Non autosufficienza: tre urgenze per il 2023

In attesa di conoscere le intenzioni del governo Meloni sulla riforma della non autosufficienza, le 52 organizzazioni del “Patto” avanzano tre proposte concrete da inserire in Legge di Bilancio per dare da subito nuove risposte, più appropriate, agli anziani non autosufficienti. Sono le azioni più impattanti, ma a basso costo per lo Stato. Una nuova domiciliarità, un accompagnamento che sale se usato per pagare la badante regolare e un ristoro urgente di 3 euro al giorno per le Rsa
Nella Legge di Bilancio per il 2023 presentata dal governo Meloni mancano 10 milioni di persone: sono gli anziani non autosufficienti, i loro familiari e gli assistenti che li seguono. Non c’è nemmeno una riga nella Legge di Bilancio per loro, sembrano non esistere. Come nulla si sa dello schema di disegno di legge delega per le politiche in favore delle persone anziani, che comprende anche la riforma della non autosufficienza, approvato il 10 ottobre dal governo Draghi e consegnato al governo Meloni: un testo che disegna uno schema coerente e innovativo per la riforma, ma che ha bisogno di ulteriori miglioramenti (a cominciare dalle risorse) e che secondo le tempistiche dettate dal Pnrr entro marzo dovrà essere approvato dal Parlamento. «Il fatto che non ci siano comunicazioni pubbliche non significa che non ci siamo mossi su questo tema, abbiamo già avviato dievrsi confronti», ha assicurato sabato 3 dicembre, al Congresso della Fish, Maria Teresa Bellucci, viceministra al Lavoro e Politiche Sociali.

Anziani e famiglie, però, hanno urgente bisogno di risposte concrete, più adeguate: bene la riforma – che a livello istituzionale dovrà completarsi entro il marzo 2024, con la stesura dei decreti delegati – ma nel frattempo il 2023 non può trascorrere limitandosi a replicare l’esistente. Anche perché lo schema di disegno di legge la struttura della riforma già la disegna. Per questo le 52 organizzazioni del Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza presentano le proprie proposte per modificare la Legge di Bilancio, introducendo tre specifiche novità che tradurrebbero già la riforma in risposte concrete per anziani e famiglie. «Abbiamo voluto fare una proposta rispettosa degli attuali vincoli alla spesa pubblica. Tutti gli studi dicono che nei prossimi anni, se si vorrà assicurare un’assistenza pubblica adeguata agli anziani, bisognerà aumentare i finanziamenti di diversi miliardi di euro, ma capiamo anche che – tra inflazione e crisi energetica – non può essere il 2023 l’anno in cui affrontare il tema delle risorse come sarebbe necessario», scrivono le organizzazione del Patto nel loro documento. Un realismo «che avrà senso solo se si sarà ambiziosi domani», però. La proposta del Patto quindi punta su tre misure a basso costo per le casse dello Stato ma di grande impatto per anziani e famiglie. Eccole.

Avvio di una nuova domiciliarità

Oggi il principale servizio domiciliare pubblico per gli anziani non autosufficienti è l’Adi-Assistenza Domiciliare Integrata, erogata dalle Asl. Raggiunge il 6,4% degli over 65, con prestazioni di natura medico-infermieristica-riabilitativa (18 accessi in un anno, in media) per periodi brevi (2-3 mesi): una risposta evidentemente non adeguata ai bisogni della non autosufficienza, che sono anche di natura socioassistenziale e molto più lunghi nel tempo. Lo schema di legge delega introduce un nuovo servizio, denominato Adiss (Assistenza Domiciliare Integrata Sociosanitaria e Sociale) che integra i servizi esistenti dell’Adi e del Sad. Il nuovo servizio, specificamente rivolto alla non autosufficienza, offre un appropriato mix di prestazioni, prevedendo l’integrazione tra sanitario e sociale, per il tempo necessario. Attualmente sulla domiciliarità il Pnrr ha messo 2,7 miliardi di euro per gli anni 2022-2026, che dovrebbero portare l’Adi a coprire il 10% della popolazione over 65. La proposta del Patto chiede di riorientare tali risorse, gradualmente, su questa nuova domiciliarità. Poiché introdurre un nuovo servizio richiede che le Regioni e i territori organizzino questa nuova domiciliarità, si potrebbero spostare risorse gradualmente: per esempio nel 2023 il 20% delle risorse del Pnrr, nel 2024 il 30% e nel 2025 il 40%. L’introduzione di questa nuova assistenza domiciliare, che sarebbe una risposta più appropriata ai bisogni della non autosufficienza, non ha bisogno dunque di risorse aggiuntive.

