Cittą di Torino

Museo della Frutta

“…frutti modellati così vivamente dal vero da scambiarli coi naturali…” – Francesco Garnier Valletti

Glossario

Saint Martin Michel (Chambéry, ? - 1859)
Studioso di fisica e mineralogia. Dipendente della ditta Burdin di Chambéry, nel 1827 insieme a François Burdin dà vita al nuovo vivaio di San Salvario, progettando – tra l’altro – la spettacolare serra a ferro di cavallo di 270 metri di lunghezza riscaldata.  Alla morte di quest’ultimo, nel 1843, assume la totale direzione del vivaio, ma ben presto l’incompatibilità di vedute con Auguste Burdin lo induce a dimettersi e a rientrare a Chambéry. Qui è eletto segretario del Comizio agrario, si dedica agli studi scientifici (progettando, tra l’altro, un moderno sistema antigrandine) e diviene presidente della Société d’histoire naturelle.
[fonte: S. Montaldo, I Burdin. Una dinastia di vivaisti tra Savoia e l’Italia, in: Daniele Jalla (a cura di), Il Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti”, Milano, Officina Libraria, 2007]
Scuola d’Applicazione per gli Ingegneri
Nel 1859 viene promulgata la Legge Casati sulla pubblica istruzione, che sancisce, per gli studi di ingegneria, una suddivisione dei corsi universitari in due stadi: il primo di preparazione teorica viene svolto dalle Università, il secondo necessita della creazione di nuove scuole. Nasce così la Scuola di Applicazione per gli Ingegneri, nucleo del futuro Politecnico, con sede presso il Castello del Valentino. Negli anni 1905-6 la Scuola di Applicazione per gli Ingegneri e il Museo Industriale si fondono per formare il Politecnico di Torino.
Scurti Francesco (Castelvetrano (TP), 1878 – Torino 1957)
Francesco Scurti nasce a Castelvetrano il 15 novembre 1878, si laurea in chimica farmaceutica nel 1902 a Palermo e, subito dopo, è nominato assistente presso la cattedra di chimica agraria della Regia Scuola Superiore di Agricoltura di Portici. Tiene tale ufficio fino al 1906, quando diventa assistente alla Stazione chimico-agraria di Roma, e poi vicedirettore nel 1909. Sperimentatore biochimico, studia i processi chimici della maturazione dei vegetali e l’influenza dei fertilizzanti. È tra i primi a conseguire la libera docenza in chimica agraria che stava allora movendo i primi passi. Nel 1914 è nominato direttore della Stazione chimico-agraria di Torino e si attiva immediatamente per rinnovarla, dotandola di una moderna attrezzatura e risanandone il bilancio. Sotto la sua direzione si apre una nuova fase nella vita della Stazione. Scurti, infatti, oltre che uno studioso preparato, si rivela anche un ottimo dirigente, pieno d’idee e buon conoscitore dei meccanismi amministrativi. La vitalità, l’impronta originale e il buon funzionamento della Stazione sperimentale di Torino nel periodo fra le due guerre sono, dovute in larga misura alla sua opera di direttore dell’Istituto dal 1914 per quasi un quarantennio. Da quando si trasferisce a Torino l’attività di ricerca, cui egli non smise mai di dedicarsi guidando nel contempo con appassionata energia un vasto gruppo di collaboratori, procede in stretta relazione con il lavoro di direzione della Stazione. Da subito ne riorganizza l’attività in sezioni indipendenti l’una dall’altra, in grado così di rispondere tempestivamente alle domande sia del pubblico, sia dei ricercatori. Cerca altresì di valorizzare al massimo le relazioni con le istituzioni locali e, in particolare, con il Municipio di Torino per ottenere una sede adeguata e vasti appezzamenti di terreno necessari alle sperimentazioni agronomiche. Contribuisce anche alla creazione di un Corso di scienze applicate all’agricoltura, che dopo qualche anno avrebbe condotto alla nascita di una vera e propria Facoltà universitaria di Agraria (1936). Un altro settore nel quale Scurti si impegna a fondo, valorizzando al massimo le attrezzature acquisite nel frattempo presso la Stazione – in particolare un sistema via via aggiornato di celle frigorifere -, è quello della conservazione dei prodotti ortofrutticoli e dei foraggi. La particolare attenzione per i modi di utilizzo del freddo artificiale lo conduce a visitare numerosi impianti e luoghi di studio nei più diversi paesi europei. Fra i primi in Italia, si adopera nel tentativo di individuare le condizioni di temperatura, di umidità e di ventilazione più adatte alla prerefrigerazione dei prodotti ortofrutticoli, alla loro conservazione durante il trasporto e al loro mantenimento per lunghi periodi. D’altro canto lo stesso Scurti si rende conto non solo dei vantaggi offerti dal freddo artificiale, ma anche delle conseguenze negative che una cattiva applicazione dei metodi dei metodi di refrigerazione può comportare. Egli si applica pertanto allo studio degli aspetti biochimici e istologici delle principali malattie fisiologiche subìte dalla frutta quando è conservata in condizioni inadatte di temperatura. Grazie a tali ricerche, gli è possibile da un lato individuare i diversi passaggi della “catena frigorifera” attraverso cui far passare con profitto i diversi prodotti, dall’altro mettere in guardia gli industriali frigoristi e i commercianti contro i pericoli insiti nei nuovi metodi di conservazione, pur così utili per valorizzare le produzioni più promettenti e redditizie della moderna agricoltura del paese. Studia i concimi e la fertilità dei terreni, è fautore delle sperimentazioni in vaso e non in campo e si adopera perché sorgano in tutta Italia laboratori di sperimentazione sulla fertilità dei terreni per aiutare i contadini. È grazie al suo impulso se il Ministro dispone che si compili la carta agrogeologica dei terreni italiani, cui si dedica con grande attenzione. È membro del comitato di amministrazione della Fondazione per la sperimentazione agraria, presidente della Società italiana di chimica, socio ordinario dell’Accademia di Agricoltura e dell’Accademia delle Scienze di Torino e membro dell’Association international d’études phosphatières. Muore a Torino il 12 marzo 1957.
