Disabilità sensoriali

Negato il volontariato a due coniugi ciechi: “Possiamo dare tanto”

TORINO. «Non sempre si può giudicare l’intensità del dolore dalle grida», scriveva il filosofo Kierkegaard. Magari proprio chi più soffre sceglie di sussurrarlo la notte, Negato il volontariato a due coniugi ciechiil suo dolore, nell’angolo più nascosto, nell’isolamento più intimo, all’orecchio più sconosciuto. È per questo che da decenni sono nati, anche in Italia, i servizi di “telefono amico”, antidoto alla solitudine di chi non ha nessuno che lo ascolti o a tu per tu non ha coraggio di parlare. «Ed è per questo che chi, come noi, è cieco ha tutti i numeri per dare una mano: spesso chi non vede ascolta più intensamente. Eppure la nostra offerta di volontariato è stata rifiutata pro prio in quanto non vedenti»… Gianni Laiolo, ipovedente per una retinite pigmentosa, e sua moglie Enza Ammendolia, diventata cieca a 7 anni per un morbillo, non ci stanno: «Sposati da 21 anni, entrambi abbiamo 55 anni e siamo andati in pensione dopo aver lavorato in ospedale come fisioterapisti. Ci siamo chiesti come poter continuare ad occuparci degli altri in modo volontario, così ci siamo rivolti a “Telefono Amico Cevita Torino” pensando di essere utili proprio perché siamo abituati a dover trattare le persone con una sensibilità particolare. Invece ci hanno detto no».

L’idea ai due coniugi era venuta da Facebook, dove a marzo si preannunciava l’avvio dei nuovi corsi di formazione per i volontari: «Ci siamo presentati all’appuntamento, ma il responsabile ci ha opposto una serie di ostacoli che secondo lui rendevano impossibile il nostro apporto». A iniziare dalla sede di via Petrarca, non accessibile ai ciechi, «ma noi camminiamo autonomamente, scale comprese, e glielo abbiamo fatto presente. Quando ci ha detto che dopo ogni telefonata i volontari devono compilare un breve modulo, una cosa semplicissima, abbiamo offerto di portarci dietro il nostro computer in modo da non costare un centesimo e fare tutto da soli». Ma nemmeno questo è bastato: non siamo informatizzati, è stata la risposta del responsabile.

«Quel responsabile sono io, ricordo bene quella coppia», ribatte il presidente di “Telefono Amico Cevita Torino”, Claudio Eba, che a onor del vero siamo riusciti a contattare solo dopo giorni di chiamate, nonostante il servizio secondo il sito sia attivo 24 ore su 24. «Ho presentato loro le difficoltà oggettive che in passato avevamo riscontrato con altre persone cieche – spiega -, non per quanto riguarda l’accesso all’edificio, ma per il materiale che utilizziamo…». Il telefono, ovviamente, è un normale telefono, si tratta solo di rispondere, trovare la chiave per entrare in sintonia e consolare, rassicurare, anche solo ascoltare in silenzio. «È vero che la cecità può essere un vantaggio, ma la scheda va compilata in alcuni campi e loro non possono farlo, ovviamente». Nemmeno il computer risolverebbe il caso perché, se i due coniugi sono digitalizzati, la struttura non ancora: «Siamo fermi a una prima fase del progetto di informatizzazione – continua il presidente -, spero parta anche la seconda, ma la Regione Piemonte che dovrebbe destinarci i fondi non ha emesso bandi. Se la situazione dovesse sbloccarsi, ne riparleremo».

Nel frattempo però le chiamate si accavallano, ammette Eba, «così riusciamo a rispondere solo a un 25%». Gli altri, com’è successo a noi, restano in attesa allo 02-99777 finché un disco avverte immancabilmente che nessun volontario è disponibile, «riprovate più tardi»… Per noi solo un intoppo sul lavoro di cronaca, non così per chi fosse alla disperata ricerca di una voce amica, ma allora non sarebbe meglio buttare moduli e scartoffie e dare la cornetta in mano anche a Gianni ed Enza? «Nella vita abbiamo dovuto superare mille ostacoli e ora non potremmo dare consigli a chi ha bisogno solo perché compileremmo i moduli al computer? È una discriminazione tristissima, noi abbiamo tanto da dare». Intanto che la burocrazia sembra avere la meglio, una soluzione a ben guardare ci sarebbe: migliaia di disabili, ragazzi paralizzati dopo un incidente o anziani privi di mezzi, non hanno accesso alla fisioterapia, assolutamente vitale eppure un lusso passato con il contagocce dal Servizio sanitario nazionale. In tante case Enza e Gianni sarebbero accolti come angeli… «Potremmo pensarci», si illuminano. E forse è meglio così.

Fonte: avvenire.it