Disabilità sensoriali

Giornata nazionale del Cieco, il vademecum dei temi positivi

Cambiare le parole non cambia la realtà: poco importa che si dica “cieco” o “non vedente”, o “privo della vista”: importa invece garantire uguali diritti e pari opportunità a quei circa 300 mila italiani che non vedono, come pure a 1,5 milioni di ipovedenti. E per far questo, Uici propone, in occasione della Giornata nazionale del Cieco che ricorre il 13 dicembre, un “vademecum dei temi positivi che non si conoscono sulla cecità: dall’amore allo sport al lavoro”. E ribadisce che il pieno accesso a queste possibilità è ciò che conta veramente, mentre “dire non vedente invece di cieco non cambia la realtà di chi vive una situazione di minorazione sensoriale, né contribuisce a ridurre lo svantaggio potenziale dovuto alla minorazione”. 

Coglie dunque l’occasione, Uici, per far chiarezza innanzitutto su alcuni luoghi comuni che accompagnano la disabilità visiva in diversi contesti: dalla scuola al lavoro, dalla tecnologia alla mobilità, dallo sport all’affettività e alla vita domestica. Tutti contesti in cui l’immagine del “cieco” spesso è falsata, mentre occorre lavorare per riconoscere pieni diritti e possibilità. Ecco dunque il “vademecum” per sfatare i luoghi comuni e valorizzare le potenzialità, piuttosto che la menomazione.

A scuola: studenti non geni. “Capita ancora oggi di leggere la celebrazione del successo di una studentessa non vedente che si è laureata – fa notare Uici – La laurea di una persona non vedente fa ancora notizia?”. Evidentemente sì, ma senza motivo, visto che “uno studente con disabilità visiva, se messo nelle condizioni giuste, può seguire un normale iter scolastico senza per questo essere un fenomeno”.

Tecnologia: “falso cieco mandava SMS”. Particolarmente “ambiguo” è tecnologia e cecità: da un lato infatti “le nuove tecnologie hanno decisamente migliorato la vita delle persone con disabilità visiva – riferisce Uici – Un cieco può facilmente leggere e inviare un sms, scrivere una mail, navigare su internet, e molto altro. E lo può fare in totale autonomia grazie all’utilizzo di software accessibili che permettono per esempio, la riproduzione vocale dello schermo”. La cultura e la società, però, evidentemente non riescono a comprendere ancora adeguatamente questa rivoluzione, visto che spesso si scambia un cieco “tecnologico” per un “falso cieco”. A tal proposito, commenta Uici: “Se il criterio per individuare un falso cieco è l’uso di uno smartphone, non ci siamo”.

Mobilità: accompagnati, ma anche no!”. Anche nel campo della mobilità, tanto è stato fatto, ma molto resta da fare in direzione di una vera “autonomia”, che significa, tra l’altro, “poter uscire di casa da soli, con l’ausilio del bastone bianco o del cane guida, prendere un autobus per andare al lavoro o al cinema (sempre che nelle città ci siano gli indicatori sonori alle fermate e ai semafori), e non sempre e solo farsi accompagnare. E’ necessario ovviamente essere dotati di un buon senso dell’orientamento – precisa Uici – e per questo si possono frequentare corsi specifici”.

Lavoro: non solo centralinisti. Un altro tema “caldo” per la piena inclusione è il lavoro, “unica strada da percorrere per una vera emancipazione civile e per un’effettiva indipendenza delle persone con disabilità visiva”. In questo settore però ci sono ancora grandi lacune nel nostro Paese, tanto che “oggi in Italia per i ciechi e gli ipovedenti il lavoro è diventato un’emergenza assoluta: sono oltre il 75% le persone con disabilità visiva disoccupate o in cerca di occupazione – riferisce Uici – Una percentuale che aumenta ulteriormente se si parla di giovani”. E tiene a precisare, Uici, che “le professioni che i ciechi possono praticare non sono solo quelle di centralinista o massofisioterapista, ma se un lavoratore con disabilità visiva ha a disposizione gli strumenti necessari, può svolgere molte più professioni qualificate di quelle che ci si immagina”.

Sport: anche il tiro con l’arco. Altro strumento fondamentale per la piena inclusione delle persone con disabilità visiva è la partecipazione ad attività sportive, “fondamentale per accrescere l’autostima e le relazioni sociali, per orientarsi e muoversi nello spazio”. A tal proposito, riferisce Uici, “oltre agli sport dedicati (torball, calcio a 5, .), i ciechi praticano molte altre attività fisiche: atletica leggera, judo, nuoto, sci di fondo e talvolta anche alpino, tiro con l’arco, potendo annoverare anche atleti paralimpici in alcune di queste discipline”.

Affettività: santi o badanti. Un’attenzione particolare merita poi il delicato tema dell’affettività, su cui pure i luoghi comuni si sprecano: “se l’uomo che sposa una non vedente è un santo – ironizza Uici – la donna che sposa un cieco è la sua badante. Passerà la sua vita nuziale nella paziente cura del marito non vedente. Di fronte a questi matrimoni, il gossip è alimentato dalla domanda: ma perché avrà sposato proprio un non vedente? Si amano. Quest’affermazione non è ancora fra le risposte”, nota Uici, che anche in questo auspica un definitivo superamento del luogo comune.

Casa: falsa cieca stendeva i panni sul balcone. Sulla vita domestica delle persone cieche, poi, la confusione è grande e l’ignoranza diffusa. “Una persona non vedente può anche occuparsi, pressoché in autonomia, della cura delle persone e della casa, dei figli seguendoli nei compiti e nei giochi, cucinare e svolgere molte altre attività tra le mura domestiche”, tiene a far sapere Uici, rammentando il caso di “una persona non vedente che è stata tacciata come falsa invalida perché ‘sorpresa’ a stendere i panni sul balcone. Non è un falso cieco chi tira fuori la chiave e apre la porta di casa – chiarisce dunque l’associazione – come non lo è chi pianta un ombrellone sulla spiaggia o stende i panni sul balcone”.

In ogni ambito della vita sociale, dunque, diffusi sono ancora pregiudizi e ignoranza. “Per chi non ha contatti con persone cieche o ipovedenti – commenta Mario Barbuto, presidente di Uici – risulta ancora difficile pensare a loro come soggetti che lavorano, vanno al cinema e a teatro, hanno famiglia, accudiscono casa”. Per questo, la Giornata nazionale deve essere innanzitutto l’occasione per “sottolineare che i diritti dei ciechi sono uguali a quelli di tutti, cambiano solo le modalità con cui vengono esercitati. Lo stile di vita delle persone cieche e ipovedenti – aggiunge – è cambiato significativamente negli ultimi anni soprattutto grazie allo sviluppo della tecnologia, ma questo non è sufficiente a garantire la loro inclusione sociale; per questo – conclude Barbuto – è necessaria una trasformazione culturale, che renda la nostra società davvero accessibile a tutti”.

Fonte: redattoresociale.it