Carmen Diodato, la ballerina sorda che danza grazie alle vibrazioni

Alicia Alonso, étoile cubana degli anni Trenta, danzava senza vedere. Era cieca e immaginava gli spazi nella mente, ripassando le figure con le dita. A Palermo, una ballerina del corpo di ballo del Teatro Massimo danza senza sentire la musica. Percepisce le vibrazioni che si propagano da terra, avverte le onde sonore. Carmen Diodato, calabrese di Belvedere Marittimo in provincia di Cosenza, è sorda dalla nascita. “Sordità grave bilaterale”, la diagnosi dei medici è arrivata quando Carmen aveva solo due anni. Non una parola, da bambina Carmen non parlava. Non poteva farlo, perché non ne aveva mai sentita una.

Un giorno cadde un oggetto a terra. Fece così tanto rumore che a casa tutti saltarono in aria. Tutti, tranne lei. Rimase impassibile, come se nulla fosse. Il suo mondo d’altronde era fatto solo di silenzio. Fu in quel preciso istante che i suoi genitori capirono che qualcosa non andava. La diagnosi fu una di quelle difficili da digerire. Carmen non avrebbe mai sentito un suono. “La mia famiglia non si perse d’animo e mi mandò subito a fare logopedia – racconta la ballerina che negli ha imparato a usare la voce – Così iniziai a leggere le labbra, il linguaggio dei segni no, non lo studiai mai, ma a quattro anni i miei genitori mi iscrissero in una scuola di ballo di un paesino vicino Napoli, Sant’Anastasia, dove mi ero trasferita a vivere dalla Calabria”. Fu la prima svolta della sua vita.

Carmen Diodato, la ballerina non udente che danza grazie alle vibrazioni: “La volontà supera ogni ostacolo”

Ancora prima di parlare, Carmen scopre la musica. Le onde sonore si propagano dal parquet della scuola di ballo, la piccola segue il ritmo con i piedi. La maestra batte le mani a tempo, Carmen studia ogni pausa e nella sua testa immagina le note. “Le ho immaginate così tanto, percependo le vibrazioni del pavimento e le onde sonore delle casse, che alla fine ho iniziato a sentire la musica nel mio cuore”, racconta la ballerina trentaquattrenne. “Fu una scoperta sensazionale, rimasi ipnotizzata, come stregata, e decisi che avrei fatto la ballerina: se non mi aveva fermato la sordità, non lo avrebbe potuto fare nessuno”.

Non sentire, d’altra parte, per Carmen non è mai stato un ostacolo. Un apparecchio posizionato dietro le orecchie l’ha aiutata ad aggirarne degli altri, regalandole i primi veri suoni. “Il problema non sono io che non ci sento, ma gli altri che ne fanno un problema”, spiega col sorriso sulle labbra. A 12 anni fa l’audizione alla scuola di danza del Teatro San Carlo di Napoli. Presa. Alle 5 punta la sveglia per esercitarsi nei passi di danza, sa che deve sforzarsi più degli altri se vuole diplomarsi al San Carlo. Il sogno sfuma. Arriva il primo no della sua carriera. La direttrice della scuola le consiglia di intervenire chirurgicamente con un impianto invasivo. “Non lo feci e venni bocciata ma non gettai la spugna e mi iscrissi alla scuola privata Angelo Parisi di Napoli, dove mi diplomai”.

Il sogno restano, però, i grandi palcoscenici. Audizione dopo audizione, arriva la seconda svolta. Si aprono le porte dell’arena di Verona. È il 2013 ed entra nel corpo di ballo dell’anfiteatro veneto. “L’Aida fu la prima opera in cui mi esibii, vedere tutta quella gente in una cornice così maestosa fu forse l’emozione più incredibile della mia vita”. Passano tre anni ed entra nel corpo di ballo del Teatro Massimo. “Ho esordito a Palermo nel 2016 con “Lo Schiaccianoci” diretto da Marco Bellone, con la coreografia di Giuseppe Picone, il balletto riportato qualche giorno fa in scena nella versione di Jean-Sebastien Colau e di Vincenzo Veneruso: ballare al Teatro Massimo è un altro sogno che si è avverato”, racconta seduta a un bar del centro vicino al fidanzato Mirko Lo Coco. Si sono incontrati mentre Mirko, cantante lirico, era in servizio nella portineria del Teatro Massimo. “Considero Palermo la mia città di adozione, qui ho trovato anche l’amore”, dice. Con Mirko sta lavorando a un cortometraggio. “Se vuoi puoi – chiosa Carmen Diodato – questo è il mio motto: l’unico vero limite è nella testa. Chi ha una difficoltà non deve isolarsi perché in questo modo verrà a sua volta isolato, siamo tutti diversi e questo ci rende unici”.

Fonte: larepubblica.it