Un genitore che diventa anziano, un figlio non autosufficiente, un partner o un bambino da dover assistere: sono tanti i casi che portano le donne nel nostro Paese a lasciare il lavoro per dedicarsi alla cura di un familiare, e diventarne ad esempio la caregiver. A pesare in maniera considerevole i costi per assumere una badante, e le difficoltà a reclutare questa figura, che spingono, giocoforza, a ridefinire le strategie familiari per far fronte ai bisogni di assistenza.Il rapporto di Assindatcolf
I dati emergono, tra gli altri, dal 4° Paper del Rapporto 2024 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, presentato nei giorni scorsi da Assindatcolf (Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico), e realizzato in collaborazione con Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.Donne che rinunciano al lavoro
Il rapporto ha messo in evidenza una tendenza che non lascia spazio ad interpretazioni: il 2018 e il 2023, nonostante l’incremento dell’occupazione femminile, è aumentato il numero di donne tra i 55 e i 64 anni che hanno rinunciare al lavoro a causa dell’incompatibilità con gli impegni familiari (+219mila, il 34,7% in più rispetto al 2018).
I costi per la badante
A pesare in maniera rilevante, secondo i dati raccolti, è la difficoltà sempre più evidente che le famiglie hanno a sostenere i costi per l’assistenza di parenti non autosufficienti. Secondo l’indagine Family (Net) Work svolta a luglio 2024 su un campione di 2.015 famiglie aderenti ad Assindatcolf e Webcolf, i nuclei che si avvalgono di una badante affrontano ogni mese un costo superiore al 50% del reddito mensile. Si tratta di cifre ormai insostenibili non solo per le famiglie a basso reddito, ma anche per il ceto medio: il rapporto indica che le famiglie che fanno fatica a sostenere queste spese passano dal 27,9% del gennaio 2023 al 55,2% del luglio 2024.
Inoltre, rileva sempre il rapporto l’incrocio dei dati evidenzia come le famiglie che dichiarano una
elevata incidenza dei costi di collaborazione (oltre il 50%) siano più frequentemente composte da persone
– sole (30,9% del totale),
– anziane (il 25,8% tra gli over 75),
– pensionati (il 21,6% spende per i servizi di collaborazione più del 50% del reddito mensile)
– e soprattutto con livello economico medio-basso.
Difficoltà a trovare badanti
Alla principale voce di criticità, ovvero quella economica, va aggiunta anche una ulteriore criticità, rilevata dal report, ovvero la diminuzione dell’offerta di lavoro, che rispetto al passato si sta riducendo.
Secondo il report, le famiglie italiane, non solo hanno problemi a reclutare la persona giusta per il tipo di lavoro da svolgere (68,7%), ma anche nel reperire le figure disponibili (21,5%).
La stessa forza lavoro sta modificandosi nel tempo, con un lento ricambio generazionele nella figura della badante: se nel 2014, su 100 badanti, 24 avevano meno di 40 anni e 12 più di 60 anni, nel 2023, la quota di under 40 risulta quasi dimezzata (14,2%), mentre quella degli over 60 più che raddoppiata (29,1%).
In calo i lavoratori domestici
La tendenza ad assumere i lavori di cura da parte delle “donne di famiglia” è confermata anche dalla contrazione del numero degli occupati nel settore domestico, che tra il 2021 e il 2023 sono diminuiti di 145mila unità (-9,5%), secondo le rilevazioni ISTAT.
Negli ultimi due anni (2021-2023), anche la domanda dei servizi di collaborazione mostra lo stesso andamento: da 2 milioni e 600mila famiglie che si sono avvalse di colf, badanti e baby-sitter nel 2011, a 1,9 milioni del 2022, pari al 7,4% dei nuclei residenti. Se calo delle nascite e diffusione dello smart working sono tra le probabili cause che hanno impattato sulla domanda di servizi di collaborazione, in particolare per quelli legati alla prima infanzia e alla cura della casa, è invece l’impatto economico del costo per la badante ad essere additato come principale causa.
Lo Stato intervenga sulla fiscalità
“La fotografia che ci restituisce questo studio – dichiara il presidente di Assindatcolf, Andrea Zini – è senza dubbio allarmante. Quella di un Paese in cui le donne sono ancora costrette a rinunciare al lavoro per occuparsi della famiglia in particolar modo per motivi economici. Un circolo vizioso che ha ricadute pesanti soprattutto sul fronte del lavoro domestico irregolare. È ormai chiara a tutti l’esigenza di una riforma generale del sistema, a partire dalla fiscalità: lo Stato deve supportare economicamente le famiglie, rendendo più accessibile e conveniente il lavoro domestico regolare. Per questo chiediamo alla Politica di mettere al centro della propria agenda, alla voce welfare familiare, deducibilità fiscale o credito d’imposta del costo del lavoro domestico”.
Fonte: disabili.com