[fonte: M. Benassi, F. Levi, V. Marchis, Dalla Stazione Sperimentale Agraria alla Sezione Operativa Periferica di Torino dell’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante (1871-2001), in: Daniele Jalla (a cura di), Il Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti”, Milano, Officina Libraria, 2007]
Segato Girolamo (Vedana 1792 – 1836)
Cartografo, naturalista, viaggiatore, Girolamo Segato fu veramente spirito eclettico, figlio del Settecento classificatore e razionalista, curioso e dissacratore. Studioso di chimica e di mineralogia, tornò dai suoi viaggi in Egitto con la passione per la mummificazione e con l’ambizione di sfidare il tempo, elaborando una tecnica che consentisse la conservazione dei corpi, dopo la morte. Quel procedimento di apparente “pietrificazione” è ancora oggi avvolto nel mistero, in quanto egli non volle rivelarne il segreto, nonostante le critiche dei suoi contemporanei ed i numerosi tentativi di imitazione. Le sue realizzazioni sono oggi raccolte in gran parte nel Museo del Dipartimento di Anatomia, Istologia e Medicina Legale dell’Università degli Studi di Firenze, a cui il Museo di Storia della Scienza di Firenze e il Museo Civico di Belluno hanno affidato la conservazione dei loro reperti.
Serre municipali
La creazione delle serre municipali, presso il Parco del Valentino nel locale della cascina del Pallamaglio, sancisce il sodalizio fra il nuovo Soprintendente ai giardini della città di Torino, il conte Ernesto Balbo Bertone di Sambuy e Marcellino Roda che dal novembre del 1869 ricopre la carica di Direttore dei giardini, assistito dal fratello Giuseppe nella posizione di vice direttore. Se già negli anni precedenti, da consigliere comunale, Ernesto di Sambuy aveva perorato la gestione in economia dei giardini, in nome della maggior qualità e dei minori costi che gli addetti municipali garantivano, la scelta di dotarsi di serre corrisponde allo stesso proposito. La posizione scelta per le serre è strategica: esse sorgono al centro del grande parco pubblico del Valentino, immediatamente a sud del Castello, nella cascina che ancora conserva il nome dell’antica destinazione dell’area al gioco della pallamaglio. La pallamaglio esigeva ampie superfici e al Valentino il terreno di gioco occupava una vasta area che, a sud ovest del castello, occupava lo spazio compreso fra le attuali vie Valperga Caluso, Ormea, corso Marconi e parte dell’attuale Parco del Valentino. Le Serre municipali restano invece nella cascina del Pallamaglio una dozzina d’anni, sino a quando, in previsione dell’Esposizione del 1884, se ne decide il trasferimento nell’area del Tiro a segno poco distante, a sua volta spostato alla periferia della città al Martinetto. L’area così liberata è di circa 22.500 metri quadri, corrispondente a quattro isolati, 4.700 dei quali sono destinati alle «serre di moltiplicazione e allevamento cogli annessi terreni di coltivazione e laboratori ad uso dei Giardini Municipali» tra corso Massimo D’Azeglio, le vie Valperga Caluso e Pallamaglio (l’attuale via Morgari), e la futura via Ormea, liberando così l’area del Valentino che nel 1884 avrebbe ospitato la sezione di floricoltura dell’Esposizione. Il progetto delle nuove serre prevede la costruzione di un elegante caseggiato a “elle” di due piani fuori terra, di una serra per i grandi esemplari, la recinzione dell’area e lo sterro e spianamento dell’area. La nuova posizione delle serre si avvantaggerà, un decennio dopo, della presenza nello stesso isolato della nuova sede dell’Accademia di Agricoltura e dei suoi orti sperimentali e nell’isolato adiacente, tra la via Pallamaglio e via Campana, dell’insediamento della Stazione di Chimica Agraria. Quanto ai terreni delle Serre municipali agli inizi degli anni Trenta sono invece in buona parte occupati dall’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris e, dell’isolato di fine Ottocento, sopravvive soltanto la sede dell’Accademia di Agricoltura, al civico 35 di via Valperga Caluso, oggi sede del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli studi.
