomi, anche le lingue per le persone sorde offrono un ricchissimo bagaglio culturale: si va dal teatro alla poesia, fino alle barzellette! Come si può intuire, è fondamentale avvicinarsi a questo tesoro culturale, per conoscere e comprendere la storia delle comunità sorde, che – non dimentichiamolo -si costituiscono proprio attorno alle lingue, superando altre barriere culturali e sociali.

Perché, a suo modo di vedere, anche per gli udenti, è importante apprendere le lingue dei segni?
Al di là del fascino che queste lingue, come le altre, esercitano, c’è un aspetto pratico molto significativo. Oltre il 90% delle persone sorde nasce e vive in famiglie di udenti. Nella maggior parte dei casi la sordità non ha infatti una base genetica. Quando in una famiglia nasce un bambino sordo, le difficoltà non mancano ed è importante essere affiancati da figure professionali, nella sanità e nella scuola, che possano aiutare e permettere l’inserimento nella società.

A che punto è la legislazione italiana, in proposito?
Purtroppo, l’Italia è l’ultimo grande Paese europeo (e uno dei pochi grandi Paesi al mondo) a non avere alcun sistema di riconoscimento legislativo per la lingua dei segni. È un problema gravissimo e tutto è lasciato alla buona volontà delle persone.

A che punto è il progetto Horizon 2020?
Grazie a fondi europei, assegnati a pochi e competitivi progetti di ricerca, siamo arrivati a metà del lavoro. L’obiettivo è arrivare alla creazione di una piattaforma linguistica on line, accessibile a tutti, un atlante che possa presentare in maniera visiva le proprietà delle lingue dei segni del mondo. A questo si accompagnerà anche un insieme di interviste a persone sorde anziane, per indagarne il vissuto e la storia.

Fonte: laprovinciadicomo.it