Ucraini con disabilità e caregiver, “prigionieri” in guerra: pochissimi riescono a scappare

Foto di donna Ucraina che piangeNel Paese, ci sono circa 2,7 milioni di persone con disabilità e 200 mila con disabilità intellettiva: 30 mila di queste vivono in istituti in cui oggi mancano cibo, acqua, farmaci e personale. Chi ha un figlio con disabilità o un genitore anziano, resta a casa e spesso non può raggiungere i rifugi. L’assistenza non c’è e “le mamme sono sfinite”. Il racconto e l’appello delle mamme caregiver e delle Ong ucraine.

Sono oltre 2 milioni i profughi partiti dall’Ucraina: li vediamo nelle immagini condivise sui social, o trasmesse dai notiziari. Non vediamo, invece, le tante, tantissime persone che l’Ucraina non possono lasciarla, perché non sono in condizioni fisiche e mentali adeguate ad affrontare un viaggio. Secondo i dati di Edf, ci sono 2,7 milioni di persone con disabilità in Ucraina e, in base ai dati raccolti da Inclusion Europe e VGO, oltre 200 mila con disabilità intellettiva, di cui 30 mila vivono in istituto, dove scarseggiano cibo, acqua, farmaci, cure e personale. La maggior parte degli ucraini con disabilità non può lasciare le proprie case per proteggersi dalla guerra: solo il 10% dei rifugiati ucraini è disabile.
La maggior parte degli anziani e delle persone con disabilità ucraine sono, insieme ai loro caregiver, “prigionieri in guerra”, abbandonati, senza servizi, senza supporto, senza farmaci, spesso senza la possibilità di trovare riparo nei rifugi. E per chi ha una disabilità intellettiva, la condizione si aggrava, con l’urlo delle sirene e il boato dei missili e degli aerei. E chi se ne prende cura è allo stremo. Un dramma nel dramma, quello delle persone con disabilità e dei caregiver ucraini, che ieri è stato al centro della conferenza stampa internazionale promossa dall’Easpd(European Association of Service providers for Persons with Disabilities) e dall’Edf(European disability Forum): un’ora di confronto online, in cui hanno preso la parola, tra gli altri, Yuliia Klepets, Raisa Kravchenko e Valery Sushkevych, mamme caregiver ucraine, che fanno parte di Vgo, la coalizione che raccoglie 118 organizzazioni non governative che rappresentano circa 14 mila famiglie con un membro con disabilità intellettiva.
Yuliia Klepets, mamma caregiver e socia di Vgo, si collegava da Kiev: “Abbiamo vissuto due settimane di orrore, in questo momento mi trovo nella capitale insieme a mia figlia adulta. È autistica e ha un disturbo comportamentale e mentale. Attualmente la situazione è tale che non possiamo assolutamente lasciare il città di Kiev, come non possiamo lasciare il nostro appartamento, perché ho con me anche mia madre, che ha 82 anni e non può muoversi. Abitiamo al settimo piano in un edificio residenziale e non possiamo neanche scendere nel rifugio antiaereo. Naturalmente non siamo i soli in questa situazione, ma molti vivono in condizioni simili alla nostra, a Kiev e in tutta l’Ucraina. Ci sono moltissimi caregiver, soprattutto figli di genitori anziani, che non possono essere spostati. Chiediamo al mondo di chiudere il cielo sull’Ucraina”.
Assistenza , farmaci e risorse per chi resta in Ucraina
Raisa Kravchenko ha un figlio di 37 anni con problemi comportamentali e “devo dedicare tutto il mio tempo a lui, perché è aggressivo e bisogna contenere i suoi sentimenti e il suo comportamento – racconta – In questo momento, le persone con disabilità intellettiva non riescono a capire cosa stia succedendo e, in questa confusione totale, vedendo anche la preoccupazione dei genitori, si aggravano le loro difficoltà comportamentali. Di cosa abbiamo bisogno? Innanzitutto, dell’assistenza: tutti i programmi di assistenza diurna sono stati interrotti. Quindi se mio figlio, come la figlia di Yuliia, andava in un centro diurno, ora stanno tutto il giorno chiusi in casa. Abbiamo bisogno di assistenza personale per i nostri figli. Uno dei leader della nostra Ong ci ha raccontato che non può lasciare suo figlio autistico a casa mai: questo significa che lui non può andare in farmacia, non può prelevare soldi, non ha da mangiare. Se avesse un assistente, almeno potrebbe uscire e procurarsi il cibo. Un altro grave problema per le persone con disabilità intellettiva è la mancanza di farmaci prescritti dagli psichiatri: principalmente farmaci antiepilettici e psicofarmaci. Ci è stato detto che possiamo rivolgerci al medico di famiglia, ma c’è da aspettare almeno una settimana. Così, non riusciamo a procurarci questi medicinali. Un altro problema è che le persone hanno perso il lavoro e quindi non hanno uno stipendio. Quindi siamo grati a Inclusion Europe Network e alla Ong europea danese che ci hanno fornito risorse finanziarie che stiamo dividendo tra le famiglie. Inoltre, tutte le nostre Ong – più di 100 – hanno interrotto le loro attività professionali, resta solo il volontariato. Ma abbiamo bisogno di riprendere le nostre attività, perché tutti i servizi diurni sono in questo momento sospesi. Vediamo che le madri si stanno esaurendo, vediamo che i nostri figli, bambini o adulti, sono sfiniti. Speriamo che tutta la comunità internazionale ci sostenga, che il cielo ucraino si chiuda e che Putin senta una forte opposizione e che finalmente vinca un’Ucraina civile. Così torneremo a una vita serena e sicura”.
