Disabilità sensoriali

In Duomo la parola del Signore arriva anche a chi non sente

BRESCIA. Domenica delle palme in Duomo Nuovo. Non fosse iniziata la messa avremmo pensato che la ragazza in nero, ritta su una piccola pedana in cornu Evangelii, era un mimo intrufolatosi…

rivolta verso l’assemblea, muoveva le mani con l’eleganza di un’interprete di un no giapponese, accompagnando ogni atteggiamento con precise espressioni del volto. Porgeva la parola del Signore silenziosamente, con il linguaggio dei segni, ad una piccola parte dell’assemblea. Offriva una traduzione in simultanea, a favore di un piccolo numero di sordi, che affollavano i primi banchi della navata. Un piacere ed un’emozione pure per chi ha l’udito. Si poteva scoprire la corrispondenza fra la parola ed il gesto che la ragazza disegnava nell’aria. Emozione anche fra le persone che conoscono quel linguaggio. Sempre a segni e in perfetto sincrono replicavano, ogni qual volta l’assemblea risponde al celebrante.

La messa portata a chi non può udire la parola non è novità. Da qual che tempo, ogni seconda domenica del mese, viene proposta con l’idioma dei segni alla funzione delle 10 (officiante mons. Alfredo Scaratti). E quanti non hanno il dono dell’udito, grazie alla bella iniziativa, sono soliti raccogliersi in Duomo e partecipare al rito collettivo con l’aiuto di diverse interpreti. Nella domenica delle Palme erano tre: Gabriella, e le gemelle Mara e Lucy. Non fosse per gli occhiali li porta solo una delle due non si capirebbe quando si avvicendano sul podio. Durante la funzione, precise come un direttore d’orchestra, si sono alternate traducendo ora le parole dei celebranti, ora l’omelia del Vescovo. Persino il testo dei canti eseguiti dalla corale. Le giovani che escono dai corsi dell’Ente Nazionale Sordi di Brescia, non si sono limitate alle prime 30 ore di preparazione distribuite in tre livelli. Sbaglia chi pensa ad un linguaggio dei segni approssimativo.

Non si gesticola ma ci si esprime usando segni codificati e seguendo regole precise. L’interpret e delle parole del vescovo, deve aver sudato le sette camice per rendere il pensiero del presule. Mons. Luciano Monari usa vocaboli eleganti e tiene un ritmo più che fluido. Difficile stargli dietro senza banalizzare il suo pensiero. Per far comprendere perfettamente il senso di un discorso – lo dicevano concordi le tre interpreti di domenica – il traduttore dovrebbe studiare prima il testo. Cosa non sempre possibile.

 

Fonte: Il Corriere della Sera

(c.p.)