Disabilità sensoriali

Paralimpiadi Rio, medaglie “sonore” per gli atleti non vedenti

Se ogni magia ha un suo suono, quello delle Paralimpiadi è il tintinnio di 28 palline d’acciaio che rimbalzano dentro una medaglia. medaglienonvedentiUna musica dolce che permette ai campioni non vedenti di distinguere l’oro da argento e bronzo.

Silenzio. L’esplosione dello start. Il frastuono delle bracciate che rompono l’acqua. Il rombo delle respirazioni violente. Il boato del pubblico al tocco d’arrivo. E infine, eccolo, il tintinnio della medaglia agitata vicino all’orecchio.

Questa è la giornata trionfale di Tharon Drake Hobbs, nuotatore non vedente della nazionale paralimpica americana, che ha appena vinto i 100 metri rana a Rio. Una prestazione fatta di sensazioni e rumori che lo hanno accompagnato fino al gradino più alto del podio. Letteralmente.

Sì perché le medaglie per i non vedenti ai Giochi paralimpici di Rio, rispetto alle passate edizioni, hanno questa particolarità: se shakerate, emettono un suono caratteristico a seconda del piazzamento. Ognuna di loro nasconde al suo interno una cavità dove sono contenute delle piccole sfere di acciaio, 28 nel caso dell’oro, 20 per l’argento e 16 per il bronzo, e proprio queste differenze causano un effetto acustico di diverse tonalità. Preziose.

In realtà, se ci pensate, ha una sua logica. Alle olimpiadi molti atleti usano mordere il loro oro con insensata sensualità, traendo da quel gesto ulteriore soddisfazione. I non vedenti interpretano il mondo esterno attraverso i quattro sensi a loro disposizione. E allora perché non provare a tradurre il luccichio di una medaglia attraverso un acceso scampanellìo, versione braille di quel morso?

Ho conosciuto Tharon durante i quattro mesi che ho passato a inizio anno al Centro olimpico Usa di Colorado Springs. Un posto incredibile fatto di impianti avveniristici a 1.900 metri di altitudine dove ho preparato sia i Giochi di Londra sia quelli di Rio. Ma il vero segreto di questo centro è proprio l’armoniosa condivisione tra atleti normodotati e diversamente abili. Perché se da una parte è un’emozione per Tharon nuotare nella corsia accanto a Phelps, vi garantisco che la grinta e la voglia di vivere di questi ragazzi rappresenta una fonte di ispirazione unica. Per tutti.

Ci siamo conosciuti per caso una sera. Non eravamo né in piscina, né al poligono di tiro. Ci trovavamo nell’area relax, dove tutti gli atleti si riuniscono a fine serata per vedere un film in compagnia o sfidarsi a qualche gioco. E ricordo ancora la grande sorpresa che provai nel notare il silenzio assoluto di quel nugolo di atleti che accerchiava il tavolo da ping pong. Mi feci largo incuriosito e vidi palleggiare Tharon, un ragazzo a cui a 14 anni è stata diagnosticata una totale cecità corticale. Questo ragazzone biondo si avventava sulla pallina reagendo al suono del rimbalzo sulla sua metà campo. Avevo appena conosciuto un super eroe: alla faccia di Daredevil e di tutta la Marvel. Appena lo scambio passò il minuto di durata partì spontanea un’ovazione da parte di tutta la platea che fino a quel momento aveva cercato di non far nessun rumore per facilitare (se così si può dire) il gioco di Tharon.

Non amo mescolare fede e sport ma credo che se, oltre alle magie, anche i miracoli avessero un suono, beh quel suono sarebbe tanto simile a una risata di Tharon sul sottofondo di un tintinnio.

Fonte: repubblica.it