Sostegno e qualificazione delle badanti

Oggi l’11,2% degli over 65 riceve l’indennità di accompagnamento: un trasferimento monetario di 529 euro al mese, usato spesso per pagare una parte del costo della badante. Molto spesso non in regola, se è vero che il 60% delle badanti opera in condizioni di lavoro non regolari. Allo stesso tempo queste figure mancano sovente delle competenze necessarie. La proposta del Patto è che già dal 2023 i nuovi utenti dell’indennità di accompagnamento potranno scegliere se riceverla come oggi come contributo economico senza vincoli d’uso o se impiegare l’Ida per pagare badanti regolarmente assunte. Nel primo caso, l’importo dell’Ida resterebbe quello attuale di 529 euro al mese, mentre nel secondo caso salirebbe a 800 euro, con una maggiorazione quindi di 271 euro. Contestualmente, vengono definiti dei criteri unici nazionali per la formazione delle badanti. Sarebbero necessarie risorse aggiuntive per 209 milioni di euro, con quattro vantaggi: promuovere un utilizzo appropriato delle risorse pubbliche, promuovere l’occupazione regolare, aiutare le famiglie a sostenere il costo delle badanti, rafforzare le competenze delle badanti.

Strutture residenziali

La componente più anziana e complessa della non autosufficienza ha bisogno di buone strutture residenziali, è irrealistico pensare il contrario. In Italia tali strutture sono poche (1,9 posti letto per 100 over 65 contro una media europea di 3,5) e complessivamente c’è bisogno di un “piano” specifico per le Rsa che lo schema di delega solo accenna. Oggi però le Rsa – come pure la residenzialità leggera – ha la necessità urgente di un intervento che supporti la loro sopravvivenza: dopo gli anni di pandemia, sono ora esposte ai costi aggiuntivi della crisi energetica. Le conseguenze, in assenza di interventi, possono essere l’incremento delle rette, la riduzione della qualità del servizio, la chiusura. La proposta del Patto prevede un ristoro di 3 euro a giornata per le Rsa accreditate con il Ssn, indipendentemente dalla forma giuridica del gestore. Il contributo è esteso anche alle strutture che erogano assistenza residenziale per conto dei Comuni (es alloggi protetti, residenzialità leggera ecc). La stima dei costi aggiuntivi è di 316 milioni di euro (228,3 milioni per i circa 208mila posti letto in Rsa più 87,7 milioni per gli 80mila posti letto della seconda tipologia).

In allegato e a questo link il documento di proposta del Patto per la Non Autosufficienza.

In attesa di conoscere le intenzioni del governo Meloni sulla riforma della non autosufficienza, le 52 organizzazioni del “Patto” avanzano tre proposte concrete da inserire in Legge di Bilancio per dare da subito nuove risposte, più appropriate, agli anziani non autosufficienti. Sono le azioni più impattanti, ma a basso costo per lo Stato. Una nuova domiciliarità, un accompagnamento che sale se usato per pagare la badante regolare e un ristoro urgente di 3 euro al giorno per le Rsa

Nella Legge di Bilancio per il 2023 presentata dal governo Meloni mancano 10 milioni di persone: sono gli anziani non autosufficienti, i loro familiari e gli assistenti che li seguono. Non c’è nemmeno una riga nella Legge di Bilancio per loro, sembrano non esistere. Come nulla si sa dello schema di disegno di legge delega per le politiche in favore delle persone anziani, che comprende anche la riforma della non autosufficienza, approvato il 10 ottobre dal governo Draghi e consegnato al governo Meloni: un testo che disegna uno schema coerente e innovativo per la riforma, ma che ha bisogno di ulteriori miglioramenti (a cominciare dalle risorse) e che secondo le tempistiche dettate dal Pnrr entro marzo dovrà essere approvato dal Parlamento. «Il fatto che non ci siano comunicazioni pubbliche non significa che non ci siamo mossi su questo tema, abbiamo già avviato dievrsi confronti», ha assicurato sabato 3 dicembre, al Congresso della Fish, Maria Teresa Bellucci, viceministra al Lavoro e Politiche Sociali.

Anziani e famiglie, però, hanno urgente bisogno di risposte concrete, più adeguate: bene la riforma – che a livello istituzionale dovrà completarsi entro il marzo 2024, con la stesura dei decreti delegati – ma nel frattempo il 2023 non può trascorrere limitandosi a replicare l’esistente. Anche perché lo schema di disegno di legge la struttura della riforma già la disegna. Per questo le 52 organizzazioni del Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza presentano le proprie proposte per modificare la Legge di Bilancio, introducendo tre specifiche novità che tradurrebbero già la riforma in risposte concrete per anziani e famiglie. «Abbiamo voluto fare una proposta rispettosa degli attuali vincoli alla spesa pubblica. Tutti gli studi dicono che nei prossimi anni, se si vorrà assicurare un’assistenza pubblica adeguata agli anziani, bisognerà aumentare i finanziamenti di diversi miliardi di euro, ma capiamo anche che – tra inflazione e crisi energetica – non può essere il 2023 l’anno in cui affrontare il tema delle risorse come sarebbe necessario», scrivono le organizzazione del Patto nel loro documento. Un realismo «che avrà senso solo se si sarà ambiziosi domani», però. La proposta del Patto quindi punta su tre misure a basso costo per le casse dello Stato ma di grande impatto per anziani e famiglie. Eccole.

