Disabilità sensoriali

Ipoacusia infantile, cosa fare?

Grazie all’avvento dei programmi di screening neonatale e al continuo progresso nella tecnologia acustica,

si sono ottenuti ottimi risultati a lungo termine nei bambini ipoacusici.

L’ipoacusia infantile colpisce circa 1-3 bambini su mille e il numero aumenta se comprendiamo quelle acquisite o progressive. La perdita uditiva impedisce un corretto sviluppo delle abilità linguistiche influendo su:

  • comunicazione,
  • comportamento,
  • sviluppo socio-emotivo e sull’andamento scolastico del bambino.

Grazie all’avvento dei programmi di screening neonatale e al continuo progresso nella tecnologia acustica, si sono ottenuti ottimi risultati a lungo termine nei bambini ipoacusici.

Per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è fondamentale, per lo sviluppo del linguaggio, identificare e correggere l’ipoacusia nell’età neonatale e durante la prima infanzia, perché è proprio in quel periodo che i bambini sviluppano le loro capacità linguistiche sulla base di ciò che ascoltano.

“A livello epidemiologico, la sordità infantile rientra tra le patologie con percentuali molto elevate – osserva Mario De Curtis, Unità di Neonatologia, Patologia e Terapia intensiva neonatale del Policlinico Umberto I – una prevalenza di 1-2 casi su mille nuovi nati non può considerarsi un dato trascurabile”.

La sordità

Indipendentemente dalla causa (mutazione genetica, infezione virale, sofferenza perinatale, prematurità ecc.), la sordità consiste in un cattivo funzionamento della coclea, la porzione dell’orecchio interno deputata a convertire le onde sonore in impulsi elettrici, che viaggiano poi verso il cervello per essere decodificati. Di conseguenza, il neonato con una coclea non funzionante non è in grado di udire stimoli sonori di alcun tipo, anche se inviati ad elevate intensità.

“La diagnosi definitiva a pochi mesi – prosegue Prof. De Curtis – permette per i casi più gravi di arrivare al terzo livello di assistenza per usufruire, laddove necessario, dei rimedi più drastici come l’impianto cocleare, la protesi acustica e infine l’assistenza logopedica. Ma in questo percorso del bambino devono essere coinvolti anche i pediatri di base, devono essere responsabilizzati affinché i controlli proseguano e sia evitato il dropout, l’abbandono delle terapie riabilitative”.

Come si esegue lo screening uditivo

Si tratta di un test semplice, molto sensibile, facile da eseguire, non invasivo e viene effettuato grazie ad un piccolo apparecchio portatile dotato di una sonda capace di emettere e registrare stimoli sonori. Si realizza inserendo un tappetto di gomma, in cui è presente la sonda, nel condotto uditivo esterno. La sonda genera uno stimolo sonoro che arriva alla coclea, che si trova nell’orecchio interno e che trasforma tutti i suoni che percepiamo in impulsi inviandoli al cervello; l’organo, in risposta a questo stimolo, produce a sua volta dei suoni percepiti dalla sonda e registrati dall’apparecchio.

Lo screening audiologico neonatale proprio per il suo grado d’importanza è stato inserito nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Recentemente è partito nella regione Lazio un corso rivolto a tutti gli operatori sanitari incaricati di svolgere e ‘leggere’ lo screening uditivo neonatale con l’intento di aggiornare le conoscenze tecniche in tema di ipoacusie infantili e programmi di diagnosi precoce della sordità nel bambino e la loro importanza nel recupero del precoce del bambino sordo.

Fonte:policliniconews.it