Disabilità sensoriali

Oggi i sordociechi partecipano alla vita pubblica

Il 20 dicembre del 1964, ad Osimo (Ancona), Sabina Santilli decise di fondare un’associazione che si occupasse di seguire le persone sordocieche attraverso percorsi di assistenza e riabilitazione: un “filo prezioso” che unisse “il sordocieco al mondo esterno”. Nacque così la Lega del Filo d’Oro, una delle più importanti istituzioni per il sostegno ai sordociechi e ai pluriminorati sensoriali

che, in quasi mezzo secolo, ha seguito migliaia di pazienti, investendo inoltre in innovazione tecnologica e ricerca medica sulle cause alla base della sordocecità. Alla vigilia del quarantottesimo anniversario della fondazione, abbiamo voluto fare il punto sulle attività dell’associazione con il segretario generale Rossano Bartoli. Anche in occasione della Giornata internazionale della disabilità, che oggi celebra il suo trentunesimo anniversario. Un appuntamento che, secondo Bartoli, va utilizzato per “colmare il divario tra le buone int enzioni e le azioni concrete”.

Un divario che, per la Lega, è ormai pressoché inesistente: “In questi anni – prosegue Bartoli – abbiamo seguito più di 2 mila casi: nel nostro centro di riabilitazione, a Osimo, passano circa 300 persone ogni anno, distribuite su diverse fasce d’età”. Ma è possibile tracciare un quadro demografico della popolazione sordocieca in Italia? Le cifre riferite da media e associazioni variano sensibilmente, andando dalle centinaia alle migliaia di persone. “Se si prende in esame una definizione ‘ampia’ di sordo cecità – spiega Bartoli – includendovi anche gli anziani che vedono e sentono solo con l’ausilio di occhiali e apparecchi acustici, abbiamo un numero di casi che va da un minimo di 3 mila a un massimo di 11 mila. In realtà, però, è necessario fare una forte distinzione tra chi nasce sordocieco e chi vi diventa, perché sono i primi a rientrare più strettamente nel concetto di pluriminorazione sensoriale. Chi invece è sordo alla nascita e solo in segu ito perde gradualmente la vista, come nel caso della Sindrome di Usher, spesso riesce, per buona parte della vita, a condurre un’esistenza normale, riuscendo a lavorare e relazionarsi alla società. Certo, anche loro si troveranno in grande difficoltà, ma si tratta di situazioni che hanno ricadute molto diverse. Nelle sette regioni in cui siamo presenti, molte di queste persone fanno riferimento a noi, ricevendo aiuto e potendo contare sulla nostra rete di volontari, interpreti e tecnici”.

E nel resto d’Italia? Appena due settimane fa, durante un convegno a Torino, l’attivista Christine ‘Coco’ Roschaert sottolineava come nel nostro paese ancora non esista un’associazione nazionale con la quale i sordociechi possano far pressione sulle istituzioni per vedere riconosciuti i loro diritti. “In effetti – prosegue Bartoli – in Italia non esistono organizzazioni di questo genere e le associazioni che seguono i sordociechi sono ancora poche”. Va però ricordato – come del resto sottolineava oggi Francesco Mercurio, presidente del Comitato sordociechi di Osimo – che “anche grazie alle pressioni della Lega del filo d’oro è stata approvata la risoluzione del parlamento Europeo per il riconoscimento della sordocecità quale disabilità unica e specifica, diversa dalla semplice somma della cecità e sordità”.
“Il testo della risoluzione – prosegue il segretario – avrebbe dovuto essere recepito da ogni stato membro tra le proprie norme. Questo però è avvenuto soltanto in parte, perché le dichiarazioni di principio andrebbero poi tradotte in servizi al cittadino e in stanziamenti economici. Che, almeno in Italia, sono ancora carenti”. E di quali servizi, nello specifico, hanno bisogno i sordociechi? “In primo luogo – spiega Bartoli – c’è bisogno di interpreti e insegnanti nel linguaggio tattile dei segni (la cosiddetta L.i.s. tattile). Oggi, poi, esistono strumenti tecnologici che possono facilitare la vita di queste persone. In questi ultimi anni abbiamo investito parecchie risorse per insegnare l’utilizzo del computer in barra braille alle persone sordocieche. Attualmente stiamo lavorando anche con macchine più sofisticate, come il braille mail, una sorta di portatile che permette all’utente di collegarsi a internet, leggere la posta o prendere appunti al volo. Qu esto tipo di attività comunque richiede processi di apprendimento che possono essere anche molto lunghi, specie quando si parla di persone anziane o digiune di informatica: c’è bisogno della presenza costante di due insegnanti, un esperto di informatica e un interprete (di lingua Malossi o Lis) che ne trasmetta le istruzioni. Finora siamo riusciti a compiere percorsi di questo tipo con una quarantina di utenti”.

Rossano Bartoli, che lavora nella Lega dal 1975, ha visto succedersi generazioni di sordociechi. “Oggi– spiega– a essere cambiata è soprattutto la cultura sulla disabilità. Trent’anni fa, molte famiglie non accettavano di avere figli con questo tipo di problemi e finivano spesso per relegarli tra le mura domestiche o, nei casi peggiori, per abbandonarli. Oggi, grazie anche alle pensioni di accompagnamento e all’inserimento in percorsi scolastici e di integrazione, i pluriminorati sensoriali hanno una visibilità molto maggiore. Soprattutto i cosiddetti sordociechi ‘acquisiti’, ovvero coloro che lo sono divenuti con gli anni, sono più partecipi alla vita pubblica. Proprio questo era l’obiettivo che ci eravamo posti nel 1991, quando abbiamo costituito il Comitato delle persone sordocieche: volevamo che fossero in prima linea nel reclamare diritti, nel criticare carenze e proporre soluzioni. Oggi, poi, sta emergendo un nuovo tipo di figura, quella di chi è affetto d alla sindrome di Usher, che richiede un diverso approccio e diverse soluzioni. In ogni caso – conclude Bartoli – le condizioni stanno migliorando. Ma di pari passo aumentano anche le esigenze: sono sempre di più le persone che ci chiedono di avere più opportunità di vivere in modo più normale e dignitoso”.