La residenzialità “possibile” per le persone con disabilità complesse

«Vogliamo accendere i riflettori sul tema della “residenzialità possibile” anche al di fuori della propria casa di origine, per le persone con disabilità complesse, con l’auspicio di una progressiva transizione dell’attuale sistema verso un modello di residenzialità di alta qualità in contesti non segreganti e non istituzionalizzanti»: lo dicono le Associazioni ANFFAS e ANGSA, preFoto di mano che chiude una portasentando il convegno del 31 marzo “La residenzialità ‘possibile’ per le persone con disabilità complesse”, organizzato nell’àmbito degli eventi legati al 2 Aprile, Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo.

La residenzialità “possibile” per le persone con disabilità complesse: è questo il titolo del convegno promosso per il 31 marzo da ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) e ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di Persone con Autismo), nell’àmbito degli eventi organizzati in occasione del 2 Aprile, Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo.

Sono le stesse organizzazioni promotrici a indicare gli obiettivi dell’incontro, che si svolgerà in modalità mista, ovvero in presenza a Roma (Hotel Eurostars Roma Aeterna, Via Casilina, 125, ore 10-17) o in videoconferenza tramite questo link: «Indicare un possibile percorso che tenda alla progressiva riconversione delle attuali soluzioni residenziali, specie per le persone con disabilità complesse; definire elevati standard di qualità che garantiscano adeguatezza e continuità di finanziamenti; prevedere un sistema di accreditamento flessibile e modelli organizzativi orientati alla personalizzazione degli interventi e alla qualità della vita; contrastare prassi e provvedimenti tendenti a dimettere da strutture le servizi per persone con disabilità al compimento del sessantacinquesimo anno di età, considerandole alla stregua di mere persone anziane e non autosufficienti; garantire la presenza di idonee figure professionali, adeguatamente formate nella misura necessaria per garantire sostegni anche ad elevata ed elevatissima intensità anche di tipo sanitari; promuovere la piena integrazione fra il sistema sanitario e sociale e ridefinire, nel rispetto della vigente normativa in materia, il sistema di compartecipazione al costo dei servizi; definire le modalità per riconoscere un ruolo attivo delle famiglie, anche attraverso le loro organizzazioni di rappresentanza, nella verifica del rispetto di adeguati standard di qualità delle strutture stesse e relativo diritto di accesso; definire idonei modelli organizzativi e protocolli atti a prevenire fenomeni di maltrattamento, abusi o trattamenti farmacologici non necessari».

ANFFAS e ANGSA, in sostanza, avvertono la necessità di accendere i riflettori sul tema della “residenzialità possibile” anche al di fuori della propria casa di origine, per le persone con disabilità complesse, «con l’auspicio – come sottolineano – che si proceda ad accompagnare una progressiva transizione dell’attuale sistema verso un modello di residenzialità di alta qualità in contesti non segreganti e non istituzionalizzanti, ampliando il novero di una pluralità di soluzioni, confacenti alle singole condizioni di ognuno, come definite nel proprio Progetto Individuale di vita».
«In altre parole – concludono – si tratta a tutti gli effetti di rendere concreto, per le persone con disabilità, il diritto sancito dall’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, di poter scegliere dove, come e con chi vivere, senza mai essere adattati ad una specifica sistemazione contro la propria volontà».

Fonte: superando.it

(lv/la)