[fonte: D. Jalla, Le Serre municipali, in: Daniele Jalla (a cura di), Il Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti”, Milano, Officina Libraria, 2007]
Solfato di calcio emidrato
Detto anche gesso alabastrino. Viene ottenuto da pietre di gesso naturale di particolari caratteristiche chimico-fisiche, è usato per la produzione di manufatti decorativi in gesso (cornici, rosoni, stampi) ed è idoneo per l'esecuzione in opera di modanature e cassettonature. Opportunatamente premiscelato con altri componenti più o meno inerti (cemento, calce idrata, perlite, sabbie classificate, farina di roccia) viene utilizzato nella preparazione di stucchi in polvere. Ha una struttura finissima ed è composto da  solfato di calcio emidrato, proveniente da alabastro puro. Si presenta di un bianco purissimo con una lucentezza serica.
Stabilimento Cirio
Vedi Cirio Francesco.
Stazione Sperimentale Agraria (poi Regia Stazione Chimico-Agraria)
Alla fine del XVIII secolo e per tutto il secolo successivo fiorirono in Italia  numerose associazioni costituite per promuovere lo sviluppo dell’agricoltura. Si trattava di associazioni private, sorte dalla sensibilità di studiosi, a cui con il passare del tempo si aggiunsero apporti dei vari Stati italiani, che si prefiggevano di potenziare la resa dei prodotti agricoli, di migliorare le selezioni del bestiame, di introdurre nuove coltivazioni e, più in generale, di rendere migliori le condizioni di vita delle classi più disagiate e dei contadini. La prima a nascere fu l’Accademia dei Georgofili a Firenze nel 1753. A Torino nel 1785 si costituì l’Accademia di Agricoltura e, più tardi, nel 1841, su iniziativa di Cavour, si istituì un’Associazione agraria che diede origine in ogni capoluogo di provincia ad un Comizio agrario. Dopo l’Unità, con un decreto del 1866, furono fondati Comizi agrari su tutto il territorio nazionale per incentivare e migliorare l’agricoltura, far conoscere regolamenti sanitari e leggi, organizzare corsi di agraria e biblioteche rurali. I Comizi introdussero l’uso di sementi migliori e macchinari evoluti, promossero l’associazionismo contadino nella forma del credito rurale, della creazione di cooperative di acquisto e di vendita, e della costituzione di cantine e latterie sociali. Furono i promotori della nascita delle Cattedre ambulanti di agricoltura che svolsero un ruolo fondamentale per il progresso dell’agricoltura. Verso la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, quando lo Stato avocò a sé o alle Province le Cattedre ambulanti, i Comizi agrari andarono in crisi per la mancanza di finanziamenti. Inoltre anche la proliferazione di vari altri enti autonomi, di cui i Comizi stessi erano stati promotori, contribuì a porli in posizione marginale e ad aggravarne le difficoltà. In questo quadro, proprio mentre lo Stato cercava di entrare e dare veste istituzionale (con la gestione e attraverso il controllo) a movimenti e iniziative che andavano ormai perdendo vitalità, fu istituita a Torino con D. R. n. 188 la Stazione Sperimentale Agraria il 18 aprile 1871, insediata presso il Regio Museo Industriale Italiano in via dell’Ospedale 32 (attuale piazzale Valdo Fusi), con il concorso economico del Comune, della Provincia e del Governo. Fin dal suo nascere la Stazione partecipò attivamente alla vita scientifica internazionale. Dal 1893 il Consiglio di amministrazione prese a riunirsi nell’ufficio di direzione della Scuola di applicazione per gli ingegneri, presso il Castello del Valentino e chiese al Sindaco di Torino la costruzione di una sede simile a quella edificata in via Valperga Caluso per l’Accademia di Agricoltura. La richiesta fu accolta e il Comune fece costruire la palazzina di via Ormea che diede in affitto alla Stazione che vi si trasferì nel 1897. In questo modo la Stazione si avvicinava alla sede dell’Accademia di Agricoltura e dei suoi nuovi orti sperimentali, e veniva anche a trovarsi nei pressi della nuova “Città della Scienza”, in cui erano insediate le nuove facoltà scientifiche universitarie, e dell’Orto Botanico. Nel 1914, sotto la direzione di Francesco Scurti (1878 - 1957), la Stazione mutò il nome in Regia Stazione Chimico-Agraria. Esistevano due sole sezioni: la Sezione ricerche e la Sezione analisi. Dal 1915 venne istituita, ma solo come suddivisione interna delle attività della Stazione, anche la Sezione repressione frodi per le industrie