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2007 - La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino e il suo Dipartimento Educativo

La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo è un centro per l'arte contemporanea e per la promozione di giovani artisti italiani e internazionali. Accoglie e produce mostre sempre diverse, ritratti significativi dei cambiamenti e delle evoluzioni nell'arte di questi anni.
Tra gli obiettivi della Fondazione, c'è quello di educare i visitatori di domani all'arte contemporanea, avvicinandoli ai molteplici linguaggi attraverso i quali essa si esprime.
Il Dipartimento Educativo, diretto da Mauro Biffaro, progetta e propone diverse tipologie di attività e di laboratori rivolti alle scuole e alle famiglie.
I laboratori sono composti da due fasi, una teorica e una pratica: nella prima bambini e ragazzi compiono un percorso guidato all'interno dello spazio museale, entrando in relazione con la mostra e con il lavoro degli artisti. Nella seconda fase, che coincide con l'attività pratica, gli studenti lavorano in prima persona, guidati dagli operatori a realizzare - attraverso il gioco e stimolati dall'affabulazione - oggetti inerenti ai temi suggeriti dalla mostra. Si parte quindi dall'osservazione e, attraverso la riflessione, si arriva in modo naturale alla sperimentazione pratica.
Nell'intento della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e del suo Dipartimento Educativo, lo spazio espositivo e tutti gli spazi del museo possono diventare un luogo familiare - dunque il luogo dell'arte come agorà, come ritrovo spontaneo, come simbolica "piazza" dove riscoprire il piacere di osservare, scambiare e imparare.
Tra i progetti più importanti del Dipartimento, ci sono "Arte, Teatro, Ragazzi" e "Giochiamo con l'arte contemporanea".

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Arte, Teatro, Ragazzi
Caratteristica del progetto è mettere in relazione la sperimentazione teatrale con l'arte contemporanea: lo spazio espositivo della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo diventa così un luogo in cui avvengono azioni performatiche che uniscono teatro e arte. I laboratori suggeriscono un modo operativo estetico, coinvolgendo i sensi in relazione agli spazi deputati all'arte contemporanea, che accolgono mostre, ma anche diverse espressioni artistiche. I laboratori si chiudono con una performance pubblica negli spazi della Fondazione, conclusione ideale di un percorso che al suo interno contiene l'interazione tra scuola e istituti culturali, la consapevolezza dei linguaggi espressivi, l'avvicinamento di forme d'arte diverse e l'arricchimento del tessuto culturale del quartiere e del territorio.

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Doug Aitken: New Ocean
La prima esperienza nel 2003, in collaborazione con il Teatro Araldo e la Circoscrizione 3 di Torino. I laboratori e la performance sono partiti dal lavoro del videoartista californiano Doug Aitken, e hanno coinvolto la Scuola Elementare Battisti, per un totale di 500 bambini.

Carol Rama: Lingua in Bocca - Tongue in Cheek
Nel 2004, grazie al contributo della Provincia, inizia il percorso con le scuole superiori: due classi del liceo classico Cavour e due del liceo classico D'Azeglio partecipano a Lingua in Bocca - Tongue in Cheek, sperimentazione spettacolare ispirata alla vita e alle opere di Carol Rama, artista torinese cui la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ha dedicato un'importante retrospettiva.

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Il Dipartimento Educativo della Fondazione, guidato da Mauro Biffaro, con la collaborazione di Luigina Dagostino della Fondazione TRG, mette a punto per questa sperimentazione un nuovo metodo: partire dall'immaginario, dalla tecnica e dal vissuto dell'artista, per restituire un ritratto spettacolare e circostanziato, dove storia pubblica e storia privata si intrecciano saldamente, ricco di rimandi all'arte, alla società, alla politica, alla moda, alla letteratura, al cinema. Parlare di Carol Rama significa infatti poter attraversare tutto il ventesimo secolo: è quello che i ragazzi hanno fatto, diretti dagli esperti, dando vita a un percorso a tappe - dagli esordi negli anni Trenta, i primi disegni fatti sulle suggestioni di aneddoti sentiti in famiglia e scene viste all'ospedale psichiatrico, al suicidio del padre, dagli anni Quaranta e Cinquanta con scuola di Casorati e il lavoro sulla materia, agli anni Sessanta degli incontri con Andy Warhol e Man Ray (il quale inventò gli anagrammi di Carol Rama che i ragazzi portano scritti su maschere bianche in una scena), delle contraddizioni nella società, divisa tra benessere, feroci rivolte politiche e nascita delle controculture.
Ultime tappe: l'edonismo degli anni Ottanta e una riflessione sull'arte alla fine del secolo, venduta sotto forma di gadget nei musei, divenuta definitivamente un commercio.
L'ultima battuta della rappresentazione è affidata a una Carol Rama disillusa e lucida, solo un po' malinconica, ed è una citazione di Leonora Carrington: "Non sono più l'incantevole ragazza che è passata da Parigi innamorata. Sono una vecchia signora, che ha vissuto molto, e sono cambiata. Se la mia vita vale qualcosa, io sono il risultato del tempo".
Tutto il percorso è impreziosito da citazioni letterarie, proiezioni di film e documentari, musiche suonate da giradischi e soprattutto dall'attenta ricerca sui costumi e sugli oggetti, tutti rigorosamente d'epoca: manifesti pubblicitari, libri, riviste, abiti e accessori indossati dai ragazzi, collezioni di scatole e suppellettili.
Fondamentale dire che tutto questo, oltre alle prove e ai laboratori di preparazione, si è svolto direttamente nello spazio espositivo, in mezzo ai quadri di Carol Rama: un precedente parecchio significativo nella storia delle attività educative legate ai musei.

