Disabilità sensoriali

La famiglia Belier, la sordità in commedia

Dopo il boom al box office francese, il film in Italia dal 26 marzo.locandina Una commedia delicata e divertente con qualche asprezza e un piccolo insegnamento: la sordità ha un suo fascino e tanta dignità. E’ il caso de ‘La famiglia Bélier’ di Eric Lartigau – commedia che in Francia ha sbancato al box office (oltre 7 milioni), nelle nostre sale con la Bim dal 26 marzo – in cui i protagonisti sono tutti sordi, tranne Paula (Louane Emera), che ha 16 anni.

Padre, madre e fratellino, che vivono nella provincia producendo formaggi che vendono poi nei mercati, sono tutti sordomuti e a Paula tocca il ruolo indispensabile di interprete dei suoi genitori. Da una parte, insomma, la coppia composta da Rodolphe Bélier (Franois Damiens), contadino eclettico e sempre pronto al sesso, e da Gigi Bélier (Karin Viard), donna esuberante e allegra. C’è poi il figlio adolescente (interpretato da Luca Gelberg, unico vero sordomuto sul set) e poi appunto la figlia alla quale dà il volto Louane Emera, vincitrice del premio Cèsar come miglior emergente dell’anno e salita alla ribalta grazie al talent The Voice. Tutto sembra andare avanti nel migliore dei modi, anzi papà Rodolphe decide, nonostante l’handicap, di candidarsi alla carica di sindaco, quando un giorno, incoraggiata dal professore di musica, il Sig. Thomasson (Eric Elmosnino), Paula scopre di essere considerata un vero talento musicale. Dovrebbe partecipare a un concorso canoro di Radio France che si tiene a Parigi. Ma può lasciare la famiglia lei che ne rappresenta l’unica voce, il solo modo che hanno i genitori di comunicare con il mondo esterno?

Insomma per la ragazza si prepara il distacco. E l’aspetto bizzarro è che a portarla via dalla famiglia potrebbe essere proprio quella voce che i suoi non possono neppure comprendere. “Quello che mi interessava – spiega Lartigau nelle note di regia – era innanzi tutto il tema della partenza, della separazione vissuta come una lacerazione. È possibile lasciarsi con dolcezza? È possibile amarsi profondamente senza vivere in simbiosi? Come lasciare a ciascuno il suo spazio di libertà? Che ne è del nostro sguardo sull’altro quando cresce ed evolve? E il fatto di amarsi molto non vuol dire necessariamente che ci si ama bene. In una famiglia, che cosa aiuta a costruire, che cosa serve per andare avanti, che cosa ci fa soffocare? Dove posizionare il cursore in queste scelte?”.

Fonte: ansa.it

(s.f. / c.a.)