I più indifesi tra gli indifesi
Valery Sushkevych, a capo dell’Assemblea nazionale ucraina delle persone con disabilità, si collegava da Pechino, dove si trova in questi giorni come presidente del Comitato nazionale paralimpico. “Viviamo una situazione critica in Ucraina, una vera e propria guerra – ha detto – I russi hanno lanciato 710 missili, usano bombe a grappolo e altre armi vietate. Le persone cieche, così come quelle che utilizzano protesi, o che hanno una disabilità mentale, sono i più indifesi tra gli indifesi. Per questo, è molto importante lavorare con l’Assemblea nazionale delle persone con disabilità e coordinare il lavoro del governo e delle Ong, per fornire alle persone con disabilità cibo, medicine, farmaci e informazioni sull’evacuazione. Così come è fondamentale che la persona con disabilità trovi una via accessibile per raggiungere il rifugio antiaereo. Tante persone mi chiamano, mentre sono qui a Pechino: una mi ha detto: ‘Sono al 16° piano di un grattacielo residenziale. Hanno ricominciato a bombardare e sono solo. Valery, portami fuori di qui, salvami!’. Ma è così difficile aiutare queste persone. L’intero mondo civile è solidale con l’Ucraina, tutti ci supportano e io ringrazio per questo. Ma stiamo assistendo a omicidi di massa e i più vulnerabili sono le persone con disabilità in sedia a rotelle, con disabilità visive, uditive e così via. Loro sono più facile da uccidere. Mi rivolgo a tutti i vostri governi, supplicandoli di fermare questi attacchi dal cielo. Per favore, cercate di influenzare i vostri governi e le organizzazioni internazionali. Non limitatevi a guardare: dovete fermare l’aggressore, subito”.
Una crisi nella crisi: gli ucraini disabili in struttura sono i più dimenticati
A raccogliere le richieste e gli appelli delle organizzazioni ucraine, c’era tra gli altri Yannis Vardakastanis, presidente di Edf: “L’Alleanza internazionale per la disabilità e il Forum hanno già invitato la Federazione russa a fermare immediatamente l’azione bellica in Ucraina. E hanno anche invitato gli attori umanitari a garantire che anche le persone con disabilità siano protette, siano portate al sicuro in questa incredibile situazione. E abbiamo chiesto alla Russia il rispetto dei diritti umanitari previsti nella la Convenzione delle Nazioni Unite, in particolare la tutela delle persone con disabilità in situazioni di conflitto. Ci sono 2,7 milioni di persone con disabilità in Ucraina.
Dall’inizio della guerra, le persone con disabilità affrontano minacce sempre più gravi: sono a rischio di abbandono, violenza, lesioni e morte. C’è una mancanza di accesso al supporto per l’evacuazione, una mancanza di accesso alle informazioni e una mancanza di accesso ai rifugi di emergenza. Le donne e le ragazze con disabilità sono esposte in modo sproporzionato al rischio di violenza sessuale e di genere, in particolare le donne con disabilità intellettive e psicosociali. Si stima che almeno 8.200 bambini vivano in istituto, emarginati dalla società. Anche migliaia di adulti con disabilità risiedono nelle istituzioni. Già sappiamo che queste strutture hanno esaurito cibo, acqua, farmaci essenziali e carburante per il riscaldamento. Ci viene detto che in alcuni casi il personale ha lasciato i residenti senza supporto. Questa è un’imminente crisi umanitaria nella crisi. La risposta umanitaria, compresa l’evacuazione, gli aiuti di emergenza devono compiere sforzi specifici per identificare queste persone che sono state dimenticate. Allo stesso tempo, le persone con disabilità che sono riuscite a evacuare da sole, non vengono assistite quando arrivano nei paesi vicini. I centri di accoglienza sono sopraffatti. Chiediamo ai governi nazionali e alle organizzazioni umanitarie di garantire che i rifugiati con disabilità abbiano pieno accesso a tutti i servizi, compresi l’istruzione, i mezzi di sussistenza e la protezione sociale. Infine, siamo consapevoli che molti degli sforzi per l’inclusione delle persone con disabilità negli interventi di supporto finora sono stati compiuti dalle stesse organizzazioni di persone con disabilità, non dai governi nazionali né dalle organizzazioni umanitarie. Questo è lodevole, però noi vogliamo essere parte della soluzione, ma non l’unica soluzione: abbiamo bisogno di una piena mobilitazione di tutte le possibili risorse umane e finanziarie per sostenere i più trascurati, gli ucraini più dimenticati in questa guerra inaccettabile che dovrebbe essere subito fermata”.