Lingua in Bocca - Tongue in Cheek , è stato riproposto nel gennaio 2005 al Teatro Araldo, dove Mauro Biffaro e Luigina Dagostino, insieme con una rappresentativa dei ragazzi che gia avevano portato in scena Lingua in Bocca in maggio, hanno preparato la riedizione, adattandola per lo spazio teatrale.
La forza di questa metodologia sta nel coinvolgimento in prima persona dei ragazzi, nell'utilizzo di mezzi differenti e di un'enorme quantità di materiali di ricerca e di studio, nella pratica continua, nel lavoro sul corpo, sul gesto, sulla voce, sulla conoscenza di sé stessi e lo sviluppo del rapporto con gli altri e con il mondo circostante. Il punto fondamentale del lavoro sta nella consapevolezza che non si tratta di una rappresentazione teatrale, ma di una sperimentazione, di una performance, dove l'importante non è dire la battuta o fare il gesto giusto al momento giusto, ma sentire il significato dei gesti che si fanno e delle parole che si dicono, per poterli riadattare sempre a seconda delle situazioni. Non esiste l'errore, perché si conosce a fondo quello che si sta facendo e modificarlo non vuol dire derubarlo del suo significato, ma reinterpretarlo e amplificarlo., dargli vita e respiro.

Non toccare la donna bianca: Set Performatico
Nel 2005 il progetto si chiama "Set Performatico", ed è ispirato alla mostra "Non toccare la Donna Bianca", curata da Francesco Bonami e presente da Settembre 2004 a Gennaio 2005 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.
Ancora grazie al contributo della Provincia, questa volta sono nove le classi coinvolte, provenienti da sei diverse scuole superiori: i licei classici Cavour, D'Azeglio e Gioberti, l'IMS Berti, l'istituto d'arte Passoni e l'istituto Albe Steiner. Il progetto vede coinvolti, oltre al Dipartimento Educativo della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, la Fondazione TRG e per la prima volta Stalker Teatro, diventando a tutti gli effetti una piccola rassegna di sperimentazione teatrale, che unisce il contesto scolastico e il contesto pubblico.
Alla fine del ventesimo secolo, il dibattito nell'arte viene riattivato soprattutto dalle figure femminili, dalle donne artiste che si legano a una cultura e una tradizione, rapportandosi e dialogando in un contesto mondiale. Partendo da questi presupposti, il progetto porta avanti il discorso forte della metodologia messa a punto nelle esperienze precedenti: partire dalle basi culturali, tecniche e poetiche degli artisti e delle loro opere, non per farne la mimesi, ma come base per un discorso più ampio, legato alla sperimentazione e all'improvvisazione.
Le performance presentate prevedono la compresenza scenica di elementi e azioni differenti. Esiste una divisione a "set" che richiama le modalità del cinema (inteso come modo narrativo che più di ogni altro si basa su tempo e sul montaggio) e che indica la frammentazione della realtà (realtà come vita, come esistenza), congelata in immagini fisse, momenti quasi "in posa", che fanno da corollario a una molteplicità di eventi contemporanei gli uni agli altri. L'occhio e l'orecchio - e tutti i sensi - dello spettatore possono scegliere dove indugiare, sulla parola o sull'immagine, sull'azione o sulla staticità, consapevoli del fatto che, come avviene naturalmente nella realtà, è impossibile cogliere tutto in una volta, ed è quindi necessario scegliere, sapendo che seguire un momento impedirà di seguirne un altro - ma la scelta è pur sempre consapevole.
I temi affrontati sono quelli del tempo, dell'economia, del mondo (inteso sia come universo personale, che come realtà circostante), dell'informazione, del lavoro, dell'identità e dell'appartenenza a un luogo o a tanti luoghi, della sessualità, della dimensione privata e pubblica dell'arte e di una sua visione femminile, che non significa femminismo, ma appartenenza a diverse tradizioni e idee legate a tanti diversi immaginari che vengono restituiti attraverso modi e tecniche differenti.
Questo perché, al contrario di quanto era avvenuto con Lingua in Bocca e Carol Rama, non si lavora su una singola artista - con Carol Rama si era attraversato il '900: era stato possibile trovare dei rimandi all'interno del suo lavoro nelle varie epoche storiche, individuare dei passaggi di crescita e di ricerca, trovare il senso, o i sensi, di una carriera che pur non essendo ancora finita, ha una sua compiutezza - ma su tanti diversi concetti, ispirati dal lavoro di 19 artiste provenienti da tutto il mondo.