agrarie tutelate dalla legge dello Stato. Alla Regia Stazione fu concesso un podere della cascina Continetta a Lucento, ai confini con Venaria Reale. L’incremento delle attività portò la Regia Stazione a chiedere ed ottenere nel 1919 la sopraelevazione della palazzina di via Ormea e contemporaneamente la concessione di un altro appezzamento di terreno da adibire a campo sperimentale. Si trattava di quattro ettari di terra facenti parte della ex cascina Ostassi in corso Stupinigi. I lavori di sopraelevazione della palazzina terminarono nel 1921. Le sezioni di analisi, nel frattempo, erano diventate cinque: la Sezione ricerche, la Sezione analisi, la Sezione repressione frodi, la Sezione Agronomica e la Sezione Industrie Agrarie. Nel 1929 con L. n. 2226 del 25 novembre 1929 le Stazioni divennero istituti di grado universitario, avallando probabilmente una situazione di fatto, e furono riconfermati dal punto di vista amministrativo come enti autonomi posti sotto la vigilanza del Ministero dell’agricoltura. L’ultima disposizione legislativa del ventennio fascista riguardante le Stazioni fu il R. D. n. 489 del 29 maggio 1941 con il quale, all’interno della riorganizzazione del Ministero dell’agricoltura, si disponeva che le Stazioni mutassero nome. Quella di Torino venne rinominata Regio Istituto di sperimentazione per la chimica agraria. Gli studi compiuti dalla Stazione andavano dalla frutticoltura all’uso dei concimi, dall’identificazione delle varietà di sementi meglio rispondenti alle esigenze locali all’influenza che la luminosità esercitava sullo sviluppo dei cereali. Furono compiuti studi anche sull’irrigazione dei campi e sui foraggi. Tuttavia in epoca fascista l’attività della Stazione si venne quasi a fondere con le esigenze della “Battaglia del grano”, alla quale Mussolini diede inizio ufficiale con un discorso tenuto alla Camera il 20 giugno 1925. Anche la campagna di incremento della coltura cerealicola vide la Stazione svolgere un ruolo di primo piano non solo in Piemonte, ma anche nel resto d’Italia. Durante la guerra, non appena cominciarono le incursioni aeree e i bombardamenti, si attrezzò un locale nelle cantine come rifugio, inoltre vennero messi a disposizione della Stazione i rifugi anticrollo dell’Istituto Botanico della Regia Università e quelli dell’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris. L’attività della Stazione fu quasi sospesa a causa dei bombardamenti, ma anche a causa del fatto che molti ricercatori e dipendenti dovettero sfollare con le famiglie lontano da Torino. Molti dipendenti furono chiamati alle armi, e le difficoltà di approvvigionamento di solventi, reagenti ed altre sostanze resero problematico continuare il lavoro di analisi; da ultimo, oltre ai danni subiti dalle serre a causa delle bombe, venne anche sospesa l’erogazione di gas. Mancavano i fertilizzanti e rimasero a lavorare per l’Istituto solo persone di 70 anni, essendo stati i giovani chiamati alle armi. Gli anni successivi il conflitto bellico rappresentarono un periodo molto difficile. L’Istituto aveva riportato gravi danni, i finanziamenti concessi dal Ministero risultavano irrisori a causa dell’inflazione e anche Comune e Provincia non adeguarono alla situazione reale i contributi dovuti. Iniziò comunque il lungo lavoro di riordinamento. I laboratori ricerche, analisi, repressione frodi e industrie furono in breve riportati, almeno per le parti essenziali alla loro primitiva efficienza, si ampliò la stalla e la dotazione di bovini, vennero acquistati equini e automezzi per sostituire quelli requisiti durante la guerra. Si riordinò anche la biblioteca. Nel 1967 con D.P.R. n. 1318 il Regio Istituto di sperimentazione per la chimica agraria venne trasformato in Sezione operativa torinese dell’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante di Roma. Nel 2001 la Sezione Operativa venne trasferita da via Ormea in Via Pianezza, nello stesso complesso della Sezione operativa periferica dell’Istituto Sperimentale per la Zootecnia.
[fonte: M. Benassi, F. Levi, V. Marchis, Dalla Stazione Sperimentale Agraria alla Sezione Operativa Periferica di Torino dell’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante (1871-2001), in: Daniele Jalla (a cura di), Il Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti”, Milano, Officina Libraria, 2007]

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