La fuga (quasi) impossibile
Le persone con disabilità sono quasi 3 milioni, otre 260 mila quelle con disabilità intellettiva. Ma quante di queste sono riuscite a lasciare il paese, da quando sono iniziati gli attacchi? “Non abbiamo una cifra esatta spiega Raisa Kravchenko – ma sappiamo che le persone con disabilità gravi e coloro che hanno genitori anziani e deboli non lasciano il paese: restano con le loro famiglie. Sappiamo anche che molte persone con disabilità non sono in grado di lasciare l’Ucraina. Un ragazzo di 20 anni con paralisi cerebrale è rimasto ferito in un bombardamento e, poiché non ha ricevuto cure mediche, è morto in due giorni ed è stato sepolto nel suo giardino. E’ questo che accade: le madri con figli disabili che sono ancora giovani e abbastanza forti, se ne sono andate in Polonia, o in Germania o in altri Paesi europei. Ma chi ha una disabilità grave non può partire, perché il viaggio è troppo difficile e lungo”.
Lo conferma anche Valeri Sushkevych: “Ci vogliono sei giorni di auto per andare da Kiev a Laviev, perché ci sono tanti posti di blocco e c’è il rischio che i russi possano attaccare le auto in fuga e le strade. In questa situazione, posso dire con certezza che, dei 2 milioni di ucraini che sono già partiti, solo pochi sono persone con disabilità: la maggior parte di queste non è in grado di uscire di casa e di trovare un mezzo di trasporto adeguato. Sì, ci sono i treni di evacuazione e va detto che, su questi, le autorità ucraine danno la precedenza alle persone con disabilità. Tuttavia, se c’è una folla, immaginiamo la situazione: una massa di persone a bordo del treno, niente biglietti e tutto quello che devi fare è scappare, perché stanno bombardando. Tutti vogliono salire sul treno: per la persona con disabilità, che sia non vedente o su una sedia a rotelle, salire sul treno affrontando una folla in fuga è impossibile. Allora rinunciano e rischiano di finire sotto i missili, dentro casa loro”.
Verso centri per rifugiati con disabilità
Per facilitare la fuga delle persone con disabilità dall’Ucraina, Edf è al lavoro, insieme al governo. “Stiamo organizzando tre o quattro posti in cui far passare la notte alle persone disabili diretta a Laviev – riferisce Gunta Anca, di Edf – e stiamo ideando un centro speciale per rifugiati con disabilità, completamente accessibile. Poi, una volta al di là del confine, occorre un sistema di coordinamento con le organizzazioni per le disabilità nei diversi Paesi, a partire dalla Polonia e la Slovacchia, perché garantiscano a queste persone tutto ciò di cui hanno bisogno. Proprio ora ricevo l’ informazione che un treno con più di 200 persone disabili è in arrivo a Leopoli. Stiamo già pensando a cosa dobbiamo fare per loro. Abbiamo bisogno di organizzazioni che vadano al confine con la Polonia, per esempio, per accogliere le persone con disabilità e accompagnare in posti sicuri per loro, dove siano disponibili cure e farmaci. Quello dei farmaci è un grande problema: l’insulina, per esempio, scarseggia e le persone che hanno problemi ai reni non possono fare la dialisi. Dobbiamo chiederci quanto siano pronti i paesi europei ad accogliere persone con questi bisogni: in questo momento, non sono pronti: c’è tanto da fare”.
Infine, l’appello accorato di Yuliia Klepets: “Non limitatevi a osservarci: ci sentiamo come se fossimo in un combattimento di gladiatori, con il pubblico che guarda. Non potete tacere, dovete chiedere ai vostri governi di assicurare sull’Ucraina la no-fly zone.Tra due settimane, tra un mese, sarete stanchi, sopraffatti dai nostri rifugiati, soprattutto dalle nostre persone con disabilità. Vorrete vederci tornare a casa nostra, non vi importerà più della guerra. Vi imploriamo: fermate questa guerra”.
Intanto, la rete di organizzazioni internazionale Inclusione Europe ha attivato una raccolta fondi per sostenere le Ong ucraine di Vgo.

Fonte: mysuperabile.inail.it

(lv/la)