Giochiamo con l'arte contemporanea
Il progetto "Giochiamo con l'arte contemporanea" nasce dall'esigenza di sviluppare, nei luoghi di cultura diversi dalla scuola, la sensibilità alla crescita e alla formazione dei bambini. A cominciare dall'esperienza della scuola materna il progetto ha la finalità di favorire lo scambio tra istituzioni museali e scuola. La scuola infatti si prende cura dell'educazione e della crescita del bambino rispetto della sua individualità e del suo vissuto personale e culturale.
Il Dipartimento Educativo della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo si affianca all'attività svolta dal Comune di Torino e dalla Divisione Servizi Educativi, aggiungendo percorsi educativi anch'essi legati alla consapevolezza del soggetto come individuo e alla scoperta dell'altro attraverso la funzione dell'arte e delle tecniche artistiche.
Il lavoro sulla base del bambino, della sua crescita, maturazione e apprendimento all'interno del suo contesto sociale, urbano, culturale (in questo caso il quartiere di Porta Palazzo), parte dal far entrare in gioco i concetti di socializzazione, di esperienza legata al supporto prima grafico, e poi dei materiali, ma soprattutto vede protagonista la parola, la narrazione, l'affabulazione, la trasmissione orale, strutturata attraverso il gioco, il recitare, con totale spazio all'immaginazione, prevedendo così un ruolo attivo del bambino tramite la pratica e la creazione di un modello proprio e specifico al quale far riferimento, e non tramite la mimesi.
Per procedere in questo modo, si mette in pratica quanto presentato nel progetto "Io, luce e spazio": l'importanza fondamentale dell'espressione corporea, la comunicazione a 360 gradi, il corpo come protagonista.
I bambini che partecipano a queste attività affrontano il passaggio alla scuola elementare con alle spalle un'esperienza ampia, sfaccettata e circostanziata, possedendo già una confidenza con determinati modi espressivi e una qualità dell'approccio che possono essere senz'altro di supporto alle modalità di apprendimento di nuovi elementi, nel momento in cui vanno empiricamente ad affrontare la concettualizzazione della parola.

Descrizione delle attività

3 anni: fondamentale l'affabulazione, la drammatizzazione, la conoscenza dell'io e del collettivo, la scoperta e analisi dei 5 sensi. Lo strumento di verifica e di concretizzazione è l'elemento grafico/pittorico, momento nel quale ognuno da un risultato, un riscontro, un prodotto - in modo sia umanistico che scientifico.

4 anni: si arriva ai concetti di forma, materia, tempo, bidimensionalità e tridimensionalità.
- forma: forme geometriche date da tecniche diverse, come la proiezione, il disegno, la pittura
- materia e tempo: il modificarsi della materia ha una relazione con il passare del tempo, es: il gesso che passa da uno stato liquido a uno stato solido - altri esempi possibili: preparare il pane, piantare i semi - che presuppone anche una consapevolezza del gesto, il recupero di un'attitudine legata alla tradizione.
- bidimensionalità/tridimensionalità: costruzione della scatola, o della macchina fotografica

5 anni: si ripetono (ripetizione nel senso di una molteplicità che racchiude differenza, come acquisizione di tempo, codici e consuetudini sociali) tutti i concetti messi in campo nei primi due anni, e li si concretizza attraverso un momento di rappresentazione scenica, durante il quale - e nella preparazione del quale - si comunica e si trasmette quanto compreso. In questo modo è possibile verificare anche la maturità individuale all'interno del contesto collettivo.

a cura di Francesca Togni
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
e-mail: dip.educativo@fondsrr.org

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