Disabilità sensoriali

Talking Hands, l’app che traduce la LIS

Si chiama Talking Hands l’app, installabile su qualsiasi smartphone, che dialoga con un guanto strumentato e alleggerito rispetto a quelli in commercio, capace di leggere le rotazioni di una mano e di tradurle in una voce: un’operazione che consente di decriptare il linguaggio dei segni e di personalizzarlo a seconda delle esigenze. Un servizio utilissimo per la comunità dei segnanti, alla quale appartengono in maggioranza le persone sordomute.
La lingua dei segni (LIS), pur essendo espressione riconosciuta di una comunità, è soggetta a piccole personalizzazioni, quasi fossero dei dialetti locali: si pensi, ad esempio, al ciao: per farlo, si dovrà formare un 5 con la mano, mettendo il pollice dal lato vicino alla fronte e spingendo leggermente in fuori. Ma che succede se quel movimento è un difforme dalla regola generale? Da qui l’importanza di avere uno strumento universale per il riconoscimento gestuale.

Il sistema personalizzato
Il software studiato da due giovani laureati all’università di Camerino, Francesco Pezzuoli, ascolano, e Dario Corona, camerte, è una sorta di scatola vuota e, man mano che il soggetto sordomuto usa il guanto per fare i segni che gli sono consoni, l’app li codifica: un vero e proprio addestramento, che trasforma i gesti in parole in modo da creare un vocabolario personalizzato e ricco, che consente a chi lo utilizza di dialogare con qualsiasi interlocutore. «Anche se straniero – spiega Pezzuoli – perché l’interfaccia è collegata a un traduttore che, in tempo reale, consente di trasformare i gesti codificati in parole per tutte le lingue». Aggiunge Corona: «La priorità del nostro progetto era quella di garantire lo scambio comunicativo, andando oltre le metodologie riconosciute».

L’app che si autofinanzia
Dietro l’applicazione c’è Limix, start up dell’università di Camerino, che ha garantito tutta la consulenza scientifica al progetto. «Siamo nati meno di due anni fa – racconta Pezzuoli, che con Corona sono i due ceo della società – e finora abbiamo investito circa 250mila euro nello sviluppo: ci siamo autofinanziati, grazie ai concorsi per start up ai quali abbiamo partecipato e che abbiamo vinto». Dal Maker Faire Rome, il più grande evento europeo sull’innovazione, con 720 partecipanti, al Chivas Venture di Milano, «dove siamo arrivati primi e abbiamo guadagnato la finale mondiale». Un successo che porterà gli startupper marchigiani ad Amsterdam, dove si confronteranno con i giovani imprenditori di tutto il mondo e in palio ci sarà un milione di dollari. «Proviamo a essere innovativi non solo sul fronte dell’innovazione del prodotto ma anche su quello della nostra gestione finanziaria – aggiunge Pezzuoli – e stiamo percorrendo un progetto di crowdfunding con gli americani di Indiegogo, che però ci ha un po’ deluso».

Una società molto coesa 
Se Corona e Pezzuoli sono l’anima della società, l’Unicam rappresenta il collante scientifico del gruppo, che si completa con i tre docenti co-fondatori (Fabio Giannoni, Maria Letizia Corradini, e Roberto Giambò), due ricercatori (Simonetta Boria e Andrea Cristofaro), una consulente sul tema della sordità (Rita Antoniozzi), uno sviluppatore di software (Juri Bruciati); il team opera in un laboratorio di ricerca con sede ad Ancarano, e si avvale del contributo di diverse aziende specializzate. Per ottenere un’alta qualità dei prototipi, ad esempio, Limix ha avviato collaborazioni con aziende italiane, tra le quali NuovoStudioDesign di Zagarolo, Measure3D di Roma e AcmeLab di Ascoli Piceno.

Il futuro?
Sull’asse Camerino-Ascoli Piceno si sta studiando «come permettere al dispositivo di garantire altre app nel settore della salute». La sfida più grande, però, è quella legata all’industrializzazione di Talking Hands, attraverso la produzione di una pre-serie di 500 pezzi, che verranno messi a disposizione gratuitamente di altrettante persone sorde, per una sperimentazione che consentirà anche di migliorare il prodotto finale.

Fonte: corriereadriatico.it