Avvio di una nuova domiciliarità

Oggi il principale servizio domiciliare pubblico per gli anziani non autosufficienti è l’Adi-Assistenza Domiciliare Integrata, erogata dalle Asl. Raggiunge il 6,4% degli over 65, con prestazioni di natura medico-infermieristica-riabilitativa (18 accessi in un anno, in media) per periodi brevi (2-3 mesi): una risposta evidentemente non adeguata ai bisogni della non autosufficienza, che sono anche di natura socioassistenziale e molto più lunghi nel tempo. Lo schema di legge delega introduce un nuovo servizio, denominato Adiss (Assistenza Domiciliare Integrata Sociosanitaria e Sociale) che integra i servizi esistenti dell’Adi e del Sad. Il nuovo servizio, specificamente rivolto alla non autosufficienza, offre un appropriato mix di prestazioni, prevedendo l’integrazione tra sanitario e sociale, per il tempo necessario. Attualmente sulla domiciliarità il Pnrr ha messo 2,7 miliardi di euro per gli anni 2022-2026, che dovrebbero portare l’Adi a coprire il 10% della popolazione over 65. La proposta del Patto chiede di riorientare tali risorse, gradualmente, su questa nuova domiciliarità. Poiché introdurre un nuovo servizio richiede che le Regioni e i territori organizzino questa nuova domiciliarità, si potrebbero spostare risorse gradualmente: per esempio nel 2023 il 20% delle risorse del Pnrr, nel 2024 il 30% e nel 2025 il 40%. L’introduzione di questa nuova assistenza domiciliare, che sarebbe una risposta più appropriata ai bisogni della non autosufficienza, non ha bisogno dunque di risorse aggiuntive.

Sostegno e qualificazione delle badanti

Oggi l’11,2% degli over 65 riceve l’indennità di accompagnamento: un trasferimento monetario di 529 euro al mese, usato spesso per pagare una parte del costo della badante. Molto spesso non in regola, se è vero che il 60% delle badanti opera in condizioni di lavoro non regolari. Allo stesso tempo queste figure mancano sovente delle competenze necessarie. La proposta del Patto è che già dal 2023 i nuovi utenti dell’indennità di accompagnamento potranno scegliere se riceverla come oggi come contributo economico senza vincoli d’uso o se impiegare l’Ida per pagare badanti regolarmente assunte. Nel primo caso, l’importo dell’Ida resterebbe quello attuale di 529 euro al mese, mentre nel secondo caso salirebbe a 800 euro, con una maggiorazione quindi di 271 euro. Contestualmente, vengono definiti dei criteri unici nazionali per la formazione delle badanti. Sarebbero necessarie risorse aggiuntive per 209 milioni di euro, con quattro vantaggi: promuovere un utilizzo appropriato delle risorse pubbliche, promuovere l’occupazione regolare, aiutare le famiglie a sostenere il costo delle badanti, rafforzare le competenze delle badanti.

Strutture residenziali

La componente più anziana e complessa della non autosufficienza ha bisogno di buone strutture residenziali, è irrealistico pensare il contrario. In Italia tali strutture sono poche (1,9 posti letto per 100 over 65 contro una media europea di 3,5) e complessivamente c’è bisogno di un “piano” specifico per le Rsa che lo schema di delega solo accenna. Oggi però le Rsa – come pure la residenzialità leggera – ha la necessità urgente di un intervento che supporti la loro sopravvivenza: dopo gli anni di pandemia, sono ora esposte ai costi aggiuntivi della crisi energetica. Le conseguenze, in assenza di interventi, possono essere l’incremento delle rette, la riduzione della qualità del servizio, la chiusura. La proposta del Patto prevede un ristoro di 3 euro a giornata per le Rsa accreditate con il Ssn, indipendentemente dalla forma giuridica del gestore. Il contributo è esteso anche alle strutture che erogano assistenza residenziale per conto dei Comuni (es alloggi protetti, residenzialità leggera ecc). La stima dei costi aggiuntivi è di 316 milioni di euro (228,3 milioni per i circa 208mila posti letto in Rsa più 87,7 milioni per gli 80mila posti letto della seconda tipologia).

In allegato e a questo link il documento di proposta del Patto per la Non Autosufficienza.

Fonte: vita.it